di Francesco Fiumalbi
Nella prima parte abbiamo analizzato il
contesto geografico entro cui si collocava la perduta Pieve di Barbinaia, di
cui rimangono solo poche tracce. In questo post tratteremo invece delle notizie
provenienti dalle fonti documentarie, che ci consentono di tracciare un quadro
abbastanza completo della storia di questa antichissima pieve.
Il primo documento che testimonia della
Pieve di Barbinaia è datato 898 d.C.. Si tratta di una pergamena conservata
nell’Archivio Arcivescovile di Lucca (1), in cui il presbitero Rachiprando,
figlio di Ostrifusi, si impegna a non allivellare i beni della pieve
senza la dovuta licenza, pena 200 soldi d’argento. L’atto è stato rogato a
Lucca e ci fornisce tutta una serie di informazioni. Rachiprando era stato
ordinato sacerdote nella Pieve Santa Maria Vergine di Barbinaia dal Vescovo
Gherardo (in carica dall’869 al 895 (2)), mentre l’atto veniva sancito con il
Vescovo Pietro (in carica dall’896 al 932). La pieve era dotata di un fonte
battesimale e aveva chiese suffraganee, anche se queste non vengono
specificate. In proposito si veda il post ADDSM - 898, 27 aprile, Barbinaia 1° documento.
Il secondo documento porta la data del
27 luglio 917. Anche in questo caso si tratta di una pergamena conservata
nell’Archivio Arcivescovile di Lucca (3). Viene sancita l’ordinazione del
presbitero Pietro, da parte sempre del suddetto Vescovo Pietro (in carica dal
896 al 932), che a lui affida la gestione del patrimonio della pieve sia da un
punto di vista religioso, attraverso le chiese suffraganee (anche stavolta non
indicate) che da quello economico, attraverso l’amministrazione dei terreni,
dei frutti, dei beni mobili e immobili. La pieve in questo caso è indicata come Eccl.
S. Johan. Et S. Maria (…) sita loco et finibus Berbinaria.
Da notare la doppia intitolazione, con l’aggiunta di San Giovanni Battista,
essendo quella di Barbinaia una pieve dotata di fonte battesimale.
appartenuti all’antica Pieve di
Barbinaia
Foto di Francesco Fiumalbi
La terza pergamena, conservata anch’essa
nell’Archivio Arcivescovile di Lucca (4), ed è simile alla precedente. Il
Vescovo Corrado (in carica dal 935 al 964) ordina il presbitero Pietro,
confermando la gestione dei beni, in quella che viene chiamata Eccles.
Illa cui vocabulum est beati S. Johan. Baptiste et S. Maria sita in loco et
finibus ubi dicitur Berbinaia, quod est ultra fluvio Arno.
A questo punto nei documenti c’è un
vuoto lungo più di tre secoli. Il documento successivo è datato 1251. Il
pievano di Barbinaia, prete Matteo, fu chiamato, assieme a Gerardo proposto della
pieve di Santa Maria San Genesio di San Miniato, a districare la questione tra
l'abate del Monastero di San Salvatore di Fucecchio e il Vescovo di Lucca circa
i diritti sulla pieve di Salamarzana (oggi Collegiata di San Giovanni Battista)
(5).
Nel 1260 la pieve di Barbinaia è
inserita nell’Estimo delle chiese della Diocesi di Lucca (6). Qui,
per la prima volta, sono indicate anche le chiese suffraganee:
Ecclesia S. Reguli de Bucciano
Ecclesia S. Blasii de Montebicchieri
Ecclesia S. Iacobi de Chiecina
Ecclesia S. Petri de Collelungo
Ecclesia Ss. Stephani e Laurenti de
Pratilione
Ecclesia S. Barbare de Brucciano
Ecclesia S. Martini de Corneto de Cumulo
Nelle decime pontificie del 1275-76 e
del 1277-78 sono segnalate soltanto tre suffraganee: San Regolo a Bucciano, San
Pietro di Collelungo e San Martino di Corneto (7).
In quelle del 1302-03 tornano ad essere
sei: San Biagio di Montebicchieri, San Martino di Corneto, SS. Martino e
Lorenzo di Pratiglione, San Regolo di Bucciano, Santa Barbara di Bricciano e di
San Pietro di Collelungo (8).
