ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
907, 10 aprile, Ordinazione pievano di San Saturnino
di Fabbrica
SPOGLIO [D. Barsocchini] «Pietro Vescovo di Lucca col consenso
de’ suoi Sacerdoti ordina il Prete Domenico del qd. Ildimaro Rettore della
Pieve de’ SS. Gio. Battista e Saturnino del luogo detto Fabbrica con obbligo
ec. Nell’anno 907. Archiv. ++M.83».
Il documento originale è conservato presso l'Archivio
Arcivescovile di Lucca, Fondo Diplomatico Antico, ++M.83.
Trascrizione del testo contenuto in:
D. Bertini, Memorie e Documenti per servire
all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV, parte II, Francesco Bertini
Tipografo Ducale, Lucca, 1836, doc. LVIII, p. 76-77.
+ In Xpti nomine. Qualiter ego
Petrus gratia Dei hujus S. Lucane Ecclesie humilis Episcopus, una per consensum
Sacerdotum, seo filii ipsius Ecclesie ordinare videor te Dominicho Presbitero,
filio qd. Ildimarj, in eo ordine sicut supter adnexum fuerit, in Ecclesia illa,
cui vocabulum est Sancti Johanni Battiste, et Sancti Saturnini, sita loco et
finibus Fabrica, quod est Plebes Battismale, pertenentesi psi Episcopatui
nostro Sancti Martini: jamdicta Ecclesia S. Johannis, et S. Saturnini te inibi
ordinare, et confirmare videor, ut in tua sit potestate diebus vite tue, cum
aliis Ecclesiis subjectis ipsius Plebis, sive cum omnibus casis, et rebus
dominicatis et massariciis, servos et ancillas ec…. Et in ipsis Ecclesiis ec…. per
te, aut per tuam dispositionem Officium Dei, et Luminaria, seo Missarum solemnia
fieri debeam (debeant). Et mihi q.s. Petrus Episcopus, vel posterisque
successores meos singulis quibusque annis obediendi, et deservendi, ut mox (mos)
est. (Col solito divieto di alienare, o allivellare i beni di detta Pieve senza
licenza del Vescovo) ec… ec… Unde duas ordinationis cartulas ec…. Petrum
Notarium et Scabinum scribere rogavi. Actum Luca. Et hec ordinationis cartule
facte sunt Anno ab Incarnationis Domini nostri Jhesu Xpti Dei eterni,
nongentesimo septimo ; quarto idus Aprilis, Indictione decima.
+ Ego Petrus gratia Dei humilis
Epus in hac ordinationis cartula a me facta subscripsi.
+ Ego Viventius Archipresbiter,
et Vicedomino in hac ordinationis cartula consensi, et subscripsi.
(seguono le sottoscrizioni di
molti altri Preti e Diaconi Cardinali tra i quali)
+ Ego Sicardus Presbiter
Chardinalis, et Primicerium in hac ec.
Foto di Francesco Fiumalbi
COMMENTO (a cura di Francesco Fiumalbi)
L’atto e i protagonisti. Il documento proposto in questa pagina,
da un punto di vista tipologico, è una cartula
ordinationis. Rappresenta il terzo atto in ordine cronologico relativo alla
Pieve di San Saturnino di Fabbrica, a distanza di 50 anni dalla prima attestazione documentaria e a 3 anni dal contratto con cui
vennero
allivellati i beni della della
chiesa di Santa Maria del Corso nel territorio della pieve rispettivamente all’Arciprete Ursiberto
del fu Leutari e al presbitero Domenico del fu Ildimari.
Con questo nuovo provvedimento il Vescovo di Lucca
Pietro – impegnato a gestire gli innumerevoli interessi patrimoniali
ecclesiastici – “promosse” lo stesso presbitero Domenico alla carica di pievano
di Fabbrica, investendolo del governo della pieve e delle relative suffraganee,
oltre che della gestione patrimoniale dei beni afferenti alla medesima chiesa. Tutto questo fu fatto con il
consenso di Vivientus, indicato come “arciprete”
e suo Vicario. Si trattava, con buona probabilità del sacerdote anziano del “capitolo
episcopale”, antesignano del Capitolo dei Canonici della Cattedrale.
