domenica 29 settembre 2019

ADDSM - 1209, 31 OTTOBRE - IMPERATORE OTTONE IV A SAN MINIATO


ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
1209, 31 ottobre, l’Imperatore Ottone IV di Brunswick a San Miniato

In  questa pagina è proposta la trascrizione e il commento dell'atto rilasciato dall'Imperatore Ottone IV di Brunswick all’Abbazia di San Galgano il 31 ottobre 1209.

SPOGLIO. Privilegio dell’Imperatore Ottone IV all’abbazia benedettina cistercense di San Galgano, in cui vengono confermati le proprietà, le pertinenze e ogni altro diritto del cenobio, contro ogni eventuale usurpatore.

L’ORIGINALE. Allo stato attuale degli studi non è stato possibile individuare la collocazione archivistica del documento originale, che risulta noto solamente attraverso alcune pubblicazioni. Una copia antica è conservata in un Cartolurio confluito nell'Archivio di Stato di Firenze, Archivio Diplomatico, San Frediano in Cestello (Cistercensi).

COMMENTO a cura di Francesco Fiumalbi
Con questo atto l’Imperatore Ottone IV di Brunswick riconobbe le proprietà, le pertinenze, le rendite e ogni altro diritto all’Abbazia di San Galgano, presso Chiusdino in val di Merse, in Diocesi di Volterra. Anche se nel documento non si trova scritto, in pratica concesse la propria “protezione” al cenobio benedettino cistercense che era nato nel 1201, a partire dalla comunità eremitica sopravvissuta al fondatore Galgano. Tuttavia, alle istanze di tipo religioso, vanno individuate motivazioni di tipo economico e politico: il controllo sull’area, ricca di coltivazioni  minerarie, del Vescovo di Volterra Ildebrandino Pannocchieschi si stava progressivamente erodendo, minacciando anche il centro di Montieri, caposaldo del potere episcopale, a vantaggio dei Gherardeschi alleati con i Senesi. Presso Chiusdino, inoltre, era presente l’Abbazia di Santa Maria di Serena, vero e proprio monastero “privato” dei Gherardeschi. Dunque la nuova Abbazia di San Galgano doveva porsi come un nuovo centro stabile, in grado di limitare l’erosione del controllo del Vescovo di Volterra e controbilanciare l’espansione Gherardesca nella zona. Non va dimenticato, infatti, che Volterra era una signoria vescovile, ovvero il capo politico della comunità era rappresentato dal presule e il sistema ecclesiastico delle pievi costituiva l’ossatura portante del governo del territorio [A. Barlucchi, Il patrimonio fondiario dell'abbazia di San Galgano (secc. XIII – inizi XIV), in «Rivista di Storia dell’Agricoltua», Accademia dei Georgofili di Firenze, anno XXXI, n. II, 1991, pp. 63-64].

Il 4 ottobre 1209, a Roma, il Papa incoronò Imperatore Ottone di Brunswick [1175-1218]. Costui  era il rivale “guelfo” di Federico II per il trono del Regno di Sicilia, lo stesso Federico che lo priverà della corona imperiale con l’elezione a Re dei Romani (1211).
Il documento proposto in questa pagina, datato 31 ottobre 1209, si inserisce nei giorni immediatamente successivi alla sua incoronazione. Proprio la controversia per il Regno di Sicilia determinò lo scoppio dello scontro con Papa Innocenzo III, fautore di Federico II. Il novello Imperatore occupò militarmente vasti territori della Chiesa (fra cui Montefiascone, Viterbo, Perugia e Orvieto) ed aggredì il Regno di Sicilia in Puglia e in Campania. Fin dai primi giorni, dunque, l’Imperatore cercò di trovare sostegno nelle città della Toscana, in particolare con Siena e Pisa, ma indirettamente anche con Volterra, per poter realizzare il suo disegno politico e riunire l’Italia Meridionale con il resto dell’Impero. Tuttavia, questa sua attività politica e militare gli varrà l’inimicizia di Papa Innocenzo III, che lo scomunicherà il 18 novembre 1210, segnandone il declino.
L’atto presenta motivo di interesse poiché fu redatto presso San Miniato. Nel testo viene indicato solamente il nome del centro abitato, San Miniato, senza ulteriori indicazioni. Per cui non sappiamo se il termine utilizzato, apud (vicino, presso), indichi l’effettiva presenza di Ottone IV all’interno del castello che, a partire dal 1160-63 con l’intervento di Federico I Barbarossa, era diventato il centro dell’amministrazione imperiale per la Toscana. Tuttavia, ulteriori documenti, ci informano che Ottone rimase effettivamente a San Miniato dal 29 ottobre fino al 4 novembre 1209, mentre il 6 novembre successivo si era spostato a Fucecchio. Tale circostanza è significativa, poiché alla morte del Barbarossa, San Miniato aderì alla Lega di San Genesio (1197) e probabilmente, per un certo periodo, poté godere di una relativa autonomia. Il passaggio e la sosta dell’Imperatore da San Miniato segnò, dopo oltre un decennio, un netto riavvicinamento alla Corona. Verosimilmente, Ottone si preoccupò di riattivare la funzione amministrativa e militare del castello sanminiatese, in modo da raccordare con più efficacia la sua politica nella regione. Di questo ne è testimonianza l'accordo sancito con i Senesi (14 dicembre 1209), i quali si obbligarono a pagare un censo annuo alla Corona da pagare entro 15 giorni dopo la Pasqua presso il castello di San Miniato. Tuttavia, la necessità di favorire gli alleati Pisani – che disponevano di una flotta navale capace di effettuare una spedizione in Sicilia – costringerà l’Imperatore a sacrificare l’autonomia dei sanminiatesi.
Grazie alla serie di documenti pervenuti siamo in grado di seguire gli spostamenti di Ottone dopo la sua incoronazione: il 4 ottobre è a Roma, il 12 ottobre è a Montefiascone, il 21 ottobre è a Siena, il 25 ottobre a Poggibonsi, il 27 ottobre è a Castelfiorentino, il 28 è nuovamente a Poggibonsi, il 29 è a San Miniato fino al 4 novembre, fra il 6 e l’8 novembre è a Fucecchio e a partire dal 16 novembre è attestato a Lucca. Il 20 novembre è a Pisa, il 3 dicembre a Firenze, il 12 dicembre a Foligno.

