giovedì 28 marzo 2013

FUCECCHIO - COMMEMORAZIONE DELLA VIA CRUCIS 2013

di Francesco Fiumalbi

Una bellissima rappresentazione in occasione dell'apertura della Settimana Pasquale. Si tratta della Commemorazione della “Via Crucis” realizzata dal Gruppo Fratres – Donatori di Sangue di Fucecchio, con il patrocinio del Comune di Fucecchio e l'ausilio di molte altre associazioni fucecchiesi. Come ogni anno, il sabato che precede la Domenica delle Palme, l'appuntamento è in Piazza Vittorio Veneto, dove ha inizio la manifestazione.
Un momento davvero molto coinvolgente, non soltanto per l'abilità organizzativa e scenografica. Si tratta di un evento che risalta, davvero sapientemente, alcuni dei luoghi più suggestivi di Fucecchio: Piazza Vittorio Veneto, l'ingresso al Complesso Corsini, la loggia sotto l'antico Palazzo del Podestà, e poi il Poggio Salamartano con il loggiato dell'Abbazia di San Salvatore.
La rappresentazione si svolge attraverso un percorso lungo il quale vengono allestite varie scene, o “quadri”, raffiguranti alcune delle più salienti stazioni della più articolata “Via Crucis”. Inoltre le fasi della recitazione sono scanditi da musiche, voci narranti e riflessioni.
La partenza è fissata con l'Entrata in Gerusalemme davanti al Palazzo Corsini. Da qui, in corteo, i figuranti si muovono verso il loggiato dell'Abbazia di San Salvatore dove si svolge l'Ultima Cena. Segue l'Orto del Getsemani in piazza Giuseppe Garibaldi e la Condanna a morte nella loggetta di Piazza Vittorio Veneto, dove compare anche la figura di Ponzio Pilato. Sempre in piazza, all'imbocco con via del Cassero, si tiene l'Incontro con la Madre, per poi salire sulla scalinata che conduce alla Collegiata dove Gesù incontra il Cireneo. La rappresentazione prosegue verso la scalinata di Palazzo Corsini dove è rappresentato l'Incontro con le Pie Donne e la Veronica. A questo punto, di nuovo sulla scalinata della Collegiata Gesù è spogliato delle vesti, prima di giungere a La Crocifissione. Segue un momento davvero suggestivo, con effetti luminosi e acustici, prima de La Resurrezione sul sagrato della chiesa. Al termine, l'ingresso in Collegiata dove il Vescovo Mons. Fausto Tardelli ha elogiato l'iniziativa, quale momento di avvicinamento alla Pasqua. Davvero complimenti per l'iniziativa! 
Di seguito proponiamo alcune immagini, dei momenti più significativi.


Luminaria
Fucecchio, Piazza Vittorio Veneto, 23 marzo 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

Entrata in Gerusalemme
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

Ultima Cena
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

Condanna a morte
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

Incontro con le Pie Donne e la Veronica
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

Gesù è spogliato delle vesti
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

La Crocifissione
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

La Resurrezione
Fucecchio, Commemorazione della Via Crucis 2013
Foto di Francesco Fiumalbi

domenica 24 marzo 2013

IN PILLOLE [002]: L'OLIVO BENEDETTO DAL PAPA NEL 1388



Nella primavera del 1388 il Papa Urbano VI si trovava in Lucca dove presenziò alle celebrazioni della Domenica delle Palme. A Lucca, lo ricordiamo, si trovava la sede episcopale da cui dipendeva anche il nostro territorio, fino al 1622 quando fu elevata la nuova Diocesi di San Miniato. Questo evento è giunto fino a noi grazie alla cronaca di Giovanni Sercambi, di cui abbiamo già parlato quando è stato proposto il regesto delle notizie sanminiatesi.


CCCXII Come il papa die' l'ulivo benedecto.

E perchè queste materie sono cose da non lassare, mi stringie a narrare chome il dicto papa, la domenicha d'ulivo, avendo cantata et benedetta la palma e l'ulivo, essendo in sul portico del vescovado, come l'uomo va in chieza, a ciascuno cardinale, signore, principi, baroni et prelati, et simile alli antiani di Luccha che quine erano, il dicto papa colie suoi mani die' il dicto ulivo e palma; et dapoi al populo & alla moltitudine che in nel chiostro erano, lui proprio de' dicti ulivi et palme gictando, acciò che ciaschiduno di tale olivo avesse sempre, benedicendo ongni persona. Et facto questo, andò in santo Martino e quine la messa magiore disse, Dio lodando.

Salvatore Bongi (a cura di), Le Croniche di Giovanni Sercambi, Vol. 1, Tip. Giusti, Lucca, 1892, pp. 255-256.

