sabato 28 gennaio 2012

BASETTONE (terza parte) - Il contratto per Canapone

di Francesco Fiumalbi

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Nelle prime due parti abbiamo trattato del contesto storico entro cui va formandosi una nuova fase della scultura celebrativa in Toscana. Abbiamo parlato anche dei motivi per cui fu eretta la statua di Leopoldo II, detto “Canapone”, della figura chiave di Pietro Bagnoli e dello scultore neoclassico Luigi Pampaloni. Adesso analizzeremo un importante documento conservato presso l’Archivio Storico del Comune di San Miniato, quello che oggi potremmo definire come il “contratto d’appalto” per l’erezione della statua.

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Il documento è datato 20 dicembre 1838, cioè a quattro mesi e mezzo di distanza dal motuproprio del Granduca Leopoldo II di cui abbiamo trattato nella seconda parte. Si tratta di una sorta di contratto d’appalto fra Pietro Bagnoli, presidente della Deputazione per l’erezione della statua, il Podestà Alberto Mantelli, Mons. Torello Pierazzi, Vescovo di San Miniato, e lo scultore Luigi Pampaloni.
L’incarico, come detto, venne affidato a Luigi Pampaloni, e nel documento vennero stabiliti i termini di pagamento: la deputazione, grazie anche ad una sottoscrizione popolare, si impegnava a pagare lo scultore, mentre il Vescovo Torello Pierazzi si impegnava a pagare il trasporto della statua dalla bottega del Pampaloni fino a San Miniato.

LEOPOLDO SECUNDO / MAGNO / ETRURIAE / DUCI / MINIATENSES
Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

La statua sarebbe dovuta costare ben 1600 scudi, pari a 6720 fiorini. Essendo uno “scudo” o “francescone” pari a 5,60 lire italiane al momento del passaggio alla moneta nazionale, la statua sarebbe costata circa 9000 lire, che rivalutate al 2010 (con coeff. di rivalutazione pari a 8.710,5854 (1)) sono oltre 78 mln di lire, pari a poco più di 40.000 euro di oggi.

AD OMENM / POSTERITATEM / GRATIA ANIMI / MONUMENTUM / P. A. D. MDCCCXLI.IJI
Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Nel contratto, oltre agli aspetti legati alle dimensioni, venneroo anche stabilite le caratteristiche estetiche che avrebbe dovuto avere la statua.
Il termine della consegna fu fissato in 30 mesi, ovvero per il giugno 1841. In realtà la statua fu inaugurata solo nel 1843, con oltre due anni di ritardo: non sappiamo se le cause siano da attribuirsi allo sculture o alle difficoltà nel reperire i fondi sufficienti per i pagamenti da parte della deputazione.

JUDICIALI / COLLEGIO / AUCTA CIVITATE / VOTI / COMPOTES

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Di seguito riportiamo la trascrizione del prezioso documento conservato presso l’Archivio Storico del Comune di San Miniato (2):

Documento consegnato dall’Ill.mo e Rev.mo Monsignore Torello Pierazzi Vescovo di S. Miniato il dì 4 maggio 1841 al Pres. Dott. Lottini ad oggetto che Egli ne facesse il conveniente uso nella Seduta generale al dì 7 maggio 1841 da farsi nella Sala Comunitativa.

A dì venti decembre 1838 in S. Miniato

Per la presente benché privata scritta da valere e tenere come la se fosse un solenne Istrumento rogato di mano di Notaro Pubblico Fiorentino sia noto e concluso ugualmente; volendo gli infrascritti Sig.ri Deputati in nome e già interesse della Popolazione tutta della Città, già Comune di San Miniato provvedere alla erezione nella Città medesima di una statua di marmo che rappresenti l’Augusta Persona di S. A. I. e R. Leopoldo II in omaggio e gratitudine pe il segnalato Benefizio della mentovata A. I. e R.  compatita ai Samminiatesi erigendo nella loro Patria un Tribunale Collegiale, hanno concertato col Chiarissimo Sig. Prof. Luigi (il nome Luigi è stato scritto cancellandone uno precedente, n.d.r.) Pampaloni di Firenze Scultore esimio, che appreso cose e condizioni varie.

