mercoledì 25 settembre 2019

SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

a cura di Francesco Fiumalbi


In questa pagina è proposto il regesto in chiave sanminiatese della Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, redatta da Dino Compagni nel secondo decennio del XIV secolo. Aldobrandino o Ildebrandino, detto “Dino”, Compagni nacque a Firenze intorno al 1246-47 e morì nel 1324. Faceva parte di una ricca famiglia fiorentina di origine popolare, dedita alla mercatura (commercio) e per questo inserita nel cosiddetto “popolo grasso”. Con la discesa dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo (1310) e l’occasione di rivincita dei Guelfi Bianchi, iniziò la redazione della sua narrazione cronachistica. A differenza di Giovanni Villani e di altri autori coevi, Dino Compagni si preoccupò di narrare solamente gli episodi a lui coevi, di cui fu testimone diretto o indiretto, senza impegnarsi nel ricostruire le vicende legate alla fondazione di Firenze e le notizie più antiche. La Cronica, infatti, copre un arco temporale che va dal 1280 al 1312, fino alla morte di Enrico VII, avvenuta presso Buonconvento. La prima edizione risale al XVIII, quando fu pubblicata da Antonio Lodovico Muratori nel Tomo IX delle Rerum Italicarum Scriptores (1726). Numerose riedizioni furono date alle stampe successivamente, fra cui quella curata da Isidoro Del Lungo (che tra l’altro, la suddivise in capitoli).

Le notizie sanminiatesi sono sei. Oltre alla menzione inserita nella descrizione di Firenze [01/06], troviamo San Miniato nella narrazione della Battaglia di Campaldino (1289). Infatti, quella di Dino Compagni, è considerata la cronaca più precisa e circostanziata di quell’episodio bellico [02/06] [03/06] [04/06]. D’altra parte, durante la campagna militare contro Arezzo, Dino Compagni ricopriva la carica di Priore delle Arti e dunque poté disporre di notizie diretti o di fonte molto attendibile. Per questo sappiamo che a Campaldino furono impegnate due “squadre” di sanminiatesi: una guidata da Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli e l’altra da Barone Mangiadori, indicato come franco et esperto cavaliere in fatti d’arme, che avrebbe anche suggerito la strategia vincente su come condurre la battaglia. Gli aggettivi utilizzati dal Compagni per descrivere Benedetto Mangiadori sono estremamente significativi: egli è indicato come “franco”, ovvero “libero”, probabilmente sinonimo di “mercenario”, assoldato appositamente per l’occasione; è valutato “esperto”, cioè dotato di esperienza di guerra, evidentemente impegnato in numerose attività belliche negli anni precedente e quindi persona molto competente. Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli, invece, non può vantare i medesimi aggettivi del Mangiadori, ma è probabile che il suo ruolo fosse parimenti quello di mercenario. Curioso che egli avesse ricoperto la carica di Podestà di Arezzo nel 1276 e nel 1278 e dunque aveva maturato importanti legami con la classe dirigente aretina. Ma forse è proprio per riscattare il suo passato nella città nemica che lo troviamo impegnato in prima linea. D’altra parte il centro di San Miniato, dopo la cacciata dei Vicari Imperiali (1288), era entrato nell’orbita guelfa, così come la sua classe dirigente, sebbene composta in larga parte da magnati, tendenzialmente avversari dei popolani.

Troviamo poi San Miniato nelle vicende conseguenti alla cacciata da Firenze di Giano della Bella, che aveva dominato la scena politica fiorentina dal 1292 al 1295. Infatti intervenne Giovanni di Chalon che era stato nominato Vicario Imperiale per la Toscana che ben presto entrò in rotta di collisione con i magnati fiorentini. Dopo alcune vicissitudini, i Fiorentini cercarono di sostenere Giovanni in una “azione” volta a recuperare San Miniato che dicea appartenersi a lui per vigore d’Inperio In realtà, come spiegato da Dino Compagni, si sarebbe trattato di un tentativo dei Fiorentini di assestare un nuovo duro colpo agli Aretini che sostenevano il vicario. Tuttavia l’intendimento venne scoperto e non trovò messa in pratica [05/06].
L’ultima menzione sanminiatese riguarda la partecipazione di San Miniato agli scontri fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri del 1301 [06/06]. Si tratta di quegli scontri che fecero da preludio alla cacciata di Dante Alighieri da Firenze (1302).

Di seguito il regesto:


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