domenica 31 ottobre 2010

SAN MINIATO - TRIBUTO



La rubrica "SAN MINIATO... IN POESIA" si arricchisce di un nuovo contributo da parte di Fabio Cappelli, che ringraziamo di cuore. Si tratta di un componimento dedicato a San Miniato. 
Fabio Cappelli riesce, con grande sensibilità a trasporre in parole il valore storico, paesaggistico e simbolico che da secoli riveste la "Città della Rocca". 
Cogliamo l'occasione per invitare tutti coloro che lo desiderano ad inviare a Smartarc i propri componimenti, inerenti la vita, la storia, le emozioni e quant'altro riguardi San Miniato e il suo territorio (quindi anche le frazioni e le campagne), in modo da condividere con gli altri l'amore per la nostra splendida terra.


San Miniato - Tributo
di Fabio Cappelli

Dove i clivi scendono verdi
i ruderi han il sapore del tempo
le contrade imbiancate di luce
son passaggi per un placido vento

pregiata campagna smussata
spezzata da grigi calanchi
filari di vigneti e cipressi
lana riccia ristretta in branchi

l'imperiale corona ancor cinge
il pel fulvo dell'emblema felino
con l'arma puntuta e sguainata
a far guardia al gran guado vicino

la vetta del colle si staglia
sulla valle dal largo orizzonte
San Miniato porto di secoli
terra di mezzo e solido ponte.

domenica 24 ottobre 2010

FABBRICA E LA PIEVE DI SAN SATURNINO

di Francesco Fiumalbi

Questo post vuole raccogliere varie notizie documentarie e coordinare i risultati di ricerche svoltesi negli anni che hanno avuto come oggetto, o hanno fatto riferimento, alla Pieve di San Saturnino di Fabbrica, località che si trovava nella zona dell’odierno Molino d’Egola nel Comune di San Miniato.

Polarità periferiche della sistematica organizzazione ecclesiastica, a partire dalla tarda antichità le pievi si trovano a rivestire un ruolo centrale nell’organizzazione insediativa e sociale europea e toscana in particolare. In tale ambito la “pieve” non è solo un edificio, bensì assume un ruolo centrale all'interno della struttura comunitaria, specialmente in quelle aree lontane dai maggiori nuclei urbani.
In questo contesto ben strutturato, la Pieve di San Saturnino in Fabbrica si configura come polo principale nell’ambito geografico alla confluenza della Valdegola col medio Valdarno Inferiore. La costruzione doveva apparire come elemento emergenziale di un piccolo insediamento, il villaggio di Fabbrica. Situata in un area pedecollinare, ciò che rimane dell’antica costruzione è ancora rintracciabile in alcune porzioni murarie di una abitazione dell’odierno Molino d’Egola.

Porzione muraria dell’antica Pieve di San Saturnino
Foto gentilmente concessa da Don Luciano Niccolai

Il villaggio di Fabbrica viene menzionato per la prima volta in una pergamena datata all'anno 770, e conservata nell'Archivio Arcivescovile di Lucca; nel testo Peredeo, Vescovo di Lucca, annota una donazione di beni, eseguita nel 767 da parte di un sacerdote di nome Liutprando, figlio di Pertulo abitante di Fabbrica (1). Il nome del prelato, Liutprando, richiama immediatamente ad un omonimo ben più illustre, il monarca longobardo Liutprando (690 circa – Pavia, gennaio 744) che fu re dei Longobardi e re d’Italia dal 712 fino all’anno della sua morte (2). I Longobardi, durante la conquista della penisola italiana avvenuta nella seconda metà del VI secolo, posero la sede amministrativa del cosiddetto Ducato di Tuscia nella città di Lucca, la quale controllava più o meno direttamente anche il Medio Valdarno Inferiore. D'altra parte siamo in un'epoca in cui i confini amministrativi coincidevano, più o meno precisamente, con la giurisdizione ecclesiastica.
Tuttavia il villaggio probabilmente aveva un'origine più lontana, dato che il nome presenta una chiara origine latina (
Fàbrica, luogo dove si lavora, dal latino fàber, uomo che lavora (3)). Da qui, l’ipotesi che il primo nucleo insediativo trovi origine, anche per la sua posizione nel contesto geografico, nell'ambito di una piccola villa romana, centro della vita agreste di una zona più vasta e, probabilmente, anche punto di riferimento amministrativo e religioso. Il luogo di questo piccolo centro, oggi identificabile con l'area dell’odierno abitato di Molino d’Egola, ai piedi del colle di Cigoli, in posizione pianeggiante. In epoca romana non vi erano particolari necessità difensive, e la vicina via Quinctia che attraversava la valle dell’Arno, completamente organizzata secondo il modello della centuriazione, faceva di quella piana, che poi tanto piana non è (essendo leggermente rialzata e quindi al riparo dalle inondazioni!), un luogo ideale dove insediare un nucleo abitato, anche se non è da escludere una preesistenza etrusca, almeno nelle vicinanze. Mentre per le subentrate esigenze difensive (le scorrerie degli Ungheri?), su di un piccolo rilievo collinare, fu edificato il primo insediamento militare della zona: Castelvecchio.

Molino d’Egola, la zona del villaggio di “Fabbrica”
Foto di Francesco Fiumalbi

Ancora, una pergamena conservata presso l’archivio Arcivescovile di Lucca e datata 18 novembre 859, riporta il contratto di affitto di una casa colonica nei pressi di Fabbrica e che era stata di proprietà di Donato Ebreo (4).
La pieve, invece, viene nominata per la prima volta soltanto nell’anno 867 (5). Si tratta di una pergamena che registra un contratto di livello in cui la badessa Huidiperga concede a Cunerado, figlio di Causerai, due abitazioni di proprietà del monastero di Santa Maria al Corso, situate presso la pieve, in loco Nova (6), forse l'attuale Villanova (7) nei pressi di Cigoli. [vai al documento ADDSM 867, 14 dicembre >>>].
La pieve di San Saturnino viene menzionata anche in una concessione livellare del 904, in cui si parla di beni in loco et finibus Nova, Fabbrica e Plagia, con quest'ultima località che doveva trovarsi vicino alla pieve, nei pressi dell'attuale toponimo di Piaggia (8).
In un documento datato 907, Pietro Vescovo di Lucca nomina il prete Domenico officiante nella pieve di San Giovanni Battista e San Saturnino situata in loco et finibus Fabrica (9) [vai al documento ADDSM 907, 10 aprile >>>]. L’accostamento di San Giovanni Battista a San Saturnino, conferma la denominazione di “pieve”, in quanto era una chiesa dove poteva essere somministrato il sacramento battesimale. Questo doppio titolo era molto usuale all’epoca; rimanendo in zona, la stessa pieve di Vico Wallari aveva accostato a San Genesio proprio San Giovanni Battista. Oppure la pieve di Corazzano, originariamente dedicata ai SS. Maria e Giovanni, attualmente porta il solo titolo legato al Battista.

