PREMESSA
In questo post
parleremo della strage di civili avvenuta a Stibbio il 23 agosto 1944 e lo
faremo grazie alle testimonianze orali di Maria Sordi, Attilio Mazzetti e
Regina Matteoli, raccolte da Primo Sordi, a cui va il nostro ringraziamento.
Probabilmente qualcuno
potrebbe giudicare questo contributo troppo lungo e articolato. Tuttavia, l’episodio
drammatico fu il risultato di una serie di circostanze determinate dalla
complessità del contesto e del momento, dalle scelte personali e anche da
circostanze casuali. Tutti i dati e le informazioni proposte, nonchè i salti di
scala – dal contesto generale al particolare delle vicende personali e
viceversa – vogliono costituire uno spunto di riflessione sulla tragicità e l’assurdità
della guerra, ma anche sulle difficoltà patite dalla popolazione toscana nell’estate
del 1944. D’altra parte la storia di questa strage è la storia di tante altre stragi,
spesso taciute o dimenticate, che avvennero in Italia durante la cosiddetta “guerra
di liberazione”, fra il 1943 e il 1945.
INTRODUZIONE
Il monumento che
campeggia al centro della piazza di Stibbio fu realizzato nel 1934 per
commemorare i caduti della Prima Guerra Mondiale. L’obelisco, nella sua
sistemazione originaria, era il baricentro di un Parco della Rimembranza,
ricavato acquistando il terreno dalla vicina Parrocchia di San Bartolomeo (01).
Il parco fu dismesso nel secondo Dopoguerra, utilizzato come piazzale e poi
come parcheggio a servizio della popolazione. Nel 1974 fu risistemato e furono
aggiunte le epigrafi dedicate ai caduti e alle vittime civili della Seconda
Guerra Mondiale. In tutto il territorio del Comune di San Miniato, fra l’inizio
del 1944 e la fine della guerra, si contarono circa 240 vittime civili per
cause di guerra e la lapide presente sul monumento di Stibbio ne riporta 17:
CADUTI
CIVILI
PER CAUSE
DI GUERRA
BILLI GUIDO
FRESCHI
FAUSTINA
GIOVANNONI
DARIO
GIOVANNONI
FIDALMA
GIOVANNONI
MARISA
MALUCCHI
SEVERINA
MAZZETTI A.
MARIA
MAZZETTI
NORMA
MONTI
GIUSEPPE
RINALDI
PIETRO
ROSSI
GIOVANNA
SALVADORI
VIRGINIA
SORDI ROSA
TESTAI FRANCO
GIOVANNONI
SPERANZA NEI MAZZETTI
SALVADORI
ERIVO
Fra questi 17
nominativi, 8 appartengono a persone che morirono in una medesima circostanza,
un drammatico episodio che vide morire 3 donne, 3 ragazze e 2 bambine mentre
cercavano di sopravvivere alla guerra assieme ai propri familiari. La strage
avvenne il 23 agosto 1944, quando il peggio sembrava ormai alle spalle, quando
i combattimenti campali nella zona erano passati da circa un mese e l’inerzia
era favorevole agli Alleati che di lì a breve avrebbero oltrepassato l’Arno.
Foto di
Francesco Fiumalbi
IL CONTESTO
GENERALE
Alla fine di agosto
1944 stava per concludersi la “quarantena” – come è stata definita da Claudio
Biscarini e Giuliano Lastraioli – degli Alleati di fronte alla linea dell’Arno.
Bloccati fin dal 25 luglio dalla resistenza tedesca sul principale corso
d’acqua della Toscana, le truppe Alleate già intravedevano quegli Appennini su
cui si sarebbe consumata l’ultima grande battaglia sul fronte italiano.
L’arresto di circa 40 giorni fu dovuto anche alla necessità di riorganizzare i
reparti in vista dell’assalto alla Linea Gotica. Per questo l’Arno-stellung
fu superata solamente fra il 1 e il 2 settembre (02).
