a
cura di Francesco Fiumalbi
ARCHIVIO
DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
715,
5 luglio, San Genesio: il primo documento
In
questo post è proposto il commento al documento conservato presso
l’Archivio Capitolare d’Arezzo, n. 3, datato 5 luglio 715, in cui
vengono attestati per la prima volta Vico Wallari e la Pieve di San
Genesio.
Oratorio
di San Genesio, con a lato gli scavi archeologici
Foto
di Francesco Fiumalbi
CONTENUTO
E PROTAGONISTI
Quello
che viene proposto di seguito è un documento molto importante. Si
tratta della prima testimonianza scritta relativa al territorio
sanminiatese che è pervenuta fino ai giorni nostri.
E’
una sorta di “resoconto” dell’assise, tenutasi il 5 luglio
dell’anno 715, presso la chiesa di San Genesio nel borgo denominato
Vico Wallari, e che vide riuniti i vescovi di tutta la Toscana:
Teudaldus episcopo di Fiesole, Maximus della Diocesi di
Pisa, Speciosus da Firenze, Telesperianus da Lucca,
oltre a Munichis presbitero in
rappresentanza della Chiesa di Luni, ai quali si aggiunsero Adeodatus
Vescovo di Siena e Lupertianus, presule aretino. Oggetto
dell’assemblea, l’annosa controversia fra le diocesi di Siena e
di Arezzo circa la giurisdizione su alcune chiese e monasteri. Questa
assemblea di San Genesio emise un pronunciamento a favore della
diocesi aretina, anche se la questione fu destinata a perdurare fino
al XIII secolo.
Come
rilevato da Carlo Troya già alla metà dell'800, e sottolineato
anche più recentemente da Marco Stoffella, è da porre attenzione
anche alla presenza di Gunteram, in qualità di
rappresentante, o misso, per conto di Liutprando Re dei
Longobardi. Ciò dimostrerebbe da una parte l'attenzione data dal
sovrano alla controversia, e dall'altra la capacità di far valere la
sua influenza sulle istituzioni ecclesiastiche del tempo (1).
L'ANTECEDENTE:
LA CONQUISTA LONGOBARDA
Senza
la pretesa di una ricostruzione dettagliata ed esaustiva, a seguito
della discesa in Italia dei Longobardi, avvenuta alla metà del VI
secolo sotto la guida di Alboino,
le antiche circoscrizioni romane subirono considerevoli
trasformazioni e con queste le relative giurisdizioni ecclesiastiche.
Per spiegare queste modificazioni, occorre ricostruire le tappe
dell’avanzata longobarda. Una volta conquistata la pianura Padana
(ad eccezione della Romagna, con Ravenna in mano ai Bizantini), i
Longobardi valicarono gli Appennini, ragionevolmente in due punti:
dalla Lunigiana giunsero a Lucca, dove posizionarono il loro quartier
generale, la sede del Ducato di Tuscia, e dal Passo della Futa
giungendo a Firenze. Dall’antica Florentia
proseguirono attraverso il Valdarno Superiore fino ad Arezzo,
spostandosi poi attraverso Val di Chiana e la Val Tiberina, giungendo
a Spoleto, dove posero la sede di un altro ducato. Da Lucca, invece,
si diressero verso il Valdarno, e da qui proseguirono in direzione di
Siena e Volterra. Durante queste fasi, i territori già conquistati
vennero assegnati, giurisdizionalmente, a quei centri su cui
l'amministrazione longobarda aveva già sottoposto il proprio
controllo. Così facendo, ampie porzioni territoriali afferenti ad
alcune città, si trovarono ad essere amministrate, anche da un punto
di vista ecclesiastico, dalle istituzioni di altri centri. Ciò
provocò tutta una serie di rivendicazioni territoriali, di cui ci
rimane una buona testimonianza documentaria. Oltre al caso fra Siena
e Arezzo, vale la pena di ricordare la controversia fra Pisa e Lucca,
a proposito del Valdarno, e fra Lucca e Pistoia, riguardo alla
Valdinievole (2).
LA
CONTROVERSIA FRA SIENA E AREZZO
La
questione risulta sollevata già nel 650 d.C., anno della conventio
fra Mauro Vescovo di Siena e Servando presule aretino a proposito di
alcune chiese senesi che risultano essere amministrate dalla Diocesi
di Arezzo (3).
Tuttavia
nel 713 il Papa Costantino si pronunciò a favore di Adeodato,
Vescovo di Siena, e contro Luperziano presule aretino (4)
All'anno
714, è fatto risalire il documento contenente il giudicato di
Ambrosio, qualificato come maiordomni, “maggiordomo”,
del Re Liutprando (5). Lo stesso monarca che nel marzo del 715 emana
un precetto a favore di Luperziano Vescovo di Arezzo (6)
Del
20 giugno 715 è invece il cosiddetto testimoniale di
Gunteram, messo regio per conto di Liutprando, che si occupò di
ascoltare i testimoni delle due parti, a preludio, evidentemente, del
successivo incontro fissato a San Genesio nel mese di luglio (7).
Arriviamo
quindi ad un primo pronunciamento, il 5 luglio 715, espresso
dall'assise composta dai vari prelati toscani, ritrovatisi presso la
Pieve di San Genesio, nel vico qui dicitur Walari, che si
rivelò favorevole alla Diocesi di Arezzo.
Non
si trattò, comunque, dell’atto conclusivo, in quanto la questione
si protrasse per almeno altri cinque secoli. La vicenda fu risolta
soltanto nel XIII secolo, con Papa Onorio II che assegnò
definitivamente le pievi e le altre chiese contese alla “cattedra”
aretina.
