sabato 10 dicembre 2011

LA DIRUTA PIEVE DI BARBINAIA (quarta parte) COME POTEVA ESSERE

di Francesco Fiumalbi e Alessio Guardini

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Dopo aver trattato del contesto geografico entro cui si collocava la Pieve di Barbinaia, analizzato le testimonianze documentarie e aver fatto un’analisi architettonica di ciò che ne rimane, siamo ora a cercare di capire come poteva apparire all’epoca del suo massimo splendore.

Porzioni murarie dell’antica e diruta Pieve di Barbinaia
Foto di Francesco Fiumalbi

“Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace”
Luca 1, 78-79

Fin dagli inizi del Cristianesimo si era diffusa la pratica di orientare i luoghi di culto verso la direzione est-ovest. Questa prassi verrà sancita in maniera ufficiale nel Concilio di Nicea: le chiese dovevano essere Versus Solem Orientem, condizione confermata più e più volte dai pontefici susseguitisi fino al medioevo (1).
Nella figura di Gesù sono molti gli aspetti legati al sole (Sol Justitiae, Sol Invictus e Sol Salutis); inoltre la direzione orientale richiamerebbe il simbolo della croce, a sua volta simbolo della vittoria di Cristo sulla morte. La condizione per cui l'ingresso principale era sul lato occidentale, faceva sì che i fedeli entrati nell'edificio, avvicinandosi verso l’altare, ripercorressero idealmente il percorso di Cristo (2).
Realizzare un edificio con un orientamento perfetto, per i mezzi dell’epoca, non era facile, ma nemmeno impossibile. Tuttavia gli sforzi potevano essere vanificati dalla conformazione orografica del territorio circostante; l’orientamento poteva variare verso una precisa direzione fisica nell’orizzonte orografico dove fisicamente sorgeva il sole. E’ questo il caso anche della Pieve di Barbinaia: la valle del Torrente Chiecina forma un angolo di circa 25°, in senso orario, rispetto all’ideale asse est-ovest. Quindi se la chiesa fosse stata orientata esattamente verso oriente, la finestra absidale avrebbe guardato verso la collina. Per ovviare a questo problema l’edificio doveva presentare un orientamento inclinato di 20° in senso orario rispetto all’asse equinoziale (est-ovest): i due setti paralleli di muratura seguono infatti tale angolazione.


Cosa rimane dell’antica Pieve di Barbinaia
Schema di Alessio Guardini

Nel 1860, Ignazio Donati affermava che la pieve era “tutta in rovina non restando in piedi che poche braccia di mura laterali e molta parte della muraglia sovrastante il coro. All’intorno è tutto ingombro il terreno di pietre quadre e sassi fra spine e dumi, ma questi avanzi fanno giudicare soltanto a vederli, che questa chiesa doveva esser bella e assai spaziosa e forse distinta in tre navate, poiché, oltre le grosse pietre di cui erano costruite le mura, si vedono fra le macerie alcuni capitelli di colonne, larghi più di un metro atti a sostenere un peso molto rilevante, e che fosse destinata a contenere una popolazione assai numerosa” (3).

I due setti murari paralleli che sono giunti fino ai giorni nostri, sono distanti fra loro circa 11,50 metri e dovrebbero costituire il lato minore. Il lato maggiore, secondo i canoni dell’epoca (4), doveva essere circa il doppio (5). Considerando una struttura a tre navate e prendendo per buona l’idea che la facciata fosse in linea con la parete che presenta resti di strutture in laterizio, possiamo tentare di ricostruirne l’aspetto a grandi linee.
La pianta, schematicamente, doveva essere costituita da due grandi quadrati, di lato 20 braccia (o 4 canne agrimensorie, circa 11,60 m). La suddivisione interna doveva essere in rapporto 1:2, ovvero la navata centrale doveva misurare 10 braccia (o 2 canne agrimensorie, circa 5,80 m) e le navate laterali 5 braccia ciascuna (pari a 1 canna agrimensoria, circa 2,90 m). E tutto questo per 4 moduli o campate. Da questo se ne ricava il seguente schema compositivo:

Schema compositivo della pieve di Barbinaia
Disegno di Alessio Guardini

E’ assai probabile che la pieve avesse anche una torre laterale, costruita attorno al XII-XIII secolo, forse ad uso di torre campanaria (6), un po’ come la pieve di Corazzano, la Pieve di Cojano, la Pieve di Casole d’Elsa. Di seguito proponiamo la ricostruzione ipotetica della pianta:

Pianta della Pieve di Barbinaia, ipotesi
Disegno di Alessio Guardini

Sicuramente la facciata doveva in qualche modo corrispondere all’organizzazione interna dei volumi. Per cui doveva essere tripartita secondo lo schema interno e doveva presentarsi idealmente in questo modo:
Sezione della Pieve di Barbinaia, ipotesi
Disegno di Alessio Guardini

Facciata della Pieve di Barbinaia, ipotesi
Disegno di Alessio Guardini

Con questo post si conclude il viaggio alla scoperta della Pieve di Barbinaia, di cui ancora molto rimane da capire. Sicuramente attorno alla Pieve dovevano esserci delle sepolture, ma anche una comunità. E’ assolutamente inconcepibile una pieve di queste proporzioni isolata: doveva esserci un villaggio, magari non molto grande, ma qualcuno doveva abitarvi nelle vicinanze. In attesa che l’archeologia faccia la sua parte, per ora dalla Pieve di Barbinaia è tutto (forse).

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NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(2) Ibidem.
(3) Donati Ignazio, Memorie e documenti per la storia di Montopoli, Montopoli, 1860, pag. 445.
(4) Si veda la Collana Chiese medioevali della Toscana, Ed. dell’Acero.
(5) Dilvo Lotti, San Miniato nel tempo, SAGEP, Genoca, 1981, pag. 56.
(6) Dini Francesco, Dietro i nostri secoli, Centro Editoriale e Grafico, Santa Croce sull’Arno, 1979, pag. 43.

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