“Firma” di Luigi Pampaloni
Statua di Leopoldo II, San Miniato
Firma di Luigi Pampaloni

1° Il predetto Sig. Pampaloni per il di lui merito singolare nell’arte sarà preferito per la esecuzione del lavoro di cui si tratta a tutti gli altri richiedenti, che ottavano (che concorrevano?) benché avevano offerto migliori condizioni.
2° In conseguenza di che il Sig. Prof.re Lodovico (evidentemente si tratta di un errore, n.d.r.) Pampaloni prenominato si obbliga di eseguire il lavoro nel modo che verrà appresso descritto per la somma tassativa prevista di Scudi Fiorentini Milleseicento, pari a Fiorini Seimilasettecentoventi. Dovrà egli eseguire una Statua di marmo Statuario Ravaccione (si tratta del marmo estratto dalla celebre Cava Ravaccione sulle Alpi Apuane, n.d.r.) di un solo pezzo non minore di braccia quattro di altezza dalla pianta dei piedi alla sommità della Statua, quale Statua dovrà esprimere l’Augusta Persona di S. A. I. e R. Leopoldo II Sovrano nostro amatissimo, stante in piede, vestito in attitudine dignitosa, e usi emblemi analoghi al fine per cui il monumento viene innalzato.
3° Dovrà pure eseguire a tutte sue spese una Base decente parimente di marmo di buona qualità quadrittatura proporzionata, (parola illeggibile) di lato a pulimento(?) e non meno alta di braccia tre sopra la quale dovrà essere innalzata la statua sopra descritta.
4° Oltre l’acquisto del marmo, la operazione dei bozzetti, modelli, sbozzatura, pulitura e di tutti i lavori che saranno a pieno suo carico, dovrà il Sig. Prof. Pampaloni recarsi e trattenersi in S. Miniato quanto occorrerà per dirigere la costruzione della Base e l’innalzamento della Statua e fare a tale uopo tutto ciò che occorrerà perché la cosa ottenga convenientemente il suo compimento.

Stemma del Comune di San Miniato
Basamento della statua di Leopoldo II
Foto di Francesco Fiumalbi

5° Qualora il lavoro riuscisse di una grandezza e elevazione superiore alle misure sopra descritte dovrebbe ciò considerarsi come una cosa meramente volontaria posta in opera dal Sig. Pampaloni il quale non verrebbe per questo ad acquistare nessun diritto per un aumento di prezzo sopra la somma come sopra stabilita di scudi fiorentini milleseicento.
6° Dovrà il lavoro essere terminato e collocato nello spazio perentorio di mesi trenta a contare dalla data della presente scritta, e così per lo meno nel mese di giugno milleottocentoquarantuno.
7° Non sarà a carico del Sig. Prof. Pampaloni il trasporto da Firenze a S. Miniato ne della statua ne dei marmi lavorati per costruire la Base restando però Egli obbligato della direzione secondo le regole di arte, tanto per caricare a Firenze tanto per scaricare in S. Miniato la detta statua e i marmi della sua Base.
8° Neppure la costruzione della Base medesima per ciò che è interno e componesi di materiale, dovrà essere a carico del Sig. Prof. Pampaloni incaricato soltanto di darne il disegno e le misure precise e di dirigerne l’esterno collocamento dei marmi che la dovranno incrostare.
9° Le spese di questo trasporto e di questa collocazione di Base non potendo neppure sostenersi dalla Società ne dalla Deputazione rappresentante conviene il sottoscritto Monsignor Torello Pierazzi che siano a tutto suo carico obbligando a tale uopo servi suoi eredi.

Statua di Leopoldo, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

10° La Deputazione sostenente(?) coi mezzi dei quali ha fornito la Società da essa rappresentata si obbliga di pagare al pregato(?) Luigi Pampaloni la convenuta somma dei scudi milleseicento in quattro rate e nei modi che appresso cioè: scudi dugento appena avrà fornito il modello, scudi trecento appena comincia la sbozzatura del marmo; scudi cinquecento quando pone mano all’ultimo pulimento e scudi seicento alla consegna della statua con Base.
Le quali cose tutte, così di concerto conveniente combinate e stipulate, le parti si obbligano di rispettivamente mantenere e operare nei modi più validi che di ragione.
Fatta in S. Miniato questo dì sud.o alla presenza degli infrascritti(?) testimoni in doppio originale per comodo delle parti.
Torello Pierazzi Vescovo di San Miniato
Cav. Prof. Pietro Bagnoli
(Firma illeggibile) e Sebastiano Prati testimonio
Luigi Pampaloni
Alberto Mantelli podestà(?) di S. Miniato Tedesco

Nel prossimo post parleremo delle celebrazioni avvenute per l’inaugurazione della statua, tenutasi il 7 agosto 1843.


NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Dati dal centro statistico della Camera di Commercio di Cremona,
(2) Archivio Storico del Comune di San Miniato, Fondo Preunitario, F4549

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domenica 22 gennaio 2012

SECESSIONISMO PONTAEGOLESE (prima parte)

di Francesco Fiumalbi
Con questo e con i successivi posts cercheremo di indagare le ragioni per le quali la frazione Ponte a Egola ha avuto, negli anni,  propositi di indipendenza rispetto al Comune di San Miniato. Proporremo interessanti documenti d’archivio relativi agli anni ’20 del secolo scorso e ripercorreremo la storia della ricerca dell’autonomia fino ai giorni nostri (vedi articoli de Il Tirreno del 30 novembre 2010 e del 2 dicembre 2010). Precisiamo subito che questi posts non saranno “di parte”, ma proporranno una chiave di lettura “storico-sociale”.

