domenica 30 dicembre 2018

ADDSM – 1026, 22 luglio – TETBALDO MON. S. SALVATORE

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ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
1026, 22 luglio – Tebaldo San Miniato

SPOGLIO «Tebaldo prete, figlio della fu Rodilinda detta Rozia, offre alla chiesa e monastero di San Salvatore del Ponte di Bonfiglio presso il fiume Arno, tutti i beni che possiede in San Miniato e in Batuta».

San Miniato, vista panoramica da sud
Foto di Francesco Fiumalbi

Il documento originale è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Fondo Diplomatico Antico, AE.22 [A].

Trascrizione del testo contenuto in:
Carte del secolo XI dal 1018 al 1031, a cura di G. Ghilarducci, Archivio Arcivescovile di Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca, 1990, doc. 69, pp. 190-191.

In nomine domini nostri Iesu Christi Dei eterni. Anno ab incarnationis eius mille vigesimo sexto, undecimo kalendas agusti, indictione nona. Manifestu sum ego Tetbaldo presbitero, filio bone memorie Rodilinde, que Rotia vocabatur, quia per hanc cartula pro anime mee remedium ofero Deo et tubi ecclesia et monasterio Domini sancti Salvatori, sito loco ubi dicitur Ponte Bonifilii prope fluvio Arno, idest omnia et onnibus casis et cassinis seo casalinis et rebus meis illis domnicatis et massariciis, quam habeo in loco et finibus ubi dicitur Sancto Miniato, tam infra ipso castello et de foris sive in loco et finibus ubi dicitur Batuta vel per aliis locibus et vocabulis ubicumque abere et possidere visu sum et mihi per quocumque ordinem leibus est pertinentes; ideo tam casis quam et cassinis seo casalinis adque rebus domnicatis et massariciis una cum fundamentis et onnen et deficiis vel universis fabricis suis seo curtis, ortis, terris, vineis, olivis, silvis, virgareis, pratis, pasculis, cultis rebus vel incultis, ut dictum est onnia in integrum trasacto nomine una cum onnibus cartule et moniminas seo iudicatas sive exemplar ver qualibe factiones aut quacumque scripturas cartarun, licteras, quantas et quales in me et misas aut datas vel pertinentes sunt, cum inferioribus et superioribus suis seo cum accessionibus et ingressoras suas, tibi Deo et ipsius ecclesia et monasterio Domini sancti Salvatori oferere prevideor, tali ordinem, ut ab odierna die in antea in ispius ecclesia et monasterio sancti Salvatori vel de eiusque rectoribus, permaneant potestatem et proprietario nomine usque in perpetuum suprascriptis onnibus casis et cassinis adque rebus illis eas habendi, tenendi, possidendi, inperandi, laborare facendi, usumfructuamdi et causas exinde agendi, querimoniam faciendi, responsum redendi, finem ponendi, modis onnibus ad pars ipsius ecclesie et monasterio Domini et sancti Salvatori defensandi cum cartula ista qualiter iusta legen melius potueritis pro anime mee remedium stabilem permaneant semper. Et si aliquando tempore ego qui supra Tetbaldo presbitero vel meos eredes in aliquot exinde intentionaverimus aut rectolli vel suptrai quesierimus, nos vel ille omo cui nos eas dedissemus aut dederimus per quoliber ingenio et eam ad pars suprascripte ecclesie et monasterio sancti Salvatori defendere non potuerimus et non defensaverumus, spondeo ego qui supra Tetbaldo presbitero una cum meis eredibus conponere ad pars ipsius ecclesie et monasterio beati sancti Salvatori vel de siusque rectoribus, in duplum in ferquidem loco sub estimationem quales tunc fuerint et ec cartula ofersionis mee pro anime mee remedium, onni tempore in sua permaneant firmitatem et roboren, quia in tali ordinem hanc cartula ofersionis mee Gherardus notarius domini imperatoris scribere rogavit. Actum in suprascripto monasterio prope fluvio Arno.
+ Ego Tetbaldo presbitero in anc cartula oferionis mee a me facta subscripsi.
(S) Hubertus iudex domini imperatoris subscripsi.
(S) Lottiarii comes filio bone memorie Caduli qui fuit comes rogatus testis
(signum) + manus Oritii filio bone memorie Teutii rogatus testis
(signum) + manus Lanfranchi filio bone memorie Raineri rogatus testis.
(signum + manus) Acti filio bone memorie item Actii rogatus testis.
(S) Gherardus notarius domini imperatoris post traditan conplevi et dedi.


COMMENTO (a cura di Francesco Fiumalbi)

Tecnicamente si tratta di una cartula offersionis, ovvero di un atto di donazione: da una parte l’offerente Tetbaldo, sacerdote, figlio di una donna, la fu Rodilinda detta Rotia; dall’altra il beneficiario, il monastero di San Salvatore situato presso il ponte di Bonfiglio, vicino al fiume Arno, a Fucecchio. Il dettaglio relativo all’indicazione della madre, omettendo il nome del padre, lascia intendere che Tetbaldo fosse figlio di un alto prelato, probabilmente nella cerchia dei sacerdoti appartenenti al Capitolo della Cattedrale, o comunque fra i più vicini al Vescovo di Lucca, che all’epoca era Giovanni II. Purtroppo non conosciamo praticamente niente di Tetbaldo se non il fatto, acclarato dai documenti superstiti, che avesse interessi patrimoniali nel territorio sanminiatese.

L’oggetto della donazione, infatti, è rappresentata da tutti i suoi beni immobiliari (casis et cassinis seo casalinis, ma anche adque rebus domnicatis et massariciis comprendenti universis fabricis suis seo curtis, ortis, terris, vineis, olivis, silvis, virgareis, pratis, pasculis, cultis rebus vel incultis, ut dictum est onnia in integrum trasacto). Queste erano situate sia all’interno del castello di San Miniato che fuori (in loco et finibus ubi dicitur Sancto Miniato, tam infra ispo castello et de foris), come ad esempio in località Batuta, situata nella valle del rio Ensi, a sud di San Miniato. Difficile, solo attraverso questa descrizione, farsi un’idea della consistenza dei beni di Tetbaldo.