LA FAMIGLIA SORDI-GIOVANNONI
DI CASTELLONCHIO –
LA CATENA
In uno dei poderi
della villa-fattoria del Castellonchio, di proprietà del Barone Livio Carranza
e della moglie Pia Bertolli, viveva la famiglia Sordi. Erano mezzadri e oltre
all’allevamento di bovini, coltivavano cereali, barbabietole destinate allo
zuccherificio di Granaiolo e pomodori per la fabbrica SAIAT di San Miniato
Basso. La famiglia era composta da Emilio “Miglio” Sordi, dalla moglie Liduina
Brotini e dai figli Duilio e Mario. Con loro abitava Fidalma Giovannoni –
vedova di Primo Sordi, fratello di Emilio – assieme alle figlie Maria e Rosa
Sordi. La guerra aveva portato i tre figli maschi lontano da casa. Pietro Sordi
era soldato a Civitavecchia, Luigi Sordi si trovava a Parma. Dopo l’Armistizio
di Cassibile dell’8 settembre 1943 erano riusciti a tornare a casa, ma entrambi
furono costretti alla clandestinità per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi e
repubblichini. Il terzo fratello, Agostino Sordi, era soldato in Sardegna e, a
causa anche di una ferita alla gamba a causa di una caduta da cavallo, fece
ritorno a casa solamente a guerra conclusa. Quest’ultimo era fidanzato con
Regina Matteoli di Montopoli, ma il matrimonio era stato rimandato a causa
della guerra.
La famiglia Sordi
abitava di fianco alla Villa del Castellonchio, che fu occupata dai militari
della Wehrmacht a partire dai primi mesi del 1944. Proprio la presenza
di soldati germanici pose la famiglia di fronte ad una scelta difficile:
abbandonare la propria abitazione o lavorare per i tedeschi. Nonostante le
titubanze, i Sordi rimasero e cercarono di sopravvivere facendo alcuni lavori
per gli occupanti: gli uomini macellavano gli animali, mentre le donne erano
impegnate a cucinare, lavare e cucire. Le figlie più giovani furono mandate a
stare dai Marrucci, che abitavano nel vicino Podere Le Tagliate, fra il Rio San
Bartolomeo e la villa-fattoria del Castellonchio (03).
LA FAMIGLIA
MAZZETTI-GIOVANNONI
DI CASOTTI DI SAN
ROMANO E DA RODI
Primo Mazzetti e
Speranza Giovannoni, assieme al figlio Attilio, erano partiti per Rodi, una
delle isole del Dodecaneso. A seguito della Guerra Italo-Turca e dopo la Prima Guerra Mondiale, era entrata a far
parte dell’allora Regno d’Italia, dopo un periodo di occupazione (1912-1923). A
Rodi, la famiglia di Primo Mazzetti era rientrata nel rinnovato programma di “italianizzazione”
promosso dal Governatore Cesare De Vecchi (1936). Pertanto, raggiunta l’isola,
andò ad abitare nel centro di Savona-San Benedetto (oggi Kolymbia), uno dei
villaggi di colonizzazione appositamente fondati per ospitare i coloni italiani
che nel 1936 erano circa 7000 unità. La famiglia Mazzetti aveva raggiunto una
certa stabilità e dopo il figlio Attilio nacquero due bambine: Annamaria e
Norma.
Con l’Armistizio
dell’8 settembre 1943 anche Rodi fu occupata dalle forze germaniche. Mentre i
militari italiani acquartierati nell’isola del Mar Egeo vennero deportati in
massa verso la Germania, le donne e i bambini vennero rimpatriati. Fu così che
Speranza Giovannoni, assieme ai figli Attilio, Annamaria e Norma – che
all’epoca avevano rispettivamente 8, 4 e 3 anni – si imbarcarono su una nave
che li condusse al porto del Pireo, presso Atene. Da qui proseguirono il
viaggio in treno, attraverso la regione balcanica occupata dalla Wehrmacht,
passarondo da Trieste, Venezia, Bologna, Firenze, raggiungendo infine San
Romano. Primo Mazzetti, rimasto a Rodi e internato in un campo di prigionia,
rientrerà solamente a guerra conclusa, quando l’isola passò
dall’amministrazione britannica alla Grecia. Morì nel 1959 a causa di un
incidente avvenuto in una conceria di Ponte a Egola.
