di
Francesco Fiumalbi
«Sant’Ippolito
è posta lungo la via che guida in Val di Pesa, una vallata fertile
ed ubertosa, sparsa di castelli e di località importantissime per
ricordi storici, ricca di palagi campestri e di chiese che accolgono
larga dovizia di opere d’arte.»
Guido Carocci, 1906 (1)
Guido Carocci, 1906 (1)
La valle del Torrente
Pesa, fin da epoche antiche, ha rappresentato un corridoio stradale
di collegamento fra il Valdarno Inferiore e la zona del Chianti, e
quindi con le direttrici tra l'area fiorentina e quella senese. Nella
bassa valle, in prossimità della confluenza della Pesa con il fiume
Arno, sulla sponda destra, a poca distanza dall'abitato di Montelupo
ma nel Comune di Lastra a Signa, si trova la Pieve dei SS. Ippolito e
Cassiano.
Foto di Francesco
Fiumalbi
La chiesa è
documentata fin dall'XI secolo, ed è caratterizzata da un impianto
planimetrico che si rifà a diffusi modelli romanici. La pianta,
quasi perfettamente versus solem orientem (cioè orientata in
asse est-ovest), conserva la tipica forma a “tau”, ad unica
navata con transetto, e con terminazione monoabsidale. Sul braccio
destro del transetto si eleva la torre campanaria. Sul lato sinistro
della facciata, è accostata la fabbrica di un oratorio
settecentesco, sede di una compagnia laicale, che è stato addossato
e unito nel paramento attraverso la tecnica del cuci-scuci.
L'edificio è caratterizzato da una muratura in pietra squadrata,
disposta a filaretto. La copertura segue il profilo del volume
interno, ed è a capanna. L'abside, invece, presenta un coronamento
voltato.
Foto di Francesco
Fiumalbi
Da un punto di vista
planimentrico, il rapporto fra la larghezza della facciata (18
braccia, 10,5 m circa) e la lunghezza della navata (36 braccia, 21m
circa), rispetta la proporzione di 1:2. I due quadrilateri delle
cappelle del transetto, rientrano anch'essi in un modulo più piccolo
(circa 9x9 braccia). Anche l'abside, semicircolare, presenta un
diametro interno di circa 9 braccia. Gli spessori delle murature
invece si attestano intorno a 1,5 braccia (85-90 cm). Interessante
notare che le misure delle varie lunghezze sono tutti multipli di 3,
evidentemente con riferimento al “numero perfetto”, che nella
religione cristiana simboleggia la Trinità: Padre, Figlio e Spirito
Santo. Ed anche da un punto di vista altimetrico è rispettata la
proporzione: la facciata è inscrivibile quasi perfettamente in un
quadrato 18x18 braccia, mentre la torre campanaria presenta
un'altezza circa doppia, ovvero 36 braccia, pari alla lunghezza della
navata.
Schema compositivo
della configurazione originaria
Disegno di Francesco
Fiumalbi
Sulla
facciata si apre il portale con architrave monolitico, sormontato da
un arco cieco. Al di sopra, invece, si trova un'ampia apertura
sei-settecentesca, che occupa la posizione centrale del prospetto. E'
sormontata da un piccolo stemma in marmo coi i tipici tre gigli della
famiglia Frescobaldi, che un tempo deteneva il patronato sulla
chiesa. Alla base dello stemma, si notano alcuni elementi in pietra,
verde e bianca, che costituiscono quello che rimane di uno dei due
archetti della bifora originaria, che richiama per forme e materiali
l'analogo modello presente, ad esempio, nellachiesa abbaziale di San Giusto al Pinone sul Monte Albano.
La Pieve dei SS.
Ippolito e Cassiano in Val di Pesa
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il prospetto laterale
destro, libero da costruzioni, è anch'esso in muratura in pietra
disposta a fileretto, su cui si aprono tre monofore strombate, con
archivolto monolitico.