Questo atto deve essere messo in relazione con altri due documenti riguardanti il medesimo Tetbaldo:

- la cartula venditionis dell’8 settembre 999, con cui Tetbaldo acquista un quarto di un pezzo di terra in località Batuta, vedi il post: ADDSM – 999, 8 settembre – Tetbaldo, San Miniato ↗

- la cartula libelli del 23 luglio 1026, con cui Tetbaldo riottiene almeno parte dei suoi beni dal Monastero di San Salvatore situato presso il Ponte di Bonfiglio a Fucecchio, vedi il post: ADDSM – 1026, 23 luglio – Tetbaldo livello ↗

Proprio questo secondo documento fa luce sulla vera natura dell’atto proposto in questa pagina: la donazione era finalizzata al ri-ottenimento dei beni sotto forma di livello.

A partire dal X secolo, le pergamene pervenuteci registrano innumerevoli atti di questo tipo, attraverso i quali, personaggi privati, prevalentemente laici, effettuarono fondazioni o copiose donazioni di beni. Beneficiari di questi, chiese e oratori privati, ma anche istituzioni monastiche o curie episcopali. Negli ultimi anni, gli studiosi si sono molto soffermati a cercare di comprendere questo fenomeno, così ampio ed esteso. Senza entrare troppo nei dettagli della questione, l'interpretazione più diffusa riconosce tali donazioni, apparentemente dettate solo da esigenze di tipo spirituale, anche come l'espediente giuridico per gestire sotto altra forma i grandi patrimoni delle maggiori casate comitali e marchionali della Toscana. La stessa cosa, infatti, fu fatta dai Cadolingi proprio con il Monastero di San Salvatore di Fucecchio, ed in particolare da Lotario figlio di Cadolo, il quale compare come testimone proprio in questo documento.

Non ci dobbiamo scordare, infatti, che i monasteri e le strutture ricettive come gli ospedali, erano quasi sempre esenti dai pagamenti tributari. Di contro, i membri delle famiglie esercitavano una grande influenza su quelle stesse istituzioni religiose destinatarie delle donazioni, anche riguardo la gestione degli stessi patrimoni, divenendone quindi i “patroni”, cioè esercitando i diritti di “patronato”. Significativo, da un punto di vista linguistico, il fatto che fra le parole “patroni” e “padroni” ci sia una sola consonante di differenza, lasciando intuire una sfumatura che nei fatti non fu sempre così netta e precisa. Per descrivere il fenomeno, gli storici, ed in particolare Wilhelm Kurze, hanno creato la definizione di “monasteri privati”, associandola a quelle comunità religiose che avevano beneficiato di ingenti donazioni da parte di ricche famiglie; da un punto di vista storiografico forse non è propriamente corretta, come definizione, ma senz'altro indicativa [in proposito W. Kurze, Monasteri e nobilità nella Tuscia Altomedievale, in W. Kurze, Monasteri e nobiltà nel Senese e nella Toscana Medievale, Accademia Senese degli Intronati, Siena, 1989, pp. 295-316].


DBDSM - INDICE TEMATICO - COMUNE DI SAN MINIATO - EPOCA MODERNA - POLITICI

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FALASCHI, ALBERIO. [1923-2017]

GOZZINI, BRUNO. [1923-2000]

PAIRETTO, RENZO. [1940-2018]



DBDSM - PAIRETTO RENZO

DBDSM - DIZIONARIO BIOGRAFICO DIGITALE DI SAN MINIATO


PAIRETTO RENZO
Renzo Pairetto [15 febbraio 1940 - San Miniato, 29 dicembre 2018], abitante a Ponte a Egola, di professione consulente aziendale. Eletto nelle liste del Partito Socialista Italiano, poi passato al Partito Democratico della Sinistra (PDS) e poi ai Democratici di Sinistra (DS) è stato Consigliere dal 1990 al 1995 e Presidente del Consiglio Comunale del Comune di San Miniato dal 1995 al 1999. Dal 1999 al 2004 è stato Assessore al Bilancio, finanze e aziende pubbliche durante il primo mandato del Sindaco Angelo Frosini. E' stato anche fra i sindaci revisori del Consorzio Cuoiodepur e dal 2004 al 2009 fra i sindaci revisori di San Miniato Promozione.

FONTI E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
R. Boldrini, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi (secoli X-XX), Comune di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 216.

lunedì 17 dicembre 2018

ADDSM – 999, 8 SETTEMBRE – SAN MINIATO, TERRA DI TETBALDO



ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
999, 8 settembre – Tebaldo San Miniato

SPOGLIO «Milone del fu Teuperto, e Sighiberto del fu Ildebrando vendono a Tebaldo prete figlio della fu Rozia la loro porzione di una pezza di terra che aveano nel luogo Battuta per venti soldi, nell’anno sudd. 999. Arch. Arc. + G. 57».

San Miniato, vista panoramica da sud
con uno scorcio della valle del rio Ensi
Foto di Francesco Fiumalbi

Il documento originale è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Fondo Diplomatico Antico, † G.57.

Trascrizione del testo contenuto in:
D. Bertini, Memorie e Documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo V, parte III, Francesco Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1841, doc. MDCCXLV, pp. 615-616.