Probabilmente ricostruita, si trova nel
Comune di Montopoli
Foto di Francesco Fiumalbi
Nel diario di Giovanni di Lemmo da
Comugnori (9) non è mai citata Barbinaia. Nella sua cronaca, che va dal 1299 al
1319, solo un episodio potrebbe essersi svolto nei pressi della pieve è quello
descritto alla carta 38r (10):
Die domenicho X
martii (del 1314, n.d.r.) illi
de Montebicchario de Stibbio
et quidam alii famuli guelfi posuerunt se in insidis terram di Bucciano, et
ceperunt Cioncerum Farolfi et Gradum Arrigi de Comugnori qui ibant de Agliati
ad Buccianum.
In poche parole, uomini di
Montebicchieri, insieme ad altri, tesero un’imboscata nel territorio di
Bucciano, riuscendo a catturare due persone che stavano andando da Agliati
proprio a Bucciano.
Quest’ultimi insediamenti si trovano su
due colli situati rispettivamente sulla sponda sinistra e su quella destra del
torrente Chiecina. La strada che li unisce passava, allora come oggi, proprio
dalla pieve di Barbinaia. Considerando che la valle è isolata e che
l’attraversamento del fiumiciattolo avrebbe comportato l’esposizione ad
eventuali nemici, non è inverosimile pensare che il luogo dell’imboscata fosse
proprio vicino alla pieve. Tuttavia questa non viene nominata, segno evidente
che doveva trovarsi in uno stato di abbandono, tale da non considerarla come
punto di riferimento. Ignoriamo i motivi dell’agguato, anche se potrebbe
esserci un collegamento con le ribellioni e gli attacchi causati dai Pisani
guidati da Uguccione della Faggiuola, che soltanto pochi giorni prima (21
febbraio 1314) aveva compiuto una prima scorribanda nei pressi di Stibbio. Infatti
viene specificato che gli uomini di Montebicchieri erano insieme a dei
servitoriguelfi e questo potrebbe far pensare che i catturati
probabilmente erano filo pisani o, più semplicemente, dei ribelli.
Disegno di Francesco Fiumalbi
Dell’insediamento di Barbinaia non vi è
traccia neppure negli Statuti del Comune di San Miniato,
datati 1337 (11). In particolare, nella rubrica 47 <50> del libro IV (12),
Barbinaia non viene menzionata all’interno dell’elenco delle comunità che
dovevano costituire una societas, ovvero quelle entità
amministrative che dovevano fornire quei piccoli contingenti che in caso di
guerra sarebbero andati a costituire l’esercito sanminiatese. Non figurano
neppure Agliati o Bucciano, che si erano ribellati durante la parentesi segnata
da Uguccione della Faggiuola (1314-1317). Con la pace di Napoli del 1328, poi
ratificata a Montopoli nel 1329, questi castelletti dovevano essere restituiti
dai Pisani ai Sanminiatesi. Potrebbe darsi che a questi insediamenti fosse
toccata la stessa sorte di Moriolo che, una volta tornato sotto il controllo
sanminiatese, fu immediatamente raso al suolo (13). Infatti anche Moriolo non
risulta nell’elenco delle societas del 1337.
Il territorio circostante la Pieve di
Barbinaia doveva aver subito gravi conseguenze durante gli scontri con i pisani
e forse, anche lo stesso edificio religioso doveva essere stato fortemente
danneggiato.
appartenuti all’antica Pieve di
Barbinaia
Foto di Francesco Fiumalbi
Nella visita pastorale del
1360, il covisitatore diocesano riferisce che la pieve era tenuta dal
presbitero Guido da San Giovanni e che la località era ormai abbandonata. I
canonici erano ridotti a due ma lì nessuno vi abitava e lo stesso Guido afferma
che essendo rettore anche della chiesa di Pratiglione, a Barbinaia officiava
soltanto una volta al mese (14).
Da alcuni contratti stipulati negli anni '70 del '300 si evince la presenza di una chiesa dedicata a San Bartolomeo nel castello di Agliati, che però non risulta negli elenchi delle suffraganee della Pieve di Barbinaia nei secoli precedenti (15). Il 1 ottobre 1373 Guido, pievano di Barbinaia, insedia il sacerdote Bernardo Ugolini nella chiesa di San Martino di Corneto di Cumolo, che era di patronato degli abitanti del castello di Agliati (16).
Da alcuni contratti stipulati negli anni '70 del '300 si evince la presenza di una chiesa dedicata a San Bartolomeo nel castello di Agliati, che però non risulta negli elenchi delle suffraganee della Pieve di Barbinaia nei secoli precedenti (15). Il 1 ottobre 1373 Guido, pievano di Barbinaia, insedia il sacerdote Bernardo Ugolini nella chiesa di San Martino di Corneto di Cumolo, che era di patronato degli abitanti del castello di Agliati (16).
Il 29 giugno 1383 una nuova visita fu
effettuata dal presbitero Giovanni, vicario della diocesi lucchese, che trova
la pieve ruinatam et delectam et omnia mala deposita. Il rettore
della pieve abitava nella canonica adiacente la chiesa di San Regolo presso
Bucciano (17).
Il 30 maggio 1422, nella riunione fra i rettori delle pievi della zona (fra cui Fabbrica,
Corazzano e San Miniato e altre) per far fronte all'imposta di 10000 fiorini da
corrispondere al vicario fiorentino di stanza a San Miniato, Giovanni
Corbinelli, è documentata la presenza del pievano di Barbinaia (18).
Una nuova visita pastorale
fu effettuata il 4 settembre del 1466 che trovò la chiesa sine tecto et
ruinam inans. Il pievano era Giuliano Nardi da Monteboro che dichiarò di
non sapere chi si occupasse della cura della chiesa. Il rettore mostrò al
visitatore l'atto di nomina a pievano e dichiarò la rendita della pieve pari a
60 staia di grano e 50 orci d'olio. Il visitatore ordinò che la chiesa fosse
restaurata, tenuta chiusa per non farvi entrare gli animali, e che vi fosse
celebrata la messa almeno ogni anno, in occasione della festa di San Giovanni
Battista. Disposizioni queste che probabilmente non furono seguite (19). Il
battesimo veniva amministrato nella chiesa di Bucciano (20), che però è
indicata come semplice oratorio (21). Stessa situazione di abbandono per la
vicina chiesa di San Martino di Cumulo (oggi Agliati) retta dal prete Antonio
Tornabuoni (il quale deteneva anche il beneficio sull'altare di Santa Caterina
nella chiesa di Bucciano), che risultava parzialmente senza copertura, sporca e
circondata dalla vegetazione (22). Lo stesso Pievano Giuliano Nardi risultava rettore
anche della chiesa di San Jacopo di Chiecina, che non aveva cura d'anime e
venne trovata in stato di forte abbandono, ormai immersa fra i rovi. La rendita
della chiesa era di 14 staia di grano e il visitatore comanda di celebrarvi
comunque una messa all'anno, in onore di San Jacopo, santo titolare (23).
Un secolo più tardi, nel 1564, della
pieve non rimaneva che poco, essendo stata trovata dal visitatore dischopertum,
et pars que est choperta, manet clausa, et cappellanus… in ea celebrat missam…
semel in mense. Il pievano era Michelangelo Betti che però, abitando a
Pescia, non si presentò. Lo stesso visitatore non poté raggiungere la pieve, ma
il cappellano lo informò che la chiesa, disabitata, un tempo era grande e bella
(24). Almeno una volta al mese, sembra vi si celebrasse una
funzione, seppur la chiesa fosse in gran parte priva del tetto.
appartenuti all’antica Pieve di
Barbinaia
Foto di Francesco Fiumalbi
Nel 1575 fu classificata come “oratorio”
(25). Nelle Carte del Popolo di San Regolo a Bucciano, redatta dai Capitani di
Parte Guelfa fra il 1580 e il 1595, compare il Luogo detto Barbinaia (26),
segno che ormai era un zona scarsamente abitata e lontana dalle principali vie
di comunicazione dell’epoca. Infatti, nel corso dell’ultima visita, datata
1603, la pieve fu trovata destructa la maggior parte e dove è destructa
vi è degli arbori, et ha tre navi; nelle vicinanze viene segnalata la
presenza di una abitazione (27). Nel 1622 il beneficio della Pieve di
Barbinaia, insieme a quello di altre pievi, andò a costituire la “mensa” del
nuovo vescovato di San Miniato (28). Almeno fino al 1829 sembra che nel luogo
dove sorgeva l’antica pieve, vi si celebrasse ancora una messa al mese.
Tuttavia da quell’anno, gli obblighi relativi alla Pieve di Barbinaia furono
trasferiti definitivamente alla Cattedrale di San Miniato (29).
Carte dei Capitani di Parte Guelfa, c.
692
Rielaborazione schematica
Nel 1860, Ignazio Donati affermava che
la pieve era “tutta in rovina non restando in piedi che poche braccia di
mura laterali e molta parte della muraglia sovrastante il coro. All’intorno è
tutto ingombro il terreno di pietre quadre e sassi fra spine e dumi, ma questi
avanzi fanno giudicare soltanto a vederli, che questa chiesa doveva esser bella
e assai spaziosa e forse distinta in tre navate, poiché, oltre le grosse pietre
di cui erano costruite le mura, si vedono fra le macerie alcuni capitelli di
colonne, larghi più di un metro atti a sostenere un peso molto rilevante, e che
fosse destinata a contenere una popolazione assai numerosa” (30).
Vista l’abbondanza di pietre già
squadrate, nel corso dei secoli la Pieve di Barbinaia fu utilizzata come cava
per materiali da costruzione: la chiesa di Bucciano ha murature di pietra
arenaria del medesimo tipo; anche per il campanile, eretto nel biennio 1874-75,
furono utilizzate le pietre dell’antica chiesa, trasportate dagli abitanti
della zona che prestarono i carri per il trasporto (31).
I Lorenzelli, un tempo proprietari della
Villa di Bucciano e dei terreni circostanti, decisero di costruire, ai primi
del ‘900, un nuovo tracciato stradale che fu fatto passare esattamente
all’interno dell’antica costruzione. Fortunatamente i Lorenzelli recuperarono i
basamenti delle colonne ed altri elementi di pregio che, dal 1966, sono
conservati presso il Museo Diocesano d’Arte Sacra (32).
NOTE
BIBLIOGRAFICHE:
(1) Barsocchini, Memorie e Documenti
per servire alla Istoria del Ducato di Lucca, Francesco Bertini Tipografo Ducale,
Lucca, 1841, tomo IV, parte II, pagg. 67-68. Doc. L, Archivio Arcidiocesi di
Lucca (d’ora in avanti AAL) ++K.86.
(3) Barsocchini, Memorie e Documenti
per servire alla Istoria del Ducato di Lucca, Francesco Bertini Tipografo Ducale,
Lucca, 1841, tomo V, parte III, pag. 94. Doc. MCLXXIV, AAL *L.38.
(4) Barsocchini, Memorie e Documenti
per servire alla Istoria del Ducato di Lucca, Francesco Bertini Tipografo Ducale,
Lucca, 1841, tomo V, parte III, pag. 198. Doc. MCCXCVIII, AAL *E.84.
(5) Concioni Graziano, Le vicende di una Pieve nella cronologia dei
suoi pievani. San Genesio di Vico Vallari 715-1466, Accademia Lucchese di
Scienze, Lettere e Arti, Edizioni ETS, Pisa, 2010, p. 45. Cfr. Morelli Paolo, Il
territorio separato di Fucecchio, in L'Abbazia
di San Salvatore di Fucecchio e la «Salamarzana» nel basso medioevo, Atti
del Convegno, Comune di Fucecchio, 1987, p. 23.
(6) Guidi Pietro, Tuscia
Rationes decimarum Italiae, Roma, 1932, BPL, Ms. 135, in Dini Francesco, Dietro
i nostri secoli, Centro Editoriale e Grafico, Santa Croce sull’Arno, 1979,
pag. 117.
(7) Coturri Enrico, Note di
storia relative alla Pieve di Barbinaia, in Bollettino dell’Accademia degli
Euteleti, n. 51, 1984, pag. 66.
