mercoledì 27 febbraio 2013

LA LUCE DEL MONDO - PALAZZO GRIFONI - 1 MARZO 2013 ore 17.30

Cliccare sulle immagini per leggere tutti i dettagli.



NULLA PER SEMPRE - INVITO PRESENTAZIONE E MOSTRA Sabato 9 marzo, ore 17.30



Presentazione del libro "NULLA PER SEMPRE", racconti di Giuseppe Chelli e inaugurazione della mostra personale di Rossano Nistri. Interverranno Giovanni Conforti e Fabrizio Mandorlini.
Appuntamento a San Miniato, Palazzo Roffia, via Augusto Conti, sabato 9 marzo, alle ore 17.30 (nel video è indicato alle 16, ma ci fanno sapere che l'orario corretto è 17.30). Al termine sarà offerto un aperitivo!
Per l'occasione è stato realizzato anche un trailer che potete vedere qua sotto!





domenica 24 febbraio 2013

FEBBRAIO - I MESI DI PIETRO BAGNOLI

a cura di Anna Orsi


Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 165-167.

Alba ed alberi di febbraio
Foto di Francesco Fiumalbi


IL PRIMO
DI FEBBRAIO

I.
Santa pietà! Tu d'ogni ben nutrice
Piangi gli estinti, e porgi ajta ai vivi,
Gli uomin, gli Dei tu onori, e un infelice
Quasi talor dal sen di morte avvivi:
Se lacrime per te dagli occhi elice
Alla presenza dei funerei Divi
Una turba di meste Pastorelle,
Le ascolta, e vieni oggi a plorar con elle.

II.
Così cantàr del lugubre Febbraro
Nel primo dì le Ninfe, e in lungo stuolo
Tra i taciti sepolcri s'inoltraro,
Tutte compunte, ed atteggiate in duolo.
Prima in mesto silenzio s'arrestaro
Colle man giunte, e gli occhi fissi al suolo,
Poi diverso sentier si tolse ognuna
Là 've polve a lei cara il sasso aduna.

III.
Intenerito avrian chi udito avesse
I flebili sospiri e le parole
In queste e quelle parti uscir sommesse
Dalla pietosa turba, che si duole.
Questa all'amica estinta un serto intesse
Di vergini giacinti e di viole,
E n'incorona l'urna, e a lei ch'anco ama:
Ombra cara, ove sei? Dolente sclama.

IV.
Quella spargea sul cenere paterno
acrime amare, e più co'tristi omei,
Che con parole dir parea: l'eterno
Sonno ah! Tu dormi, autor de' giorni miei
Altra più che col dir, col senso interno
Cara madre! dicea, madre, ove sei?
Dov'è il sen che nutrimmi? e il labbro e il ciglio
Di saviezza maestro e di consiglio?

V.
Ah! se alcun d' tuoi cenni andò perduto,
Mostrati disdegnosa ombra severa,
E fammi ravveder con quel temuto
Sguardo, che ancor dentro a quest'alma impera.
Altra ricerca pur con labbro muto,
Quasi un bel fior giunto sull'alba a sera,
Un diletto german, con cui divise
Gl'infantili trastulli, e pianse e rise.

VI.
Chi l'amico chiedea, che il caro sposo
Ahi! Sul fiorir delle speranze tolto!
E le tombe cingean di doloroso
Cipresso, ove il lor ben giacea, sepolto.
Poi tutte si ritrasser dal pietoso
Ufficio, umide il ciglio e col crin sciolto,
Altamente intuonàr riposo e pace.

VII.
Sia lieve il suolo alle composte salme,
E dolce l'aura e taciturna spiri,
Sì che non turbi la quiete all'alme,
Qualunque sia, che qui nuda s'aggiri.
Sol de' sepolcri le lugubri calme
Rompa l'aura pietosa de'sospiri,
E ben certo è pietà che in questo giorno
Facciam qui ogni anno a sospirar ritorno.