+ In nom. S. et individ. Trinitatis. Otto gratia Dei imp. augusto filio b. m. Ottoni imp. et nepus b. m. Ottoni imp. anno imp. ejus in Italia quarto, sexto idus septembris, indit. tertiadecima. Manifesti sumus nos Milo filio b. m. Teuperti, qui Teutio vocabatur, et Sighiberto filio b. m. Ildibrandi, qui Ilditio vocabatur, quia per hanc cartulam venundavimus et tradimus tibi Tetbaldo presb. filio b. m. Rotie, idest nostra portionem ex integra de una petia de terra illa, que esse videtur in loco et finibus ubi dicitur Battuta, tenentes uno capo in terra S. Salvatoris, et in aliquantulo de ispo capo tenet in terra Tetbaldi et Fraolmi et Ughi gg. et alio capo tenet in terra suprascripti Tetbaldi, et de suprascripti germani, et alio lato tenet similiter in terra predicti Tetbaldi, et in terra Raineri filio b. m. Walteri. De has suprascripta petia de terra qualiter circundata est per designatas locas conpeti exiunde nobis quarta portionem, ipse vero ex integra nostra portionem cum inferioribus et superioribus suis, seo cum accessionibus et ingressoras suas, tibi eas venundamus, et tradimus. Pro quibus ad te pretium recepimus argen. solid. viginti in prefinito: unde repromittimos nos q. s. Milo, et Sighilberto una cum nostris hered. tibi q. s. Tetbaldo presb. vel ad tuis heredes aut eidem homini, cui vos suprascripta nostra venditio dederitis, vel abere decreveritis, ut si nos vobis eas aliquando tempore in aliquod exinde intentionaverimus aut retolli vel subtrafi quesierimus, nos vel ille homo cui nos eas dedissemus, aut dederimus per quoliber ingenio, et eam vobis ab omnis homines defendere non potuerimus et non defensaverimus: spondimus nos vobis componere suprascripta nostra venditio in duplum infer quidem loco sub estimarionem, quales tunc fuerit. Sic tamen si nos exinde autores nec defensores querere nec dare nolueritis, licentiam abeatis asque nostra persona, si vestra fuerit voluntas exinde causas agendi, responsum reddendi, finem ponendi, modis omnibus vobis eas defensandi cum cartula ista, qualiter justa legem melius potueritis, quia in tali ordinem hanc cartula Hubertam not. et judex dn. Imp. scribere rogavimus. Actum in loco et finibus ad castello et monte ubi dicitur S. Miniato.
Signum + ms. suprascr. Mili et Sighiberti qui hanc cartulam fieri rogaverunt.
Signum + ms. Teudici et Lamberti, qui Tetbaldo vocatur gg. filii Tetbaldi testes, et pretio dante viderunt.
+ Ego Tetbaldo rogatus testis, et pretio dande vidi.
+ Ego Hubertus not. et judex dn. Imp. post traditam ec.


COMMENTO (a cura di Francesco Fiumalbi)

Tecnicamente si tratta di una cartula venditionis, ovvero di un atto di compravendita: da una parte i venditori, Milo del fu Teuperti, chiamato Teutio, e Sighiberto del fu Ildibranti, detto Ilditio; dall’altra il compratore, Tetbaldo, sacerdote, figlio di una donna, la fu Rotie. Questo dettaglio relativo all’indicazione della madre, omettendo il nome del padre, lascia intendere che Tetbaldo fosse figlio di un alto prelato, probabilmente nella cerchia dei sacerdoti appartenenti al Capitolo della Cattedrale, o comunque fra i più vicini al Vescovo di Lucca, che all’epoca era Gherardo II. Purtroppo non conosciamo praticamente niente di Tetbaldo se non il fatto, acclarato dai documenti superstiti, che avesse interessi patrimoniali nel territorio sanminiatese.

Come mai un atto di compravendita fra privati è finito nell’Archivio Arcivescovile di Lucca? Semplicemente perché i medesimi beni indicati in questo documento furono nuovamente oggetto di un passaggio di proprietà e l’atto precedente era probante dell’effettiva proprietà. Infatti, il 22 luglio 1026 Tetbaldo offrì i suoi beni al Monastero di San Salvatore, fondato dai Cadolingi intorno all’anno 1000 e situato presso al Ponte di Bonfiglio, nelle vicinanze di Fucecchio, salvo poi riottenerli, almeno parzialmente, a livello. [A. Malvolti, L’abbazia di S. Salvatore di Fucecchio nell’età dei Cadolingi, in La Valdinievole tra Lucca e Pistoia nel primo medioevo, Atti del Convegno, Fucecchio 19 maggio 1985, Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia, 1986, pp. 35-64: 48]. In proposito ADDSM 1016, 22luglio - Tetbaldo, Monastero di San Salvatore ↗

Tornando al documento si apprende che l’oggetto di compravendita è la quarta parte di una petia de terra, venduta per 20 soldi d’argento, situata in località Batuta, che dal documento del 1026 apprendiamo che si trovava a sud di San Miniato, “in Ensi”, ovvero nella valle del rio Ensi, un affluente di destra del torrente Egola. Difficile individuare la precisa posizione di Batuta in quanto non vi sono altri riferimenti e la valle del rio Ensi si distende fra San Quintino e La Serra.
L’indicazione geografica viene completata con l’elenco delle proprietà contermini: da una parte un terreno di proprietà di San Salvatore (Monastero di San Salvatore di Fucecchio? Monastero di San Salvatore di Sesto di Lucca, che aveva proprietà nella zona?); da un’altra parte c’era la terra di Raineri figlio del fu Walteri  e, infine, confinava col terreno di Tetbaldi, Fraolmi, e Ughi, ovvero i dei Lambardi o “Signori” di San Miniato. Si tratta in particolare di Teobaldo I e dei suoi due figli Fraolmi I e Ugo I. Nel documento del 1026, invece figurano i nipoti di Teobaldo. [P. Tomei, Locus est famosus. Come nacque San Miniato al Tedesco (secoli VIII-XII), Edizioni ETS, Pisa, 2018, pp. 84-85; 144].