TRASCRIZIONE. Di seguito è proposta la trascrizione del documento ricavata da F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, et insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis, deducta fserie ad nostra usque aetatem, Venezia, 1716, Tomo I, cc. 1147-1148. Un’altra edizione del testo è pubblicata in G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, Tomo I, Firenze, 1758, p. 351.

In nomine Sanctae, & individuae Trinitatis.
Octo IV divina favente clementia Romanorum Imperator, & semper Augustus. Ad eternae vitae premium, & temporalis Imperii icrementum, apud Creatorem omiunm nobis maxime proficere non ambigimus, si in Ecclesia Dei, & religiosis personis gratie nostreae subsidum, & Imperialis deensionem majestatis siudeamus propensius impertiri. Quapropter notum facimus universis imperii fidelibus praesentibus, & futuris, quod nos intuiu Divine retributionis monasterium, & totum conventum S. Galvani Cisterciensis ordinis, quod monasterium situm est in Episcopatu Volaterrano in monte Sepio, eo quod personas ibi existentes in eo ordine devotas, & Deo, & maxime religiosae esse audivimus, cum personis omnibus ibidem Deo famulantibus, & universis bonis, obedientiis, & pertinentiis suis, in spiritualem majestatis nostre protectionem recipimus ispusm monasterium, & locum, personas omnes, & obedientias, & universa ad ipso pertinentia, quae nunc habent, vel in posterum dante Domino poterunt juste adipisci, ab omni data, collecta, tributis, Angaria, seu Pangaria manere publicae functionis, & ab omni gravamine, vel exactione cujuscumque personae in perpetuum libera esse decernentes, quorum quaedam certis nominibus duximus exprimentda; Montem Sepium, in quo ispsum Monasterium est fundatum cum nemere, & omnibus adjacentibus, & quidquid habentur in curte, & districtu de Berignone, cum suis pertinentiis, & quidquid…. In villa de Lamole, in curte de Clusino, & de Fruofine de Monticiano, sicut Ildebrandus Vulterranus Episcopus haec omni ipsi dedit, & concessit. Adjiimus etiam quidquid habent in curtibus de Sticiano, & de Lactaria, Campum, quoque de Valorosi situm juxta Abbatiam Ardingam ab Antecessore nostro Henrico Romanorum Serenissimo Imperatore ipsis datum, & concessum insuper Abbatiam de Guiniano à Romano Innocentio summo Pontifice ipsius concessam, cum omnibus suis obedientiis, & pertinentiis. Haec autem omnia sicut praenotata sunt, cum pascuis, nemoribus, silvis, terris, cultis, & incultis, aquis, aquarumvè decursibus, & cum omni utilitate ispi confirmamus. Concedentes, ut in causis forensibus licitum eis sit syndicum, vel procuratorem constituire. Nullae quoque constitutions locorum, vel civitatum contra ius… ipsois praejudicet. Nulla quoque persona, nullaque Civitas, vel Commune, vel locus ipsos prohibire debeat, quominus extrabant vel exportent, quae ispsium ad domos, & fratrum in victum, & personarum suarum sustentationem sunt necessaria. Statuimus quoque, & jubemus, ut fires adique praedicte domui, & suis pertinentiis ab aliqua, vel aliquibus fuerint ablatae, & ad manus aliquorum devenerint locorum, tamdiu eas retineant, quousqj debitum unde praedicti fratres accipiant justitia. Ad haec de speciali liberalitatis nostrae gratia ipsis indulgemus, quatenus omnes, qui se ad ordinem illum transferre nolverint, licite, & libere ipsium possint cum omnibus rebus suis mobilibus, & immobilibus, quas eis dederint, recipere, nisi sit servus, volentes, & statuentes, ut ab omni passagio, vel pedagio, quod possessionibus, rebus, personis, & animalibus eorum ad ipsas aliquo modo pertinentibus omnino liberi sint, & absoluti. Sancimus itaque, & constituimus, ut nullus Archiepiscopus, Episcopus, Dux, Marchio, Comes, VIcecomes, nulla Civitas, nullumque Commune, nullaque omnino persona humulis, vel alia, seaecolaris, vel ecclesiastica contra hanc serenitatis nostrae concessionem venire audeat, vel in aliquo praedictum Monasterium, aut fratres aliquatenus perturbare, quod qui fecerit, in ulrionem suae temeritatis 60. Libras auri puri pro poena componat, dimidium Camerae nostrae, & reliquum passis iniuriam. Ad cuius rei certam in perpetuum evidentiam praesentem paginam inde conscribi iussimus, & majestatis nostrae sigillo communiri.
Signum + Domini Ottonis. Datum apud S. Miniatum per manum Gualterii Imperialis Aulae Prothonotarii, anno Inc. 1209, pridie Kalendis Novembris, indictione XII.