Angelo Ardinghi, disegno tratto dall'originale
del Sercambi, conservato all'Archivio di Stato di Lucca
Edito in Salvatore Bongi (a cura di), Le Croniche di
Giovanni Sercambi, Vol. 1, Tip. Giusti, Lucca, 1892, p. 256.
Pubblicazione ai sensi dell'Art. 70, L. 633/1941

venerdì 22 marzo 2013

L'EGOLA IN PIENA NEGLI SCATTI DI MARCO MANCINI

Nei giorni scorsi di marzo le forti precipitazioni hanno messo a dura prova il nostro territorio. I fiumi in piena, che hanno creato non pochi disagi, hanno tuttavia offerto a Marco Mancini, valente fotografo, lo spunto per alcuni scatti davvero molto suggestivi!

Ecco le immagini realizzate da Marco Mancini, il località Sant'Albino, lungo la strada che da Molino d'Egola conduce al Palagio:

L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini

L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini


L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini


L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini


L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini

L'Egola in piena
Foto di Marco Mancini



IN PILLOLE [001]: IL RICHIAMO DEL VESCOVO NEL 1489


Prima del Concilio di Trento (1545-1563) in alcune zone, specialmente se in aree marginali lontane dal controllo del Vescovo, il comportamento di taluni membri del clero poteva non essere propriamente irreprensibile. Ovviamente non si può generalizzare, anche se la notizia che abbiamo rintracciato, lascia poco spazio a dubbi.
Nel 1489, Mons. Niccolò Sandonnini Vescovo di Lucca, ordinò ai sacerdoti e ai chierici della diocesi, sottolineando «specialmente di San Miniato», che indossassero l'abito talare e chi doveva, che portasse la tonsura. Fece altresì proibizione al suo clero, di andare in maschera o senza il lume, magari con un'arma, durante le ore notturne. Ovviamente non sarebbero state tollerate situazioni di concubinato, così come non sarebbe stato ammesso partecipare a feste e festini, giocare a dadi, a carte... (1).
Anche se alcune cose possono sembrare anacronistiche, altre meno, non sappiamo se fosse emerso qualche episodio in particolare, tale da muovere il Vescovo con questo richiamo. Rimane certamente la curiosità, dovuta al fatto che queste prescrizioni erano destinate in particolar modo al clero di San Miniato, che in effetti si trovava in quella parte della diocesi a sud dell'Arno, da sempre considerata molto lontana, e di non sempre facile amministrazione.



NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Archivio Arcivescovile di Lucca, Libri Antichi, n. 119, c. 41; Cfr. Coturri Enrico, La «visita» del visitatore Apostolico Mons. Castelli alle Chiese ed ai luoghi di San Miniato nell'anno 1575, in Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, n. 33, 1961, p. 17n.

martedì 19 marzo 2013

LA FRANA IN VIA DI GARGOZZI

Via Gargozzi, foto di Matteo Squicciarini

Per chi non lo sapesse, via Gargozzi è una strada molto stretta, che dalla cosiddetta valle di Gargozzi (che separa San Miniato da Marzana) conduce fin sotto il Palazzo Comunale e le Scuole Elementari e Medie. La strada è antichissima, pensate che la porta di Gargozzi è documentata nel "Diario" di Giovanni di Lemmo da Comugnori che scrive nei primi anni del '300!
Mentre l'ultimo tratto, il cosiddetto "Sdrucciolo di Gargozzi" è percorribile soltanto a piedi, la strada che nel frattempo è stata asfaltata, è a servizio di diverse persone che abitano lì vicino. Questi residenti, nei giorni scorsi, si sono ritrovati davanti ad una amara sorpresa: la strada letteralmente invasa da una frana. E molto altro terreno rischia di cadere ancora. 
Oltre al danno la beffa! Non potendo raggiungere le abitazioni con l'auto, rischiando di rimanere bloccati, l'alternativa, per le persone che abitano nella zona, è quella di parcheggiare in San Miniato (che da lì si raggiunge facilmente attraverso lo sdrucciolo). Ma ovviamente in San Miniato non possono parcheggiare come tutti gli altri "Residenti" perché le loro abitazioni non risultano nel perimetro del cosiddetto "centro storico".
La situazione è critica un po' in tutto il Comune, dove nei giorni scorsi sono state contate circa 40 tra frane e smottamenti, alcuni di lieve entità, altri molto più consistenti, come sul fronte sud di via Paolo Maioli, ai Giardini Pubblici o in via Aldo Moro.