Infine, è interessante l’indicazione del luogo in cui venne stipulato l’atto: in loco et finibus ad castello et monte ubi dicitur S. Miniato.


domenica 16 dicembre 2018

BOLLETTINO ACCADEMIA EUTELETI N. 85 – 2018



INDICE DEL VOLUME:

Lupi LucaLandscapes | Finis terrae
Fancelli MariaVoci per un dialogo
Coppola GiovanniIngegneria civile e pensiero tecnico dell'imperatore Federico II di Svevia
Bucelli Claudia MariaIl Giardino di Castello fra ideologia e simbolo. Percorsi di estetica e parafrasi del potere
Sottili FabioCristofano dell'Altissimo a Montauto: una serie perduta di 'uomini illustro' per Giovanni di Agnolo Niccolini
Renzoni Stefano – Altre arlecchinate. Vincenzo Piattelli, la decorazione pittorica di villa Del Rosso a Capannoli, e certe cose ancora settecentesche
Roani Roberta – Interni samminiatesi. Le case di Filippo Ansaldi e di Filippo Roffia nel Settecento
Fontanelli ElisaFerdinando Guicciardini, Maggiordomo Maggiore al servizio di Maria Luisa di Borbone
Ceccanti Costantino – Le Sunlight Chambers di Dublino. Un edificio toscano nell'Irlanda del primo Novecento
Macchi LucaGli affreschi di Dilvo Lotti nella sala dela Gioventù Italiana del Littorio di San Miniato (1934) oggi Museo della Memoria
Cerri SusannaIl segno pubblicitario e l'estetica del consumo. La figura del graphic designer nel secondo dopoguerra
Micheletti Leondardo La morte delle stelle. Storia della società Elettrica San Miniato e della prima elettrificazione del comune
Chelli GiuseppeIl Passaggio del Fronte Bellico a San Miniato e nella Diocesi in una lettera inedita del Vescovo Ugo Giubbi al Cardinale Elia Dalla Costa
Angelo FabbriziDa San Miniato a al-'Alamayn
Francesco FiumalbiParchi e viali della rimembranza nel territorio sanminiatese
Ruta FrancescaOratori in fattoria. Un itinerario tra cappelle di ville, fattorie e poderi nel territorio di San Miniato (prima parte)
Loni Daniele e Macchi LucaL'iscrizione che ricorda il soggiorno di Papa Clemente VII a San Miniato nel Palazzo dei Vicari di San Miniato
Massi Claudia – La ricostruzione postbellica di due ponti a Pescia
Centauro Giuseppe AlbertoLa difficile salvaguardia delle strutture in conglomerato cementizio armato di valore storico documentario. Prato, i monumenti dell'industria da P. L. Nervi a F. L. Wright
Nistri RossanoMari, sorgenti, pozzi. Persistenza di mitemi arcaici e di simboli acquatici nell'iconografia sacra sanminiatese
Lamia HaddaIl minareto della grande moschea di Aleppo
Pietrosanti Susanna'Violenta la forza del morso che la ammutoliva': linguaggio e silenzio nella tragedia eschilea e nella ricezione contemporanea

Vita dell'Accademia 2018

domenica 9 dicembre 2018

COMUNISTI vs CATTOLICI A SAN MINIATO BASSO NEL 1950

a cura di Francesco Fiumalbi

PREMESSA
Questo post nasce da un documento che ho rintracciato casualmente in un archivio privato e che ritengo sia molto interessante e possa aiutare a comprendere il clima di contrapposizione fra Cattolici e Comunisti nel Secondo Dopoguerra. Si tratta di una specie di volantino - dimensione formato A4 - fatto stampare nel 1950 da Don Nello Micheletti, parroco di San Miniato Basso dal 1924 al 1966. Nato a San Pierino nel 1894, fu reduce della Prima Guerra Mondiale; dichiaratamente antifascista, fu membro della prima Giunta Comunale di San Miniato, nominata il 5 agosto 1944 dal governo alleato. Tuttavia, essendo un sacerdote, negli anni del Secondo Dopoguerra la sua posizione non poteva che essere convintamente anticomunista.

Le giovani generazioni non hanno idea di cosa sia stata la grave contrapposizione ideologica negli anni del Secondo Dopoguerra. Nei libri scolastici l’argomento è trattato con un respiro nazionale, ma non va dimenticato che la frattura fra Comunisti e Cattolici si irradiò in ogni angolo della penisola, creando un clima di tensione e conflittualità che divise intere comunità e penetrò anche all’interno delle famiglie.  Conclusa la guerra e sconfitto il fascismo, venne meno anche il grande movimento di unità nazionale che era stata la “Resistenza”, nata per rigenerare l’Italia in forma democratica. Dopo i governi sostenuti da tutte le forze dell’antifascismo, con l’uscita dall’Esecutivo del Partito Comunista Italiano e l’emanazione della nuova Costituzione, si manifestò in tutta la sua gravità l’insanabile incompatibilità fra i Cattolici e i Comunisti.

D’altra parte, come ha osservato Ernesto Galli della Loggia, una parte dell’antifascismo – quella democratica filoccidentale – reputava necessario, essendo stato sconfitto il fascismo nell’aprile 1945, ed avendo conquistato il comando statale, di apprestare ogni difesa del suo regime contro l’altra parte, quella radicale e filosovietica (che avrebbe fatto peraltro la stessa identica cosa se le parti fossero state invertite). E’ accaduto insomma che la costituzione ideale, scritta, per poggiare su basi sufficientemente ampie e condivise non potesse che dirsi antifascista, ma al tempo stesso che la costituzione materiale per difendere il sistema politico e i valori democratici voluti dalla costituzione stessa non potesse che essere anticomunista: e il curioso è che il motivo di entrambe le necessità era alla fin fine il medesimo: tentare, nelle condizioni storiche date, di stabilire la democrazia in Italia, o qualcosa che più le si avvicinasse. [E. Galli della Loggia, La morte della patria. La crisi dell’idea di nazione tra Resistenza, antifascismo e Repubblica, Editori Laterza, Roma-Bari, 1998 (1° ed. 1996), p. 70].