LA FAMIGLIA
GIOVANNONI-TADDEI
DI CASOTTI DI SAN
ROMANO
Ai “Casotti”, la
porzione di San Romano che ricade nel Comune di San Miniato, risiedeva Dario
Giovannoni, fratello di Fidalma, che abitava con la moglie Ottavia Maria Taddei
e i figli Nello e Marisa. Erano mezzadri e abitavano in un’abitazione situata
vicino alla Strada Statale, all’inizio di via San Lorenzo. Dario Giovannoni
soffriva di una grave forma di diabete e il generale stato di guerra aveva
provocato un peggioramento delle sue condizioni. Nello, classe 1920, era
militare e dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 riuscì a rientrare a casa,
sebbene costretto alla clandestinità.
Insieme ai genitori era
tornata a vivere Speranza Giovannoni, rientrata da Rodi con i tre figli
Attilio, Annamaria e Norma. I bambini conobbero i nonni: quando erano partiti
Attilio non aveva nemmeno due anni, mentre le due sorelline erano nate
sull’isola del Mar Egeo. La Toscana dovette sembrargli un altro mondo e,
soprattutto, nel giro di pochi mesi divenne uno dei luoghi più pericolosi dove
abitare.
Schema dei legami di parentela fra le persone coinvolte nella strage
Schema di Francesco Fiumalbi
I FATTI DE LA
CATENA
Fra il 10 e il 17
luglio, mentre i reparti dell’88th Divisione Fanteria americana stavano
procedendo da Volterra a Palaia, a La Catena avvennero alcuni episodi
drammatici che fecero propendere la famiglia Sordi-Giovannoni ad abbandonare la
propria abitazione. L’11 luglio 1944 fu ucciso un graduato tedesco – i
documenti e le testimonianze indicano un “maresciallo” – da Duilio “Giorgio”
Romagnoli e Alvaro Marrucci, due giovani del posto che partecipavano alle
attività delle bande partigiane presenti fra l’Empolese e la Valdelsa. I
giovani erano armati e per sfuggire ad una perquisizione all’incrocio fra la
Statale e la via che sale a Cigoli, aprirono il fuoco contro i tedeschi. I
militari germanici attuarono una feroce rappresaglia. Furono incendiate e
distrutte tre abitazioni, fra cui la casa dei Marrucci – la famiglia di Alvaro
– dove erano ospitate le bambine dei Sordi. Inoltre dieci persone furono prese in
ostaggio, con la minaccia di passarle per le armi. Gli ostaggi furono condotti
a Pontedera e poi trasferiti a Staffoli. Furono liberati il 17 luglio, fortunatamente senza
conseguenze, a seguito del pagamento di una “riscatto” di 150.000 lire da parte
dell’Amministrazione Comunale che trovò la somma necessaria grazie alla
disponibilità della Cassa di Risparmio di San Miniato, e grazie anche alla
mediazione del Vescovo Mons. Ugo Giubbi, di Ugo Capponi e di altre persone (04).
Mentre erano in corso le ricerche dei responsabili materiali dell’omicidio, il
13 luglio i tedeschi individuarono Domenico Di Resta e Felice Mazzeo, due
militari originari di Sessa Aurunca (Caserta) che dopo l’8 settembre erano
stati catturati e destinati all’internamento in Germania. I due erano riusciti
a rendersi irreperibili e trovarono ospitalità presso le famiglie de La Catena.
Dopo mesi di clandestinità, furono catturati e condotti al comando presso la
villa del Castellonchio, dove furono interrogati e uccisi sommariamente (05).