San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

sabato 28 settembre 2019

ADDSM - 1209, 29 OTTOBRE - IMPERATORE OTTONE IV A SAN MINIATO

ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
1209, 29 ottobre, l’Imperatore Ottone IV di Brunswick a San Miniato
In  questa pagina è proposta la trascrizione e il commento dell'atto rilasciato dall'Imperatore Ottone IV di Brunswick alla città di Siena il 29 ottobre 1209.

L’ORIGINALE. Il documento originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Siena, Fondo Diplomatico, Diplomatico Riformagioni Balzana, Pergamena 009 – 1209 ottobre 29, casella 32. Il documento è visualizzabile on-line al seguente link >>>.

SPOGLIO. [Regesto ASSi] Ottone IV, volendo punire i ribelli e premiare i fedeli, riceve i Senesi suoi devoti sotto la sua protezione e rimette loro tutti i tributi non pagati dalla morte dell'imperatore Enrico VI fino a quel giorno. [J. F. Boehmer] Otto IV nimmt die von Siena wieder in seine gnade, erlässt ihnen alle seit dem tode Kaiser Heinrichs nicht geleisteten zahlungen und befreit sie vom ersatze inzwischen angerichteten schadens. San Miniato 1209 oct. 29. [G. Tommasi] (Ottone IV) si condusse da Chiuci a S. Miniato, dove a 27. Di Ottobre per mezzo degli Ambasciadori Sanesi, che lo havevan sempre seguitato, ricevè la Repubblica, e tutta la città nella pienezza della grazia sua, e promesse relassarle tutte le gravezze, e tributi soliti pagarsi agli Imperadori, ed in tutto liberarla, pur che mandassero seco in Puglia sua gente contro a Federigo: e pagassero i feudi decorsi dalla morte di Arrigo VI fin a quel giorno; e fù l’uno, e l’altro partito accettato.

COMMENTO a cura di Francesco Fiumalbi
Il 4 ottobre 1209, a Roma, il Papa incoronò Imperatore Ottone di Brunswick [1175-1218]. Costui  era il rivale “guelfo” di Federico II per il trono del Regno di Sicilia, lo stesso Federico che lo priverà della corona imperiale con l’elezione a Re dei Romani (1211).
Il documento proposto in questa pagina, datato 29 ottobre 1209, si inserisce nei giorni immediatamente successivi alla sua incoronazione. Proprio la controversia per il Regno di Sicilia determinò lo scoppio dello scontro con Papa Innocenzo III, fautore di Federico II. Il novello Imperatore occupò militarmente vasti territori della Chiesa (fra cui Montefiascone, Viterbo, Perugia e Orvieto) ed aggredì il Regno di Sicilia in Puglia e in Campania. Fin dai primi giorni, dunque, l’Imperatore cercò di trovare sostegno nelle città della Toscana, in particolare con Siena e Pisa (indirettamente anche con Volterra), per poter realizzare il suo disegno politico e riunire l’Italia Meridionale con il resto dell’Impero. Tuttavia, questa sua attività politica e militare gli varrà l’inimicizia di Papa Innocenzo III, che lo scomunicherà il 18 novembre 1210, segnandone il declino.

L’atto presenta motivo di interesse poiché fu redatto presso San Miniato. Nel testo viene indicato solamente il nome del centro abitato, San Miniato, senza ulteriori indicazioni. Per cui non sappiamo se il termine utilizzato, apud (vicino, presso), indichi l’effettiva presenza di Ottone IV all’interno del castello che, a partire dal 1160-63 con l’intervento di Federico I Barbarossa, era diventato il centro dell’amministrazione imperiale per la Toscana. Tuttavia, ulteriori documenti, ci informano che Ottone rimase effettivamente a San Miniato almeno fino al 4 novembre 1209, mentre il 6 novembre successivo si era spostato a Fucecchio. Tale circostanza è significativa, poiché alla morte del Barbarossa, San Miniato aderì alla Lega di San Genesio (1197) e probabilmente, per un certo periodo, poté godere di una relativa autonomia. Il passaggio e la sosta dell’Imperatore da San Miniato segnò, dopo oltre un decennio, un netto riavvicinamento alla Corona. Verosimilmente, Ottone si preoccupò di riattivare la funzione amministrativa e militare del castello sanminiatese, in modo da raccordare con più efficacia la sua politica nella regione. Di questo ne è testimonianza l'accordo sancito con i Senesi (14 dicembre 1209), i quali si obbligarono a pagare un censo annuo alla Corona da pagare entro 15 giorni dopo la Pasqua presso il castello di San Miniato. Tuttavia, la necessità di favorire gli alleati Pisani – che disponevano di una flotta navale capace di effettuare una spedizione in Sicilia – costringerà l’Imperatore a sacrificare l’autonomia dei sanminiatesi.

Grazie alla serie di documenti pervenuti siamo in grado di seguire gli spostamenti di Ottone dopo la sua incoronazione: il 4 ottobre è a Roma, il 12 ottobre è a Montefiascone, il 21 ottobre è a Siena, il 25 ottobre a Poggibonsi, il 27 ottobre è a Castelfiorentino, il 28 è nuovamente a Poggibonsi, il 29 è a San Miniato fino al 4 novembre, fra il 6 e l’8 novembre è a Fucecchio e a partire dal 16 novembre è attestato a Lucca. Il 20 novembre è a Pisa, il 3 dicembre a Firenze, il 12 dicembre a Foligno.