Porzione muraria dell’antica Pieve di San Saturnino
Foto gentilmente concessa da Don Luciano Niccolai

La pieve viene citata anche in una carta del 942, che riguarda il vicino villaggio di Soffiano (10), localizzabile nella campagna nei pressi di Ontraino.
Datato al 19 marzo 974 è invece il documento con cui il Vescovo di Lucca Andalongo assegna il controllo economico della pieve di San Saturnino, a Bededicto del fu Giovanni ai signori di Segromigno (11). Come nota anche Dini, si tratta della prima testimonianza di “infeudamento” nei comuni medio Valdarno Inferiore, che indica la svolta storica nell’organizzazione amministrativa e militare iniziata in epoca Carolingia.
Nessun documento fa riferimento alla data di fondazione.
Pochi anni prima del 1000, e precisamente nel 993, Eritia figlia del fu Petroni e moglie di Boniti del fu Guicteradi, cedette alcuni beni a Teudigrimo del fu Gunperti, che erano situati in loc. Spalliorum, infra territurio de plebe S. Saturnini sito Fabrica (12).
Nel 1014 il Vescovo di Lucca Gremizzo, cedette a livello la terza parte dei possedimenti (compresi terreni e abitazioni) e delle decime della Pieve di San Saturnino di Fabbrica, assieme ai beni dove fu la distrutta chiesa di San Martino situata in loc. Alene, a Gherardo del fu Guido (13).
Nei pressi della pieve di San Saturnino, era sorto in epoca imprecisata un insediamento militare, esattamente dove oggi insiste la cosiddetta Villa di Castelvecchio, di proprietà Grifoni e poi Sonnino. Già nella prima metà dell'XI secolo, questo castello è chiamato Vecclo, per distinguerlo probabilmente dal nuovo castello di Cigoli, la cui prima attestazione documentaria è datata 1086. Questa testimonianza è assai importante, in quanto conferma il progressivo passaggio da un insediamento pedecollinare a quello, più facilmente difendibile, in cima alla collina. Questo castello "vecchio" compare in due documenti dell'anno 1030. Nel primo, risulta essere il luogo in cui viene compilata la charta offersionis, con la quale Guido del fu Ranieri cede al Monastero di San Salvatore che si trovava nei pressi del ponte di Bonfiglio (Fucecchio), la sua porzione di beni in Caprognana, nei pressi dell'odierno Castelfranco di Sotto (14). Nel secondo, invece, Bonizia del fu Albone, moglie di Winizio, offre al Vescovo di Lucca, i beni che possiede in varie località del territorio sanminiatese, fra cui una proprietà in Castello Vecclo, detenuta da tale Sabatino (15).
Nel 1039, Guido, Ugo, Gherardo e Rolando, fratelli e figli del fu Rolando, vendono a Lamberto del fu Ildebrando, detto Signoretto, abitante di San Miniato, alcune loro proprietà situate all'interno del piviere di San Saturnino di Fabbrica. In particolare i beni sono situati nei pressi dell'Arno, in località
Uciana, vicino a quella che sembra essere la strada pisana, fino alla fonte detta di Spicaticho, e la metà della chiesa di San Donato ubi Mugnana vocatur (16).

Abbiamo l’attestato di questo cambiamento, ormai consolidato, in un documento del 1231, quando viene indicato col termine
Ceulae Vecchii (Cigoli Vecchio) il luogo d’origine di Ranieri di Ildebrandino: Acta sunt haec ante hospitium dictae potestatis in Sancto Miniate in presentia, e testimonio supradicti ludicis quondam Guicciardi Malpilii, quondam Rainerii lldebrandini dicti Ceulae Vecchii... (17). Pochi anni prima, il 23 ottobre del 1223 i pievani di San Genesio e di Fabbrica erano presenti alla lettura della sentenza di scomunica del Podestà di Pisa emessa dai delegati pontifici (18).

Si passa al 1260, anno in cui viene compilato il cosiddetto "Estimo" della Diocesi di Lucca (19). La pieve di San Saturnino in Fabbrica è ancora attiva ed ha alle sue dipendenze:
- Ecclesia S. Lucie de Montebicchieri
- Ecclesia S. Petri de Vinosso
- Ecclesia S. Salvatoris de Plagia
- Ecclesia S. Michaelis de Castro de Ceuli
- Ecclesia S. Petri de Guthano
- Ecclesia Ss. Stephanie et Lucie de Scocolino
- Ecclesia Ss. Romani e Mathei de Villa S. Romani
- Ecclesia S. Iacobi de Villa S. Albini
- Ecclesia Ss. Martini et Laurenti de Villanova
- Ecclesia S. Donati de Mugnano
- Ecclesia S. Marie Magdalene de Puticciano
- Ecclesia S. Petri de Montealto
- Ecclesia S. Silvestri de Comugnori
- Ecclesia S. Martini de Ventignano
- Ecclesia S. Marie de Fibbiastre
- Monasterium S. Iocunde
- Ecclesia S. Andree de Baculla
- Ecclesia S. Bartholomei de Stibbio

Il 27 novembre 1265, prete Ermanno, canonico della Pieve di Fabbrica, viene nominato rettore pro tempore della chiesa di Montopoli, da Gerardo Pievano di San Genesio (20).