LA
CHIESA DI SAN GENESIO E IL VICO WALLARI
L'atto
sarebbe del tutto irrilevante per il territorio sanminiatese, se non
fosse che l'assise, e la conseguente stesura del documento, si tenne
ad ecclesia Sancti Genesi in vico qui dicitur Walari, ovvero
nella chiesa di San Genesio nel “vico” detto “Walari”.
Come
ricordato all'inizio, si tratta della prima testimonianza scritta in
assoluto per il territorio sanminiatese, e di conseguenza anche la
prima attestazione del borgo e della chiesa di San Genesio. Da notare
il fatto che la chiesa non viene qualificata come “pieve”, ma
semplicemente come ecclesia. Dalle indagini archeologiche è
emerso che la primigenia chiesa di San Genesio doveva essere attiva
già in epoca tardoantica, intorno al V-VI secolo d.C., ma nulla ci è
dato sapere circa il ruolo di plebes baptismales, cioè dotata
di fonte battesimale, che le viene attribuito qualche decennio più
tardi, nel 763 (7).
In
ogni caso, come rilevato da Enrico Coturri e, più recentemente, da
Francesco Salvestrini, il documento testimonia che all'inizio
dell'VIII secolo la chiesa era situata all'interno di un abitato,
Vico Wallari, sorto in posizione strategica e baricentrica rispetto
alle direttrici stradali e fluviali della Toscana, e la cui comunità
era in grado di accogliere un'assemblea con esponenti di assoluto
rilievo nel panorama regionale dell'epoca, ciascuno con il proprio
seguito (8).
Sul
tema, Graziano Concioni nota che la chiesa di San Genesio si trovava
in un'area marginale rispetto alla giurisdizione della sede
vescovile di Lucca. Pertanto, non essendo un'area soggetta a
controversie o rivendicazioni, e in posizione strategica rispetto
alla viabilità del Valdarno Inferiore, poteva costituire una sorta
di termine di confine dell'area di influenza lucchese, sia da un
punto di vista spirituale che temporale (9).
Infine,
occorre rilevare che il nome dell’abitato Vico Walari doveva
trarre la propria denominazione dal nome germanico Wallar
(italianizzato in Vallario, antecedente del moderno Valerio),
verosimilmente il fondatore dell’insediamento (10). Tale
denominazione rimarrà, pressoché inalterata, fino agli ultimi anni
del X secolo, quando in un contratto dell’anno 991, il nome di
Vicho Vallari compare assieme a quello di Burgo S. Genesi,
che in seguito prevarrà sul primo (11).
NOTE
E RIFERIMENTI
(1)
In proposito C. Troya, Codice Diplomatico Longobardo, in
Storia d'Italia dal Medioevo, vol. IV, parte III, Napoli,
1853, n. CCCCVII, pp. 212-221: 213n; M. Stoffella, Crisi e
trasformazioni delle élites nella Toscana nord-occidentale nel
secolo VIII: esempi a confronto, in «Reti Medievali Rivista»,
n. VII, 2007, pp. 1-49: 5.
(2)
Per approfondire si veda: W. Kurze, Un «falso documento»
autentico del vescovo di Pisa. Contributo al problema dei falsi,
in Bollettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo e
Archivio Muratoriano, n. 98, 1992, pp. 1-85; N. Rauty, Il limes
bizantino in Valdinievole, in AA.VV., I Castelli della
Valdinievole, Atti del Convegno, Comund di Buggiano, Buggiano,
1990, pp. 29-45.
(3)
Archivio Capitolare d'Arezzo, n. 3, fra le varie trascrizioni
ricordiamo U. Pasqui, Documenti per la Storia della Città di
Arezzo nel Medio Evo, Viesseux, Firenze, 1899, Tomo I, n. 1, pp.
1-2; L. Schiaparelli, Codice Diplomatico Longobardo, Roma,
1929, doc. 1, p. 3.
(4)
Archivio Capitolare d'Arezzo, n. 3; U. Pasqui, Documenti... cit.,
n. 2, pp. 4-5.
(5)
Archivio Capitolare d'Arezzo, n. 3; U. Pasqui, Documenti... cit.,
n. 3, pp. 6-7; L. Schiaparelli, Codice... cit., doc. 17, p.
46.
(6)
Archivio Capitolare d'Arezzo, n. 3; U. Pasqui, Documenti... cit.,
n. 4, pp. 7-8.
(7)
Archivio Capitolare d'Arezzo, n. 2; U. Pasqui, Documenti... cit.,
n. 5, pp. 9-17; L. Schiaparelli, Codice... cit., doc. 19, p.
61.
(8)
Archivio Arcivescovile di Lucca, † I. 57; D. Bertini, Memorie e
Documenti per Servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV,
parte I, F. Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1818, Appendice,
doc. I, pp. 3-4.
(9)
E. Coturri, Il Borgo di San Genesio, in «Bollettino
dell’Accademia degli Euteleti», n. 30, 1956, pp. 15-16; F.
Salvestrini, San Genesio. La comunità e la pieve fra VI e XIII
secolo, in F. Cantini e F. Salvestrini (a cura di), Vico
Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su
una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra Alto e pieno Medioevo,
Giornata di studio, San Miniato, 1 dicembre 2007, Firenze University
Press, Firenze, 2010, p. 34.
(10)
G. Concioni, Le vicende di una Pieve nella cronologia dei suoi
pievani. S. Genesio di Vico Vallari 715-1466, Accademia Lucchese
di Scienze, Lettere e Arti, Saggi e Ricerche, n. 23, Lucca, 2010, pp.
7-9
(11)
Archivio Arcivescovile di Lucca, * E.90; cfr. D. Barsocchini, Memorie
e Documenti per Servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo V,
parte III, F. Bertini Tipografo Ducale, Lucca, 1841, doc. MDCLXXII,
pp. 552-553.
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Molto interessante!
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