“Noi non siamo sanminiatesi”
Ponte a Egola, via Carli angolo Piazza Rossa
Foto di Francesco Fiumalbi

Il Comune di San Miniato ha un’estensione ragguardevole, ben 102,56 chilometri quadrati (1). Per dare un’idea, il Comune di Firenze è leggermente più piccolo, “appena”, si fa per dire, 102,41 kmq (2), mentre quello di Livorno è 104,79 kmq (3). Mentre gli altri due comuni rappresentano rispettivamente la prima e la seconda delle città toscane per numero di abitanti, San Miniato capoluogo è un piccolo centro che conta circa 3000 persone. Significa che a fronte di un territorio paragonabile a quello di grandi centri, il capoluogo è rimasto relativamente molto piccolo.
Ciò è spiegabile per varie ragioni, di natura orografica e di natura urbanistica. Andando indietro nei secoli, gli imperatori svevi avevano scelto il colle sanminiatese, proprio perché non facilmente accessibile. E se questo comportava grandissimi vantaggi in epoca medioevale, altrettanto non può dirsi per le esigenze moderne. Arrivò, poi, nel 1960 il Piano Regolatore Generale (PRG) firmato da Edoardo Detti, lo stesso che si era occupato di quello di Firenze. Anche se criticabile da molti punti di vista, il PRG “Detti” aveva chiaro l’ambizioso obiettivo di non permettere zone di espansione sulla collina di San Miniato (se non in determinate aree come Poggio di Cecio) al fine di salvaguardare l’integrità storico-paesaggistica della Città della Rocca. Sono anni in cui il tema dei centri storici è molto sentito, tanto che proprio nel 1960 viene sancita la cosiddetta Carta di Gubbio.

Panorama di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Questa premessa abbastanza articolata per dire che, a differenza di altri comuni più o meno vicini (per esempio Fucecchio, Certaldo, Castelfiorentino, solo per citarne alcuni) il capoluogo non ha mantenuto, quel peso demografico che lo ha contraddistinto per secoli, a fronte di un vasto territorio scarsamente popolato e di una piana, invece, fortemente urbanizzata.
In questo discorso potenzialmente infinito, entrano in gioco altri fattori come, ad esempio, la rete socio-economica, in generale troppo spesso relegata ad una posizione marginale se non dimenticata del tutto nello studio delle dinamiche sociali e demografiche di un territorio.
Le ragioni dell’abitare su di un territorio sono molteplici, ma quella predominante è sempre stata la capacità di un determinato territorio di dare di che mangiare ai propri abitanti. Ecco perché almeno fino alla metà dell’800 i popolosi centri della piana come San Miniato Basso e Ponte a Egola non esistevano: le persone vivevano in case sparse nella campagna, all’interno del sistema socio-economico mezzadrile. L’abitare in un centro abitato, escludendo i pochi piccoli artigiani e commercianti, non dava possibilità di sussistenza. Tuttavia, già sul finire dell’800 iniziò a Santa Croce sull’Arno da una parte e a Ponte a Egola dall’altra, un periodo di forte espansione industriale. L’industria è un grande “magnete” per la popolazione. Ponte a Egola da poche case raccolte al Marianellato e vicino al ponte (si veda il post TOPONOMASTICA PONTAEGOLESE) cominciò a diventare un centro di tutto rispetto, che sfiorava i 2000 abitanti già nei primi anni ’20 del ‘900 (4), a fronte di un capoluogo che allora ne contava circa 4000.
A San Miniato avevano sede tutte le istituzioni di riferimento, tuttavia la frazione di Ponte a Egola voleva che le fosse riconosciuto istituzionalmente il peso economico e demografico che andava acquisendo.

Ponte a Egola, via Gramsci intersezione con via Diaz
Foto di Francesco Fiumalbi

La domanda di separazione e costituzione di una nuova unità comunale fu presentata alla Regia Prefettura di Firenze il 24 aprile del 1923. Purtroppo sembra che questo documento sia andato perduto. Le nostre ricerche presso l’Archivio di Stato di Firenze (che contiene il Fondo relativo alla Prefettura fiorentina) e presso l’Archivio Storico del Comune di San Miniato (che contiene numerosi documenti della Sottoprefettura di San Miniato, distaccamento di quella di Firenze) non hanno dato esito. Tuttavia abbiamo rintracciato il memoriale, coevo, redatto dal Comitato Cittadino per la difesa dell’integrità del Comune di San Miniato (5), al fine di dimostrare l’inconsistenza della domanda. Qui è contenuto il parere del Commissario Prefettizio del Comune di San Miniato che, seguendo i termini di legge, rinviò qualsiasi decisione al Consiglio Provinciale. Una volta ottenuto parere positivo a livello provinciale, la decisione definitiva sarebbe dovuta spettare al Governo. Per questo motivo si costituì il Comitato Cittadino contrario alla richiesta pontaegolese che stese il Memoriale presentato al Consiglio Provinciale, il quale rispose negativamente al distaccamento.
Anche se il documento iniziale, ovvero la domanda di separazione e costituzione del comune autonomo, non è stato ritrovato, il suo contenuto è desumibile da quelli che vi faranno seguito.

