giovedì 11 ottobre 2012

DELLA VITA DI FRANCO SACCHETTI

di Francesco Fiumalbi


Per l'infinita fama, ch'ho udita,
Franco, di voi, poiché a Fiorenza venni,
Ogni di più mia mente n'è invaghita

 
Franco Sacchetti
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Tipografia Borghi e Compagni, Firenze, 1833

Franco, figlio di Bencio "il Buono" di Uguccione Sacchetti e di Maria di Francesco, fu un mercante, politico, poeta e novelliere fiorentino vissuto nel XIV secolo. La sua opera più famosa è il Trecentonovelle, una poderosa raccolta costituita da trecento racconti, di cui settantotto sono andati perduti.
Nato intorno al 1330 a Firenze o a Ragusa, l'attuale Dubrovnic in Croazia, da una famiglia di mercanti fiorentini, si distinse anche per gli incarichi pubblici che ricoprì. Si sposò una prima volta il 15 gennaio 1354 con Felice di Nicolò Strozzi e in questo periodo compose la sua prima opera conoscoita: Battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie. Dopo aver viaggiato a lungo, anche in Dalmazia dove curò gli interessi del padre, nel 1362 si stabilì definitivamente a Firenze e nel 1363 venne nominato podestà a Montevoltraio, nei pressi di Volterra. Nel frattempo iniziò la stesura del Libro delle rime, e nel 1366 fu chiamato a reggere il castello di Avena vicino Poppi, in Provincia di Arezzo. Nel 1367 ricevette l'incarico di podestà a Mangona in Mugello e nel 1376 fu inviato a Bologna come osservatore mentre la città, che si era ribellata al Papa, era controllata da Rodolfo di Camerino, comandante delle milizie fiorentine. L'anno successivo, tornato a Firenze, compose i versi per la corona del marzocco situato davanti Palazzo Vecchio:

Corona porto per la patria degna,
Acciocché libertà ciascun mantegna.

Sempre nel 1377, in ottobre morì la sua prima moglie, Felice Strozzi. Nel 1378 scoppiò il Tumulto dei Ciompi e poco dopo suo fratello Giovannozzo fu accusato di legami filoviscontei e condannato a morte. Lo stesso Franco fu costretto a prendere pubblicamente le distanze dal fratello, con una dichiarazione davanti al Consiglio Maggiore.
In questo periodo difficile per la sua vita, Franco Sacchetti iniziò a comporre riflessioni e meditazioni di carattere morale e religioso che poi, nel 1381, lo porteranno a stendere le Sposizioni dei Vangeli e i Capitoli storici.
Nel 1382 fu eletto podestà a Serravalle Pistoiese (Pt), poi fu nominato ambasciatore a Milano presso Bernabò Visconti; nel 1383 rientrò a Firenze dove, dopo esser stato riformatore a Montaione (Fi), entrò a far parte della magistratura degli Otto di Balìa e di lì a poco fu eletto priore del Quartiere di San Giovanni. Sempre nello stesso anno, si sposò per la seconda volta, con Ghita di Piero Gherardini.
Nel 1385, contro la sua volontà, fu nominato ambasciatore a Genova, incarico che evitò accettando quello di podestà a Bibbiena. Nel 1387 fu colpito da grave malattia dalla quale si riprese non senza qualche difficoltà. Nel 1390 è eletto Buonuomo e nel 1391 Camerario delle prestanze.
Poi, il 18 luglio del 1392, fu podestà a San Miniato fino al gennaio successivo, e il suo incarico si intrecciò con quello di Luigi Guicciardini, eletto Vicario. Nel 1395 fu podestà a Faenza per sei mesi, e riconfermato per i sei successivi. Nel 1396 muore la sua seconda moglie Ghita e, tornato a Firenze, si sposò per la terza volta, con Giovanna di Francesco di Santi Bruni. Fra il 1398 e il 1399, fu nominato Capitano del Popolo a Portico di Romagna.
Nel 1400 fu eletto Vicario a San Miniato, dove è stato ipotizzato che sia avvenuta la sua morte, nel mese di agosto. Tuttavia sembrano non esserci notizie certe in proposito.



BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
- Leone Allacci, Poeti antichi, raccolti da codici manoscritti della Biblioteca Vaticana e Barberina da monsignor Leone Allacci, 1661, c. 78.
- Delle Novelle di Franco Sacchetti, Tomo Terzo, presso Riccardo Brancker, Londra, 1795.
- Novelle di Franco Sacchetti, Giovanni Silvestri, Milano, 1815. Prefazione di Mons. Giovanni Bottari, pp. 1-66.
- Sacchetti Franco, Il Trecentonovelle, a cura di Valerio Marucci, Salerno Editrice, Roma, 1996, p. XXXVIII.

2 commenti:

  1. Passando con pensier per un boschetto,
    donne per quello givan, fior cogliendo,
    - To' quel, to' quel - dicendo.
    - Eccolo, eccolo! -
    - Che è, che è? -
    - È fior alliso. -
    - Va' là per le vïole. -
    - Omè, che 'l prun mi punge! -
    - Quell'altra me' v'agiunge. -
    - Uh, uh! o che è quel che salta? -
    - È un grillo. -
    - Venite qua, correte:
    raperonzoli cogliete. -
    - E' non son essi. -
    - Sì, sono. -
    - Colei,
    o colei,
    vie' qua,
    vie' qua
    pe' funghi. -
    - Costà,
    costà,
    pel sermolino. -
    - No' staren troppo,
    che 'l tempo si turba! -
    - E' balena! -
    - E' truona! -
    - E vespero già suona. -
    - Non è egli ancor nona! -
    - Odi, odi,
    è l'usignol che canta:
    "Più bel v'è,
    più bel v'è." -
    - I' sento... e non so che. -
    - Ove? -
    - Dove? -
    - In quel cespuglio. -
    Tocca, picchia, ritocca,
    mentre che 'l busso cresce,
    ed una serpe n'esce.
    - Omè trista! - Omè lassa! -
    - Omè! -
    Fugendo tutte di paura piene,
    una gran piova viene.
    Qual sdrucciola,
    qual cade,
    qual si punge lo pede.
    A terra van ghirlande;
    tal ciò ch'ha colto lascia, e tal percuote:
    tiensi beata chi più correr puote.
    Sì fiso stetti il dì che lor mirai,
    ch'io non m'avidi e tutto mi bagnai.

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    Risposte
    1. Qualcuno conosce la parafrasi di questo testo? Su internet non si trova nulla

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