VIII.
Care alme, addio. Così tre volte alfine
Disser le Ninfe, e poi l'urne baciaro;
E ricomposto in sulla fronte il crine,
Non giuochi e danze, non piacer cercaro,
Ma con gravi pensier dalle divine
Preci ritolte, ala magion tornaro,
Ove pur tutto pensieroso e mesto
Passaro in prieghi di quel giorno il resto.


mercoledì 20 febbraio 2013

E SE LA PIAZZA DIVENTASSE IL GIARDINO... DEL POPOLO!

Prendendo spunto dal titolo del post PIAZZA DEL POPOLO LIBERA! l'architetto Marco Stacchini ha considerato la questione sotto una luce completamente autonoma e ci propone una sistemazione di Piazza del Popolo davvero non convenzionale: libera, appunto, da tutto, da tutte quelle costrizioni mentali dell'uomo contemporaneo. Uno spazio, in cui il termine libero è inteso in senso di “naturale”.
Un grande giardino, un prato verde al posto dell'asfalto e del cemento, animali che scorrazzano tranquilli laddove ancora oggi girano le auto in quella che ormai non è più una piazza, ma una grande rotatoria.
E' un'immagine surreale, un gesto artistico, per dire una cosa semplice semplice: la piazza per sua natura è uno spazio fatto in un certo modo, che si presta a svariati usi, ma che non nasce certamente come parcheggio. E' richiamando alla “natura” del luogo, attraverso quella natura simbolicamente rappresentata nell'immagine, che l'arch. Marco Stacchini vuole sottolineare la grande necessità di riappropriazione di quello spazio, nella forme e nei modi in cui è stato concepito. Un invito anche ad immaginare qualcosa di diverso, anche inaspettato o insolito, per lo spazio che ci circonda, nonostante gli occhi incancreniti dal quotidiano. Un desiderio di reinventare lo spazio e con esso anche la nostra Città.
E poi non sarebbe male nemmeno pensare anche seriamente ad un giardino, così come possiamo ammirare a Pistoia, in Piazza degli Ortaggi, fotografata dall'arch. Sandro Saccuti in occasione del Festival "Dialoghi sull'Uomo".


Piazza o Giardino del Popolo
Elaborazione dell'arch. Marco Stacchini


Pistoia, Piazza degli Ortaggi
Foto di Sandro Saccuti

PIAZZA DEL POPOLO LIBERA!

di Francesco Fiumalbi

Ogni tanto capita, più o meno una volta all'anno, che Piazza del Popolo sia completamente libera. Nemmeno per il Workshop era così libera. E' capitato domenica 10 febbraio 2013 in occasione del Carnevale: durante la manifestazione la piazza era bella piena di gente, ma verso le 17,30, prima che il traffico venisse nuovamente consentito, la piazza è rimasta vuota, libera.
Fa un certo effetto, perché non siamo abituati a dominare visivamente tutto lo spazio della piazza. Sembrerebbe piccolo, invece è molto grande! C'è sempre qualcosa nel mezzo e 99 volte su 100 ci sono le auto. Certamente quello è un parcheggio che fa comodo a molti. Una breve commissione, prendere un caffé, comprare il giornale. Però, quella sera che la piazza era vuota, ho visto, con i miei occhi, una cosa impagabile. Impagabile perché non si paga, non si può pagare, la si può permettere oppure no. Alcuni bambini stavano giocando a pallone (con una bomboletta del Carnevale) nel bel mezzo di Piazza del Popolo. Incredibile. Una scena del genere fino a qualche anno fa sarebbe stata normale. Alcuni bambini che giocano, con una cosa trovata lì per lì, in un luogo pubblico. Cosa dimostra questo? Che i bambini sono rimasti sempre uguali, si divertono anche con poco, basta avere lo spazio giusto per farlo. Ma se li rinchiudiamo in una stanza 4x4 (quando va bene) dalla mattina alla sera perché fuori è pericoloso, perché fuori fa caldo, fa freddo, tira vento, gira brutta gente, ci sono le macchine... poi è normale che per “intrattenerli” ci vogliono tv, computer, consolle e cianfrusaglie varie.
Io mi auguro che liberando Piazza del Popolo dalle auto, si possa liberare anche qualche bambino. Aggiungete qualche panchina, nuove attività che si affacciano sulla piazza, un tavolino dove si gioca una briscola, un ragazzo che legge un libro, qualche turista che si mangia un bel gelato o si gusta un buon bicchiere di vino... ed abbiamo un grande spazio vivo! Vivo, cioè con degli esseri viventi, che si muovono, che fanno la propria vita! Le auto stanno ferme, sono fredde, di metallo, e sputano gas di scarico... mettiamole in Piazza San Pio da Pietralcina (ex Teatro) per una sosta veloce, ma se ci dobbiamo stare un po' di più mettiamole al Piazzale o al Cencione e facciamoci una bella passeggiata. Riprendiamoci anche il panorama, che è sempre lì, per farsi ammirare. Per essere ammirato bisogna andare lentamente, a piedi è perfetto!





