Strategia
di Barone Mangiadori per la battaglia (1289)
[…] Mossono le insegne al giorno ordinato i
Fiorentini, per andare in terra di nimici: e passarono per Casentino per male
vie; ove, se avessono trovati i nimici, arebbono ricevuto assai danno: ma non
volle Dio. E giunsono presso a Bibbiena, a uno luogo si chiama Campaldino, dove
erano i nimici: e quivi si fermorono, e feciono una schiera. I capitani della
guerra misono i feditori alla fronte della schiera; e i palvesi, col campo
bianco e giglio vermiglio, furono attelati dinanzi. Allora il Vescovo, che avea
corta vista, domandò: «Quelle, che mura sono? ». Fugli risposto: «I palvesi de’
nimici». Messer Barone de’ Mangiadori da
San Miniato, franco et esperto cavaliere in fatti d’arme, raunati gli uomini
d’arme, disse loro: «Signori, le guerre di Toscana si soglìano vincere per bene
assalire; e non duravano, e pochi uomini vi moriano, ché non era in uso
l’ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per stare bene fermi. Il perché io
vi consiglio, che voi stiate forti, e lasciateli assalire». E così disposono di
fare. Gli Aretini assalirono il campo sì vigorosamente e con tanta forza,
che la schiera de’ Fiorentini forte rinculò. La battaglia fu molto aspra e
dura: cavalieri novelli vi s’erano fatti dall’una parte e dall’altra. […] Molti quel dì, che erano stimati di grande
prodeza, furono vili; e molti, di cui non si parlava, furono stimati. Assai
pregio v’ebbe il balio del capitano, e fuvi morto. […] Furono rotti gli Aretini, non per viltà né per poca prodeza, ma per lo
soperchio de’ nimici. Furono messi in caccia, uccidendoli: i soldati
fiorentini, che erano usi alle sconfitte, gli amazavano; i villani non aveano
piatà. […] Più insegne ebbono di loro
nimici, e molti prigioni, e molti n’uccisono; che ne fu danno per tutta la
Toscana. […]
D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore,
Firenze, Libro I, pp. 20-24.
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