domenica 17 marzo 2013

SAN MINIATO NELL'ATLANTE DI MERCATORE (XVI-XVII sec)

di Francesco Fiumalbi

Gerhard Kremer, altrimenti noto col nome latino di Gerardus Mercator, o con l'italianizzato Gerardo Mercatore, è considerato il padre della cartografia moderna. Nato nel 1512 nella cittadina belga di Rupelmonde, si distinse anche nella matematica e nell'astronomia. Per le sue idee scientifiche e religiose (era Protestante) fu perseguitato dall'Inquisizione e costretto a trasferirsi in Germania, a Duisburg. 
Mercatore è una figura significativa del XVI secolo, grazie al quale prese avvio la cartografia moderna. Senza entrare troppo nel dettaglio, egli elaborò nel 1569 una particolare proiezione cartografica conforme e cilindrica, ovvero cilindrica isogona a latitudini costanti, meglio conosciuta con il nome di Proiezione di Mercatore. Questo espediente grafico troverà ampia diffusione nella cartografia nautica, dal momento che mantenendo gli angoli inalterati, risulta particolarmente utile nella gestione delle “rotte” delle imbarcazioni. Tuttavia, pur non trovando applicazione nella cartografia geografica “tradizionale” (dal momento che le aree ai poli e all'equatore subiscono alterazioni non trascurabili), la sua esperienza risultò molto importante per l'approccio scientifico utilizzato.

Gerhard Kremer,
noto come Gerardo Mercatore

Mercatore fu anche un esperto costruttore di astrolabi e globi terrestri in legno, due dei quali oggi sono conservati proprio in Italia, presso il Museo Civico di Urbania.
La sua opera più conosciuta, che ottenne un successo straordinario, è il volume Atlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura, che oggi si potrebbe definire un atlante geografico universale. Tra l'altro il termine “Atlante”, per indicare una raccolta di carte geografiche, sembra derivi proprio da questa pubblicazione!
L'opera, inizialmente, fu realizzata in più parti fra il 1585 e il 1595, anche se, nella sua interezza, fu edita postuma nel 1599 dal figlio. Le carte relative all'Italia e alle sue regioni furono date alle stampe nel 1589.
Il successo fu talmente grande che nel 1607, ad Amsterdam, ne fu realizzata una versione “tascabile”, ovvero di più piccolo formato, con costi più contenuti e destinato ad un pubblico più vasto e non necessariamente di addetti ai lavori. Si tratta del cosiddetto Atlas Minor Gerardi Mercatoris, con il testo in latino curato da Joos de Hondt, meglio noto come Jodocus Hondius, anch'egli cartografo e continuatore dell'opera di Mercatore. Ed è proprio dall'Atlas Minor che abbiamo tratto le immagini di questa pagina e dove risulta segnato anche il centro di San Miniato.

Jodocus Hondius (a cura di),
Atlas Minor Gerardi Mercatoris,
Amsterdam, 1607, copertina

San Miniato si trova indicato nella cosiddetta tavola della Tuscia. Rifacendosi all'antica definizione romana, Marcatore considera i territori dell'Etruria e dell'Umbria che, col riordino sancito da Domiziano, costituirono un'unica provincia, la Tuscia appunto. Successivamente la Tuscia fu divisa in Tuscia Suburbicaria (fra Roma e il corso dell'Arno) e la Tuscia Annonaria (fra l'Arno e gli Appennini) e in epoca tardo antica e alto medievale, già a partire dall'invasione longobarda, si verificarono ulteriori suddivisioni, che non staremo qui ad analizzare.
Quindi, seguendo l'antico criterio “romano”, la carta presenta come limiti territoriali la città di Roma a sud e gli Appennini a Nord, contenendo l'alto Lazio, l'Umbria e tutta l'odierna Toscana.

Typus Orbis Terrarum
Jodocus Hondius (a cura di),
Atlas Minor Gerardi Mercatoris,
Amsterdam, 1607, p. 3.

Si tratta di una carta geografica che fu realizzata quattro secoli e mezzo fa, agli albori della cartografia moderna. E' ovvio che presenta errori e deformazioni che oggi ci sembrano strani e incomprensibili, ma se confrontassimo una qualsiasi carta di Mercatore con le cosiddette “Carte dei Capitani di Parte Guelfa” realizzate fra il 1580 e il 1595, a parte la differenza di scala, si nota subito la diversità di approccio. Stessa epoca e stesso obiettivo di descrivere il territorio. Tuttavia la cartografia di Mercatore utilizza un sistema di riferimento globale (i meridiani e i paralleli, quindi la latitudine e la longitudine), seppur con tantissimi limiti e imprecisioni, mentre i Capitani di Parte utilizzano i passi per misurare le lunghezze dei percorsi e si limitano a segnalare soltanto i punti di riferimento principali. Abbiamo da una parte un tentativo di rappresentazione dello spazio con un criterio che si avvicina molto a quello scientifico, ovvero la rappresentazione come proiezione dello spazio, e dall'altra una descrizione quasi esclusivamente simbolica, dove il dato numerico (le distanze) non trova uno sviluppo grafico, ma soltanto come notazione. Per rendere l'idea, sarebbe come confrontare l'Annunciazione di Simone Martini con l'Annunciazione di Piero della Francesca, due opere che appartengono ad epoche diverse.