Questi episodi, unitamente all’intensificarsi delle incursioni aeree alleate –
che avevano come obiettivo le infrastrutture utili alla ritirata tedesca come
la SS. n. 67 Tosco-Romagnola Est e la ferrovia tra Pisa e Firenze –
determinarono lo sfollamento della famiglia Sordi-Giovannoni verso Stibbio,
nella casa dove abita la famiglia di Orlando Giovannoni, fratello di Fidalma.
Foto di
Francesco Fiumalbi
IL PRIMO
SFOLLAMENTO DEI SORDI A STIBBIO
Fidalma Giovannoni,
assieme alle figlie Maria e Rosa Sordi, dopo un breve passaggio da Ersilia
Giovannoni – sorella di Fidalma, che abitava presso l’Arno a Santa Croce
sull’Arno – raggiunsero la famiglia di Orlando Giovannoni che abitava vicino a
Stibbio, con la moglie Virginia Salvadori e la figlia Giovanna. La loro casa
era situata lungo la propaggine meridionale del crinale di Montalto, affacciata
sulla valle del Rio Vaghera, nel “popolo” di Stibbio, in località ai “Tre Pini”
e faceva parte della Fattoria del Conservatorio di Santa Chiara di San Miniato.
Non conosciamo la data esatta in cui arrivarono, ma verosimilmente fu tra il 15
e il 17 luglio 1944.
dove abitava
la famiglia di Giovannoni Orlando
Foto di Francesco
Fiumalbi
I “BLUE DEVILS” ARRIVANO
TRA MONTOPOLI E SAN MINIATO
Nel frattempo, i Blue
Devils dell’88th Divisione americana erano giunti fra la Valdegola e la
Valdichiecina. Il 349th Infantry Regiment, partendo da Palaia, il 18
luglio aveva preso Montebicchieri (I° Battaglione) e Bucciano (II° e III°
Battaglione), salvo poi spostarsi verso l’obiettivo San Miniato che raggiunse
il 24 luglio (06). Il 351st Infantry Regiment, partendo da
Partino, il 18 luglio aveva posto il controllo su Montopoli (II° Battaglione),
Marti (III° Battaglione) e sulla zona a sud di Varramista (I° Battaglione). La
notte fra il 22 e il 23 luglio gli statunitensi arrivarono all’Angelica (III°
Battaglione) e ai Casotti (II° Battaglione), mentre San Romano rimase occupata dai
tedeschi della 26. Panzer-Division almeno fino al 25 luglio successivo.
In questi giorni, a fronte dell’inerzia delle due fanterie, fervevano le
sortite delle pattuglie e l’attività delle artiglierie: gli americani
cannoneggiavano verso San Romano e i tedeschi rispondevano sparando verso
Montopoli, la Valdegola e la Valdichiecina (07).
Mappa pubblicata in J. P. Delaney, The Blue Devils
in Italy. A history of the 88th Infantry Division in World War II,
Infantry journal press, Washington, 1947, p. 115.
LO SFOLLAMENTO DEI
GIOVANNONI-MAZZETTI A STIBBIO
Fra il 18 e il 25
luglio il crinale di San Romano, fra l’Angelica e i Casotti, fu tempestato dal
fuoco dell’artiglieria statunitense (18-24 luglio) e dell’artiglieria tedesca
(22-25 luglio). Dal Libro dei Morti della Parrocchia di San Romano,
apprendiamo che il 21 luglio morirono i coniugi Eliseo Pupeschi e Gabriella
Bonaccini, rispettivamente di 86 e 82 anni, a seguito del crollo della casa
dovuto ad un cannoneggiamento. Il 22 luglio morì Pietro Costagli, di 57 anni, a
causa delle ferite riportate per lo scoppio di un proiettile d’artiglieria
presso la sua abitazione. Nel medesimo giorno i tedeschi uccisero Teresa
Giglioli di 70 anni e Luigi Giovanni Dani di 72 anni d’età, mentre si trovavano
nelle rispettive abitazioni presso ai Casotti. Il 25 luglio morirono Bracci
Cesira, di 68 anni, e Paris Iacopini, di 67 anni, per il crollo delle
rispettive abitazioni situate ai Casotti e all’Angelica (08).