Secondo Paolo Tomei, l’arciprete Ursiberto poteva
essere il predecessore di Domenico, ovvero il pievano di San Saturnino al tempo
della stesura dell’atto dell’anno 904, anche se non ci sono attestazioni
precise al riguardo e per quello che sappiamo poteva essere anche il
predecessore di Vivientus, dal
momento che entrambi sono indicati come “arcipreti” [P. Tomei, «Locus est famosus». Come
nacque San Miniato al Tedesco (secoli VIII-XII), Edizioni ETS, Pisa, 2018, p.
38].
L’atto fu rogato da Pietro, indicato come notaio e
scabino, ovvero esperto di diritto legislativo e consuetudinario.
La pieve di Fabbrica. La chiesa di Fabbrica è indicata inequivocabilmente
come Plebes Baptismales e col doppio
titolo di San Saturnino e San Giovanni Battista. Dall’atto apprendiamo che
nella giurisdizione pastorale della pieve sussistevano altre chiese suffraganee
(aliis Ecclesiis subjectis ipsius Plebis) che tuttavia non vengono
specificate. Per questo motivo, possiamo solamente sottolineare l’importanza
della pieve e dell’abitato circostante (Fabbrica, presso l’odierno abitato di
Molino d’Egola nel Comune di San Miniato), ma non possiamo formulare
considerazioni sull’articolazione insediativa ed ecclesiastica, oltre che sul
popolamento nella zona agli inizi del X secolo.
Il pievano
Domenico. Il sacerdote Domenico, ordinato rettore della Pieve di San Saturnino,
fu investito anche della gestione pastorale delle chiese suffraganee e dell’amministrazione
patrimoniale dei beni che facevano parte della dotazione della pieve. Questi probabilmente
costituivano una o più unità produttive, ed erano costituiti da case e da cose,
tanto afferenti alla parte domenicale (gestita direttamente dal padrone o dominus)
che a quella masserizia (data in gestione ai coloni o massari), oltre a poter
contare su un numero non specificato di “servi” e “ancelle” (omnibus casis, et
rebus dominicatis et massariciis, servos et ancillas ec). In ogni
caso il pievano non poteva vendere o cedere i beni senza il consenso del
Vescovo. Questo tipo di vincolo era funzionale al mantenimento
economico-finanziario della chiesa, ovvero ad evitare che il pievano
disperdesse la dotazione patrimoniale, magari assecondando appetiti di suoi
congiunti e/o aspirazioni personali. Quindi, il Vescovo poteva mantenere un
controllo più efficace sul territorio ed evitare pericolosi processi
centrifughi.
Nell’atto, inoltre, vengono
specificati alcuni obblighi liturgici spettanti al pievano: celebrare la
liturgia delle ore (officium dei), la luminaria notturna e le
celebrazioni solenni. Ciò deve essere interpretato come l’obbligo di
amministrare direttamente e personalmente le funzioni liturgiche della pieve,
ovvero come l’obbligo di residenza del pievano presso la chiesa. Infatti, capitava
frequentemente che il pievano abitasse altrove lasciando l’amministrazione
liturgica ad altri sacerdoti di rango inferiore, benché godesse delle rendite e
dei benefici ecclesiastici legati al suo ruolo di rettore della chiesa. Dunque
al pievano, assunto al ruolo di rettore della pieve, con i conseguenti benefici
economici e i doveri amministrativi e gestionali, era fatto obbligo di
ottemperare direttamente agli impegni liturgici e quindi a risiedere presso la
chiesa stessa. Nel provvedimento è specificato che gli obblighi avrebbero
continuato a valere anche dopo la morte del presule, ovvero con i successori
del Vescovo Pietro.
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