La carta della Tuscia
Jodocus Hondius (a cura di),
Atlas Minor Gerardi Mercatoris,
Amsterdam, 1607, p. 523.

Dalla tavola della Tuscia, emergono alcuni errori evidenti, come l'orientamento decisamente ruotato verso ovest. Più in dettaglio, nel Valdarno si nota un certo errore nelle distanze fra San Miniato e le città di Firenze e Pisa, con quest'ultima che risulta molto più vicina rispetto a quanto non sia nella realtà. E poi si notano alcune differenze che non sono dovute ad errori, ma semplicemente al contesto prettamente storico. Ad esempio Livorno è appena indicata, mentre attualmente rappresenta la seconda città più popolosa della Toscana. Si nota l'assenza di centri importanti come Cascina e Pontedera, che all'epoca, verosimilmente, non avevano uno sviluppo significativo. Viceversa troviamo alcuni centri che oggi diremmo “minori” che invece sono indicati, come Legoli, Gambassi, Cerreto e Lamporecchio. Più in generale si nota una maggiore precisione nell'ambito dell'antico contado fiorentino, all'interno del quale spicca la posizione di Empoli, a scapito di Castelfiorentino o di Certaldo, mentre in territorio extrafiorentino vengono segnati in particolar modo quei centri giurisdizionalmente importanti, come Vicopisano e San Miniato che erano sedi di Vicariato.

La carta della Tuscia, particolare
Jodocus Hondius (a cura di),
Atlas Minor Gerardi Mercatoris,
Amsterdam, 1607, p. 523.

Da un punto di vista del reticolo fluviale, vengono indicati i torrenti Pesa, Elsa ed Era sulla sponda sinistra dell'Arno, mentre lungo la riva destra sono segnalati l'Ombrone e l'Usciana. Da sottolineare la rappresentazione del cosiddetto Lago di Bientina o Lago di Sesto, che fu bonificato definitivamente alla metà del XIX secolo. Appena accennati, invece, i rilievi montuosi più rilevanti come il Monte Pisano. Trascurato completamente il Monte Albano, così come tutti i rilievi collinari.
Tornando sui centri urbani, appare interessante anche la rappresentazione simbolica che li contraddistingue. Le città sono disegnate come un complesso di tre edifici turriti. I centri importanti, ma demograficamente poco rilevanti come San Miniato, Empoli, Volterra, San Gimignano o Colle Val d'Elsa, presentano un simbolo costituito da due edifici turriti, mentre i centri minori sono rappresentati da un cerchietto campito di nero.

La carta della Tuscia, particolare
Jodocus Hondius (a cura di),
Atlas Minor Gerardi Mercatoris,
Amsterdam, 1607, p. 523.

Scendendo nel dettaglio della nostra zona, San Miniato risulta essere un centro urbano, fra l'Elsa e l'Era, vicino ad altri luoghi come Empoli e Fucecchio. A sud compaiono Legoli e Gambassi. Completamente assenti Castelfiorentino, Montaione, Montopoli, Castelfranco di Sotto e Santa Croce sull'Arno.
Che dire, certamente San Miniato rappresenta uno dei tanti luoghi segnalati in questa carta. Ci dimostra in qualche modo che, pur vivendo un'epoca di transizione (l'elevazione a Città e a sede vescovile avverrà alcuni anni dopo, nel 1622), era comunque un centro abbastanza significativo. Ed è proprio grazie all'Atlas di Mercatore, che San Miniato, seppur piccola piccola, entrò nelle case dei maggiorenti di mezza Europa.



sabato 16 marzo 2013

LA POESIA DI ALESSIO A MONTODERI

Alessio Guardini, il poeta ufficiale di Smartarc (reso celebre dalla partecipazione al programma "Terra Nostra" di Antenna 5), ci allieta con una sua ottavina composta appena giunti in località Montoderi, nel Comune di Montaione, fra Balconevisi e Collegalli.







mercoledì 13 marzo 2013

MALTEMPO MARZO 2013 - FIUMI INGROSSATI - ALLAGAMENTI - FRANE - ALBERI CADUTI

Sono giornate difficili per il nostro territorio, interessato da intense precipitazioni. Le Autorità, che stanno cercando di limitare i danni e i disagi, sono impegnate in un duro sforzo.

L'Elsa e l'Egola sono interessati da una nuova ondata di piena. Molti campi sono allagati, nei pressi di Fornacino, fra La Serra e Corazzano. Anche nella campagna fra San Miniato Basso e Roffia alcune zone risultano allagate come si può vedere dalle foto scattate da San Miniato verso la piana.

A San Miniato centro storico, la parte sud-occidentale dei Giardini Pubblici da poco dedicati a Pietro Bucalossi, sono stati interessati da una piccola frana. Attualmente è stata rimossa parte della recinzione e i cartelli con le indicazioni turistiche, in modo da far operare al meglio la ditta chiamata d'urgenza.