L’ANTEFATTO
In quegli anni, specialmente dopo la cosiddetta “scomunica dei comunisti” (1949), la contrapposizione ideologica si fece vivissima e coinvolse tutta la popolazione italiana, anche quella dei piccoli centri, in special modo nelle cosiddette “regioni rosse”. Frequentissimi erano i comizi o i pubblici dibattiti, organizzati tanto dai Cattolici quanto dai Comunisti.
A San Miniato Basso, il 22 luglio 1950 la locale sezione del PCI aveva organizzato una “conferenza” dal titolo “Comunismo e Religione”. A relazionare fu chiamato il prof. Demetro Bozzoni, insegnante comunista al Liceo di Pisa, originario della Sardegna. Molto probabilmente la conferenza si svolse nell’attuale Piazzale della Pace, al centro del paese. Ne seguì un acceso dibattito, che vide coinvolti anche alcuni cattolici. Fra questi anche Don Nello Micheletti, il quale non esitò a contestare con veemenza le argomentazioni proposte dal relatore. Come è facile immaginare, in una realtà piccola come quella di San Miniato Basso del tempo, l’intervento del proposto aveva destato una certa impressione e subito si rincorsero voci e interpretazioni dell’episodio. Allora, non certo per far cessare le polemiche, ma per rimarcare quanto detto durante il dibattito, Don Micheletti decise di mettere nero su bianco il suo punto di vista.

Sfortunatamente non disponiamo di alcun documento di parte comunista, ma solamente questo “volantino” del prete di San Miniato Basso. Di seguito è proposta la trascrizione:

Dopo un contraddittorio

Siccome non manca chi ha dato tendenziosi resoconti della conferenza del Prof. Bozzoni e del successivo contraddittorio, reputo mio diritto e dovere, per quel che riguarda la mia persona, dire come sono andate le cose.
Il manifesto annunziante per il 22 luglio, in S. Miniato Basso, una conferenza del Prof. Demetrio Bozzoni dal titolo
«Comunismo e Religione» con annesso contraddittorio non aveva nulla a vedere con una mia precedente sfida e non mi riguardava personalmente. Avrei potuto quindi non intervenire. Ma poiché nel popolo si sarebbe forse attribuita a paura la mia assenza, disdissi un impegno e intervenni.
Alle ore 10,30 con assoluta puntualità il Prof. Bozzoni iniziò la sua conferenza che durò circa un’ora e mezzo, senza mai entrare in argomento. Io (e con me moltissimi) mi meravigliai della faccia tosta con cui si annunzia una conferenza e se ne fa un’altra. Se un alunno gli facesse un componimento o una tesi fuor di tema, il Prof. Bozzoni lo boccerebbe senz’altro.
Quando fu concessa libertà di parola, salii sul palco e affermai di essere antifascista, di non aver privilegi da difendere, di essere anch’io figlio di autentici lavoratori e di non esser sordo al grido di giustizia che sale dalle classi lavoratrici. Rigettai con sdegno in faccia all’avversario l’accusa di lupo rapace, facendogli sapere che nel mio popolo ho fatto del bene a tutti, comunisti compresi. Quindi tutta la conferenza (necessaria a lui per gli applausi) era stata per me di nessun interesse e perfettamente inutile.
Allora entrai io nel tema scabroso, riaffermando con energia la assoluta incompatibilità fra dottrina cristiano-cattolica e l’ideologia marxista, leninista e stalinista, e ne portai le prove, deducendole dagli scritti dei
«tre grandi». A questa mia dimostrazione l’oratore rispose con accuse all’alto clero e alla Chiesa, sia nell’ordine dei principi che dei fatti, evitando sempre, con molta abilità, il nocciolo della questione.
Finalmente posi il dilemma: o il comunismo italiano rinnega la concezione filosofico – politico – morale, antireligiosa e antiumana, rappresentata dal trinomio Marx – Lenin – Stalin, o no. Se la rinnega come fece il laburismo inglese, che nel socialismo marxista accettò solo i postulati economici, allora abbiamo un altro comunismo, di cui desideriamo conoscere l’integro programma, per giudicare l’eventuale accordo con la nostra Fede. Se non la rinnega, l’inconciliabilità fra Comunismo e Religione è patente anche pei ciechi. Il Prof. Bozzoni affermò che il programma integro esiste e che non vi è traccia di lotta o propaganda antireligiosa. Dovetti sussumere che ciò non basta; è necessario che sia positivamente rinnegata tutta quella dottrina materialistica che meritò al comunismo ateo la severa condanna di Pio XI. Finché ciò non avvenga, noi cattolici abbiamo il diritto e il dovere di temere che il comunismo italiano, tolti alcuni accidentali mutamenti, sia sostanzialmente il medesimo comunismo russo; e noi sacerdoti quello di mettere in guardia i fedeli.
Anzi, mentre alcuni sperano ancora in un comunismo italiano a sfondo occidentale, latino e cristiano, vi son quelli che affermano esser più disposto il comunismo a transigere sul corollario economico – sociale che non sulla vecchia dottrina materialista ed atea. Infatti il Dott. Guidi ha affermato a Buti il 21 corr:
«Noi non rinunciamo ai nostri principi materialistici né alle idee di Lenin e di Stalin». Il Prof. Bozzoni, disposto a transigere un Marx e compagni, è pregato di mettersi d’accordo col suo collega. Io lo sono di già. E giacché ho rammentato il Dott. Guidi, mi si permetta una breve parentesi.
Il Comunista ed ex fascista Dott. Guidi mi ha fatto l’onore di inveire contro di me a Buti perché ho negato i suffragi richiestissimi da una cellula comunista e perché avrei rimandato con violenti parole le tre signorine venute a tale uopo da me. Quanto alla mia condotta con le suddette signorine, essa è stata educata, paterna, gentile; e quindi il Dott. Guidi è un bugiardo. Quanto al rifiuto, sappia il Dott. Guidi che io farò sempre come credo meglio e non domanderò mai a lui se devo fare o no una Funzione.
Ritornando ora al contraddittorio, molta mésse di applausi fu mietuta dal Prof. Bozzoni con le solite frasi: che la Chiesa favorisce i ricchi ed i fascisti, e che solo i comunisti hanno a cuore la sorte dei lavoratori. E caval di battaglia il podere ai contadini! Basta promettere, per essere applauditi; ma non è troppo onesto. Si ricorda il Prof. Bozzoni che parole che disse tempo fa ai contadini di Navacchio? Il loro senso è questo: “Se pensate che comunismo significhi prender voi i poderi dei vostri padroni, vi sbagliate; non vale la pena levare i vecchi padroni per mettercene dei nuovi; lo Stato diventerà il padrone di tutti e voi sarete gli operai dello Stato”. Allora l’oratore fu applaudito; ma io mi domando quando egli è stato sincero ed onesto, a Navacchio o a S. Miniato Basso?
Un altro punto toccato dal Prof. Bozzoni è stato quello della dittatura. Egli dichiarò che il comunismo è democratico e liberale, e non vuole la dittatura che in caso di necessità. Io gli opposi che così non la pensano tutti gli altri comunisti e tanto meno Lenin e Stalin. “Dittatura proletaria, dice il primo, è la guerra più intransigente e spietata della nuova classe contro le altre, condotta con tutti i mezzi. – “ I partiti possono esistere, seguita il secondo, dove sono delle classi; in regime comunista non vi devono essere classi, quindi neppure partiti e neppure libertà pei partiti”. Se questa è democrazia, giudichi il lettore. –
Infine, deplorando io le noie e le persecuzioni che sono già cominciate da parte dei comunisti contro il clero, il Prof. Bozzoni concluse che se i preti staranno dalla parte dei comunisti non saranno noiati. Bella ragione! E se tutti i partiti esigessero la medesima cosa? Non è la Chiesa che deve stare con un partito, ma è il partito che deve star con la Chiesa se vuole che la sua dottrina sia dichiarata non incompatibile con la Religione.
Conclusi dicendo che, allo stato delle cose, è mio dovere dichiarare l’incompatibilità del Comunismo con la Religione, anche a costo di esser bastonato od ucciso. Mi fu data assicurazione che a questi metodi i comunisti non vi scenderanno. E vi credo.
Parlarono anche il P. Teofilo da Pozzo e il Prof. Beccari, ma non saprei riferire con precisione quello che essi dissero né quello che loro rispose il Prof. Bozzoni perché, allontanatomi alquanto dal palco e messomi a sedere nell’ingresso d’una abitazione, non li potei seguire, venendo spesso interrotti dal pubblico che nella maggioranza era ostile e non imparziale.
Quale il giudizio sullo svolgimento del contraddittorio? Molti hanno detto che il Prof. Bozzoni (cui riconosciamo doti di cultura e di eloquenza) ha vinto; i non settari e i ben pensanti, comunisti compresi, credo che la pensino diversamente.

