domenica 2 ottobre 2011

IL CANTICO DI ROFFIA



Il “Cantico” che proponiamo in questo post, è una composizione redatta per celebrare l’avvenuta realizzazione di alcuni affreschi all’interno della chiesa parrocchiale di Roffia, dedicata a San Michele Arcangelo. Si tratta di un documento dattiloscritto, composto dall’allora parroco di Roffia Don Augusto Mannelli, che fece dono di una copia agli artisti che lavorarono nella chiesa. Il Cantico ci è stato segnalato da Annamaria Ciampini, figlia di Amerigo Ciampini, decoratore e pittore sanminiatese (1904-1999). Le note al componimento sono quelle originali.



Roffia, chiesa di San Michele Arcangelo
Foto di Francesco Fiumalbi

CANTICO

“Il rapito di Patmo Evangelista”
Vide l’alma Città scender dal Cielo
Di nuova sposa in adornata viata (1)
            Gerusalemme sotto cotal velo
E’ designata, l’incorrotta sposa
Per cui Crista avvampò di tanto selo
            Ogni dì che la vittima preziosa
Offrì, Lionello, e Dio “Signor, gli diei,
Il decor di tua casa, ove riposa
            La tua grandezza ho amato” (2). Esecutrici
Del tuo pensier le volte son del tempio,
Cui dipinsero or or mani felici.
            D’una gloriosa etade sull’esempio
Un gioiello d’ornato ci donasti,
Ché il merito col mio dire non adempio.
            A quei tempi di fede ci portasti
Che l’arte fino al Cielo sublimava
Co’ lineamenti suoi severi e casti;
            A quei tempi di fé che suscitava
Santa Maria del Fior, Tommaso e Dante,
Francesco, che a Dio il mondo riallacciava.
            Gloria rendesti a Dio, che di brillante
Luce orna il dì, la notte il ciel di stelle,
Di fiori il prato, il monte d’alte piante.
            A somiglianza d’este cose belle
Del tempio a onor gli Apostoli scegliesti
Su cui la rocca di Sionne eccelle.
            E con finezza d’arte ornar facesti
Il re degli strumenti e il suo sostegno
Linee intrecciando e armonie celesti.
            Il tempio decorato a qual più degno
Potevi dedicar che al Sacro Cuore,
Dolce arpa ed arte del divino ingegno?
            E potevi obliare (3) il più bel fiore
Del giardino di Dio, la nostra Madre,
Nostro Ausilio, e del Ciel fulgido amore?
            Fu d’uopo unir delle celesti squadre
Il Principe, del popolo forte scudo
Come lo fu del Verbo, il fu del Padre. (4)
            Ma è manco il verso mio se non accludo
Ciò cui mira il decoro della Chiesa,
di senso più elevato più ignudo.
            Tempio siam noi di Dio; gran lode è resa
All’alma in grazia e detta vien Regina (5),
Ond’è la deità d’amore accesa. (6)
            A dritta sta la Mestà divina (5),
Di vario ornato (7) e d’oro ha il vestimento (5);
Ma in cor la sua beltà più si raffina (7).
            Ecco la tua missione, ecco l’intento,
nobilissimo tuo, mirabil arte
di accender nuove stelle in firmamento (8).
            Duplice lode, Lionel, t’imparte
Il popolare e universale consenso (9)
Il premio eterno senza rammentarte.
            E il nostro omaggio a te si svolge intenso,
Amerigo Ciampini, che decoro
Desti alla chiesa così d’arte denso;
A te, Alessandro Bongi, che al sonoro
Strumento dando veste così belle
Degli angeli imitaste l’arpe d’oro.
Ambo al pensiero richiamaste quella
Patria celeste, ostel di pace eterna,
Ove Dio stesso di sua man suggella
Quanto di bel bel mondo si squaderna.


(1) Apocalisse XXI
(2) Salmo XXV
(3) di dedicare il Tempio a Maria, e a
(4) S. Michele Arcangelo, il titolare della Chiesa.
(5) Salmo XLIV, 11
(6) ivi 13
(7) ivi 15
(8) le anime salvate rifulgeranno in cielo come stelle.
(9) per la decorazione della Chiesa e per l’apostolato delle anime

D. AUGUSTO MANNELLI
Già Parroco di Roffia



Roffia, chiesa di San Michele Arcangelo
Foto di Francesco Fiumalbi


Di seguito riportiamo anche le parole di Augusto Mannelli in merito a questa composizione:

Quando
nel 1927
per cura del benemerito Sacerdote
Priore Don Lionello Benvenuti
per consenso di popolo
col plauso degli ammiratori
fu sullo stile del ‘300
decorata la Chiesa di Roffia
dai celebri artisti
Sanminiatesi
Amerigo Ciampini
Ed Alessandro Bongi



3 commenti:

  1. Che spessore culturale!
    Qualcuno dei fedeli al tempo capiva qualcosa?
    E' un bellissimo documento.

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  2. Era ancora il tempo in cui il sacerdote, oltre ad avere la "cura" della anime, era l'unico depositario della cultura nei piccoli villaggi rurali come Roffia.
    Credo che Don Augusto Mannelli non intendesse lasciare qualcosa ai fedeli di allora, che conoscevano i lavori alla chiesa e che magari erano assidui frequentatori della Parrocchia.
    Volle lasciare memoria ai posteri, a coloro che avrebbero visto la chiesa rinnovata nell'apparato decorativo senza avervi partecipato.
    Viene citato il Duomo di Firenze, Santa Maria del Fiore, che evidentemente, secondo un’ideale romantico non ancora sopito per l’epoca, era simbolo della chiesa quale edificio comunitario per eccellenza, opera collettiva concepita e costruita per durare nei secoli. Un’ideale da seguire anche per una piccola chiesa di campagna, quale era quella di Roffia.

    "E con finezza d’arte ornar facesti
    Il re degli strumenti e il suo sostegno
    Linee intrecciando e armonie celesti."

    Paradigmi per i luoghi di culto cristiani, sospesi come sono, fra Terra e Cielo.
    Ma anche del fatto che la chiesa materiale vuole rispecchiare un'altra "chiesa":

    " Ma è manco il verso mio se non accludo
    Ciò cui mira il decoro della Chiesa,
    di senso più elevato più ignudo.
    Tempio siam noi di Dio; gran lode è resa
    All’alma in grazia e detta vien Regina,
    Ond’è la deità d’amore accesa."

    E ci lascia anche una bellissima definizione di quello che dovrebbe essere l'arte sacra:

    "Ecco la tua missione, ecco l’intento,
    nobilissimo tuo, mirabil arte
    di accender nuove stelle in firmamento"

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  3. Io del Mannelli ne ho sentito parlare da mia zia e da Iole quando si raccontavano le risate che si facevano alle spalle della sorella del Priore che a dire poco era arabesca.Quel Lionello Benvenuti nel racconto del Mannelli è mio zio ed io fino alla terza elemenare ho vissuto con lui a Roffia.Ricordo anche che Ciampini venne a decorare il tetto della cappella del cimitero quando decisero di allungare il campo e costruirvi la cappella. Le travi e i travicelli della chiesa sono decorati con spighe di grano e tracci di vite: quelle appunto che Mannell elogia nella poesia.Si salvarono in gran parte anche dalla guerra.

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