(8) Ibidem.
(9) Mazzoni Vieri (a cura di), Diario
di Ser Giovanni Lemmo Armaleoni da Comugnori”, Olschky, Firenze, 2008.
(10) Mazzoni, Op. Cit., pag.
50.
(11) Salvestrini Francesco (a cura
di), Statuti del Comune di San Miniato al Tedesco (1337), Centro
Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, ETS, Pisa, 1994.
(12) Salvestrini, Op. Cit.,
pagg. 335-336.
(13) Repetti Emanuele, Dizionario
Storico Fisico Geografico della Toscana,Tofani Editore, Firenze, 1833,
volume III, pagg. 428-429, voceMoriolo.
(14) AAL Visite pastorali 1,
c. 130, in Morelli Paolo, Pievi, castelli e comunità fra Medioevo ed
età moderna nei dintorni di San Miniato in AAVV Le colline di
San Miniato (Pisa): la natura e la storia, supplemento n. 1 al vol. 14
(1995) dei Quaderni del Museo di Storia Naturale di Livorno, Consiglio
Nazionale delle Ricerche, Provincia di Pisa, pag. 87.
(15) Ciampoltrini Giulio, Insediamenti medievali abbandonati nel territorio di Palaia. Cerretello e Agliati fra ricerca archeologica di superficie e fonti documentarie, in Morelli Paolo (a cura di), Palaia e il suo territorio fra antichità e medioevo, Atti del Convegno di Studi, Palaia 9 gennaio 1999, Comune di Palaia, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2000, pp 94-95.
(16) Ciampoltrini Giulio, Insediamenti medievali... Op. Cit., p. 95.
(15) Ciampoltrini Giulio, Insediamenti medievali abbandonati nel territorio di Palaia. Cerretello e Agliati fra ricerca archeologica di superficie e fonti documentarie, in Morelli Paolo (a cura di), Palaia e il suo territorio fra antichità e medioevo, Atti del Convegno di Studi, Palaia 9 gennaio 1999, Comune di Palaia, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2000, pp 94-95.
(16) Ciampoltrini Giulio, Insediamenti medievali... Op. Cit., p. 95.
(17) AAL Visite pastorali 2, c.
132v. in Coturri Enrico, Note di storia relative alla Pieve di
Barbinaia, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 51, 1984, pag.
66. e Morelli, Pievi, castelli... Op.
Cit., pag. 87.
(18) Archivio Arcivescovile di Lucca, Libri Antichi di Cancelleria, n. 59, c. 11v; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 62.
(18) Archivio Arcivescovile di Lucca, Libri Antichi di Cancelleria, n. 59, c. 11v; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 62.
(19) AAL, Visite pastorali 9,
c. 284; Cfr. Coturri, Op.
Cit., pag. 66; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 88.
(20) AAL, Visite pastorali 9,
cc. 284-285; Cfr. Morelli, Pievi, castelli... Op. Cit.,
pag. 87.
(21) AAL, Visite pastorali 9,
c. 286; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 78.
(22) AAL, Visite pastorali 9,
c. 289; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 78.
(23) AAL, Visite pastorali 9,
c. 285; Cfr. Concioni, Le vicende... Op. Cit., p. 88.
(24) Coturri, Op. Cit., pag.
67.
(25) AAL, Visite patorali 26,
c. 257v, in Morelli, Pievi,
castelli... Op. Cit., pag. 87.
(26) Archivio di Stato di Firenze, Carte
dei Capitani di Parte Guelfa, c. 692.
(27) Coturri, Op. Cit., pag.
67.
(28) Ughelli Ferdinando, Italia
sacra, vol. III, Venezia, 1719, pag. 271, in Morelli, Pievi, castelli... Op. Cit.,
pag. 87.
(29) Coturri, Op. Cit., pag.
67.
(30) Donati Ignazio, Memorie e
documenti per la storia di Montopoli, Montopoli, 1860, pag. 445.
(31) Dini Francesco, Dietro
i nostri secoli, Centro Editoriale e Grafico, Santa Croce sull’Arno, 1979,
pag. 43.
(32) Ibidem.
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