Fonti e riferimenti bibliografici. G. Tommasi, Dell’Historie di Siena, Parte I, Venezia, 1625, p. 198; F. Salvestrini, Il nido dell’aquila. San Miniato al Tedesco dai Vicari dell’Impero al Vicariato Fiorentino del Valdarno Inferiore (secc. XI-XIV), in Il Valdarno Inferiore terra di confine nel Medioevo (Secoli XI-XV), a cura di A. Malvolti e G. Pinto, Atti del convegno di studi 30 settembre – 2 ottobre 2005, Deputazione di Storia Patria per la Toscana, Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2008, p. 245.
TRASCRIZIONE. Il testo del documento proposto di seguito è tratto da J. F. Boehmer, Acta Imperii selecta. Urkunden Deutscher Konige und Kaiser mit einem anhange von reichssachen, Innsbruck, 1870 n. 1068, pp. 764-765.

Otto quartus divina favente clementia Romanorum imperator et semper augustus. Imperatorie maiestatis nostre serenitas, sicut rebelles quosque debita animadversione ducit puniendos, ita devotos et fideles suos consueta benignitatis sue clementia iudicat respiciendos. Quapropter notum facimus universis imperii nostri fidelibus presentibus et futuris, quod nos inspecta ferventi devotione, quam fideles nostri cives Senenses circa sublimitatis nostre obsequia constanter se exibent exhibituros, ad instautem ipsorum postulationem universos et singulos in plenitudinem gracie nostre recepimus, pie et clementer remittentes singulis et universis omne tributum sive tributa annualia et debita, quecumque retinuerunt et non solverunt a tempore mortis antecessoris nostri Heinrici illustrissimi Romanorom imperatoris divi augusti usque nunc, et omnes exactiones, iniurias, molestias, maleficia et dapna facta sive illata ubique vel quibuscumque personis. Statuentes itaque imperiali decernimus auctoritate, quatinus predicti fideles nostri cives Senenses non teneantur in toto vel in parte inde alicui vel aliquibus personis de iure vel de facto aut aliquo alio modo respondere; volumus enim et sanccimus, ut inde sint in perpetuum liberi et absoluti. Ad cuius rei certam in posterum evidentiam presentem paginam inde conscriptam maiestatis nostre sigillo iussimus communiri.
Datum apud Sanctum Miniatem, anno dominice incarnationis MCCVIIII., indictione XIII., IIII. kalendas novembris.

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San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

mercoledì 25 settembre 2019

SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

a cura di Francesco Fiumalbi


In questa pagina è proposto il regesto in chiave sanminiatese della Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, redatta da Dino Compagni nel secondo decennio del XIV secolo. Aldobrandino o Ildebrandino, detto “Dino”, Compagni nacque a Firenze intorno al 1246-47 e morì nel 1324. Faceva parte di una ricca famiglia fiorentina di origine popolare, dedita alla mercatura (commercio) e per questo inserita nel cosiddetto “popolo grasso”. Con la discesa dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo (1310) e l’occasione di rivincita dei Guelfi Bianchi, iniziò la redazione della sua narrazione cronachistica. A differenza di Giovanni Villani e di altri autori coevi, Dino Compagni si preoccupò di narrare solamente gli episodi a lui coevi, di cui fu testimone diretto o indiretto, senza impegnarsi nel ricostruire le vicende legate alla fondazione di Firenze e le notizie più antiche. La Cronica, infatti, copre un arco temporale che va dal 1280 al 1312, fino alla morte di Enrico VII, avvenuta presso Buonconvento. La prima edizione risale al XVIII, quando fu pubblicata da Antonio Lodovico Muratori nel Tomo IX delle Rerum Italicarum Scriptores (1726). Numerose riedizioni furono date alle stampe successivamente, fra cui quella curata da Isidoro Del Lungo (che tra l’altro, la suddivise in capitoli).

Le notizie sanminiatesi sono sei. Oltre alla menzione inserita nella descrizione di Firenze [01/06], troviamo San Miniato nella narrazione della Battaglia di Campaldino (1289). Infatti, quella di Dino Compagni, è considerata la cronaca più precisa e circostanziata di quell’episodio bellico [02/06] [03/06] [04/06]. D’altra parte, durante la campagna militare contro Arezzo, Dino Compagni ricopriva la carica di Priore delle Arti e dunque poté disporre di notizie diretti o di fonte molto attendibile. Per questo sappiamo che a Campaldino furono impegnate due “squadre” di sanminiatesi: una guidata da Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli e l’altra da Barone Mangiadori, indicato come franco et esperto cavaliere in fatti d’arme, che avrebbe anche suggerito la strategia vincente su come condurre la battaglia. Gli aggettivi utilizzati dal Compagni per descrivere Benedetto Mangiadori sono estremamente significativi: egli è indicato come “franco”, ovvero “libero”, probabilmente sinonimo di “mercenario”, assoldato appositamente per l’occasione; è valutato “esperto”, cioè dotato di esperienza di guerra, evidentemente impegnato in numerose attività belliche negli anni precedente e quindi persona molto competente. Malpiglio dei Ciccioni-Malpigli, invece, non può vantare i medesimi aggettivi del Mangiadori, ma è probabile che il suo ruolo fosse parimenti quello di mercenario. Curioso che egli avesse ricoperto la carica di Podestà di Arezzo nel 1276 e nel 1278 e dunque aveva maturato importanti legami con la classe dirigente aretina. Ma forse è proprio per riscattare il suo passato nella città nemica che lo troviamo impegnato in prima linea. D’altra parte il centro di San Miniato, dopo la cacciata dei Vicari Imperiali (1288), era entrato nell’orbita guelfa, così come la sua classe dirigente, sebbene composta in larga parte da magnati, tendenzialmente avversari dei popolani.