Don N. Micheletti





domenica 2 dicembre 2018

[VIDEO] "LOCUS EST FAMOSUS" - PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI PAOLO TOMEI - 1 DICEMBRE 2018

Sabato 1 dicembre 2018, presso l'Accademia degli Euteleti e con l'adesione della Società Storica della Valdelsa, si è tenuta la presentazione del libro di Paolo Tomei "Locus est Famosus" Come nacque San Miniato al Tedesco. Si tratta di una pubblicazione assai interessante che propone una ricostruzione delle vicende che portarono alla nascita e al successivo sviluppo dell'abitato sanminiatese.


Di seguito il video della serata:

domenica 25 novembre 2018

ADDSM - 763, 17 APRILE - PIEVE DI SAN GENESIO



ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
763, 27 aprile – Pieve di San Genesio

SPOGLIO «Ratperto Prete figlio del fu Ansifredo, essendo stato ordinato Rettore nella Chiesa Pieve di S. Genesio di Vico Walari da Peredeo Vescovo di Lucca, promette di sempre servire alla medesima Chiesa, di celebrarvi i Divini Uffizj tanto il giorno, che di notte, di farvi la luminaria ec. come ancora di prestare fedele obbedienza al suddetto Vescovo, sotto pena di 200. soldi d’oro, nell’Anno 763. Arch. Arcivesc. +I.57».
  
Il sito archeologico di San Genesio
Foto di Francesco Fiumalbi

Il documento originale è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Fondo Diplomatico Antico, † I.57.

Trascrizione del testo contenuto in:
D. Barsocchini, Memorie e Documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV, parte I, Francesco Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1818, Appendice, doc. I, pp. 3-4.

In Dei nomine. Regnante Domnus nostro Desiderio Rege, Anno Regni ejus septimo; & filii ejus Domno nostro Adelchis Rege, anno regni ejus quarto, quinto decimo Calendas Maias, Indictione prima. Manifestum est mihi Ratpert Presbitero filio quondam Ansifridi, quia petivi & rogavi te Dominus & venerabilis Peredeo in Dei nomine Episcopo, ut me Rectorem ordinare juribiris in casa Ecclesie Sancti Genesi, in loco & Plebe ad Vico Walari, & pro tua misericordia me audire dignatus es. Proinde repromitto & mans (pro manus), mea facio tibi, ut die vite mee omnia quoliber res adquirere potuero per quoliber ordine, volo ut sit in potestate suprascripte Ecclesie, & vite mee ividem semper habitare, & officio ecclesiastico legibus & luminaria facere promitto die noctuque, omni tempore, & legibus nostri sancte & canonice tibi oboedire, & servire; & in omnibus voluntate facere promitto. Et nunquam contra te agere debeam, nec cum tuo inimico me adunare, aut consiliare contra te presumam. Nec aliqua peculiari vel subtractione de quolibet res in alio loco faciam. Et omnes res eidem Ecclesie pertenente in omnibus meliorare promitto. Et si hec omnia suprascripta Capitula ad me adimpleta & conservata non fuerint, & in aliquo ex inde ad me disruptum & adimpletum non fuerit, spondeo tibi esse componiturus in auro soledos ducenti, & hanc paginam in sua maneat firmitate. Et pro confirmarione Osprandum Diaconum scribere rogavi. Actum Luca.
+ Ego Ratpert Presbiter in anc promissioni paginam a me facta sicut supra legitur manus mea subscripsi & confirmavi.
Signum + manus Maurici Presbiteri testis.
+ Ego Liusprand VV. Presbiter rogatus a Ratpert Presbitero in hoc quod superius legitur me testis subscripsi.
+ Ego Soldulo Presbiter rogatus…. Presbiter in hanc paginam me testis supscripsi.
+ Ego Homulo Clericus rogatus…. ert Presbitero in anc pagina me testi supscripsi.
…. oli Clerici …. testis.
Ego Osprandus Diaconus post tradita complevi & dedi.