lunedì 18 febbraio 2013

F. SACCHETTI: LE NOVELLE "SANMINIATESI" - 3/4

a cura di Anna Orsi
Questa proposta di seguito è la terza delle quattro novelle di Franco Sacchetti, ambientate a San Miniato o nei suoi dintorni. Fu redatta probabilmente intorno al 1392, quando Sacchetti era Podestà a San Miniato e presenta alcuni elementi interessanti anche da un punto di vista storico. Stavolta i protagonisti sono tre ciechi fiorentini, Lazzaro, Salvatore e Grazia, che campano di elemosine. I tre avevano stipulato una sorta di società, in modo da distribuire equamente i proventi della loro attività di questuanti. Muovendosi verso Pisa per la festa di Santa Maria, arrivarono ai piedi della collina sanminiatese, e più precisamente a Santa Gonda. Qui, stando in una camera d'albergo, decisero di effettuare la conta dei soldi e di fare una ridistribuzione. Ad un certo punto della conta, Grazia viene accusato dagli altri due di volerli imbrogliare. Ne esce una violenta colluttazione, che vide anche l'intervento dell'oste e di sua moglie. Alla fine i tre rimangono senza un soldo. Anche in questo caso, la storia non è altro che è un pretesto per sostenere un insegnamento "morale", così come nelle altre novelle del Sacchetti, il quale non fa altro che proporre, seppur in forma di racconti, le meditazioni di carattere morale e religioso, che egli stesso aveva elaborato negli anni '80 del '300.

Franco Sacchetti
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Giovanni Silvestri, Milano, 1815


NOVELLA CENTESIMAQUARANTESIMA

Tre ciechi fanno compagnia insieme, e veggendo la loro ragione a santa Gonda, vengono a tanto, che si mazzicano molto bene insieme, e dividendo l'oste e la moglie, sono da loro anco mazzicati.