Troviamo poi San Miniato nelle vicende conseguenti alla cacciata da Firenze di Giano della Bella, che aveva dominato la scena politica fiorentina dal 1292 al 1295. Infatti intervenne Giovanni di Chalon che era stato nominato Vicario Imperiale per la Toscana che ben presto entrò in rotta di collisione con i magnati fiorentini. Dopo alcune vicissitudini, i Fiorentini cercarono di sostenere Giovanni in una “azione” volta a recuperare San Miniato che dicea appartenersi a lui per vigore d’Inperio In realtà, come spiegato da Dino Compagni, si sarebbe trattato di un tentativo dei Fiorentini di assestare un nuovo duro colpo agli Aretini che sostenevano il vicario. Tuttavia l’intendimento venne scoperto e non trovò messa in pratica [05/06].
L’ultima menzione sanminiatese riguarda la partecipazione di San Miniato agli scontri fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri del 1301 [06/06]. Si tratta di quegli scontri che fecero da preludio alla cacciata di Dante Alighieri da Firenze (1302).

Di seguito il regesto:


06/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI



Guelfi Bianchi vs Neri (1301)
[…] I cittadini di Parte nera parlavano sopra mano, dicendo: «Noi abiamo il signore in casa; il Papa è nostro protettore; gli adversari nostri non sono guerniti né da guerra né da pace; danari non ànno; i soldati non sono pagati». Eglino aveano messo in ordine tutto ciò che a guerra bisognava, per accogliere tutte le loro amistà nel sesto d’Oltrarno; nel quale ordinorono tenere Sanesi, Perugini, Lucchesi, Saminiatesi, Volterrani, Sangimignanesi. Tutti i vicini avean corrotti: e avean pensato tenere il ponte a Santa Trinita, e dirizare su due palagi alcuno edificio da gittare pietre: e aveano inviati molti villani dattorno, e tutti gli sbanditi di Firenze. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro II, pp. 92-93.


05/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

05/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI


Conseguenze della cacciata di Giano della Bella (1295)
[…] Scacciato Giano della Bella a dì 5 di marzo 1294 (da leggere in stile ab incarnatione, ovvero 1295, n.d.r.] e rubata la casa e meza disfatta, il popolo minuto perdé ogni rigoglio e vigore, per non avere capo; né a niente si mossono. I cittadini chiamarono per Podestà uno che era Capitano. […] i cittadini rimasono in gran discordia; chi il lodava, e chi il biasimava. Messer Giovanni di Celona, venuto a petizione de’ Grandi, volendo fornire ciò che promesso aveva, e aquistare ciò che gli era stato promesso, domandava la paga sua di cavalli 500 che seco avea menati. Fugli dinegata, essendogli detto non avea atteso quello avea promesso. Il cavaliere era di grande animo: andossene ad Arezo agli adversari de’ Fiorentini a’ quali disse: «Signori, io sono venuto in Toscana a petizione de’ Guelfi da Firenze: ecco le carte: i patti mi niegano; ond’io e’ miei compagni saremo con voi a dar loro morte come a nimici». Onde gli Aretini, i Cortonesi, e gli Ubertini, li feron onore. I Fiorentini, sentendo questo, mandorono a papa Bonifazio, pregandolo che si inframmettesse in fare tra loro accordo. E così fece: che giudicò i Fiorentini li dessono fiorini 20.000; i quali gliel dierono; e rifatti suoi amici, vedendo che gli Aretini si fidavano di lui, ordinorono con lui che, tornando ad Arezo, si mostrasse nostro nimico, e che li conducesse a tòrci Saminiato, che dicea appartenersi a lui per vigore d’Inperio, per lo quale era venuto e aveane mandato. Ma uno, il quale sapea il segreto, il palesò per leggiereza d’animo, e per mostrare sapea le cose segrete; e colui a cui lo disse, lo fece assapere a messern Ceffo de’ Lanberti: onde gli Aretini lo sentirono, e al cavaliere dierono licenzia con tutta la sua gente. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro I, pp. 39-41.