Furono questi episodi
che fecero propendere la famiglia Giovannoni-Mazzetti a lasciare la propria
abitazione ai Casotti, nonostante le gravi condizioni di salute di Dario
Giovannoni. Intorno al 20 luglio decisero di raggiungere la famiglia di Orlando
Giovannoni, fratello di Dario e di Fidalma, che abitava vicino a Stibbio.
LA SITUAZIONE A
STIBBIO FRA IL 18 E IL 25 LUGLIO
Fra il 18 e il 25
luglio San Romano rimase occupata dai militari germanici della 26. Panzer-Division,
che continuarono ad imperversare nella zona operando continue sortite. In
questo frangente Stibbio e la valle del rio Vaghera rimasero per alcuni giorni
nella terra di nessuno.
Dal 18 luglio gli
americani del 349th Infantry Regiment si trovavano a Montebicchieri, ma
il loro obiettivo era San Miniato, per cui non avanzarono verso Stibbio anche
per la resistenza opposta dai militari germanici (09). L’abitato di San
Romano fu raggiunto solamente nella notte fra il 22 e il 23 luglio dai reparti
del 351st Infantry Regiment, che da Montopoli si mossero in varie direzioni
in modo da occupare simultaneamente l’intero crinale dall’Angelica (III°
Battaglione, dal crinale di Fornoli e Masoria) ai Casotti (II° Battaglione, dal
crinale di Montebicchieri). Durante tali operazioni il II° Battaglione pose il
controllo su Ponte a Egola (Compagnia L) e su Stibbio (Compagnia G) dove si
sistemò in posizione difensiva. La situazione era in rapida evoluzione e le
pattuglie statunitensi erano impegnate in continue attività di ricognizione e
controllo degli spostamenti delle forze germaniche che almeno fino al 25 luglio
riuscirono a mantenere il controllo sul centro di San Romano e su Le Buche (10).
Una pattuglia americana – probabilmente fra il 21 e il 22 luglio – raggiunse
l’abitazione di Orlando Giovannoni, dove erano sfollati i Sordi-Giovannoni e i
Giovannoni-Mazzetti. I militari statunitensi informarono che la zona era
potenzialmente pericolosa ed invitarono i civili ad allontanarsi, dal momento
che a breve avrebbero operato l’avanzata verso San Romano.
IL SECONDO
SFOLLAMENTO A MARTI
A seguito delle
informazioni rilasciate dalla pattuglia statunitense, gli abitanti della casa
ai “Tre pini”, affacciata sul rio Vaghera, decisero di separarsi. Le donne e i
bambini avrebbero lasciato l’abitazione, mentre gli uomini sarebbero rimasti
per mantenere gli animali. Partirono Fidalma Giovannoni con le figlie Maria e
Rosa Sordi, Speranza Giovannoni con la sorella Marisa e i figli Attilio,
Annamaria e Norma Mazzetti. Con loro anche Virginia Salvadori e la figlia
Giovanna Giovannoni.
Rimasero Orlando
Giovannoni, Ottavia Maria Taddei e il marito Dario Giovannoni, le cui
condizioni di salute si erano aggravate e probabilmente era impossibilitato a
muoversi. Con loro probabilmente c’erano anche due dei soldati rientrati dopo
l’8 settembre e che vivevano in clandestinità: Nello Giovannoni figlio di Dario
e Pietro Sordi figlio di Fidalma Giovannoni.
Fatti i fagotti e presa
una capretta per dare il latte ai bambini, si incamminarono in direzione di
Montebicchieri senza una meta precisa. Lungo la strada si unirono ad un gruppo
di sfollati provenienti da San Romano, formando un gruppo di circa cinquanta
persone, decidendo di raggiungere Marti. La scelta, probabilmente, fu
determinata dal fatto che il paese era stato occupato dagli statunitensi e che
proprio lì avevano stabilito il Command Post reggimentale. Dunque era un
luogo sufficientemente sicuro e riparato. Dopo un lungo girovagare gli sfollati
di Stibbio trovarono ospitalità in un fienile “ammattonato”, ovvero dotato di
pavimento in mattoni, messo a disposizione da alcuni contadini del posto. Ciò
avvenne fra il 22 e il 25 luglio 1944.