La torre campanaria,
fortemente rimaneggiata nella sua configurazione originaria, si eleva
per circa venti metri d'altezza. La muratura di questa struttura non
è omogenea, e presenta copiosi rifacimenti in laterizio, specie
sulla spigolo sud-occidentale. La cella, dove un tempo erano
collocate le campane, presentava originariamente due aperture per
ciascun lato.
La Pieve dei SS.
Ippolito e Cassiano in Val di Pesa
Foto di Francesco
Fiumalbi
L'interno
della chiesa attualmente risulta spoglio, con le pareti che
denunciano la muratura in pietra. Nei secoli si sono susseguiti molti
interventi di rifacimento e di adeguamento, come la tamponatura della
cappella laterale destra, sotto la torre campanaria, per ricavare la
sacrestia. Al centro dell'abside si apre un piccola monofora, al di
sotto della quale è incassato un bel ciborio in marmo di epoca
rinascimentale, dove è raffigurato l'episodio dell'Annunciazione.
Nella cornice in basso sono riportate le parole tratte dal Vangelo di
Giovanni “HIC EST PANIS DE CAELO DESCENDENS”, ovvero Questo
è il pane che discende da cielo
(Gv 6,50), con evidente riferimento all'Eucarestia. L'opera in
bassorilievo è stata accostata allo scalpello di Mino da Fiesole
(2), scultore fiorentino del XV secolo, di cui rimangono varie opere
fra cui i tabernacoli in Sant'Ambrogio a Firenze,
e nelle chiese romane di Santa Francesca Romana
e Santa Maria in Trastevere.
Tuttavia il ciborio presenta anche notevoli affinità con altri della
bottega di Bernardo e Antonio Rossellino, come il tabernacolo in Sant'Egidio a Firenze
e quello della ex-chiesa della SS. Annunziata di San Miniato (Pi),
dove in entrambi i casi ricorre il tema dell'Annunciazione.
Sopra l'arco della
cappella laterale sinistra campeggia, come sulla facciata, un piccolo
stemma della famiglia Frescobaldi. Unica traccia di pittura
superstite si trova all'interno della lunetta che sovrasta il portale
nella controfacciata.
Immagine tratta da G.
Carocci, Il Valdarno da Firenze al
Mare, Istituto Italiano d'Arti
Grafiche, Bergamo, 1906, p. 55. Utilizzo ai sensi della Legge del 21
aprile 1941 n. 633, art. 70
La
prima attestazione documentaria della chiesa risale al 1005, quando
Lotario dei Conti Cadolingi (figlio di Cadolo, morto probabilmente
nel 996) donò alcuni terreni situati nel pievere di Sant'Ippolito
alla costituenda Abbazia di San Salvatore di Sesto, nei pressi di Scandicci, dove venne immessa una comunità di Benedettini Cluniacensi
(3).
Durante i concitati
episodi armati che nel '200 videro contrapposte la parte Guelfa a
quella Ghibellina, la pieve di Sant'Ippolito risultò danneggiata,
così come diversi edifici nel vicino castello di Montelupo. La stima
dei danni arrecati all'edificio, negli anni '60 del XIII secolo, fu
quantificata in 25 lire (4).
Immagine tratta da G.
Carocci, Il Valdarno da Firenze al
Mare, Istituto Italiano d'Arti
Grafiche, Bergamo, 1906, p. 52. Utilizzo ai sensi della Legge del 21
aprile 1941 n. 633, art. 70
Pochi
anni dopo, negli anni 1276-1277, alla Pieve di Sant'Ippolito fu
attribuita una decima pari a 30 lire. Si tratta di una cifra abbastanza consistente, paragonabile a quella delle maggiori chiese di area pisana o lucchese. Evidentemente la area su cui insisteva il territorio giurisdizionale del pievere godeva di una buona situazione economica, certamente facilitata dalla presenza di importanti arterie stradali. A questo documento risale anche
il primo elenco delle suffraganee dipendenti giurisdizionalmente
dalla chiesa: Ecclesia
S. Gaudentii de Pesa,
Eccl.