Intorno alle 15.00 di mercoledì 13 marzo, un albero è caduto all'imbocco di Corso Garbaldi, proprio nei pressi della rotonda "del Riposo". Fortunatamente nessun autoveicolo è rimasto coinvolto. La Polizia Municipale sta presidiando la strada. Essendo interrotta la strada, in attesa che venga rimosso l'albero, il Parcheggio di Fonti alle Fate, al momento è raggiungibile solo provenendo dal centro. [AGGIORNAMENTO - 13 marzo ore 20] L'albero è stato prontamente rimosso ed è stata riaperta la circolazione in Corso Garibaldi.

Poco distante, in via Sanminiatese, è crollato un muro a retta sul margine sinistro della strada. L'area è transennata, prestare attenzione.

[AGGIORNAMENTO - 13 marzo ore 20] Via Aldo Moro risulta interrotta a causa dell'avanzamento della frana che aveva già colpito la strada nel mese di dicembre. Al momento non è possibile raggiungere il Capoluogo da via Aldo Moro.

[AGGIORNAMENTO - 14 marzo, ore 15] Il parcheggio di Fonti alle Fate al momento risulta chiuso a causa di lavori urgenti lungo la strada di accesso, per la messa in sicurezza di alcuni alberi a monte del versante.

[AGGIORNAMENTO - 14 marzo, ore 20] Via Sforza, la strada che collega San Miniato con Cigoli, risulta interrotta a causa di una frana a circa 1 km dal centro abitato di Cigoli. Chiusa anche via Paesante.

[AGGIORNAMENTO - 15 marzo, ore 14] Alcune abitazioni sul fronte sud di via Paolo Maioli, nel centro storico di San Miniato, sono state interessate da un movimento franoso. Al momento le Autorità stanno monitorando la situazione. Per ora sembra che siano interessati soltanto alcuni terrazzamenti e orti privati.

[AGGIORNAMENTO - 15 marzo, ore 14] Già da un paio di giorni la popolazione della fraz. Vallicelle, e più in generale della valle della Chiecina, è praticamente isolata. Il ponte sul torrente Chiecina, andato distrutto nel mese di ottobre, non è ancora stato ricostruito, mentre a monte (nel Comune di Palaia) la strada risulta interrotta a causa di uno smottamento. Le popolazioni si appellano alle Autorità competenti perché la situazione possa essere risolta nel più breve tempo possibile.

[AGGIORNAMENTO - 15 marzo, ore 14] Non sappiamo se a causa delle recenti precipitazioni, ma pare che il vicolo carbonaio situato sul versante nord di via Giosué Carducci (dietro la chiesa della "Nunziatina") nel centro storico di San Miniato, sia stato interessato dal crollo di un muro a retta.

Contiamo di dare ulteriori aggiornamenti sull'evolversi della situazione.

Il cedimento lungo via Aldo Moro, 14 marzo, ore 11

Il cedimento lungo via Aldo Moro, 14 marzo, ore 11

L'albero caduto a San Miniato (Foto Alessio Guardini), 13 marzo, ore 15.30


Ponte a Egola, 13 marzo, ore 14

Ponte a Egola, 13 marzo, ore 14

Ponte a Elsa, 13 marzo, ore 14

Campagna fra San Miniato Basso e Roffia, 13 marzo, ore 15

Intervento d'urgenza ai Giardini di San Miniato, 13 marzo, ore 15

lunedì 11 marzo 2013

LE FORCHE DI SAN MINIATO BASSO

di Francesco Fiumalbi

Fino ad un paio di secoli fa, ogni territorio aveva un'area appositamente attrezzata per le esecuzioni. San Miniato era un centro giurisdizionalmente molto importante: era sede di un vicariato fin dalla conquista fiorentina del 1370. Senza entrare troppo nei dettagli, il vicario era il rappresentante dello Stato - dapprima della Repubblica, poi del Ducato e infine del Granducato - a cui erano delegate diverse funzioni, seppur con molteplici varianti a livello locale. Grosso modo a tale figura spettavano l'amministrazione della giustizia (con funzioni anche politiche, informative ed esecutive) e la sovrintendenza all'ordine pubblico (anche con mansioni militari, organizzative e logistiche). Ovviamente non faceva tutto da solo: aveva diversi uffici alle sue dipendenze e di cui era il responsabile. (1) (2).
Escludendo i reati di giurisdizione ecclesiastica di cui non parleremo, per i cosiddetti reati “minori” talvolta erano previste pene di tipo pecuniario, cioè consistenti nel pagamento di una somma di denaro da quantificarsi in base alla gravità dell'azione delittuosa, a titolo di sanzione e di risarcimento del danno procurato. Tuttavia crimini più gravi, come l'omicidio o il tradimento, erano puniti con molta più severità ricorrendo ad azioni coercitive che spesso terminavano con la “pena capitale”. L'uccisione del condannato rispondeva da una parte alla necessità di punire il delitto commesso e, dall'altra, doveva servire come monito, cioè come strumento preventivo. Siamo in epoche per certi aspetti molto lontane dalla nostra per la sensibilità verso certe tematiche. E' indubbio che l'abolizione della pena di morte in moltissimi Stati del mondo, abbia rappresentato una grandissima conquista di civiltà, ma fino a non molto tempo fa questa era considerata lo strumento più efficace per prevenire e perseguire i delitti più efferati.