Foto di
Francesco Fiumalbi
LA MORTE DI DARIO
GIOVANNONI
Mentre le donne e i
bambini erano a Marti, il 29 luglio 1944, morì Dario Giovannoni all’età di 58
anni. Le testimonianze concordano sull’aggravarsi delle condizioni di salute a
causa anche e soprattutto delle privazioni patite per lo stato di guerra. Visto
il pericolo dovuto ai cannoneggiamenti tedeschi sulla zona, il corpo fu sepolto
sommariamente nelle vicinanze dell’abitazione dal fratello Orlando Giovannoni,
dal figlio Nello Giovannoni e dal nipote Pietro Sordi.
Nel dopoguerra la
salma sarà inumata nel cimitero di San Romano.
LA QUARANTENA
DURANTE IL MESE DI AGOSTO
Il 26 luglio giunse
l’ordine di avvicendamento: le posizioni tenute dall’88th Infantry Division
furono rilevate dal II° Battaglione del 362nd (10). Il 362nd “combat
team” apparteneva alla 91st Infantry Division Powdrer River ed
era un reggimento di fanteria a cui erano assegnati un numero maggiore di carri
armati, artiglieria, genieri, unità meccanizzate, ricognitori, segnalatori,
polizia militare e medici. Dal 13 luglio al 18 luglio risalì la Valdera e si
arrestò lungo il rilevato ferroviario fra La Rotta e Pontedera, dopodiché al
91st fu assegnato il compito di mantenere la difesa della linea dell’Arno e di
proteggere il fianco destro della Fifth Army, per consentire agli altri reparti
di riorganizzarsi e prepararsi all’attacco sulla Linea Gotica. In particolare,
il 362nd doveva coprire un fronte di circa 8 miglia – quasi 13 km – lungo il
corso dell’Arno e si stabilì presso “Le Buche” di San Romano, a cavallo fra i
comuni di San Miniato e Montopoli, con il preciso compito di raccogliere più
informazioni possibili circa la forza, le posizioni e i movimenti del nemico,
in vista dell’attraversamento del fiume previsto per la fine del mese di
agosto. Per questo motivo gli fu affiancato il 316th Engineer Battalion (battaglione
genieri). Inoltre, come secondo compito, doveva difendere la posizione da
eventuali sortite tedesche, coprire il fronte divisionale e impedire al nemico
di conoscere la disposizione e i movimenti delle truppe americane (11).
Il 13 agosto, la posizione del 362nd fu rilevata dal 363rd. Tuttavia, il 17
agosto la 91st lasciò il posto all’85th Infantry Division, i cui reparti
avevano raggiunto la linea dell’Arno attraverso spostamenti notturni effettuati
a partire dal 14 agosto (12). All’85th
– che fino a quel momento aveva operato fra la Valdelsa e la Valdipesa – fu
assegnato il fronte da Montelupo a Capanne e al posto del 363rd fu posizionato
il 337th Regiment Combat Team a cui fu affiancato l’85th Reconnaissance
Troop. Tuttavia il 26 agosto l’85th lasciò il posto alla 6th Armored
Division sudafricana e alla 1st Armored Division statunitense (13).
Questione di giorni e gli Alleati avrebbero oltrepassato la Arno-Stellung.
VERSO CASA
Dopo circa un mese dal
secondo sfollamento a Marti, intorno al 20-22 agosto 1944, sembrava giunto il
momento propizio per tornare a casa. D’altra parte il peggio sembrava davvero
passato: i tedeschi si trovavano ancora a nord dell’Arno, ma l’attraversamento
del fiume era questione di giorni. Le truppe Alleate avevano ampia
disponibilità di uomini e di mezzi, addirittura distribuivano caramelle ai
bambini. Nulla a che vedere con i militari germanici, che avevano spostato il
grosso delle truppe ai piedi dell’Appennino, lasciando una modesta retroguardia
asserragliata sulle sponde del fiume, che agiva in ranghi ridotti e con
scarsità di mezzi.
Fu così che le donne e
i bambini si incamminarono verso Stibbio, dove la sera del 22 agosto
ritrovarono gli altri familiari e possiamo immaginare la loro contentezza.
Fidalma Giovannoni,
assieme alle figlie Maria e Rosa Sordi, intendeva rientrare a La Catena, presso
la casa del Castellonchio che aveva lasciato oltre un mese prima. Tuttavia, Ottavia
Maria Taddei – vedova di Dario Giovannoni – le chiese di passare la notte con
loro. Ormai era sera, le bambine erano stanche e sarebbero arrivate a casa dopo
il tramonto. Inoltre, la donna chiese un aiuto per fare il bucato. Fidalma
Giovannoni acconsentì e passarono la notte nella casa di Orlando Giovannoni.
Schema di
Francesco Fiumalbi
Base
cartografica Carta Topografica Regione Toscana
LA STRAGE
Il giorno successivo,
di prima mattina, le donne avevano provveduto a fare il bucato. Probabilmente
era state ai lavatoi delle Fonti di Stibbio e una volta rientrate a casa,
iniziarono a stendere i panni. Dall’abitazione transitò una pattuglia
statunitense. Le donne offrirono da bere e, dopo essersi dissetati, i soldati
ripartirono velocemente sulla propria camionetta. Il clima era disteso. Con
loro c’erano anche le bambine che giocavano sull’aia, mentre il piccolo Attilio
era montato su un fico, forse per gioco o per mangiare un frutto.
Sul gruppo di persone
piombò improvvisamente una cannonata. Le schegge, che si irradiano in tutte le
direzioni, colpirono i presenti. Fu una strage.
Morirono
immediatamente 7 persone: Fidalma Giovannoni (52 anni) e la figlia Rosa (12
anni), le sorelline Annamaria Mazzetti (5 anni) e Norma Mazzetti (4 anni),
Virginia Salvadori (57 anni) e la figlia Giovanna Giovannoni (18 anni), Marisa
Giovannoni (15 anni).
Rimasero gravemente
feriti Attilio Mazzetti (9 anni) colpito all’addome, Maria Ottavia Taddei (54
anni), Maria Sordi (14 anni) colpita alla gamba e alla testa e Speranza
Giovannoni (28 anni) colpita ad una gamba, che morirà a Volterra il 7 settembre
a causa di un’infezione (probabilmente tetano) causata dalle schegge della
cannonata. Anche Maria Sordi fu trasportata a Volterra e lì rimase in
convalescenza. Il piccolo Attilio, invece, era intrasportabile date le sue
condizioni e per questo rimase al campo del Palagio e successivamente
trasferito all’Ospedale di Pontedera. L’unico a rimanere incolume fu Orlando Giovannoni,
che si trovava nella stalla ad accudire gli animali.
I cadaveri, straziati
dalle schegge, furono messi in casse di legno fatte da Nello Giovannoni, Pietro
e Luigi Sordi e trasportate al cimitero di Stibbio. Successivamente le salme
furono traslate a San Romano, a Cigoli e a San Miniato.
Foto
gentilmente messe a disposizione
da Primo
Sordi, Maria Sordi e Attilio Mazzetti
DINAMICA DELLA
CANNONATA
Il colpo d’artiglieria
tedesca fu un tiro isolato. Se si fosse trattato di un vero e proprio cannoneggiamento
le persone si sarebbero messe in fuga in una zona più riparata. Invece furono
tutti investiti dalle schegge. Probabilmente la pattuglia statunitense aveva
attirato l’attenzione delle vedette tedesche situata a nord dell’Arno.