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04/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

04/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI


Strategia di Barone Mangiadori per la battaglia (1289)
[…]  Mossono le insegne al giorno ordinato i Fiorentini, per andare in terra di nimici: e passarono per Casentino per male vie; ove, se avessono trovati i nimici, arebbono ricevuto assai danno: ma non volle Dio. E giunsono presso a Bibbiena, a uno luogo si chiama Campaldino, dove erano i nimici: e quivi si fermorono, e feciono una schiera. I capitani della guerra misono i feditori alla fronte della schiera; e i palvesi, col campo bianco e giglio vermiglio, furono attelati dinanzi. Allora il Vescovo, che avea corta vista, domandò: «Quelle, che mura sono? ». Fugli risposto: «I palvesi de’ nimici». Messer Barone de’ Mangiadori da San Miniato, franco et esperto cavaliere in fatti d’arme, raunati gli uomini d’arme, disse loro: «Signori, le guerre di Toscana si soglìano vincere per bene assalire; e non duravano, e pochi uomini vi moriano, ché non era in uso l’ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per stare bene fermi. Il perché io vi consiglio, che voi stiate forti, e lasciateli assalire». E così disposono di fare. Gli Aretini assalirono il campo sì vigorosamente e con tanta forza, che la schiera de’ Fiorentini forte rinculò. La battaglia fu molto aspra e dura: cavalieri novelli vi s’erano fatti dall’una parte e dall’altra. […] Molti quel dì, che erano stimati di grande prodeza, furono vili; e molti, di cui non si parlava, furono stimati. Assai pregio v’ebbe il balio del capitano, e fuvi morto. […] Furono rotti gli Aretini, non per viltà né per poca prodeza, ma per lo soperchio de’ nimici. Furono messi in caccia, uccidendoli: i soldati fiorentini, che erano usi alle sconfitte, gli amazavano; i villani non aveano piatà. […] Più insegne ebbono di loro nimici, e molti prigioni, e molti n’uccisono; che ne fu danno per tutta la Toscana. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro I, pp. 20-24.



03/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

03/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI


Adesione dei sanminiatesi alla guerra contro Arezzo (1289)
[…] Sentitasi pe’ Fiorentini la loro diliberazione, i capitani e governatori della guerra tennono consiglio nella chiesa di San Giovanni, per qual via fusse il megliore andare, sì che fornire si potesse il campo di quel bisognasse. Alcuni lodavano l’andata per Valdarno, acciò che, andando per altra via, gli Aretini non cavalcassono quivi, e non ardessono i casamenti del contado; alcuni lodavano la via del Casentino, dicendo che quella era migliore via, assegnandone molte ragioni. Uno savio vecchio, chiamato Orlando da Chiusi, e Sasso da Murlo, gran castellani, temendo di loro deboli castella, dierono per consiglio si pigliasse quella via, dubitando che, se altra via si pigliasse, non fussono dagli Aretini disfatte, ché erano di loro contado; e messer Rinaldo de’ Bostoli, che era degli usciti d’Arezo, con loro s’accordò. Dicitori vi furono assai; le pallottole segrete si dierono: vinsesi d’andare per Casentino. Ma con tutto fusse più dubbiosa e pericolosa via, il meglio ne seguì. Fatta tal diliberazione, i Fiorentini accolsono l’amistà; che furono: i Bolognesi con CC cavalli, Lucchesi con 200, Pistolesi con 200; de’ quali fu capitano messer Corso Donati cavaliere fiorentino: Mainardo da Susinana con 20 cavalli e 300 fanti a pié, messer Malpiglio Ciccioni con 25, e messer Barone Mangiadori da San Miniato, li Squarcialupi, i Colligiani, e altre castella di Valdelsa: sì che fu il numero, cavalli 1300 e assai pedoni. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro I, pp. 19-20.


02/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

02/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI


Preparativi guerra contro Arezzo (1289)
[…] I Guelfi fiorentini e potenti aveano gran voglia andare a oste ad Arezo: ma a molti altri, popolani, non parea; sì perché diceano la impresa non esser giusta, e per sdegno aveano con loro degli ufici. Pur presono a soldo uno capitano, chiamato messer Baldovino di Soppino, con 4000 cavalli: ma il Papa lo ritenne, e però non venne. Gli Aretini richiesono molti nobili e potenti Ghibellini di Romagna, della Marca, e da Orvieto: e mostravano gran francheza di volere la battaglia, e acconciavansi a difendere la loro città, e di prendere il vantaggio a’ passi. I Fiorentini richiesono i Pistolesi, i Lucchesi, Bolognesi, Sanesi, e Sanminiatesi, e Mainardo da Susinana gran capitano, che avea per moglie una de’ Tosinghi. In quel tempo venne in Firenze il re Carlo di Sicilia, che andava a Roma; il quale fu dal Comune onoratamente presentato, e con palio e armeggerie: e da’ Guelfi fu richiesto d’uno capitano con le insegne sue. Il quale lasciò loro messer Amerigo di Nerbona, suo barone e gentile uomo, giovane e bellissimo del corpo, ma non molto sperto in fatti d’arme, ma rimase con lui uno antico cavaliere suo balio, e molti altri cavalieri atti ed esperti a guerra, e con gran soldo e provisione. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro I, pp. 15-17.




01/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI

01/06 SAN MINIATO NELLA CRONICA DI DINO COMPAGNI


Descrizione di Firenze
[…] Pisa è vicina a Firenze a miglia 40, Lucca a miglia 40, Pistoia a miglia 20, Bologna a miglia 58, Arezo a miglia 40, Siena a miglia 30, San Miniato in verso Pisa a miglia 20, Prato verso Pistoia a miglia 10, Monte Accienico verso Bologna a miglia 22, Fighine verso Arezo a miglia 16, Poggi Bonizi verso Siena a miglia 16; tutte le predette terre con molte altre castella e ville; e da tutte le predette parti, sono molti nobili uomini conti e cattani, i quali l’amano più in discordia che in pace, e ubidisconla più per paura che per amore. La detta città di Firenze è molto bene popolata, e generativa per la buona aria; i cittadini bene costumati, e le donne molto belle e adorne; i casamenti bellissimi, pieni di molte bisognevoli arti, oltre all’altre città d’Italia. Per la quale cosa molti di lontani paesi la vengono a vedere, non per necessità, ma per bontà de’ mestieri e arti, e per belleza e ornamento della città. […]