Tortura e impiccagione
Angelo Ardinghi, disegno tratto dall'originale
del Sercambi, conservato all'Archivio di Stato di Lucca
Edito in Salvatore Bongi (a cura di), Le Croniche di
Giovanni Sercambi, Vol. 1, Tip. Giusti, Lucca, 1892, p. 236.

Salvo alcuni casi, tutto sommato piuttosto rari, le esecuzioni avvenivano al di fuori delle mura urbane. Questo per motivi puramente igienici ma anche di tipo ideologico. Infatti, ancor prima dell'uccisione la comunità allontanava dal proprio ambiente, ovvero la città, coloro che si erano macchiati di azioni delittuose. Era un'espulsione che da una parte rivendicava il rigetto verso la personalità criminosa e dall'altra prendeva i contorni di un rito di purificazione collettivo. La comunità puniva con il rigetto, con l'allontanamento dall'ambiente domestico del colpevole e si riprendeva il controllo sociale attraverso una dimostrazione di forza, cioè decidendo della vita del reo. Tuttavia l'uccisione doveva essere anche un momento di prevenzione e quindi era importante che avvenisse alla luce del sole, in un luogo pubblico, facilmente raggiungibile. Quindi lontano dalla città, ma non troppo.

Tipico patibolo per l'impiccagione

A San Miniato la tradizione ci riporta due località, anche se ad oggi mancano completamente riscontri documentali, necessari per dare la cosa per certa. La prima è la Valle di Gargozzi il cui nome deriverebbe da “gargherozzoli”, alludendo alla gola, e quindi all'impiccagione. L'altra è Fibbiastri, toponimo la cui origine andrebbe ricercata nel termine “fibbie”, ovvero quei lacci utilizzati per tenere i condannati immobili, in attesa di essere decapitati (3). In realtà ne sappiamo molto poco.
Certa, invece, è l'area deputata alle esecuzioni nei pressi dell'allora Pinocchio, ovvero l'odierno San Miniato Basso. Infatti, almeno fino ai primi anni del XX secolo, un'ampia zona veniva indicata con un toponimo abbastanza indicativo: “Le Forche”. Ovviamente per “forca” si intende quel tipo di patibolo “a trilite” che richiamava vagamente la forma del più conosciuto utensile ad uso agricolo (4).
Della prima metà dell'800 è la carta del Catasto Generale della Toscana, Sezione C, “Piano del Castellonchio e della Catena”, foglio n. 1 (5), grazie alla quale possiamo circoscrivere la zona con maggiore precisione. Essa era delimitata a sud dalla via Tosco Romagnola Est, a est dall'attuale viale Guglielmo Marconi, a nord dall'odierna via Ernesto Codignola e ad ovest da via Giuseppina Pizzigoni. Più in dettaglio, l'area deputata alle esecuzioni doveva trovarsi grosso modo nei pressi dell'attuale Piazza delle Fiamme Gialle, quindi nella parte meridionale della zona a verde adiacente alla Casa Culturale di San Miniato Basso. Anche un vicino rivolo d'acqua, che scorreva fra le attuali via Giuseppina Pizzigoni e via Martiri di Belfiore, prendeva il nome di “Rio delle Forche”, segno evidente che il toponimo era ben radicato e indicava una zona piuttosto estesa, anche perché, probabilmente, nei paraggi non vi erano altri elementi particolarmente significativi.

Estratto dal Catasto Generale della Toscana,
Sezione C, “Piano del Castellonchio e della Catena”, foglio n. 1
Archivio di Stato di Pisa, Catasto Terreni, Mappe, San Miniato, n. 8
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani
Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright


Un'interessante notizia, relativa ad una condanna a morte comminata alla fine del '600 e svoltasi proprio alle Forche del Pinocchio, ci viene fornita dal Canonico Ercole Vittorio Figlinesi, già decano del Capitolo della Collegiata di Sant'Andrea di Empoli nella prima metà del '700 (6).