Schematicamente possiamo sintetizzare la vicenda in questo modo:
1 – Primi anni del ‘900: contrasti riguardanti la nomina del medico condotto nella frazione di Ponte a Egola.
2 – Inizi del 1923: contrasti tra il “Fascio” sanminiatese e quello di Ponte a Egola.
3 – Marzo 1923: a Ponte a Egola si tengono alcuni comizi; si costituisce un comitato per l’erezione del nuovo comune; viene nominato Presidente Onorario del Comitato il marchese Perrone Compagni.
4 – 24 aprile 1923: viene presentata la domanda ufficiale alla Regia Prefettura di Firenze per la costituzione del nuovo comune.
5 – Aprile-maggio 1923: a San Miniato si costituisce il Comitato per la difesa dell’integrità del Comune di San Miniato; viene nominato presidente il Cav. Avv. Giovanni Boeri.
6 – 26 maggio 1923: il Commissario Prefettizio del Comune di San Miniato, sig. Afferni, presenta la propria relazione, rinviando qualsiasi decisione al Consiglio Provinciale.
7 – giugno 1923: il Comitato sanminiatese presenta il Memoriale al Consiglio Provinciale.
8 – seconda metà del 1923: il Consiglio Provinciale si oppone alla separazione e costituzione del comune autonomo di Ponte a Egola.

Nei prossimi interventi analizzeremo i documenti che siamo riusciti a rintracciare.

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SECESSIONISMO PONTAEGOLESE (terza parte)
QUESTIONE DI CAMPANILE

NOTE BIBLIOGRAFICHE
(4) Vallini Valerio, Storia di Ponte a Egola, Edizioni Ponte Blu, Santa Croce sull’Arno, 1990, pagg. 63-75.
(5) Vallini, Op. Cit., pp 78-82.

sabato 14 gennaio 2012

BASETTONE (seconda parte) - Canapone per San Miniato

di Francesco Fiumalbi


Dopo aver analizzato il contesto storico della Toscana di inizio ‘800 e del conseguente nuovo impulso verso la grande scultura celebrativa, ci occuperemo più in dettaglio della statua di Leopoldo II, detto Canapone, collocata in Piazza Buonaparte a San Miniato. Parleremo in particolare del motivo per cui fu eretta, di Pietro Bagnoli che si adoperò per la sua realizzazione e dello scultore Luigi Pampaloni autore della statua.
Come detto anche nella prima parte, la statua del “Canapone” è da annoverare, sicuramente, fra le cose più care ai sanminiatesi. Il motivo di tale affezione è da ricercarsi nel suo essere parte integrante, da quasi due secoli, della vita cittadina. La statua è, infatti, il baricentro di Piazza Buonaparte, crocevia obbligato per chi intende recarsi nella parte orientale di San Miniato.

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Il motivo per il quale fu deciso, nel 1838, di erigere una statua al Granduca Leopoldo II, allora sempre vivente, ci viene brevemente riassunto da Giuseppe Rondoni:
“(…) Samminiato (…) avvenuta la restaurazione, sotto il governo del Granduca Leopoldo II ebbe la Cassa di Risparmio, ed il Tribunale Collegiale di Prima Istanza, colla Sottoprefettura, nella quale occasione fu innalzata una statua, opera del Pampaloni, in onore di quel sovrano, ed il Prof. Pietro Bagnoli, di lui maestro, tenne un discorso di circostanza fra il sommovimento e gli applausi di una moltitudine riconoscente accorsa da tutto il contado a festeggiare l’evento graditissimo.” (1)