COMMENTO (a cura di Francesco Fiumalbi)
Il documento rappresenta la seconda attestazione documentaria relativa alla Pieve di San Genesio, dopo l’atto del 5 luglio 715, una sorta di “resoconto” dell’assise per dipanare la controversia sorta fra le diocesi di Siena e di Arezzo.
Da un punto di vista tipologico siamo di fronte ad una Cartula promissionis, ovvero ad un atto che contiene la “promessa” fatta al Vescovo di Lucca Peredeo dal presbitero Ratpert del fu Ansifridi, il primo pievano di San Genesio di cui è noto il nome.
Dall’atto si apprende che, dopo la richiesta del sacerdote al presule lucchese, questi era stato nominato “rettore” della chiesa di San Genesio, che viene qualificata per la prima volta come “pieve”. Probabilmente era “pieve” già da prima, ma questo è il primo documento che lo attesta.
Nulla sappiamo del presbitero Ratpert, se non che promise di governare la chiesa a lui affidata, secondo la disciplina canonica e di occuparsi dei divini offici, tanto di giorno quanto di notte. Non solo, Ratpert compie anche un vero e proprio giuramento di fedeltà al Vescovo Peredeo, tanto da promettere di non agire contro il presule e di non avere rapporti con i suoi nemici (Et nunquam contra te agere debeam, nec cum tuo inimico me adunare, aut consiliare contra te presumam. Nec aliqua peculiari vel subtractione de quolibet res in alio loco faciam). D’altra parte, la pieve di San Genesio, posta in località Vico Wallari, era molto distante dalla sede vescovile lucchese e si trovava in un’area di confine fra l’area fiorentina e quella volterrana, dunque soggetta ad influenze e condizioni non sempre controllabili da Lucca.


domenica 18 novembre 2018

ADDSM - 902, 27 OTTOBRE - BENI NEL TERRITORIO DELLA PIEVE DI SAN SATURNINO DI FABBRICA

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ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
904, 27 ottobre, Beni pieve di San Saturnino di Fabbrica

SPOGLIO «Il sudd. Vescovo (Pietro) allivella ad Ursiperto arciprete, e a Domenico prete beni nella pieve di Fabbrica, appartenenti alla Chiesa di S. Maria presso la porta S. Donato, nell’anno sudd. 904. Arch. Arc. CD.66».

La zona di San Lorenzo di Villanova, già “Novas”
da San Miniato e rispetto a Cigoli
Foto di Francesco Fiumalbi

Il documento originale è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Fondo Diplomatico Antico, CD.66.

Trascrizione del testo contenuto in:
D. Barsocchini, Memorie e Documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo V, parte III, Francesco Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1841, doc. MLXXXIV, p. 28.

+ In nom. Omnip. Dei eterni. Berengarius ec. anno ec. septimodecimo, sexto kal. novembris, indit. octava. Manifesti sumus nos Ursibertus archipresb. filio b.m. Leutari, et Dominicho presb. filio b.m. Ildimari, quia tu Petrus gratia Dei ec. per cartula livell. nom. ad censum perexolvendum dedisti nobis, idest fundamento illo in qua fuit casa, in loco et finibus ubi dicitur Novas, pertinentes Eccl. vestre S. Marie, sita foras civitate ista lucense prope porta S. Donati, qui est de subpotestatem ipsius Epis. vestro S. Martini, quas casa et res ipsa Bertulo ad manus suas abuis. Fundamento ipso cum curte orto terris vinesi olivetis silvis virgareis pratis pascuis, cultis rebus vel incultis, omnia quantum unicumque ad ipso fundamento est pertinentes, tam in suprascripto loco et finibus Nova, quam et in loco et finibus Fabrica, et a silva utque Plagia, vel ubicumque ad ispo fundamento est pertinentes, in integrum nobis eas dedisti. Tali ordinem ut in nostra q.s. Usibertus archipresb. et Dominicho item presb. et de nostis hered. sint potestatem abendi imperandi ec. Nisi tantum pro omni censum et justitiam exinde tibi vel a subcess. tuis, per sing. annos reddere debeamus hic civitate Luca ad suprascripto domum Epis. vestro S. Martini per omnem mense octubris, per nos aut per misso nostro, vobis bel ad ministerialem illum, quasi bi pro tempore abueritis, vel ad misso vestro, argen den. bon. expend. num. sexaginta tantum. Et si ad nos vobis hec omnia ec. spondimus nos q.s. Ursibertus archipresb. seo Dominicho item presb. cum nostris hered. comp. tibi q.s. Petrus Epis. vel ad subcess. tuis penam argen. solid. sexaginta, quia taliter inter nos convenit, et duos inter nos libelli Petrum not. et schab. Scribere rogavimus. Actum Luca.
+ Ego Ursiperturs archipresb. in unc libello a nos facto manu mea sub.
+ Ego Dominicho presb. in unc libello a nos facto manu mea subs.
+ Ego Cospertus not. et schab. Rogatus ec. me teste sub.
+ Ego Lambertus rogatus ec. me teste subs.
+ Ego Odalberto rogatus ec. me teste subs.
+ Ego Petrus not. et schab. post tradit ec.