Ricordo come il di 26 aprile 1682, o agosto salvo errore, un tale Salvadore di Gio. Francesco Fensi da Castelfiorentino, di età di anni sedici in circa, fu trovato essere stato ammazzato con numero diciassette ferite, in luogo detto alla Cataratta delle Volpe, in un'albereta, Popolo di Marcignana, a ore 22 del sopra detto dì 26 detto 1682, e non ebbe alcuno de' SS. Sacramenti per non aver avuto spazio di penitenza. Fu sepolto in detta chiesa dì Marcignana, nella sepoltura del popolo, colle solite essequie prescritte nel rituale; ed era curato di detta chiesa di Marcignana prete Paolo Saccenti da Cerreto Guidi; 26 aprile 1682.
Ricordo come il dì otto 8 luglio 1684, Santi di Pasquale Fensi da Marcignana, detto Cìale, livellario e contadino in detto Popolo di Marcignana del Capitolo e Canonici di S. Miniato, fu impiccato e squartato il di 8 luglio suddetto, in luogo detto il Pinocchio, lungo la via maestra pisana, da Francesco Maria Breschi maestro di giustizia, o sia boia, di Firenze, condannato alla forca e squarto dal Tribunale del Vicario di S. Miniato, per aver egli ammazzato a tradimento il sopradetto Salvadore di Gio. Francesco Fensi, ragazzo da Castelfiorentino, suo parente; e fu accompagnato al patibolo da Antonio Sorelli, allora Bargello della Corte di S. Miniato. Il detto impiccato era cognominato Ciale. (7)

San Miniato Basso e la zona de “Le Forche”
Foto di Francesco Fiumalbi

L'omicidio era avvenuto alla Cataratta della Volpe, ovvero nei pressi di quello che un tempo era il Mulino delle Volpi, sulla sponda destra dell'Elsa, che si trovava giurisdizionalmente nel Popolo di Marcignana. Quella zona, così come altre aree della sponda orientale del fiume, appartenevano da tempi remoti al territorio plebano di San Genesio prima, e del Comune di San Miniato poi. Solo alla fine del '700 con la cosiddetta Riforma Comunitativa voluta dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, tutte le aree sanminiatesi della sponda destra dell'Elsa confluirono nel Comune di Empoli. Quindi, nel triennio 1682-1684, epoca in cui si svolsero i fatti, la giurisdizione amministrativa di competenza era quella del tribunale vicariale di San Miniato.
Non sappiamo come arrivò la condanna, se vi furono indagini o meno, ma conosciamo il luogo dove si svolse l'esecuzione: al Pinocchio, lungo la via pisana, con molta probabilità proprio dove abbiamo visto essere presente il toponimo “Le Forche”. Per l'occasione fu chiamato come boia Francesco Maria Breschi, che veniva da Firenze, verosimilmente per evitare che tale figura divenisse bersaglio di eventuali azioni vendicative. Il condannato fu condotto al patibolo da Antonio Sorelli, che ricopriva la carica di “bargello” (ovvero il Capitano di Giustizia o Capitano del Popolo, con funzioni specifiche riguardo la sovrintendenza all'ordine pubblico (8)).
Oltre all'uccisione vera e propria, come riporta il Figlinesi, si consumò anche lo squarto. I presenti  quindi dovettero assistere ad una scena davvero orrida e raccapricciante.


FONTI BIBLIOGRAFICHE
(1) Zorzi Andrea, La formazione e il governo del dominio territoriale fiorentino: pratiche, uffici, “costituzione materiale”, in Zorzi Andrea e Connel J. William (a cura di), Lo Stato territoriale fiorentino (secoli XIV-XV). Ricerche, linguaggi, confronti, Atti del Seminario Internazionale di Studi, San Miniato 7-8 giugno 1996, Fondazione Centro Studi della Civiltà del Tardo Medioevo di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, 189-221.
(2) De Angelis Laura, Ufficiali e uffici della Repubblica Fiorentina tra la fine del secolo XIV e la prima metà del XV, in Zorzi Andrea e Connel J. William (a cura di), Lo Stato territoriale fiorentino (secoli XIV-XV). Ricerche, linguaggi, confronti, Atti del Seminario Internazionale di Studi, San Miniato 7-8 giugno 1996, Fondazione Centro Studi della Civiltà del Tardo Medioevo di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 83.
(3) Piombanti Giuseppe, Guida della Città di San Miniato al Tedesco con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia Ristori, San Miniato, 1894, pp. 10-11, 140-141.
(4) Archivio di Stato di Pisa, Catasto Terreni, Mappe, San Miniato, n. 8.
(5) Bini Mario (a cura di), Rerum Emporiensium scriptores - Notizie di famiglie empolesi: Ercole Vittorio Figlinesi, in Bullettino Storico Empolese, Volume Terzo, fascicoli 2-4, Empoli, 1963-1965.
(6) Bini Mario (a cura di), Rerum Emporiensium scriptores - Notizie di famiglie empolesi: Ercole Vittorio Figlinesi, in Bullettino Storico Empolese, Volume Terzo, fascicolo 3, 1964, n. 1036, p. 192.