Anche Giuseppe Piombanti ci narra dell’erezione della statua:
Vinto Napoleone, Ferdinando III acclamatissimo, ai 17 settembre 1814, ritornava in Toscana e poneva mano animoso alle opere di restaurazione (…). Fece quanto poté il buon Ferdinando a fine di procurar lavoro e pane alle popolazioni afflitte (…). << Leopoldo II, prosegue Cantù, succedutogli nel 1824 con pari bontà, favoriva quel vivere amichevole, quella cittadinanza riposata, che della Toscana faceva un’Arcadia. Intanto le belle arti, la gentilezza, il clima, la favella continuavano ad attirarvi i forestieri; studiosi l’università  di Pisa, cui s’inviavano professori d’ogni paese; capitali il ferro dell’Elba, l’acido borico dei lagoni, e la libertà di commercio; si estesero le scuole normali, di mutuo insegnamento, di sordimuti; presto s’introdussero asili infantili, casse di risparmio… >>. E San Miniato ebbe la sua nel 1830, affiliata a quella di Firenze. Otto anni dopo Leopoldo concedevagli il Tribunale civile e correzionale, e poi la Sotto-Prefettura. Per dimostrargli la loro gratitudine, i sanmminiatesi, nei giorni 6 e 7 Agosto 1843, dinanzi al Tribunale medesimo, in mezzo a feste solenni e lietissime, cui tutti presero parte, scoprirono la sua statua, da Luigi Pampaloni egregiamente scolpita, e il prof. Bagnoli, vecchio maestro di quel granduca, pronunziando un magnifico discorso di circostanza, suscitava gli applausi di quella moltitudine riconoscente e commossa. A quella piazza fu dato il nome Leopolda, cassato malamente dopo il 1859 per darle quello di Buonaparte, poiché i benefizi ricevuti non si rinnegano mai.” (2)

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Come accennato nella prima parte, Leopoldo II viene rappresentato anche a San Miniato, come un sovrano togato, che impersonifica l’ideale antico e quella dignità che lo legittima a governare la Toscana. Nella mano sinistra tiene un rotolo chiuso, alla maniera delle statue romane, mentre nella destra stringe un altro plico, stavolta aperto e leggermente srotolato, lasciando leggere la scritta:

Motuproprio
de II agosto 1838

Con il motuproprio del 2 agosto 1838, Leopoldo II aveva riformato profondamente l’organizzazione della giustizia nel Granducato di Toscana.
Venne istituita la Corte Regia, costituita dal giudice d’appello civile e criminale, con giurisdizione per l’intero Granducato, e con sede a Firenze. Furono abolite le ruote, e furono istituiti i cosiddetti tribunali collegiali di prima istanza, civili e criminali, nelle città di Firenze, Livorno, Pisa, Siena, Arezzo, Grosseto, Pistoia, San Miniato, Montepulciano, e di Rocca San Casciano.
Venne anche riveduta la giurisdizione dei vicari, dei commissari regi, dei direttori di atti criminali e dei podestà. L’amministrazione della giustizia civile era affidata ai vicari regi, ai giudici civili di Firenze, Arezzo, Livorno, Pisa, Siena e Pistoia e ai podestà, che erano al grado più basso della gerarchia, ai tribunali di prima istanza, alla corte regia e alla consulta come corte di cassazione (3).

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Nei brani di Rondoni e di Piombanti viene citato il fautore, il promotore, dell’erezione della statua del Granduca Leopoldo II di Lorena: Pietro Bagnoli.
Canonico, già poeta di corte presso il Granduca Ferdinando III e precettore di Leopoldo II (4), Pietro Bagnoli fu una figura chiave affinché San Miniato fosse dotata di quelle istituzioni che fecero della Città, il punto di riferimento per un vasto comprensorio, che andava da Empoli a Pontedera. Pietro Bagnoli fu il vero anello di congiunzione privilegiato, tra il Granduca e San Miniato, unione ancor più confermata con l’erezione della statua e con l’intitolazione dell’allora Piazza San Sebastiano in Piazza Leopolda (5).
La statua fu collocata esattamente davanti alla sede del Tribunale Collegiale di Prima Istanza, che fu insediato in quello che era il palazzo di un ramo della famiglia Buonaparte ormai estinta. La statua, almeno inizialmente, doveva essere sistemata con un orientamento opposto rispetto all’attuale; doveva, cioè, guardare verso nord con alle spalle il tribunale. Fu poi girata di 180 gradi, sembra ai primi del ‘900, nell’attuale posizione, cioè rivolta verso il palazzo ex-Buonaparte (6). La pregevole ringhiera, disegnata da Giuseppe Vannini, fu fusa a Follonica (7)

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Generalmente, il Granduca, anche per gli altri monumenti in suo onore, non poteva agire in prima persona, ma lasciava che se ne occupassero persone a lui molto vicine, proprio come il sanminiatese Pietro Bagnoli. Nel 1838, per l’erezione della statua, il Bagnoli riuscì a formare una deputazione, il cui organigramma è conservato presso l’Archivio Storico del Comune di San Miniato (8):

Deputazione
della Società per erigere la Statua a S. A. I. e R. Leopoldo II.