Nella decima degli anni 1275-1276 la pieve risulta avere stimata con una rendita di 11 libbre e 17 soldi, una quantità davvero irrisoria se paragonata alla vicina pieve dei SS. Maria e Genesio di San Miniato o ad altre pievi della zona (che potevano disporre di rendite anche 50 volte superiori). Di seguito l'elenco:

- Ecclesia S. Martini de Ventignano (2 L, 8 S)
- Ecclesia S. Romani de Villa (2 L, 16 S)
- Ecclesia S. Michelis de Mugnano (2 L, 2 S)
- Ecclesia S. Lucie de Montebechieri (3 L, 15 S)
- Ecclesia S. Silvestri de Comugnori (2 L, 4 S)
- Ecclesia S. Petri de Vinosso (2 L, 16 S)
- Ecclesia S. Bartholomei de Stibio (2 L, 4 S)
- Ecclesia S. Marie de Fibiastra (1 L, 16 S)
- Ecclesia S. Michaelis de Ceuli (3 L, 7 S)
- Ecclesia Ss. Stefanie de Scuculino (2 L, 10 S)
- Canonica S. Salvatoris de Plagia (9 L, 7 S)
- Ecclesia S. Petri de Aguçano (2 L, 6 S)

L'elenco delle suffraganee subisce diverse modifiche. Al titolo della chiesa di Villa San Romano, scompare San Matteo; la chiesa di San Donato di Mugnano, viene indicata come intitolata a San Michele; la chiesa dei SS. Stefano e Lucia di Scoccolino appare indicata solo con Santo Stefano (nonostante nel 1466 vengano censite due chiese distinte); la chiesa di San Salvatore in Piaggia è indicata come "Canonica", segno che vi abitavano diversi sacerdoti e che risulta essere anche quella con la rendita maggiore. Infine non vengono elencate ben 5 suffraganee: San Jacopo di Sant'Albino, SS. Martino e Lorenzo di Villanova, S. Maria Maddalena di Pellicciano, San Pietro di Montalto e Santa Maria di Soffiano. Per quanto riguarda il monastero di Santa Gonda (e la chiesa Sant'Andrea di Bacoli ad esso unita), risulta essere nell'elenco degli enti esenti, trattandosi di una chiesa appartenente ad un ordine religioso (21).

Di lì a pochi anni, la decima del biennio 1302-1303, attesta un ulteriore impoverimento delle rendite della pieve di San Saturnino, stimate in appena 7 libbre. L'impoverimento riguarda anche le suffraganee senza eccezione alcuna. Compaiono alcune chiese elencate nel 1260, ma non nel 1275-76). Come nella precedente decima il monastero di Santa Gonda, con annessa chiesa di Sant'Andrea di Bacoli, risultano esenti (22). Di seguito l'elenco:


- Ecclesia S. Martini de Ventignano (1 L, 5 S, 6 D)
- Ecclesia S. Romani de Villa Sancti Romani (1 L, 6 S)
- Ecclesia S. Michelis de Mugnano (1 L, 14 S, 6 D)
- Ecclesia S. Donati de Mugnano (---)
- Ecclesia S. Lucie de Montebicchieri (2 L, 10 S)
- Ecclesia S. Silvestri de Comugnori (1 L, 13 S)
- Ecclesia S. Petri de Montalto (---)
- Ecclesia S. Petri de Vinotho (1 L, 12 S)
- Ecclesia S. Bartholomei de Stilbio (1 L, 12 S)
- Ecclesia S. Marie de Filbiastre (1 L, 11 S)
- Ecclesia S. Michaelis de Ceuli (2 L, 7 S)
- Ecclesia S. Iacobi de Villa S. Albini (1 L, 3 S)
- Ecclesia Ss. Martini et Laurenti de Villanova (1 L, 2 S)
- Ecclesia S. Marie Magdalene (1 L, 1 S, 1 D)
- Ecclesia Ss. Stefanie de Scolcolino (1 L, 11 S)
- Canonica S. Salvatoris de Piaggia (5 L, 17 S, 6 D)
- Ecclesia S. Petri de Aguçano (1 L, 11 S)

La situazione della zona non migliorò sicuramente negli anni a seguire, con il castello di Cigoli, che nel ‘300, si trovò al centro delle lotte fra i sanminiatesi e i pisani. Quest’ultimi saccheggiarono Cigoli nel 1312 e vi fecero ritorno nel 1314, guidati da Uguccione della Faggiola, che vi lasciò un presidio militare con apposito castellano. In seguito l’esercito fiorentino liberò il castello dai pisani e la Lega Guelfa, attraverso la Pace di Napoli (1317) e la Pace di Montopoli (1329), impose che il castello di Cigoli tornasse in mano ai sanminiatesi, anche se in forma piena, probabilmente non vi tornò mai. I fiorentini, dopo la conquista di San Miniato nel 1370, fecero di Cigoli un piccolo comune autonomo, con giurisdizione anche su altri centri, prima conquistati dai pisani, quali Montebicchieri, Stibbio e Leporaia (23). Questa situazione si protrarrà fino al 1774 quando Cigoli fu annesso al Comune di San Miniato.

L’edificio che conserva la porzione muraria dell’antica Pieve di Fabbrica
Foto di Francesco Fiumalbi

A queste vicende militari si intrecciano quelle della pieve di San Saturnino in Fabbrica che al 1260 rivestiva ancora il proprio ruolo; ruolo che andrà progressivamente a ridursi a favore della chiesa di San Michele a Cigoli, grazie anche alla miracolosa immagine della Madonna, conservata presso l’oratorio della compagnia della Vergine. La cosa doveva essere davvero considerevole se il Sacchetti paragona la chiesa di Cigoli alla Santissima Annunziata di Firenze e alla pieve dell’Impruneta (24). Nel 1333 nacque una controversia fra la confraternita e il rettore della chiesa riguardo alla gestione delle offerte lasciate dai pellegrini: il rettore ne reclamava una parte essendo l’officiante delle funzioni liturgiche, mentre la compagnia se ne serviva per la costruzione di un ospedale. Le controversie proseguirono fino a quando la compagnia donò l’immagine della Vergine e l’Oratorio ai frati Umiliati di Ognissanti nel 1335. Il popolo di Cigoli fece altrettanto con il patronato della chiesa, e quindi nel 1339 i beneficiari della donazione fondarono il convento di Santa Maria (25). Il nome della chiesa divenne quindi Santa Maria e Michele (26).