Nel popolo di santo Lorenzo, presso a santa Orsa nella città di Firenze, tornavano certi ciechi, di quelli che andavano per limosina, e la mattina si levavano molto pertempo, e chi andava alla Nunziata, e chi in Orto san Michele, e chi andava a cantar per le borgora, e spesse volte deliberavano, che quando avessono fatta la mattinata, si trovasseno al campanile di santo Lorenzo a desinare, dove era uno oste che sempre dava mangiare e bere a' loro pari. Una mattina essendovene due a tavola, e avendo desinato, dice l'uno, ragionando del loro avere, o della loro povertà: lo accecai, forse dodici anni è, ho guadagnato forse mille lire. Dice l'altro: Ohi tristo a me sventurato, ch'egli è sì poco, che io accecai, che io non ho guadagnato dugento lire! Dice il compagno: Oh quant'è che tu accecasti? Dice costui: E' forse tre anni. Giugne uno terzo cieco, che avea nome Lazzero da Corneto, e dice: Dio vi salvi, fratelli miei. E quelli dicono: Qul se'tu? E quelli risponde: Sono al buio, come voi, e segue: E che ragionate? E quelli contarono il tempo de' loro guadagni. Disse Lazzaro: Io nacqui cieco, e ho quarantasett'anni; s'io avessi i danari che io ho guadagnati, io sarei il più ricco cieco di Maremma. Bene sta, dice il cieco di tre anni, che io non trovo niuno che non abbia fatto meglio di me. E facendo così tutti e tre insieme, dice questo cieco: Di grazia lasciamo andare gli anni passati, vogliam noi fare una compagnia tutti e tre, e ciò che noi guadagnamo, sia a comune; e quando andremo fuori tutti tre, noi andremo insieme, pigliandocil'uno con l'altro, se bene bisognerà chi ci meni; il piglieremo? Tutti s'accordarono, e alla mensa s'impalmarono, e giurarono insieme. E fatta questa loro compagnia alquanto in Firenze, uno che gli avea uditi fermare questo loro traffico, trovandogli uno mercoledì alla porta di santo Lorenzo, dà all'uno di loro un quattrino, e dice: Togliete questo grosso tra tutti tre voi; e continuando, dove costoro si fermavano insieme a certe feste, costui facea sempre limosina d'uno quattrino, dicendo: Togliete questo grosso tra tutti e tre. Dice colui che lo riceve alcuna volta: Gnaffe! E' c'è dato un grosso, che a me par piccolo com'un quattrino. Dicono gli altri: dov'è? O non ci cominciare già a voler ingannare. Questi rispose: che inganno vi poss'io fare? Quello che mi fia dato, io metterò nella tasca, e così fate voi. Disse Lazzaro: Fratelli, la lealtà è bella cosa. E così sì rimase; e ciascuno ragunava, e deliberarono tra loro ogni capo di otto dì mescolare il guadagno, e partire per terzo. Avvenne, che ivi a tre dì che questo fu, era mezzo agosto; di che si disposono, come è la loro usanza, d'andare alla festa della Nostra Donna a Pisa; e movendosi ciascuno con un suo cane a mano ammaestrato, come fanno con la scodella, si misono in cammino, cantando la intemerata per ogni borgo; e giunsono a santa Gonda un sabato, che era il dì di vedere la ragione, e partire la moneta: e a uno oste, dove albergarono, chiesono una camera per tutti e tre loro, per fare i fatti loro quella notte; e così l'oste la diede loro. Entrati questi ciechi con li cani e co' guinzagli a mano, quando fu il tempo d'andare a dormire nella detta camera, disse uno di loro che avea nome Salvadore: A che ora vogliam noi fare la nostra faccenda? Accordaronsi, quando l'oste e la sua famiglia fosse a dormire; e così feciono. Venuta l'ora, dice il terzo cieco, che avea nome Grazia, ed era quello che era stato men cieco: Ciascuno di noi segga, e nel grembo noveri li denari, ch'egli ha, e poi faremo la ragione; e colui, che n'avrà più, ristorerà colui che n'avrà meno. E così furono d'accordo cominciando ciascuno a noverare. Quando ebbono annoverato, dice Lazzero: lo trovo, secondo ho annoverato, lire tre, soldi cinque, danari quattro. Dice Salvadore: Ed io ho annoverato lire tre, danari due. Dice Grazia: Buono buono, io ho appunto quaranzette soldi. Dicono gli altri: Oh che diavolo vuol dir questo? Dice Grazia: Io non so. Come non sai? Che dei avere parecchi grossi in ariento più di noi, e tu ce la cali a questo modo; è la compagnia del lupo la tua. Tu hai nome Grazia, ma a noi se'tu disgrazia. Dice costui: Io non so