D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, G. Barbera Editore, Firenze, Libro I, pp. 4-6.



venerdì 20 settembre 2019

ADDSM – 1278, 27 APRILE – MALPIGLIO PODESTA’ DI AREZZO

a cura di Francesco Fiumalbi


ADDSM – 1278, 27 APRILE. MALPIGLIO PODESTA’ DI AREZZO

SPOGLIO: Il Comune di Firenze richiede al Comune di Arezzo il prestito di dodicimila lire fattogli da molto tempo. Arezzo, 27 aprile 1278 [in margine: Instrumentum requisitionis facte Comuni Aretii per Comune Florentie debiti librarum XIIm].

Il documento originale è conservato in triplice copia presso l’Archivio di Stato di Firenze, Fondo Capitoli, Registri, n. XXVI, c. 238; n. XXIX, c. 289; n. XXXIII, c. 183.

COMMENTO di Francesco Fiumalbi
Il documento proposto in questa pagina è datato all’anno 1278, in un periodo in cui il Comune di Arezzo poteva ancora vantare una completa autonomia politica, sebbene oscillante fra la sfera guelfa e quella ghibellina. Siamo nel decennio che precede la battaglia di Campaldino (1289), quando la città aretina divenne il centro del ghibellinismo toscano. Tuttavia l’anno 1278 si inserisce in un periodo di grande stabilità per la città, tanto che il Vescovo Guglielmo degli Ubertini dette avvio ai lavori per la costruzione della nuova chiesa cattedrale, dedicata ai SS. Pietro e Donato.

Tornando all’atto proposto, questo presenta un particolare motivo di interesse per San Miniato. Infatti, dalle informazioni collaterali all’oggetto specifico del documento – la restituzione di un prestito di 12 mila lire al Comune di Firenze – troviamo un tale Malpiglio da San Miniato a ricoprire la carica di podestà del Comune di Arezzo. Inoltre è indicato anche un secondo sanminiatese, un tale Miniato Iacobi (forse da leggere come Miniato di Iacopo) che svolgeva la professione di notaio per conto di Malpiglio. Infatti quando venivano eletti i podestà, questi si portavano dietro la propria “squadra”, ovvero i collaboratori più stretti e fidati. D’altra parte, il podestà doveva avere competenze politiche notevoli ed aveva bisogno di “tecnici”, esperti di diritto pubblico, amministrativo e consuetudinario, affinché l’azione politica fosse incisiva e funzionale.

Malpiglio faceva parte della consorteria sanminiatese dei Malpigli-Ciccioni, potente famiglia del Terziere di Castelvecchio. Nato intorno al 1240, era figlio di Arrigo di Malpiglio di Ranieri. Nel 1268 si impegnò per scambiare il padre Arrigo, imprigionato a Pisa, con il Conte Pigello da Ganfalandi detenuto a Volterra. Fu Podestà ad Arezzo (1276 e 1278), di Prato (1279 e 1290), di San Gimignano (1279 e 1284). Nel 1297 risultò ormai defunto. Tuttavia Malpiglio non era solo un politico, bensì anche un miles, un uomo d’armi, come dimostra la sua presenza sul campo di battaglia a Campaldino (1289), in cui si distinse a guida di un contingente armato costituito da 25 sanminiatesi. Curioso il fatto che fosse impegnato in prima persona, proprio lui che era stato Podestà di Arezzo nel 1276 e nel 1278 e che, dunque, poteva vantare legami significativi con l’ambiente aretino.

In qualche modo Malpiglio raccolse l’eredità del nonno Malpiglio, che fu Podestà a Treviso, Padova e Siena negli anni ’20 del XIII secolo, mentre non abbiamo attestazioni significative dell’attività del padre, Arrigo, se non che era stato Vicario Imperiale a Poggibonsi nel 1242. Aveva un fratello di nome Piglio e due figli, Bertoldo e Filippo. Il primo rinverdirà i fasti del bisnonno Malpiglio, divenendo Podestà a Padova (1298), Orvieto (1300), San Gimignano (1307), Bologna (1307, 1308) e Capitato del Popolo a Perugia (1310-1311) e Prato (1313), per poi essere catturato dai Pisani durante la Battaglia di Montecatini (1315). Il secondo fu Podestà a San Gimignano (1294) e Capitano del Popolo a Orvieto (1306).
In ogni caso, questo documento rappresenta una dimostrazione di come il Comune di San Miniato avesse un ruolo politico importante nello scacchiere politico della Toscana del tempo e di come la propria classe dirigente avesse maturato un rango elevato, tanto che i suoi esponenti venivano chiamati a ricoprire incarichi politici al vertice delle principali città della regione. Questa situazione durerà ancora per qualche decennio fino alla prima metà del ‘300, quando, con l’allargamento dell’egemonia di Firenze sulla Toscana, le cariche politiche e le strategie cittadine saranno sempre più fiorentino-centriche.