sabato 9 marzo 2013

NOTIZIE DI SAN MINIATO NELLE "CRONACHE SENESI" DI AGNOLO DI TURA DETTO IL GRASSO

a cura di Francesco Fiumalbi
Prosegue il viaggio della storia sanminiatese attraverso le fonti cronachistiche toscane, ovvero quelle fonti a carattere narrativo che ripercorrono periodi storici più o meno estesi. Stavolta ci occuperemo della cosiddetta “Cronaca Senese” o “Cronaca Maggiore” attribuita ad Agnolo di Tura detto “il Grasso”, vissuto a Siena nel '300.
Non staremo qui ad analizzare le questioni relative a questa “cronaca” desunta da un manoscritto cinquecentesco e che copre un arco temporale che va dal 1300 al 1351. Al di là del dibattito storiografico, per il quale si rimanda a questo articolo di Paolo Bertolini, l'opera presenta interessanti notizie relative a San Miniato, ai suoi abitanti e al suo territorio. L'opera fu pubblicata per la prima volta nel 1729, nel tomo XV della collana Rerum Italicarum Scriptores, diretta da Ludovico Muratori. Il nostro regesto è tratto da una ristampa più recente: Cronaca Senese attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso detta la Cronaca Maggiore, in Lisini Alessandro e Iacometti Fabio (a cura di), Cronache Senesi, in Rerum Italicarum Scriptores, Tomo XV, parte VI-A, Nicola Zanichelli, Bologna, 1939.


Cronache Senesi, in Rerum Italicarum Scriptores, 
Tomo XV, parte VI-A, Nicola Zanichelli, Bologna, 1939.

La prima metà del XIV secolo rappresenta per San Miniato un periodo particolarmente intenso, all'interno del complesso scacchiere toscano lacerato da lotte di fazione e fortissimi interessi economici. E' il periodo immediatamente successivo alla “cacciata” dell'amministrazione imperiale da San Miniato che, subendo la forte influenza di Firenze, si dota di un governo popolare ed aderisce con vigore alla parte Guelfa. Tuttavia, spesso, i potentati familiari si dimostrarono pronti a intervenire e ad influenzare la vita politica sanminiatese. E infatti, la prima notizia che ci fornisce la “Cronaca” è quella relativa al colpo di mano dei cosiddetti Magnati verso l'ordinamento comunale di chiara impronta guelfa e influenza fiorentina (01).
Successivamente la narrazione ci offre interessanti informazioni che vedono i Sanminiatesi coinvolti nelle vicissitudini legate alla venuta dell'Imperatore Enrico VII a Pisa nel 1311-1312, con le conseguenti spedizioni subite nel contado da una parte (03) e la vicinanza con Firenze, che inviò a San Miniato piccole guarnigioni a presidio della frontiera pisana, dall'altra (02).
Il sodalizio con i Fiorentini sembra proseguire anche poco dopo, quando i Sanminiatesi si affiancarono ai guelfi contro l'Imperatore che da Roma stava dirigendosi verso Firenze (04) che poi fu soccorsa durante l'assedio di Enrico VII nel 1312; inoltre i Sanminiatesi si distinsero nel contrastare i Pisani che stavano dirigendosi verso Firenze a sostegno degli assedianti (05). Ciò provocò nuove spedizioni filo-imperiali nel territorio sanminiatese nel 1313 (06).
In Pisa si avviò la stagione di Uguccione della Faggiuola, contraddistinta da una politica militare molto aggressiva. A farne le spese Lucca e San Miniato, con il contado sanminiatese attaccato e parzialmente occupato, fra il 1314 e il 1315, nonostante varie trattative disposte da Roberto d'Angiò (07, 08). I Sanminiatesi parteciparono quindi alla cosiddetta Battaglia di Montecatini, vinta dalle truppe di Uguccione, riportando gravi perdite, al pari degli alleati guelfi (09). Caduto il regime di Uguccione della Faggiuola, si giunse quindi alla Pace di Napoli del 1317, a cui prese parte anche San Miniato che rivendicò i castelli occupati dai Pisani ed altre questioni inerenti i fuoriusciti e i prigionieri in mano dei nemici (10).
Di lì a pochi anni prese avvio la stagione di Castruccio Castracani, che effettuò diverse spedizioni nel Valdarno, seguite da altrettante reazioni delle città guelfe (11, 12, 13, 14, 15, 17). Nel frattempo, nel 1327, Nicola Biciencio da Cigoli viene eletto Capitano del Popolo a Siena (16).
La morte di Castruccio e il rafforzamento della Lega Guelfa prese campo, grazie anche alle operazioni di Beltramo del Balzo (18), portarono alla Pace di Montopoli nel 1329 (19).
Nel 1336 si ha notizia di alcuni armati da Siena e da Firenze che prestarono servizio a presidio del territorio sanminiatese (20).
Infine, l'ultima informazione che riguarda il supporto dei Sanminiatesi ai Fiorentini durante la cacciata di Gualtieri VI di Brienne, Duca d'Atene (21).

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Di seguito il regesto: