domenica 17 aprile 2011

15 MINUTI CON… LUCA MACCHI: L’ORATORIO DI SAN MATTEO

di Francesco Fiumalbi


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Questo è il primo di una serie di incontri a cui dedichiamo un’apposita rubrica “15 MINUTI CON…”. Lo scopo è quello di far parlare le persone, sanminiatesi e non, con ruoli, professioni, interessi nell’ambito culturale del nostro territorio, proprio come in questo caso. Il format è un misto fra un colloquio e un’intervista, ed ha come durata il tempo limite di 15 minuti.

Nel precedente post “TESORO NASCOSTO” abbiamo avuto il privilegio, di entrare nell’Oratorio di San Matteo, situato in località Sorrezzana, presso Moriolo. Sono state proposte diverse immagini: partendo dall’esterno siamo arrivati ad apprezzare il valore dell’ambiente interno: un microcosmo in cui si respira davvero un’atmosfera sacrale, grazie alla mano del pittore sanminiatese Luca Macchi. Abbiamo incontrato l’artista, che ci ha gentilmente aperto la porta del suo studio ed ha acconsentito a conversare con noi sul tema dell’Oratorio di San Matteo.

Oratorio di San Matteo
Loc. Sorrezzana, Moriolo
Foto di Francesco Fiumalbi

Luca, come ricevesti l’incarico per questo lavoro a Moriolo?
L’Oratorio era completamente in rovina da molti anni. Stiamo parlando della seconda metà degli anni ’90, e un gruppo di giovani tra i quali Paolo Posarelli, Sabrina e Giuseppina Arzilli, sostenuti da Don Luciano Marrucci parroco di Moriolo,  si misero al lavoro per cercare di recuperarlo, in memoria dell’amico Alberto Posarelli prematuramente scomparso. Occorreva recuperare prima di tutto la struttura muraria, attraverso tutta una serie di lavori di consolidamento e recupero che vennero seguiti dallo studio LDA.IMDA. Una volta completato il rifacimento del tetto, la sistemazione dei muri e degli infissi, mi contattarono per chiedere se era possibile fare qualcosa per l’interno.

Sulle pareti c’era qualche decorazione precedente, vecchi affreschi? Cosa ti fu chiesto di fare?
No, le pareti erano completamente bianche. Don Luciano mi chiese espressamente di non considerare la soluzione dei quadri, perché avrebbero corso il rischio di essere rubati. E così, di comune accordo, cominciammo a pensare a come affrescare le pareti interne. Don Luciano mi dette i temi da seguire: San Matteo e l’Angelo, che secondo la tradizione suggerisce il testo all’evangelista. Ricordo, andai all’Oratorio e passai lì dentro un po’ di tempo da solo, per capire cosa si potesse fare. Viste anche le piccole dimensioni proposi un affresco a tutto tondo, senza suddivisioni, quadrettature, schemi architettonici, etc.

Come presentasti il tuo progetto?
Cominciai con lo studio dei soggetti, San Matteo e l’Angelo: dove dovevano essere collocati, quale rapporto doveva venirsi a creare fra le due figure. Feci alcune prove, disegni su carta nel mio album e li mostrai a Don Luciano.

Luca Macchi mostra il suo bozzetto originario per la figura di San Matteo

Come accolse i tuoi disegni?
Gli piacquero molto e mi esortò ad andare avanti e a costruire un modellino, aiutato da Piero Arzilli, in scala dell’oratorio, inserendo all’interno gli affreschi dove sarebbero dovuti essere realizzati. Questa operazione permise di controllare meglio certi rapporti formali e alla Commissione Diocesana d’Arte Sacra di poter giudicare più facilmente la bontà della proposta.

Luca Macchi insieme al plastico per l’Oratorio di San Matteo

Luca Macchi, il plastico per l’Oratorio di San Matteo

Addirittura un plastico?
Si, eccolo qua; è fatto in multistrato, in scala 1:10. E’ completamente smontabile, ogni lato può essere sfilato e reinserito. Ho dovuto realizzarlo così, in modo da controllare lo sviluppo dei disegni sulle superfici da tutte le direzioni possibili.
Sono state pitturate le pareti del modello, esattamente come dovevano essere fatte nella realtà ed è presente anche il Crocifisso, che è una sorta di pala d’altare, concepita in maniera diversa rispetto a quelle che siamo abituati a vedere. Le due figure cosiddette “terminali”, collocate alle estremità dei bracci della croce, sono San Giovanni Evangelista e la Madonna.

Il San Giovanni, però, ha un abito “moderno”, porta la cravatta.
E’ un San Giovanni che è ancora attuale,  immaginato proprio come uno di noi. Il Crocifisso fu fatto qua nel mio studio, in legno e foglia d’oro. Gli spazi interstiziali fra le figure sono riempiti con una sorta di collage, con tematiche varie, dedotte dalla storia dell’arte, dall’epoca classica fino al ‘900.

Il programma iconografico originario però non è stato realizzato interamente.
Era il 1999 e già si cominciava a respirare l’aria del Giubileo, evento storicamente legato ai pellegrinaggi e anche alla vicina via Francigena. Infatti, nella controfacciata, era prevista la raffigurazione della città di Gerusalemme, ambita meta di pellegrinaggio. Poi, su consiglio di Don Luciano Marrucci, si decise di non realizzarla perché non “affollasse” troppo lo spazio che è davvero molto piccolo. Quindi, su quella parete, l’intonaco è rimasto bianco.

Luca Macchi, il plastico per l’Oratorio di San Matteo
Particolare della città di Gerusalemme

Come sono state concepite le due figure principali, il San Matteo da una parte e l’Angelo dall’altra?
L’atto dello scrivere del San Matteo è un’operazione decisamente faticosa, che lo mette alla prova anche fisicamente. Dall’altra parte l’Angelo, rivestito di luce,  ispira l’evangelista. Il “suggerimento” proveniente dall’Angelo è rappresentato da quello che poi è diventato il motivo conduttore, su entrambe le pareti, costituito da foglie dorate trasportate dal vento verso San Matteo.

Nell’iconografia tradizionale, la figura dell’evangelista è rappresentata più come un filosofo greco. Qui invece è tutta un’altra cosa, è dipinto nel momento in cui scrive, è una persona che sta facendo fatica. Come è nata questa figura?
Ho cercato di sviluppare un po’ quella che è stata una grande intuizione di Caravaggio nel suo San Matteo e l’Angelo, dove l’evangelista è intento nella scrittura, è vestito in un certo modo, ma ha i piedi nudi, che sono anche sporchi per aver camminato scalzo, come doveva essere in effetti. Questa figura invece, vorrebbe essere un uomo spogliato, spogliato quasi da tutto, con solo un piccolo manto sulle spalle, un velo trasparente, ma al tempo stesso colorato, che gli conferirgli sacralità. Quindi una persona che si spoglia e si mette in ascolto, completamente.

Passiamo alla fase della realizzazione. Hai incontrato particolari difficoltà?
Ho dovuto lavorare come se fossi nel Medioevo, senza acqua né corrente elettrica. D’inverno le mie giornate di lavoro coincidevano con le ore di luce. Mi portavo l’acqua da casa che versavo in  una tanica dotata di rubinetto che mi ero procurato.

Luca Macchi, il plastico per l’Oratorio di San Matteo

Accidenti, siamo abituati a dare certe cose per scontate, ma non deve essere stato affatto facile, lavorare in certe condizioni. La tecnica pittorica è stata adattata a queste limitazioni?
Un po’ si. Con spatole di ferro cominciai a raschiare le pareti per regolarizzare le superfici e ottenere un supporto ruvido al punto giusto per poterci stendere i pigmenti. Fatta questa levigatura iniziale, fu steso un velo di preparazione perché il colore non andasse direttamente sull’intonaco. In pratica rimbiancai tutto l’interno.
Inoltre sulla parete Nord, dove è raffigurato l’Angelo, ho avuto anche alcuni problemi in inverno, per far asciugare i colori. E’ una parete che soffre un pochino l’umidità ed è stato necessario stendere un accurato strato protettivo.

Esiste anche il problema della scala.
Esatto, quello che sul modello è fatto con una pennellata, poi nella realtà non è affatto così. Furono stesi i colori vinilici, che sono molto forti, e che non permettono ripensamenti. E quindi dovetti procedere per velature successive, in modo da mantenere sempre il controllo di quello che facevo. Fu un lavoro la cui definizione fu molto graduale.

Quale ricordo ti è rimasto di questo lavoro?
Ricordo questo lavoro con molto piacere, perché è stato molto particolare in tutti i sensi. Il luogo, in aperta campagna, con tutti i problemi e i disagi. Poi non è certo da tutti ricevere l’incarico di affrescare una chiesa intera, anche se piccola. Implica un vero e proprio progetto a 360 gradi.

Bene, i 15 minuti sono scaduti. Grazie Luca, per l'ospitalità e per il  tempo che ci hai dedicato.
Prego.


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3 commenti:

  1. Ottimo lavoro! Che bel programma! Scavare disseppelire e portare a reviviscenza cose che esistevano solo nel ricordo di pochi.

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  2. Molto carina e interessante la nuova rubrica...bravo Francesco!

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  3. Concordo! hai sempre della buone idee!!

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