S. Quirici,
Eccl.
S. Andree de Castrantole,
Eccl.
S. Donati de Misciano,
Eccl.
S. Martini de Carcheri,
Eccl.
S. Micchaeli de Bracciatica,
Eccl.
S. Marie de Marliano,
Eccl.
S.
Marie de Purica,
Eccl.
S. Petri de Nebiaula,
Eccl.
S. Iusti de Petrognano,
Canonica
S. Marie de Semontana,
Eccl.
S. Miniatis,
Hospitale
S. Petri de Capraria (5).
Negli anni 1302-1303 alla Pieve di Sant'Ippolito venne attribuita una
decima pari a 15 lire. L'elenco delle suffraganee si compone delle
chiese già elencate nel 1276-77, con l'aggiunta di Ecclesia
S. Iohannis de Montelupo,
Eccl.
S. Laurentii de Marliano,
Eccl.
S. Iacobi de Começçano
(6). Dunque, il numero delle chiese suffraganee agli inizi '300
ammontava a 16 unità.
La Pieve dei SS.
Ippolito e Cassiano in Val di Pesa
Foto di Francesco
Fiumalbi
Con
il Concilio di Trento (1545-1563)
tutti gli edifici di culto cattolici furono interessati da
consistenti lavori di sistemazione e adeguamento liturgico, in
ottemperanza alle nuove disposizioni. Anche la Pieve di
Sant'Ippolito, trovata non in perfette condizioni durante la visita
pastorale del 1590, subì interventi di sistemazione e dotata di un
nuovo altare, fatto erigere entro il 1608 dal pievano Lorenzo
Galeazzo Guerrini (7).
La Pieve dei SS.
Ippolito e Cassiano in Val di Pesa
Foto di Francesco
Fiumalbi
Con
decreto dell'Arcivescovo Mons. Antonio Martini
del 25 aprile 1789, durante il periodo delle significative riforme
promosse da Pietro Leopoldo (che interessarono, fra le altre cose,
tanto le giurisdizioni comunali, quanto quelle ecclesiastiche), la
Pieve di Sant'Ippolito fu unita ad
perpetum
con la chiesa di San Giovanni Evangelista di Montelupo. Quest'ultima,
originariamente situata all'interno del castello, nel 1784 era stata
annessa alla chiesa di S. Niccolò retta dai PP. Domenicani di Santa
Maria Novella ed ingrandita nel 1786 (8). L'antica pieve venne quindi
declassata a semplice oratorio.
Dopo un periodo di
abbandono, il complesso canonicale adiacente alla pieve ospita
attualmente una struttura alberghiera.
NOTE
BIBLIOGRAFICHE
(1)
G. Carocci, Il
Valdarno da Firenze al Mare,
Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, 1906, p. 52.(2) G.
Carocci, Op.
Cit.,
p. 52.
(3)
M. Frati, Chiese
romaniche della campagna fiorentina. Pievi, abbazie e chiese rurali
tra l'Arno e il Chianti,
Editori dell'Acero, Empoli, 1997, p. 96.
(4)
I. da San Luigi, Delizie
degli eruditi toscani,
Firenze, 1776, tomo VII, p. 240.
(5)
P. Guidi, Rationes
Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV,
Tuscia, Vol. 1, La
decima degli anni 1274-1280,
Roma, 1932, p. 20.
(6)
M. Giusti, P. Guidi, Rationes
Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV,
Tuscia, Vol. 2, La
decima degli anni 1274-1280,
Roma, 1942, pp. 24-25.
(7)
M. Frati, Op.
Cit.,
p. 96.
(8)
L. Santoni, Raccolta
di notizie riguardanti le chiese dell'Arci-Diogesi di Firenze tratte
da vari autori,
Firenze, 1847, pp. 235-236.
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