Le testimonianze
concordato che il punto di impatto del proiettile col terreno fu l’aia della
casa, che rispetto all’abitazione si trova in posizione sud-occidentale. Se la
cannonata fosse venuta dalla zona di Castelfranco (nord) o di Santa Croce
(nord-est), il colpo avrebbe colpito il casolare e probabilmente non sarebbe
avvenuta la strage. Dunque, considerando l’orientamento dell’abitazione e
l’altezza della collina (71 metri sul livello del mare) rispetto al crinale di
San Romano e Casotti (60-65 mslm) l’edificio e i suoi abitanti sarebbero stati
praticamente invisibili a nord e a est. Il colpo non può che essere partito da
nord-ovest, ovvero dalla zona di Ponticelli e Santa Maria a Monte. Da quella
direzione, in particolare da Santa Maria a Monte, la casa è visibile poiché il
crinale all’altezza dell’Angelica è più basso, fra i 40 e i 25 mslm.
Schema di
Francesco Fiumalbi
Base cartografica
CTR Regione Toscana
NOTE E RIFERIMENTI
(01) F. Fiumalbi, Parchi e viali della
Rimembranza nel territorio sanminiatese, in «Bollettino
dell’Accademia degli Euteleti», n. 85, San Miniato, 2018, pp. 265-300: 279-280,
298; F. Fiumalbi, La memoria dei caduti della “Grande Guerra” a San Miniato
e nel suo territorio, in San Miniato negli anni del primo conflitto
mondiale. Storie di uomini e donne nell’epopea della Grande Guerra, a cura
di A. De Blasio, Consiglio Regionale della Toscana, Comune di San Miniato,
Edizioni dell’Assemblea, Firenze, 2019, pp. 65-146: 86-87, 141.
(02) C. Biscarini e G. Lastraioli, «Arno-Stellung».
La quarantena degli Alleati davanti a Empoli (22 luglio – 2 settembre 1944), «Bullettino Storico Empolese», n. 9, Anni
XXXII/XXXIV, 1988/1990, Associazione Turistica Pro Empoli, Empoli, 1991.
(03)
E. Cintelli, Un baule per la libertà. La Catena 1944. Un borgo prima,
durante e dopo il passaggio della Seconda Guerra Mondiale. Fatti,
testimonianze, documenti, FM Edizioni, San Miniato, 2005, pp. 61-63.
(04)
San Miniato durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Documenti e
cronache, Amministrazione Comunale di San Miniato, Biblioteca Comunale di
San Miniato, Giardini Editori, Pisa, 1986, pp. 136-138; E. Cintelli, Un
baule per la libertà. La Catena 1944. Un borgo prima, durante e dopo il
passaggio della Seconda Guerra Mondiale. Fatti, testimonianze, documenti,
FM Edizioni, San Miniato, 2005, pp. 19-44; F. Mandorlini, La Diocesi di San
Miniato, in Abbiamo fatto quello che dovevamo. Vescovi e clero nella
provincia di Pisa durante la Seconda Guerra Mondiale, a cura di S. Sodi e
G. Fulvetti, Edizioni ETS, Pisa, 2009, pp. 154-155.
(05) Archivio Storico del Comune di San Miniato, Corrispondenza,
Anno 1945, Atti del Comune
già carte raccolte dall'assessore Renzo Caponi. Materiali originali eccidio
Duomo. Relazione Giannattasio e altro, F200 S062
UF184, Cittadini deceduti per vicende belliche durante il passaggio del
fronte da San Miniato – periodo dal 12-2-44 al 17-10-45; Archivio
della Parrocchia di San Giovanni di Cigoli, Libro dei Morti, anno 1944,
ed. in G. Ugolini, Il prete che non
porse l'altra guancia. Il passaggio della guerra a Cigoli, Montebicchieri, La
Catena, Ponte a Egola, FM Edizioni, San Miniato, 1997, pp.
59-60; E. Giani, Una ferrovia sulla linea del fronte. 1942-1944
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(10) National Archives and Records Administration, Washington, Record Group
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(World War II and Thereafter), Series Unit Histories, 351st Infantry
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Regiment – 88th Infantry Division for the month of July 1944,
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