In questa pagina è
proposto il regesto in chiave sanminiatese della Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, redatta da Dino
Compagni nel secondo decennio del XIV secolo. Aldobrandino o Ildebrandino,
detto “Dino”, Compagni nacque a Firenze intorno al 1246-47 e morì nel 1324.
Faceva parte di una ricca famiglia fiorentina di origine popolare, dedita alla
mercatura (commercio) e per questo inserita nel cosiddetto “popolo grasso”. Con
la discesa dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo (1310) e l’occasione di rivincita
dei Guelfi Bianchi, iniziò la redazione della sua narrazione cronachistica. A
differenza di Giovanni Villani e di altri autori coevi, Dino Compagni si
preoccupò di narrare solamente gli episodi a lui coevi, di cui fu testimone
diretto o indiretto, senza impegnarsi nel ricostruire le vicende legate alla
fondazione di Firenze e le notizie più antiche. La Cronica, infatti, copre un arco temporale che va dal 1280 al 1312,
fino alla morte di Enrico VII, avvenuta presso Buonconvento. La prima edizione
risale al XVIII, quando fu pubblicata da Antonio Lodovico Muratori nel Tomo IX
delle Rerum Italicarum Scriptores (1726). Numerose riedizioni furono
date alle stampe successivamente, fra cui quella curata da Isidoro Del Lungo
(che tra l’altro, la suddivise in capitoli).
Le notizie
sanminiatesi sono sei. Oltre alla menzione inserita nella descrizione di
Firenze [01/06], troviamo San Miniato nella narrazione della Battaglia
di Campaldino (1289). Infatti, quella di Dino Compagni, è considerata la
cronaca più precisa e circostanziata di quell’episodio bellico [02/06]
[03/06] [04/06]. D’altra parte, durante la campagna militare contro Arezzo,
Dino Compagni ricopriva la carica di Priore delle Arti e dunque poté disporre
di notizie diretti o di fonte molto attendibile. Per questo sappiamo che a
Campaldino furono impegnate due “squadre” di sanminiatesi: una guidata da
Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli e l’altra da Barone Mangiadori, indicato come franco et
esperto cavaliere in fatti d’arme, che avrebbe anche
suggerito la strategia vincente su come condurre la battaglia. Gli aggettivi utilizzati
dal Compagni per descrivere Benedetto Mangiadori sono estremamente
significativi: egli è indicato come “franco”, ovvero “libero”, probabilmente
sinonimo di “mercenario”, assoldato appositamente per l’occasione; è valutato
“esperto”, cioè dotato di esperienza di guerra, evidentemente impegnato in
numerose attività belliche negli anni precedente e quindi persona molto
competente. Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli, invece, non può vantare i medesimi
aggettivi del Mangiadori, ma è probabile che il suo ruolo fosse parimenti
quello di mercenario. Curioso che egli avesse ricoperto la carica di Podestà di
Arezzo nel 1276 e nel 1278 e dunque aveva maturato importanti legami con la
classe dirigente aretina. Ma forse è proprio per riscattare il suo passato nella
città nemica che lo troviamo impegnato in prima linea. D’altra parte il centro
di San Miniato, dopo la cacciata dei Vicari Imperiali (1288), era entrato
nell’orbita guelfa, così come la sua classe dirigente, sebbene composta in
larga parte da magnati, tendenzialmente avversari dei popolani.
Troviamo poi San Miniato nelle vicende conseguenti alla cacciata da
Firenze di Giano della Bella, che aveva dominato la scena politica fiorentina
dal 1292 al 1295. Infatti intervenne Giovanni di Chalon che era stato nominato
Vicario Imperiale per la Toscana che ben presto entrò in rotta di collisione
con i magnati fiorentini. Dopo alcune vicissitudini, i Fiorentini cercarono di
sostenere Giovanni in una “azione” volta a recuperare San Miniato che dicea
appartenersi a lui per vigore d’Inperio In realtà, come spiegato da Dino Compagni, si
sarebbe trattato di un tentativo dei Fiorentini di assestare un nuovo duro
colpo agli Aretini che sostenevano il vicario. Tuttavia l’intendimento venne
scoperto e non trovò messa in pratica [05/06].
L’ultima
menzione sanminiatese riguarda la partecipazione di San Miniato agli scontri
fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri del 1301 [06/06]. Si tratta di quegli
scontri che fecero da preludio alla cacciata di Dante Alighieri da Firenze
(1302).
Di seguito
il regesto:
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