1. Presidente Sig. Prof. Pietro Bagnoli
2. Vicepresidente Can. Giuseppe Conti
3. Segretario Sig. Dot. Enrico Bonfanti

Deputati
4. Sig. Vincenzo Migliorati
5. Sig. Can. Mons. Alli Maccarani
6. Sig. Leopoldo Bertacchi
7. Sig. Damiano Morali
8. Sig. Dario Mercati
9. Sig. Cav. Michele Mannini
10. Sig. Dot. Giuseppe Berni
11. Sig. Dot. Federigo Salvadori
12. Sig. Prof. Zanobi Lottini
13. Sig. Can. Vincenzo Giunti
14. Sig. Francesco (Niccolò cancellato, n.d.r.) Mori

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

La deputazione, presieduta dal Can. Pietro Bagnoli, decise di affidare l’incarico della realizzazione della statua allo scultore neoclassico Luigi Pampaloni.
Il celebre scultore fiorentino nacque a Firenze nel 1791 e si formò artisticamente come allievo di Lorenzo Bartolini presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Col Bartolini lavorò a Palazzo Pitti per Maria Anna, detta Elisa, Bonaparte-Baciocchi, sorella di Napoleone e Duchessa di Toscana dal 1809 (9). Nel 1826 Luigi Pampaloni, realizzò la Fontana delle Naiadi, in Piazza Farinata degli Uberti a Empoli, meglio nota come “Fontana dei Leoni” in collaborazione con Ottavio Giovannozzi che scolpì i possenti felini (10).

Luigi Pampaloni e Ottavio Giovannozzi
Fontana delle Naiadi, Empoli, Piazza Farinata degli Uberti
Foto di Francesco Fiumalbi

Sempre nel 1826 realizzò l’opera che lo consacrò come sculture di livello internazionale, ovvero il cosiddetto “Putto Orante” per il nobile polacco Franciszeck Potocki, opera copiata innumerevoli volte (11). Ricevuto l’incarico di realizzare le statue di Arnolfo di Cambio e di Filippo Brunelleschi per il nuovo Palazzo dei Canonici, la carriera di Pampaloni ebbe una svolta decisiva nel 1827 quando grazie all’ammirazione di Bertel Thorvaldsen, soprannominato il “Fidia danese”, presso il Granduca fu nominato Professore all’Accademia di Belle Arti di Firenze (12). Consacrato ufficialmente, Luigi Pampaloni si dedicò, fra il 1832 e il 1833 alla statua di Pietro Leopoldo in Piazza Santa Caterina (Piazza Martiri della Libertà) a Pisa (13). Tra le sue opere maggiori figura la statua di Leonardo Da Vinci, realizzata fra il 1837 e il 1839 per il Loggiato degli Uffizi.
Nel 1867, ormai sculture di grande fama, Pampaloni fu incaricato di realizzare i quattro Evangelisti per l'interno e i due angeli in terracotta per la scalinata del Santuario del SS. Crocifisso di San Miniato (14).

Epigrafe commemorativa di Luigi Pampaloni
Firenze, via dei Ginori
Foto di Francesco Fiumalbi

Ed è proprio alla corte granducale che il Canonico Pietro Bagnoli ebbe modo di conoscere e di apprezzare l’abilità di Luigi Pampaloni, tanto da ritenerlo lo scultore adatto per effigiare il Granduca ancora vivente, nella “sua” San Miniato.
Nella prossima parte proporremo il “contratto” stipulato per l’erezione della statua di Leopoldo II “Canapone” in Piazza Buonaparte a San Miniato.


NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Rondoni Giuseppe, Memorie Storiche di San Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie degl’Illustri Samminiatesi, 1° Edizione Tipografia Ristori, 1876, Atesa Editrice, rist. anastatica, Bologna 1980, pag. 198
(2) Piombanti Giuseppe, Guida della Città di San Miniato al Tedesco, Tipografia Ristori, San Miniato, 1894, pagg. 43-44, in Matteoli Anna (a cura di), Guida storico-artistica di San Miniato, Bollettino dell'Accademia degli Euteleti, n. 44, 1975.
(4) Boldrini Roberto, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi (secoli X-XX), Comune di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, pag.  27.
(5) Piombanti, Op. Cit., pag. 44.
(6) Particolare emerso durante un colloquio con Don Luciano Marrucci.
(7) Renzoni Stefano, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, pag. 211.
(8) Archivio Storico del Comune di San Miniato, Fondo Preunitario, F4549
(9) Per il profilo biografico completo di Luigi Pampaloni si veda Missirini Melchior e Antonini Lorenzo, Memorie sulla vita e sui lavori dell'insigne scultore Fiorentino Luigi Pampaloni, Tip. A. Salani, Firenze, 1882.
(11) Item Giulia, Profilo biografico di Luigi Pampaloni (1791-1847): dagli esordi della committenza bonapartiana alla sua ultima opera a Canino, in Biblioteca e Società, fascicolo 3, settembre 2006, Biblioteca Consortile di Viterbo.
(12) Marconi Elena, La statua di Leopoldo II in San Miniato ed altri monumenti di Luigi Pampaloni, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 75, 2008, pagg. 129-130.
(14) Simoncini Vasco, Il Crocifisso di Castelvecchio nella storia e nella vita di San Miniato, Edizioni del Cerro, Pisa, 1992, pag. 71.