La pieve di Fabbrica cominciò a "perdere pezzi". Gli abitanti di Montebicchieri chiesero ed ottennero nel 1345 dal Vescovo di Lucca, di poter evitare di recarsi alla pieve di Fabbrica per i battesimi e le sepolture, rimanendo nella propria chiesa di Santa Lucia. Fra le motivazioni addotte, la non poca distanza e l'ostacolo dell'attraversamento del torrente Egola, oltre che le guerre
iter pisanos et florentinos (27). Nel 1354 la pievania era vacante, e perciò la chiesa fu affidata temporaneamente al proposto di Cigoli (28)

Gli scontri bellici, con le conseguenti distruzioni, e le epidemie di peste che a più riprese colpirono la popolazione e la formazione di una struttura militare dipendente da Firenze ridussero drasticamente il numero di persone stanziate ai piedi della collina in località Fabbrica (29). A conferma di ciò, si ha notizia che nel 1372 alla chiesa di Cigoli viene permesso di costruire un proprio fonte battesimale, in quanto la chiesa di pianura era destructa adeo quod in ipsa baptizari non potitur nec appered quod ipsa plebes possit presentialiter nec futuris temporibus commode riparari (30). Molte fonti bibliografiche, forti di un’epigrafe nel piedistallo, affermano che l’attuale fonte battesimale conservato a Cigoli sia quello originale della pieve di Fabbrica. Da un’analisi puramente stilistica non sembra che questa circostanza sia così verificabile. Il manufatto marmoreo ha una composizione formale decisamente più tarda, lontana da quelle forme bassomedioevali che possiamo ritrovare in altri reperti coevi.

La pieve, praticamente, veniva data per spacciata. Ma lo fu solo di fatto, in quanto a livello amministrativo continuò a sopravvivere per altri due secoli. Una testimonianza della decandenza della pieve ci viene offerta dalla presenza del titolare della chiesa di Cigoli, anziché del pievano di San Saturnino, alla posa della prima pietra della chiesa e dell'ospedale fondato nel 1383 dalla Compagnia dell'Annunziata fuori dalla Porta di Ser Ridolfo, nel territorio parrocchiale di Santa Maria a Fibbiastri, suffraganea della pieve di Fabbrica.
La pieve di San Saturnino venne nominata anche nella memoria del luogo di nascita di Recupero, detto appunto "da Castelvecchio", padre di Giovanni, cancelliere del Comune di San Miniato nel 1394, e forse uno degli ultimi battezzati in San Saturnino (31).
Tuttavia, nel 1417 prete Nicolao, pievano di Fabbrica viene incaricato di immittere in possesso il presbitero Jacopo dei Gianfigliazzi della pieve di S. Maria e Genesio di San Miniato, la cui propositura era rimasta vacante (32). Un pievano di Fabbrica risulta essere presente ad una seduta del clero datata 30 maggio 1422 (33) e probabilmente lo stesso Nicolao, risulta presente ad un'assise datata 12 aprile 1426 (34). Queste piccole vicende testimoniano che comunque una minima attività, magari anche solo formale e amministrativa, era rimasta.

Cigoli, Chiesa di San Giovanni Battista
Foto di Francesco Fiumalbi

Solo qualche anno più tardi, come ulteriore conseguenza di una contrazione demografica già prodottasi da tempo, nel 1447 le cure di Piaggia e Leporaia vennero di fatto spostate a Cigoli, così come quella della pieve stessa per volontà del Vescovo Baldassarre Manni (35). Ancora in una visita del 1450 la pieve risulta annessa alla chiesa di Cigoli (36). Tuttavia, amministrativamente la pieve continua ad esistere ancora. Nel 1460 la pieve risulta essere di patronato dei Capitani di Parte Guelfa di Firenze, che probabilmente avevano restaurato l'edificio e avevano eletto un nuovo pievano, prete Antonio di Bartolomeo da San Miniato (37).
Nel 1461 prete Antonio, pievano di Fabbrica, viene incaricato di immettere prete Tommaso di ser Lapo in possesso della cappellania dell'altare di San Pietro in Vincoli nella chiesa dei SS. Maria e Genesio di San Miniato (poi Cattedrale) (38). La cosa non deve stupire; sappiamo infatti che il Duomo rimase chiuso fino al 1489, tuttavia i diritti e i benefici degli altari continuarono a sussistere. Infatti, ancora in quegli anni (1480), il pievano di Fabbrica ha il compito di immettere prete Nicolao di Giovanni Borromei di San Miniato, in possesso del beneficio dell'altare di Santa Maria della Graticola, ancora una volta nella chiesa dei SS. Maria e Genesio di San Miniato (39).
La pieve di Fabbrica era di fatto sine cura, cioè senza fedeli, e per questo fu inquisito il pievano Antonio di Bartolomeo da San Miniato, in occasione della visita pastorale datata settembre 1466 (40). La pieve risulta avere un beneficio di 87 staia di grano, e il visitatore chiede ad Antonio di Bartolomeo che entro un mese dimostri in virtù di quale disposizione non fosse tenuto alla benedizione del fonte, pena la scomunica. Inoltre gli fu fatto obbligo di redigere l'inventario dei beni entro due mesi e che provvedesse al completamento della copertura, che evidentemente versava in non buone condizioni. L'elenco delle chiese suffraganee rimane lo stesso di quello dell'inventario del 1260, con l'aggiunta dell'oratorio decadente di Santo Stefano a Scoccolino (che in seguito risulterà unito alla chiesa di Santa Lucia) (41). A tal proposito è ragionevole supporre che la traslazione del fonte a Cigoli fosse solo una situazione di fatto e non un trasloco fisico. Il prete Antonio, dichiarò di abitare presso la chiesa di Santa Maria Maddalena di Puticciano(l'odierna Pellicciano), che anch'essa risulta essere di patronato dei Capitani di Parte Guelfa (42). Nel 1519 i diritti di patronato che i Capitani esercitavano sulla pieve furono confermati da una bolla di Papa Leone X (43).

Nel 1564 la pieve viene è ancora
sine cura in quanto la cura delle anime avviene presso la chiesa di Cigoli, dove c'è anche il fonte battesimale (44). Ancora nel 1575, Pietro Usimbaldi proposto di Cigoli, protestò di fronte al visitatore apostolico per l'onere di dover accollarsi la cura di Piaggia, Leporaja e Fabbrica nonostante che dopo gli atti del 1447, fossero stati nominati altri pievani (45).
Infine,
sancì il definitivo abbandono di Fabbrica, la bolla del 20 giugno del 1579, redatta dal delegato apostolico mons. Guidiccioni, con la quale il titolo e la pievania vennero trasferiti dalla chiesa di San Saturnino a quella di Santa Maria e Michele, ottenuti i consensi dai rispettivi sacerdoti, Pietro Usimbardi preposto di Cigoli e Ludovico Martelli pievano di Fabbrica. Col medesimo documento la chiesa di Cigoli prese il nome di San Giovanni Battista (46).

Il villaggio di Fabbrica, oltre alla posizione favorevole per le vie di comunicazione, al riparo dalle inondazioni, poteva contare anche su un approvvigionamento idrico diretto, in quella che oggi è conosciuta come Fonte Lotti, di cui rimane soltanto una porzione.

Fonte Lotti, prima dei restauri (2010)
Foto di Francesco Fiumalbi

Nel periodo che va dal 1946 al 1989 c’è da segnalare la perdita di una torre merlata; abbattuta attorno al 1960 in un intervento di demolizione e ampliamento, il manufatto architettonico era stato costruito posteriormente alla pieve e probabilmente ne costituiva il campanile. Il Dini riporta le parole della sig.ra Terzilia, proprietaria dell’edificio: “non solo ci pioveva dentro, ma era anche il rifugio di tutte le civette dei dintorni; i muratori non riuscivano ad abbatterla” (47). Sempre il Dini afferma che nei campi adiacenti furono rinvenute, durante normali lavorazioni agricole, ossa umane. La cosa non deve sorprendere in quanto era uso consolidato seppellire i defunti attorno alle chiese.


Fonte Lotti, prima dei restauri (2010)
Foto di Francesco Fiumalbi

Nel 2006, il dilavamento franoso del terreno, costituì l’occasione per un’indagine, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana nella persona dell'ispettore di zona, Dott. Giulio Ciampoltrini, nell'area del piviere di San Saturnino di Fabbrica. I rilievi e le analisi furono condotte da Vanni Desideri. I risultati di questi recenti scavi, dimensionalmente circoscritti ad una sezione di circa 20 metri, hanno portato alla luce ciò che rimane di due distinte abitazioni, della medesima tipologia, facenti parte dello stesso nucleo abitato. Si è conservato il piano pavimentale in terra battuta, ricoperto da cumuli di materiali, probabilmente facenti parte della struttura di copertura, come coppi e ardesia. Le pareti dovevano essere, invece, in terra cruda. Sono stati rinvenuti alcuni oggetti in ceramica e metallo che, secondo le analisi di Desideri, dovevano essere ancora funzionali al momento del crollo. Tutto questo lascia supporre che l’evento distruttivo sia stato rapido, il che fa pensare ad un incendio (accidentale o violento?). Secondo Desideri, si tratta di reperti databili non più tardi del XIII secolo, che potrebbero suggerire una retrodatazione del declino del borgo di Fabbrica, il cui abbandono viene fatto risalire alla metà del XIV secolo (48).


NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Mandorlini Fabrizio (a cura di), Cigoli e la Madonna Madre dei Bimbi, FM Edizioni, San Miniato, 2002, p. 17.
(4) Mandorlini, Cigoli e la Madonna... Cit., p. 17.
(5) Archivio Arcivescovile di Lucca (AAL) + + H16; D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo V, parte II, Francesco Bertini Editore, Lucca, 1837, p. 488.
(6) Dini, Dietro i nostri secoli... Cit., p. 74.
(7) Vallini Valerio, Castelvecchio matrice di Cigoli, http://www.valeriovallini.it
(8) D. Barsocchini, Memorie e Documenti per Servire alla Storia di Lucca, Lucca, doc. MLXXXIV, Tomo V, parte 3; Dini, Dietro i nostri secoli... Cit., p. 76, e in Concioni Graziano, Le vicende di una Pieve nella cronologia dei suoi pievani. San Genesio di Vico Wallari 715-1466, Accademia Lucchese di Scienze, Arti e Lettere, 2010, p. 15.
(9) Repetti Emanuele, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, Firenze, 1883. Si veda la voce “FABBRICA nella Valle dell’Arno inferiore”.
(10) D. Barsocchini MDL V/3 Cit., doc. MCCLXXXIX, in Dini, Op. Cit., p. 78.
(11) AAL, +F.10, ed. D. Barsocchini MDL V/3 Cit. Cit., doc. MCCCCXLVIII, pp. 336-337; cfr. Dini, Dietro i nostri secoli... Cit., p. 79.
(12) D. Barsocchini MDL V/3 Cit. Cit., doc. MCCCCLXXIII, p. 645.
(13) AAL, * G.9; cfr. D. Bertini, Memorie e documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV, parte II, Francesco Bertini Editore, Lucca, 1836, Appendice, doc. LXXIV, pp. 96-98.
(14) AAL, ++M.67 [A]; Il documento è edito in Ghilardicci Giuseppe (a cura di), Carte del Secolo XI, vol. II, 1018-1031, Archivio Arcivescovile di Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1990, n. 100, pp. 276-277.
(15) AAL, ++R.98 [A]; Il documento è edito in Ghilardicci G., Carte... Cit., n. 104, pp. 288-292.
(16) AAL, ++P.23 [B]; Il documento è edito in Angelini Lorenzo, Carte del Secolo XI, vol. III, 1031-1043, Archivio Arcivescovile di Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1987, pp. 151-153.
(17) Bonincontri Laurentii, Historia Sicula, in G. Lami, Deliciae eruditorum seu veterum anekdoton opusculorum collectanea, Tomo VI, Firenze, 1739, p.157, riportato da Vallini Valerio, http://www.valeriovallini.it/
(18) AAL, *I 14, in Concioni,
Le vicende di una Pieve... Cit., pp. 27-28.
(19) P. Guidi, Tuscia Rationes decimarum Italiae, Vol. 1, Roma, 1932, Appendice; BPL, Ms. 135; in Dini, Dietro i nostri secoli... Cit., p. 116.
(20) AAL, *G 87, in Nanni L., La parrocchia studiata nei documenti lucchesi del secoli VIII-XIII, in “Analecta Gregoriana”, XLVII, Roma, 1948, p. 173; Concioni, Le vicende di una Pieve... Cit., pp. 45-46.
(21) P. Guidi, Tuscia Rationes decimarum Italiae, Vol. 1, Roma, 1932, pp. 193, 203.
(22) P. Guidi, Tuscia Rationes decimarum Italiae, Vol. 2, Roma, 1932, pp. 257, 279-280.
(23) Repetti, Dizionario... Cit., Si veda la voce “Cigoli”.
(24) Morelli Paolo, Le istituzioni ecclesiastiche, in AAVV, Le colline di San Miniato (Pisa): la natura e la storia, supplemento n. 1 al vol. 14 (1995) dei Quaderni del Museo di Storia Naturale di Livorno, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Provincia di Pisa.
(25) Ibidem.
(26) Mandorlini, Cigoli e la Madonna... Cit., p. 18.
(27) Per una trattazione completa delle vicende riguardo al fonte battesimale di Montebicchieri, si veda Morelli Paolo, Montebicchieri e il suo fonte battesimale: un castello del Valdarno nel Trecento, Tip. Bongi, San Miniato, 2000.
(28) AAL, Libro antico 67, c.6, 23 marzo 1354, in Morelli Paolo, Per una storia delle istituzioni ecclesiastiche nel basso medioevo: la Propositura di S. Maria e S. Michele di Cigoli e la Pieve di San Giovanni di Fabbrica, in Bollettino Storico Pisano, n. 51, Pisa, 1982, p. 58.
(29) Morelli Paolo, Per una storia delle istituzioni... cit., pp. 42-43.
(30) Morelli Paolo, Per una storia delle istituzioni... cit., pp. 58-59.
(31) Valerio Vallini, Castelvecchio... cit.
(32) AAL, Libri antichi di cancelleria, n. 84, c.11; Concioni, Le vicende di una Pieve... cit., p. 61.
(33) AAL, Libri antichi di cancelleria, n. 59, c.11; Concioni, Le vicende di una Pieve... cit., p. 62.
(34) AAL, Libri antichi di cancelleria, n. 59, c.19; Concioni, Le vicende di una Pieve... cit., p. 75.
(35) AAL, Sacre Visite, n. 7, c.90', e AAL, Libro antico, n. 61, cc. 201-202, 15 settembre 1447; Morelli P., Per una storia delle istituzioni... cit., p. 59.
(36) AAL, Sacre Visite, n. 7, c.90', in Morelli, Per una storia delle istituzioni... cit., p. 61.
(37) ASF, Capitani di Parte, numeri rossi 35, c.15, in Morelli, Per una storia delle istituzioni... cit., p. 61.
(38) AAL, Collationes, R, c.78m, in Concioni, Le vicende di una Pieve... cit., p. 71.
(39) Archivio Capitolare di San Miniato, n. 447, c. 8r, in Concioni, Le vicende di una Pieve... cit., p. 72.
(40) AAL, Sacre Visite, n. 9, p. 236, Mannari Lelio, Notizie Storiche. La Madonna di Cigoli, in La Domenica 18 luglio 1965; in Mandorlini, Cigoli e la Madonna... cit., p. 21; Concioni, Le vicende di una Pieve... Cit., p. 77.
(41) Mandorlini, Cigoli e la Madonna... cit., p. 23; Concioni Graziano, Chiese, clero e cura d'anime in Diocesi di Lucca nella visita pastorale del domenicano Matteo da Pontremoli (1465-1467), Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, Lucca, 2012, Vol. 2, pp. 114-115.
(42) Simoncini Vasco (a cura di), San Miniato e la sua Diocesi, CRSM, San Miniato, 1989, p. 48. La chiesa è erroneamente confusa con Santa Maria di Fibbiastri.
(43) Morelli, Per una storia delle istituzioni... cit., p. 61.
(44) AAL, Sacre Visite, n. 14,c. 513, in Morelli, Per una storia delle istituzioni... cit., p. 62.
(45) AAL, Sacre Visite, n. 26, cc. 233-234, in Morelli, Per una storia delle istituzioni... cit., p. 62.
(46) Dini, Dietro i nostri secoli... cit., p. 40.
(47) Ibidem.
(48) Vanni Desideri Andrea, Villaggi abbandonati e pievi tra guerre e pandemia. Nota archeologica per la storia del castello di Cigoli nel Valdarno Pisano, in rivista "Archeologia Medievale", n. XXXVI, All'Insegna del Giglio, 2009, pp. 227-236.

Quarta revisione - 20 maggio 2014

domenica 17 ottobre 2010

AVVENTURE SANMINIATESI


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Con questo post il team di SMARTARC intende raccontare “la ricerca sul campo” effettuata in data 9 ottobre 2010. Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima. Semplicemente, l’articolo vuole avvicinare tutti coloro che sono interessati a queste esperienze di ricerca, e magari unirsi al gruppo. Come potrete leggere e vedere noi partecipanti non siamo professionisti della ricerca o persone di chissà quale estrazione culturale. Siamo persone semplici, accomunate dall’amicizia, dalla curiosità e dal desiderio di conoscere qualcosa in più sul territorio del Comune di San Miniato.





Data: 9 ottobre 2010
Percorso: La Scala (dal parcheggio del cimitero) – San Miniato (“Casa di Riposo”), attraverso un antico tracciato oggi non più utilizzato dalla normale viabilità automobilistica.
Partecipanti: Bertini Massimo, Cardanelli Marco, Costagli Rita e la piccola Matilde, Fiumalbi Francesco, Guardini Alessio.

Diamo un’occhiata alle “mappe del tesoro”, ovvero una Carta dei Capitani di Parte e una planimetria catastale d’impianto risalente al ‘39-’40. Pronti si parte! Direzione: Pancole!


Il “team di Smartarc”
Foto di Rita Costagli (c’è anche lei, ma stava facendo la foto…)

Imbocchiamo via Fonti e subito svoltiamo in via San Piero, la strada che conduce all’omonima chiesa. Pochi passi e lì la Carta dei Capitani di Parte del 1584 ci segnala la “Proprietà dello Spedale della Scala”. Invece al semaforo fra la Tosco-Romagnola, via Sanminiatese e via Trento vi è segnata la “Bottega dello Spedale”. Significa che lungo la principale via di comunicazione non ci doveva essere l’Ospedale vero e proprio, ma una sorta di farmacia, vicino alla stazione postale. Infatti il simbolo della “Scala” che possiamo vedere lungo la Statale è in ferro. Era inequivocabilmente un’insegna, mentre l’Ospedale doveva avere uno stemma, e questo non poteva che essere in pietra. Cerchiamo lo Spedale.

Cominciamo a salire e vediamo una signora alla finestra che però non sa dirci molto. Sopraggiunge il marito e lui ci rivela un particolare interessante: proprio di fianco alla sua abitazione, nelle due case attigue vi sono muri con grande spessore, indicandoci approssimativamente 80-100 cm con le braccia, senza saperci dire altro. Non abbiamo la certezza matematica, ma in virtù di possenti murature e dell’indicazione della Carta del ‘500, possiamo concludere, con ragionevole certezza, che abbiamo localizzato il vecchio Spedale di Santa Maria della Scala, da cui ha preso il nome il centro abitato di La Scala.

“Quello è lo Spedale di La Scala” (da notare Alessio versione 007)
Foto di Rita Costagli

Le due abitazioni con possenti murature al loro interno:
con ogni probabilità sorgono su quello che un tempo era lo Spedale di La Scala.
Foto di Francesco Fiumalbi

Massimo Bertini, membro della spedizione, ha quasi un mancamento (si scherza!) perché lui è nato e cresciuto a La Scala, ma non sapeva che lo Spedale non si trovasse all’incrocio. E così, fra il confuso e il divertito ci esorta a proseguire verso Pancole.
Scendiamo giù e riprendiamo via Fonti. Poco più avanti ci fermiamo ancora presso il vecchio stabilimento dell’acqua “Generosa”. Qui un tempo veniva imbottigliata l’acqua che sgorgava dalle vecchie fonti di San Piero (o Pietro). Già, queste fonti, che fine hanno fatto?

L’ex stabilimento acque de “La Generosa”
Foto di Rita Costagli

Mentre guardiamo da fuori il vecchio stabilimento, sopraggiunge un signore che conosce Massimo. Chiediamo lumi a lui: dove si trovano le fonti? Dov’erano i lavatoi?
Nel recente libro di Manuela Parentini e Delio Fiordispina, “Pozzi, fonti, cisterne e acquedotti” si parla molto dello sfruttamento delle Fonti di San Pietro, anche se non viene indicata la posizione esatta delle strutture. Così, nel suddetto libro, a pag. 109 abbiamo una cartina che ci mostra l’acquedotto (Archivio del Comune di San Miniato F200 S132 UF23) mentre a pag. 121 c’è una bella foto d’epoca raffigurante i vecchi lavatoi.
L’uomo ci presenta all’anziana signora Anna, che abita poco distante, la quale con grande ospitalità ci fa entrare a piano terreno e ci consente anche di fare alcune fotografie che vi proponiamo più avanti. La signora ci indica anche il terreno sotto al quale ci sono ancora i lavatoi, semplicemente sotterrati sotto qualche centimetro di terra.

Il terreno sotto al quale ci dovrebbero essere ancora i lavatoi
Foto di Francesco Fiumalbi

Entriamo al piano terreno dell’abitazione della Sig.ra Anna, che come detto ci ha permesso di fare alcune fotografie. Quella che potrebbe sembrare una normale cantina si è rivelata invece lo scrigno di un vero e proprio tesoro.

La “porticciola”
Foto di Francesco Fiumalbi

Quella casa era del “Guardiano delle Acque” della Generosa, ovvero il suo defunto marito. E, quasi come in un film hollywoodiano, ci troviamo di fronte ad alcuni grandi macchinari. Infine una porticciola, chiusa da chissà quanto tempo.
Armati di una torcia elettrica, ci facciamo coraggio e apriamo la porta: SORPRESA!

L’apertura della porta
Foto di Rita Costagli

La cisterna “segreta”
Foto di Rita Costagli

Ai nostri occhi appare un grande ambiente sotterraneo. Una sorta di cisterna, contenente acqua cristallina. L’ambiente è coperto con due grossi archi che sostengono volte a botte. L’ambiente è intonacato. Si scorge il fondo. All’estremità opposta un grosso pozzo che non sappiamo quanto sia profondo. Ci sembra di essere ad un passo da un passaggio verso il centro della terra. E’ un’emozione fantastica. Questa era la cisterna che raccoglieva le acque che poi andavano ai lavatoi e da qui alla Generosa.
La sig.ra Anna ci racconta una leggenda. Due frati, che chiama San Paolo e San Pietro giungono nei pressi della fonte. Qui lasciano a protezione della preziosa acqua un crocifisso, che forse è in fondo al pozzo. Sempre nel “buco” ci dovrebbe essere una testa in marmo, antichissima, appartenente ad una statua forse etrusca.
La cosa potrebbe essere inverosimile. Però un po’ per il luogo e l’atmosfera che crea, un po’ la nostra fame di mistero, rimaniamo tutti ugualmente impressionati. Chissà?!
La signora ci invita a prendere qualcosa da bere, ma la strada da fare è ancora molto lunga, siamo appena ai piedi della collina. Così, ringraziamo la donna per la grande disponibilità e gentilezza e riprendiamo la strada.