che disgrazia; quando colui dicea che ci dava un grosso, a me parea egli uno quattrino, e che che si fosse, come io vi dissi, io il mettea nella tasca, io non so; io sarei leale come voi in ogni luogo, che mi fate già traditore e ladro. Dice Salvadore: E tu se', poiché tu ci rubi il nostro. Tu menti per la gola, dice Grazia. Anzi menti tu; anzi tu, e cominciansi a pigliare e dare delle pugna; e' danari caggiono per lo spazzo. Lazzero, sentendo cominciata la mischia, piglia la sua mazza, e dà tra costoro per dividergli; e quando costoro sentono la mazza, pigliano le loro, e cominciansi a batacchiare, e tutti li denari erano caduti per lo spazzo. La battaglia cresce, gridando, e giucando del bastone, li loro cani abbaiavano forte, e tale pigliava per lo lembo co' denti or l'uno or l'altro, e' chiechi, menando le masse, spesso davano a' cani, e quelli urlavano; e così parea questo uno torniamento. L'oste, che dormia di sotto con la moglie, dice alla donna: Abbiam noi demoni di sopra? Levasi l'uno e l'altro, e tolgono il lume e vanno su, e dicono: Aprite qua. I ciechi, che erano innebbriati su la battaglia, udivano come vedeano. Di che l'oste chiuse l'uscio per forza, e aprendolo intrò dentro, e volendo dividere i ciechi, ebbe d'una mazza nel viso; di che piglia uno di loro, e gittalo in terra. Che vermocane è questo, che siate mort' a ghiadi? E pigliando la massa sua, dando a tutti di punta, dicea: Uscitemi di casa. La donna dell'oste accostandosi, e schiamazzando, come le femmine fanno, uno cane la piglia pel lembo della gonnella; e quanto ne prese, tanto ne tirò. Alla per fine perdendo costoro la lena, ed essendosi molto bene mazzicati, e chi era caduto qua e chi di là, dice Lazzaro: Oimè, oste, che io son morto! Dice l'oste: Dio gli ti mandi, uscitemi testè di casa. E quelli tutti si dolgono, e dicono: Oimè, oste, vedi come noi stiamo! Che aveano li visi lividi e sanguinosi; e peggio che tutti li nostri denari ci sono caduti. Allora l'oste dice: Che denari, che siate mort' a ghiandi, che m'avete presso che cavato l'occhio? Dice Lazzero: Perdonaci, che noi non vegghiamo, più che Dio si voglia. Io vi dico: Uscitemi di casa. E quelli dicono: Ricoci li danari nostri, e faremo ciò che tu vorrai. L'oste fa ricogliere i denari, i quali non assegnò mezzi, e disse: Qui ha forse cinque lire, voi m'avete a dare delli scotti lira dua, restassene lire tre: io voglio andare al vicario quassù, e voglio che mi faccia ragione, che m'avete fedito, e alla donna mia da' vostri cani è stata stracciata la gonnella.
Quando costoro odono questo, tutti ad una voce dicono: Amico, per l'amor di Dio, non ci voler disfare; togli da noi quello che possiamo, anderemci con Dio. L'oste disse: poiché così è, io non so, se mi perderò l'occhio, datemi tanto che io mi possa far medicare, emendate la cotardita della donna mia, che pur l'altro dì mi costò lire sette. Brievemente, li ciechi dierono all'albergatore li denari caduti, che erano nove lire e soldi due, ed altrettanti che n'aveano addosso; e così di notte pregarono l'oste che perdonasse loro, e andaronsene così vergheggiati, chi sciancato, e chi col vino enfiato, e chi col braccio guasto, per bella paura tanto oltre, che furono sul contado di Pisa la mattina. Quando furono a una taverna appiè di Marti, cominciarono a rimbrottare l'uno l'altro; e l'oste, veggendoli sanguinosi e accanneggiati, si maragliava, dicendo: Chi v'ha così conci? E quelli dicono: Non te ne caglia. E ciascuno addomanda uno quartuccio di vino, più per lavarsi le busse, e le percosse del viso, che per bere. E fatto questo, dice Grazia: Sapete che vi dico? Io farea in fede i fatti vostri, come i miei, e non fu' mai né ladro né traditore; voi m'avete dato di ciò un buon merito, che io ne sono quasi disfatto in avere e in persona. Egli è meglio corta follia che lunga, e farò come colui che dice: Uno, due e tre, io mi scompagno da te; e con voi non ho più a fare nulla, e l'oste ne sia testimone; e vassi con Dio. Dicono questi altri: Tu hai nome Grazia, ma tale la dia Dio a te, chente tu l'hai data a noi, e andossene solo a Pisa; e Lazzero e Salvadore se n'andarono anche alla festa con questa loro tempesta.  