sabato 7 gennaio 2012

BASETTONE (prima parte) - La celebrazione di Canapone

di Francesco Fiumalbi
La statua del “Canapone” è da annoverare, sicuramente, fra le cose più care ai sanminiatesi. Il motivo di tale affezione è da ricercarsi nel suo essere parte integrante, da quasi due secoli, della vita cittadina. La statua è, infatti, il baricentro di Piazza Buonaparte, crocevia obbligato per chi intende recarsi nella parte orientale di San Miniato. Il simulacro del Granduca Leopoldo II è anche il simbolo di un’epoca, dei suoi momenti celebrativi che si sono concretizzati in modalità e forme che oggi ci fanno anche un po’ sorridere, basta pensare alla veste o alle enormi basette che adornano il viso del regnante! Curioso anche l’affettuoso soprannome dedicato al Granduca, che è dovuto al color canapa dei suoi capelli.

Ormai corrosa dagli agenti atmosferici e dai gas di scarico degli autoveicoli che quotidianamente vi passano al di sotto, la statua è stata inserita nell’elenco delle opere che il Comune di San Miniato intende “dare in adozione”, affinché possa essere degnamente restaurata.
Lo scorso novembre 2011, un folto gruppo di cittadini coadiuvati dalle Associazioni “Moti Carbonari”, Architettura e Territorio “Lanfranco Benvenuti” e “Territorio Teatro” e dal gruppo Smartarc, si è radunato presso l’ex-frantoio di San Domenico, in via Ser Ridolfo a San Miniato, per valutare eventuali iniziative e lanciare l’idea di una sottoscrizione popolare.
Anche Smartarc darà il proprio contributo, cercando di raccontare le vicende storiche legate al simulacro del Granduca Leopoldo II.

Piazza Buonaparte, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

In questa prima parte cercheremo di approfondire il contesto storico entro cui si colloca l’episodio scultoreo sanminiatese.
La grande scultura celebrativa dell’Ottocento, in Toscana, non appariva proprio come una novità assoluta. I precedenti toscani non mancavano, anche se racchiusi, temporalmente, nella parentesi cinque-seicentesca che vide il Granduca Cosimo I de’ Medici e il figlio Ferdinando I molto attivi nel promuovere la rispettive figure. Solo per citare le opere più conosciute: la statua di Cosimo I in Piazza dei Cavalieri a Pisa scolpita da Pietro Francavilla, la statua equestre di Cosimo I in Piazza della Signoria a Firenze e la statua di Ferdinando I davanti alla Cattedrale di Arezzo realizzate dal Giambologna; la statua detta “dei Quattro Mori” di Ferdinando I in Piazza Micheli a Livorno realizzata da Giovanni Bandini; la statua equestre di Ferdinando I in Piazza Santissima Annunziata a Firenze, anch’essa opera del Giambologna.

Pisa, Piazza dei Cavalieri, con la statua di Cosimo I de’Medici
Foto di Francesco Fiumalbi

Anche Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II de’Medici e Arciduchessa reggente, fu immortalata nella pietra. L’unico esempio conosciuto è proprio a San Miniato, realizzato dal Susina e che abbiamo trattato nel post: MARMO BIANCO.
Per circa due secoli, arco temporale che possiamo complessivamente definire come il periodo barocco, il filone della scultura toscana celebrativa e autocelebrativa sembra esaurirsi. Non conosce crisi, invece, la grande ritrattistica. C’è da dire che, anche se in questi due secoli fossero state realizzate sculture di questo tipo, è assai probabile che queste siano state distrutte dall’esercito rivoluzionario francese, capeggiato dal giovane Napoleone, alla fine del ‘700. Una fine del genere, per esempio, toccò anche alla statua sanminiatese di Maria Maddalena d’Austria. A livello puramente generale, nella seconda metà del ‘600 e per tutto il ‘700 la scultura si concentrò su temi funerari, religiosi o allegorici (1).

Statua di Maria Maddalena d’Austria
San Miniato, Canto di Sant’Andrea
Foto di Francesco Fiumalbi

Dopo la caduta di Napoleone e la chiusura del Congresso di Vienna, si avviò quella fase chiamata “Restaurazione”. Ed è proprio in questo periodo che in Toscana torna la grande scultura celebrativa, proprio con Ferdinando III e Leopoldo II di Lorena.
Ufficialmente la parentesi della Rivoluzione Francese sembrava non aver lasciato segno alcuno. I regnanti, tuttavia, non potevano più mentire a se stessi: si apriva una nuova fase, quella di un più concreto dispotismo “illuminato”. L’industrializzazione, ancora in fase germinale, lasciava tuttavia intravedere grandi possibilità di sviluppo, economico in primis. Strozzare lo sviluppo sul nascere avrebbe comportato un riaccendersi di quelle tensioni che solo pochi anni erano sfociate nella Rivoluzione Francese. Non rimaneva, evidentemente, che assecondare lo sviluppo.
Cavalcare l’industrializzazione significava, allora come oggi, dotare il territorio di infrastrutture e costituire una macchina burocratica efficiente e distribuita sul territorio. Ed ecco che San Miniato fu dotata del Tribunale, della Sottoprefettura e, cosa importantissima per i decenni a venire, di una Cassa di Risparmio. Si chiuderà il cerchio, pochi anni più tardi, con la costruzione della prima linea ferroviaria della Toscana, la Leopolda. In altre parti della Toscana furono portante a termine grandi opere di bonifica e fu sviluppato il colossale Catasto Generale della Toscana, meglio noto come Catasto Leopoldino.


Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Questa nuova fase di sviluppo fu accompagnata da una vera e propria operazione d’immagine da parte di Ferdinando III e Leopoldo II. La propria celebrazione, in quanto monarchi illuminati, attenti alle istanze della propria gente, non poteva che tradursi in un avvicinamento simbolico della figura del granduca verso i suoi sudditi-cittadini: ri-nasce la grande scultura autocelebrativa.
Infatti, la presenza simbolica del granduca nelle piazze cittadine, attraverso un suo simulacro, non può che essere letta come una forte volontà di creare un legame di vicinanza, dove il regnante “scende” in piazza fra la sua gente e per la sua gente. Un’operazione questa, che sembra essere ripresa dalla scultura sacra, dove il contesto spaziale religioso viene sostituito, come ambientazione, dalla piazza, ovvero il centro della nuova ritualità cittadino-borghese. Un tentativo di instaurare una sorta di venerazione civica collettiva.
Ne sono esempi le statue di Ferdinando III a Livorno in Piazza della Repubblica opera di Francesco Pozzi e ad Arezzo in Piaggia del Murello realizzata da Stefano Ricci, più un’opera non realizzata nei pressi della Porta alla Croce, attuale Piazza Beccaria a Firenze (2). Il figlio Leopoldo II non poteva essere da meno: a Livorno in Piazza della Repubblica realizzata da Paolo Emilio Demi (poi sostituita con un’altra di Emilio Santarelli), a Grosseto in Piazza Dante scolpita da Luigi Magi (3), a Pietrasanta in Piazza del Duomo di Vincenzo Santini (4), a Larderello in Piazza Leopolda. Fece anche innalzare la statua al nonno Pietro Leopoldo, a Pisa in Piazza Martiri della Libertà, realizzata proprio da Luigi Pampaloni (5).

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

La differenza fra le sculture del periodo cinque-seicentesco rispetto a quelle del primo ‘800 è sostanziale.
Cosimo I e Ferdinando I de’Medici sono celebrati come soldati, sono vestiti da militari, con l’armatura; spesso sono a cavallo, e questo testimonia come l’immagine che i due granduchi volevano dare di sé era quella del condottiero. Non a caso Cosimo I de’Medici era figlio del celebre condottiero Giovanni dalle Bande Nere, aveva conquistato Siena e aveva promosso un imponente programma di edilizia militare (6). Il nipote, Ferdinando I de’Medici fu molto attivo in politica estera, appoggiò in varie guerre diversi regnanti europei e tentò la prima spedizione coloniale italiana in Sudamerica; le sue gesta militari furono immortalate negli affreschi di Bernardino Poccetti nella Sala Bona del Palazzo Pitti (7).
Completamente diverso lo spirito delle sculture raffiguranti Pietro Leopoldo, Ferdinando III e Leopoldo II. Le persone raffigurate non sono più dei condottieri, sono politici, intellettuali. Le statue sono “togate” (cioè “vestite” con la toga), riprendendo tale configurazione dalla statuaria antica romana. Non è più la virilità la caratteristica principale della figura, bensì la sua dignità, la sua intelligenza, predisposta per l’interesse collettivo, nell’ideale allusione ai fasti degli antichi e alle conquiste degli antichi, sia in campo artistico che in quello intellettuale. Non è un caso se, proprio in questi anni, nascono il greek revival e il roman revival, proprio nel tentativo di costruire un ponte, un collegamento, innanzitutto fisico ancor prima che ideale, con le tradizioni antiche, considerate il fondamento della cultura, del diritto, dell’arte figurativa, della letteratura e dell’architettura. Competenze, queste, che non potevano certo mancare all’ideale di monarca “illuminato” a cui volevano tendere Ferdinando III e Leopoldo II per la legittimazione del proprio potere sulla Toscana.

NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Wittkower Rudolf, Arte e architettura in Italia, 1600-1750, Einaudi, 2008. Si veda il cap. XVIII, pagg. 381-402.
(3) Rondoni, Memorie Storiche di San Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie degl’Illustri Samminiatesi, 1° Edizione Tipografia Ristori, 1876, Atesa Editrice, rist. anastatica, Bologna 1980, pag. 343.
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