Via Fonti, iniziamo a salire
Foto di Francesco Fiumalbi

Cominciamo l’ascesa verso San Miniato. La strada ormai è un sentiero. Intravediamo due grossi fornici, che ricordano da vicino Fonti alle Fate, per dimensione e fattura. Sono stati tamponati. Probabilmente si tratta di una struttura che sostiene il terrapieno soprastante, ma potrebbe anche essere l’imboccatura delle antiche Fonti di San Piero. Sulla mappa, potrebbe anche tornare.

I due fornici
Foto di Francesco Fiumalbi

La strada è in salita, ma non è ripida. E’ dolcissima, si cammina che è un piacere. Si intravedono due importanti costruzioni: San Lorenzo a Nocicchio e poco più lontano il convento di San Francesco. I punti di vista sono inusuali e così, complice anche la splendida giornata, ci paiono ancor più belli e affascinanti. Più in alto la “Rocca”, orgogliosa come non mai.

San Lorenzo a Nocicchio, retro
Foto di Francesco Fiumalbi

San Francesco e la Rocca
Foto di Francesco Fiumalbi

Via Fonti
Foto di Francesco Fiumalbi

Cominciamo ad intravedere la costruzione della Casa di Riposo, la zona detta di Pancole, ovvero la nostra meta. Affiancati da olivi, il panorama della collina sanminiatese si staglia in tutta la sua bellezza, da un punto di vista inedito. Poche sono le persone che in tempi recenti hanno percorso questa strada, se escludiamo coloro che vi abitano.
La strada, purtroppo, si fa brutta. Il sentiero vero e proprio scompare, lasciando il posto all’erba. La pendenza aumenta.

Via Fonti
Foto di Francesco Fiumalbi

Via Fonti (ciò che rimane)
Foto di Francesco Fiumalbi

Via Fonti (ciò che rimane), si intravede un arco
Foto di Francesco Fiumalbi

Siamo quasi arrivati a destinazione. San Miniato è di fronte a noi, disteso come un “serpente” sul crinale della collina. Intravediamo la Casa di Riposo e, misteriosamente, vediamo sbucare da dietro della vegetazione un grosso arco. Cosa sarà? Ci avviciniamo.

Fonti di Pancole
Foto di Francesco Fiumalbi

Sono le fonti di Pancole!! Eccole, finalmente davanti ai nostri occhi. Notiamo subito la somiglianza con Fonti alle Fate. Due fornici, molto più grandi di quelli “alle Fate”, ma di simile struttura. Nell’arco di destra si apre una piccola finestrella, in quello di destra una piccola porta. Che facciamo? Entriamo?
Il pensiero di non entrare non ci sfiora nemmeno per un momento.

Fonti di Pancole, toc toc, c’è nessuno in casa?
Foto di Francesco Fiumalbi

Mettiamo la testa dentro. Non entriamo perché il pavimento è molto bagnato e si potrebbe scivolare non avendo le scarpe adatte. Allunghiamo però, i nostri obbiettivi fotografici.

Fonti di Pancole (interno)
Foto di Francesco Fiumalbi

L’interno è composto da tre ambienti. Quello più grande, dal quale è possibile entrare è completamente in mattoni, con copertura voltata a crociera. Al suo interno vi è una motopompa trifase che serviva per pompare l’acqua verso l’acquedotto cittadino e poi verso i campi. Si intravedono i due ambienti più piccoli: quello più piccolo con la fonte vera e propria, l’altro contiene, invece, una vasca per la raccolta dell’acqua. La parete che divide l’ambiente principale da quello della vasca è sicuramente successiva, e trattasi di un sottile tamponamento, parzialmente crollato.
Dilvo Lotti, nel suo libro San Miniato nel Tempo, fa risalire le Fonti di Pancole all’epoca etrusco-romana, chiamandole addirittura “terme”. Non ci è dato da sapere. E’ chiaro che queste fossero importanti per l’approvvigionamento idrico degli abitanti del colle sanminiatese. La volta a crociera, quale modello strutturale e architettonico risale effettivamente all’epoca romana. Tuttavia, la dimensione e la tecnica d’assemblaggio delle murature in laterizio potrebbero far risalire la costruzione dell’attuale fabbricato delle Fonti ad un epoca che va dal 1200 al 1400. Anche qui, come prima, chissà!?

Momento di ristoro alle Fonti di Pancole
Foto di Rita Costagli

Proseguiamo ancora verso la Piazzetta di Pancole. La strada è decisamente poco buona: il sentiero è completamente invaso dall’erba, si nota la traccia di una vecchia pavimentazione in laterizio ormai disgregata, cominciamo anche a trovare rifiuti, come bottiglie, lattine, cartacce.

Via di Pancole (ciò che ne rimane)
Foto di Francesco Fiumalbi

 Finalmente, con un po’ di fatica, arriviamo al parcheggio sotto la Casa di Riposo. Notiamo che l’ultimo tratto della strada che abbiamo percorso non è quella originale. Ecco l’imbocco di via di Pancole, ormai non più percorribile.

Via Pancole (ciò che rimane)
Foto di Francesco Fiumalbi

Siamo arrivati a destinazione. Da qui il panorama è meraviglioso. Scorci inediti si aprono davanti ai nostri occhi: la giusta ricompensa per la fatica spesa in salita.

San Francesco e la Rocca da Piazzetta Pancole
Foto di Francesco Fiumalbi

“Palazzo della Briccola” (?)
Foto di Francesco Fiumalbi

La mattina è terminata. Abbiamo ri-scoperto un sacco di cose, grandi e piccole. Ci siamo divertiti e ci siamo arricchiti! Cosa c’è di più bello di stare fra amici a cercare le tracce del nostro passato?

Come ha detto Alessio nella sua poesia…

E chi, cercar, non sa ancor di che cosa
temo, la sua, sia una vita noiosa.

Se anche tu vuoi aggregarti a queste piccole esperienze di “ricerca sul campo”, contatta SMARTARC su Facebook, oppure all’indirizzo smartarc.blogspot@gmail.com

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