sabato 16 febbraio 2013

INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “Z”

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Zangheri LuigiLa tradizione europea del giardino tedesco BAE 73/2006
Zangheri LuigiToscana a metà Ottocento: coltura dell'olivo e della vite BAE 74/2007
Zangheri LuigiIl restauro di piazza Santa Maria Novella a Firenze BAE 75/2008

Zefferi Monica Lellé. Un ricordo di Elvira Lombardo BAE 77/2010

Zingoni GiulioPoesia BAE 50/1983
Zingoni GiulioAspetti fondamentali della vita e del pensiero di Augusto Conti BAE 54/1987

Zucchelli MarioGli Euteleti ed il loro motto araldico BAE 51/1984

INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “W”

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Wiesel ElieE' nostro dovere costruire sulle rovine BAE 51/1984

Wolfram Deva, Clauser Marina, Ferli Sergio e Lombardini CarolinaErborando a Balconevisi BAE 73/2006

INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “V”

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Vaccari Maria GraziaIl Redentore del Museo Diocesano di San Miniato BAE 66/1999

Vallerini LorenzoPaesaggi archeologici: l'open museum degli etruschi a Pitigliano BAE 73/2006

Vallini ValerioPoesia BAE 48/1981

Valori RitaLo «Statuto delle gabelle di San Miniato al Tedesco» del 1364. Trascrizione e commento della fonte BAE 73/2006

Vanni Desideri AndreaIl contributo dell'archeologia alla storia del lavoro. Aspetti tecnici e organizzativi del cantiere barocco di San Gaetano a Firenze BAE 74/2007
Vanni Desideri Andrea e Montevecchi NadiaDa chiesa battesimale a cappella devozionale. Archeologia della Pieve di Sant'Antimo di Monterchi (Arezzo) BAE 75/2008
Vanni Desideri Andrea Il Medioevo fiorentino di Palazzo Davanzati e Elia Volpi. Un approccio archeologico BAE 76/2009
Vanni Desideri Andrea, Braschi Anna e Parentini ManuelaUn elemento perduto della topografia medievale di San Miniato. Note storiche e archeologiche sulla chiesa di San Biagio BAE 79/2012
Vanni Desideri Andrea - La Compagnia dei vasai di Fucecchio tra sviluppo e declino di un'attività produttiva valdarnese d'età moderna BAE 80/2013
Vanni Desideri Andrea  Pratolino e i coralli del Granduca. Appunti tra archeologia e economia nella Toscana d'età moderna 84/2017
Vanni Desideri Andrea, Fortunio Desideri, il Granduca e il “gran pesce”. Un curioso episodio di storia familiare, p. 301 BAE 90 - 2023

Vela Morelli Eman Paesaggi urbani della Toscana: Viareggio e la sua passeggiata BAE 77/2010

Verdino StefanoGita a Monteloro BAE 72/2005

Vettese AngelaA proposito della mostra “Un'idea di leggerezza” BAE 58/1991

Vezzosi DomenicoSan Miniato e il monachismo BAE 27/1952

Viaro Patrizio e Todaro Antonio Vedere con la pelle, un'esperienza didattica con i non vedenti BAE 78/2011

Vigneri Emanuela, Bimbi Dalia e Boldrini Roberto La Piazza del Duomo e la Rocca: episodi di un percorso storico e urbanistico BAE 76/2009