COMMENTO (a cura di Francesco Fiumalbi)

Il documento rappresenta una delle numerose testimonianza circa l’influenza lucchese sul Medio Valdarno Inferiore nel corso dell’Alto Medioevo, con i numerosi interessi patrimoniali di natura ecclesiastica. Inoltre, vale la pena di ricordare che l’anno 904 è il medesimo della prima attestazione del “Castello di San Miniato”, l’unico insediamento incastellato nella zona. Il territorio, fatta eccezione per il Borgo di San Genesio e la sua pieve prestigiosa, era caratterizzato da una forma di insediamento di tipo “sparso”, privo di poli dotati di grande attrattiva.
In particolare, i beni descritti in questo atto, afferivano all’antica chiesa di Santa Maria del Corso, situata fuori dalla porta di San Donato a Lucca (S. Marie, sita foras civitate ista lucense prope porta S. Donati). Annesso alla chiesa di Santa Maria esisteva un monastero femminile, che dal 1284 passò all'Ordine dei Carmelitani, prima di essere distrutto dai pisani nel 1341. In particolare si fa riferimento ad una “casa” situata in località Novas, dunque la stessa unità che fu oggetto di un altro atto nell’anno 867, che rappresenta la prima attestazione documentaria della Pieve di San Saturnino di Fabbrica. Nell’atto dell’867 compare la Badessa Hiudiperga, mentre in questo documento del 904 troviamo il Vescovo di Lucca Pietro a gestire il patrimonio della chiesa di Santa Maria, la cui potestà era affida al presule lucchese (qui est de subpotestatem ipsius Epis. vestro S. Martini) che aveva estromesso la famiglia fondatrice attraverso un placito dell’897 [P. Tomei, «Locus est famosus». Come nacque San Miniato al Tedesco (secoli VIII-XII), Edizioni ETS, Pisa, 2018, pp. 37-38]

I protagonisti. I soggetti protagonisti di questo documento sono il Vescovo di Lucca Pietro – impegnato a gestire gli innumerevoli interessi patrimoniali ecclesiastici – l’Arciprete Ursiberto figlio del fu Leutari e il presbitero Domenico figlio del fu Ildimari, che ottennero i beni “a livello”. Purtroppo, allo stato attuale degli studi non è possibile sapere di più circa Ursiberto, qualificato come arcipresbitero ed evidentemente era un prelato molto importante (arcipresbitero di quale chiesa?). Sarebbe interessate conoscere quale fosse il legame col Vescovo: vi erano legami di parentela fra loro? Appartenevano ad una medesima consorteria?
Di certo sappiamo che il prete Domenico nell’anno 907 diventerà il rettore dellaPieve di San Saturnino in Fabbrica, ovvero il “pievano” [D. Bertini, Memorie e Documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV, parte II, Francesco Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1836, Appendice, doc. LVIII, pp. 76-77]. Secondo Paolo Tomei, invece, l’arciprete Ursiberto poteva essere il predecessore di Domenico, ovvero il pievano di San Saturnino al tempo della stesura dell’atto, anche se non ci sono attestazioni precise al riguardo [P. Tomei, «Locus est famosus». Come nacque San Miniato al Tedesco (secoli VIII-XII), Edizioni ETS, Pisa, 2018, p. 38].

Il tipo di atto. Tecnicamente non si tratta propriamente di una Cartula Livelli, ovvero un antico contratto, antesignano dell’odierno contratto di affitto, poiché i due protagonisti – l’arciprete Ursiberto e il presbitero Domenico – si limitarono a dichiarare di aver ricevuto a livello dal Vescovo Pietro i beni. In ogni caso siamo di fronte ad una cessione a livello: i due sacerdoti ricevono i beni dal vescovo e tale cessione avrà valore tanto per gli eredi dei due presbiteri, quanto per i successori del presule. I beni vengono ceduti dietro un compenso annuo fissato nella misura di sessanta “buoni” denari d’argento, da corrispondere nel mese di ottobre presso l’episcopio della città di Lucca (per sing. annos reddere debeamus hic civitate Luca ad suprascripto domum Epis. vestro S. Martini per omnem mense octubris, per nos aut per misso nostro, vobis bel ad ministerialem illum, quasi bi pro tempore abueritis, vel ad misso vestro, argen den. bon. expend. num. sexaginta tantum).

I beni e il territorio sanminiatese. Nell’atto vengono descritti sinteticamente i beni oggetto del contratto di livello, che si trovano nel territorio del Comune di San Miniato ed in particolare nella bassa valdegola, in un’area compresa fra Cigoli, Ponte a Egola e Stibbio. La “casa” era situata in località Novas ed era tenuta da un certo Bertulo. In realtà non si trattava di una mera abitazione, bensì di un complesso patrimoniale, ovvero di un’unità produttiva agricola che era costituita anche da vari appezzamenti di terreno e di varie pertinenze, anche se non viene utilizzato il termine di “curtis” (Fundamento ipso cum curte orto terris vinesi olivetis silvis virgareis pratis pascuis, cultis rebus vel incultis, omnia quantum unicumque ad ipso fundamento est pertinentes). Le pertinenze fondiarie erano sparse fra località Nova e l’insediamento di Fabbrica, dove era situata la pieve di San Saturnino, presso l’odierno Molino d’Egola, e comprendevano un’area boscata in località Plagia, situata nella zona meridionale di Ponte a Egola, zona Piaggia-La Canonica, probabilmente presso l’odierna località Farneta (tam in suprascripto loco et finibus Nova, quam et in loco et finibus Fabrica et a silva utque Plagia). La località Novas o Nova era situata lungo il crinale collinare che collega Cigoli con San Miniato, dove alcuni secoli più tardi verrà attestata la chiesa dei SS. Martino e Lorenzo de Villanova (presso l’attuale casa colonica denominata San Lorenzo).

  
Indicazione geografica delle località rammentate nel documento
Base cartografica Carta Tecnica Regionale (CTR)  Regione Toscana
Tratta da Geoscopio – Regione Toscana

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