Vitali Paolo La magione di Altopascio in Pescia e il dossale robbiano BAE 77/2010

Viviani AristodemoL'architettura delle acque nella Toscana degli ultimi Medici BAE 39/1967
Viviani AristodemoLa proposta educativa di Don Ruggini BAE 49/1982

Viviani CesareUno stelo solo (Note su La barca) BAE 72/2005
Viviani CesareDue poesie inedite BAE 73/2006
Viviani CesareLa forza del cuore BAE 74/2007
Viviani CesarePoesia inedita BAE 75/2008
Viviani Cesare Per Mario BAE 77/2010

INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “U”

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Ugolini Andrea e Matteini Tessa  Strutture vegetali e conservazione attiva dei paesaggi archeologici. Note per una ricerca BAE 84/2017

Ugolini LuigiPaesaggi toscani: La Torre di San Miniato al Tedesco BAE 28/1954

Ulivieri DeniseDalle pietre alle regole: la cultura sismica locale nell'architettura vernacolare BAE 75/2008
Ulivieri Denise Volterra: dal "bozzato a pelle piana" alle "bozze bugnolate" BAE 76/2009
Ulivieri Denise La pieve di Loppia: ricostruzioni, disfacimenti e ripristini BAE 77/2010
Ulivieri DeniseDall'architettura anonima all'architettura vernacolare BAE 79/2012

INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “T”

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Tabarrini MarcoCesare Capoquadri (1790-1871) BAE 47/1978

Tamborino AlessandraDue aggiunte al catalogo dello Scalabrino BAE 72/2005
Tamborino AlessandraNuove testimonianze figurative di Sebastiano Vini BAE 73/2006

Tamburini ArrigoPoesia BAE 48/1981

Tamburini ChiaraPoesia BAE 55/1988

Tamperi GiuseppeArrigo Bugiani BAE 61/1994

Tani GiampieroRitratto d'un poeta (poesia) BAE 36/1964
Tani GiampieroPoesia BAE 48/1981
Tani GiampieroPoesia BAE 49/1982
Tani GiampieroPoesia BAE 51/1984
Tani GiampieroPoesia BAE 56/1989

Taviani ErmannoPer il centenario della morte di Giuseppe Mazzini (1805-1872) BAE 43/1974

Testaferrata Luigi e Lotti DilvoCorridoio domenicano BAE 37/1965
Testaferrata Luigi e Fabiani EnzoOmaggio a Pietro Parigi BAE 42/1972
Testaferrata LuigiPlacide pene d'amore BAE 49/1982
Testaferrata LuigiLa vera nascita di Carducci BAE 53/1986
Testaferrata LuigiDe Robertis – Giuseppe Ungaretti BAE 56/1989

Tiboni Sarah e Parentini ManuelaSpeziali e spezierie a San Miniato: prime note di studio da un ricettario di fine Quattrocento BAE 72/2005

Todaro Antonio e Viaro Patrizio Vedere con la pelle, un'esperienza didattica con i non vedenti BAE 78/2011

Tognetti LivioPolta e Lisabetta Barani, le streghe di Santa Croce sull'Arno BAE 58/1991
Tognetti LivioIl primo Costituto e Supplemento d'Istruttoria di Gostanza di Libbiano BAE 60/1993
Tognetti LivioCent'anni di Sinodi (1627-1726) BAE 62/1995

Toni Cristina e Lorusso Flaviano Maria - Un progetto per il nuovo Liceo Marconi a San Miniato BAE 80/2013

Traversi GinoNuovi studi sull'architettura romanica in Toscana. San Gervasio di Palaia BAE 40/1968

Traversi Francesco - Sul Maestro dei Crocifissi Scapigliati e un suo epigono attivo in San Miniato al Tedesco BAE 80/2013

Treder Uta, Fancelli Maria e Pellegrini Ernestina Tre voci per Jole Zanetti BAE 77/2010

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