Fonti e bibliografia: Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi di Dino Compagni, a cura di G. Luzzatto, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1968, Libro VII, Cap. CXXXI, p. 161; V. Mazzoni, Le famiglie del ceto dirigente sanminiatese (secc. XIII-XIV). Prima parte, in «Miscellanea Storica della Valdelsa», Anno CXVI, n. 1-3 (315-317), Edizioni Polistampa, Firenze, 2011, pp. 180, 217-218; V. Mazzoni, San Miniato al Tedesco. Una terra toscana nell’età dei comuni (secoli XIII-XIV), Società Storica della Valdelsa, Pacini Editore, Pisa, 2017, pp. 125, 180-181].

TRASCRIZIONE
Il documento originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, Fondo Capitoli, Registri, n. XXVI, c. 238; n. XXIX, c. 289; n. XXXIII, c. 183.

Di seguito è proposta la trascrizione, tratta da Documenti per la storia della Città di Arezzo nel Medio Evo, a cura di U. Pasqui, Vol. 2, R. Deputazione di Storia Patria, Firenze, 1916, pp. 444-445.

In Dei nomine amen. Anno incarnationis eius Millesimo ducentesimo septuagesimo octavo, indictione sexta, due vigesimo septimo mensis aprelis. Actum Aretii, presentibus testibus domino Aldobrandino de Piscia et domino Benedicto de Silva iudice et Miniato Iacobi de sancto Miniate notario domini Malpillii de sancto Miniate potestatis Aretii feliciter. Clareat omnibus evidenter quod Nexius filius Ugolini Iunte sindicus et procurator Comuni Florentie et masse partis Guelforum de Florentia a domino Guidone de Corigia capitaneo dicte masse et XII bonis viris positis super bono statu et custodia civitatis et Consilio generali etiam credentie dicte masse ad hec specialiter constitutis, ut in carta dicti dindicatus facta manu Amatoris domini Grassi parmensis notarii dicti domini capitanei sub predictis anno et indictione, silicet die sabati nono aprelis, plenarie continetur, tamquam sindicus et procurator dicti Comunis et masse, procuratorio nomine et sindicatus nomine pro ipsis Comuni Florentie et massa, coram Berardo notario qui predicta rogavit et inbreviavit, et testibus suprascriptis, petiis et requisivit dictum dominum Malpillium potestatem Arreti et dominum Egidium de Viterbio iudicem et vicarium domini Corradi de Alvianis capitanei populi Aretini et XXIIII, nec non et Consilium generale CCC dicti Comunis Aretii, ut reddant et restituant cum effectu sibi predictis Comuni Florentie et masse libras duodecim milia a dicto Comuni Florentie dicto Comuni Aretii mutuatas, vel a dicto Comuni Aretii sive ab eius sindico dicto Comuni Florentie ex mutuo promissas, cum ipse sit paratus eas recipere, et inde finem facere et quietationem secundum iuris ordinem, rogans me Berardum notarium de predictis facere publicum istrumentum.
Ego Giunta condam Splillian Burnecti imperiali autoritate iudex et notarius predicta omina rogata et imbreviata a Berardo Renaldi Accorsi imperiali auctoritate iudice ordinario et notario ex commissione michi ab eo facta, predicta omina hic scripsi et in publicam formam redegi, ideoque subscripsi et meum signum apposui.




DBDSM - CICCIONI-MALPIGLI MALPIGLIO

DBDSM - DIZIONARIO BIOGRAFICO DIGITALE DI SAN MINIATO


CICCIONI-MALPIGLI MALPIGLIO
Malpiglio di Arrigo di Malpiglio di Ranieri (San Miniato, 1240 ca - 1297ca) appartenente alla consorteria sanminiatese dei Malpigli-Ciccioni, potente famiglia del Terziere di Castelvecchio. Nato intorno al 1240, era figlio di Arrigo di Malpiglio di Ranieri. Nel 1268 si impegnò per scambiare il padre Arrigo, imprigionato a Pisa, con il Conte Pigello da Ganfalandi detenuto a Volterra. Fu Podestà ad Arezzo (1276 e 1278), di Prato (1279 e 1290), di San Gimignano (1279 e 1284). Nel 1297 risultò ormai defunto. Tuttavia Malpiglio non era solo un politico, bensì anche un miles, un uomo d’armi, come dimostra la sua presenza sul campo di battaglia a Campaldino (1289), in cui si distinse a guida di un contingente armato costituito da 25 sanminiatesi. Curioso il fatto che fosse impegnato in prima persona, proprio lui che era stato Podestà di Arezzo nel 1276 e nel 1278 e che, dunque, poteva vantare legami significativi con l’ambiente aretino. Si veda il post ADDSM - 1278, 27 APRILE - MALPIGLIO PODESTÀ AREZZO >>>

FONTI E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Archivio di Stato di Firenze, Fondo Capitoli, Registri, n. XXVI, c. 238; n. XXIX, c. 289; n. XXXIII, c. 183; ed. Documenti per la storia della Città di Arezzo nel Medio Evo, a cura di U. Pasqui, Vol. 2, R. Deputazione di Storia Patria, Firenze, 1916, pp. 444-445; Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi di Dino Compagni, a cura di G. Luzzatto, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1968, Libro VII, Cap. CXXXI, p. 161; V. Mazzoni, Le famiglie del ceto dirigente sanminiatese (secc. XIII-XIV). Prima parte, in «Miscellanea Storica della Valdelsa», Anno CXVI, n. 1-3 (315-317), Edizioni Polistampa, Firenze, 2011, pp. 180, 217-218; V. Mazzoni, San Miniato al Tedesco. Una terra toscana nell’età dei comuni (secoli XIII-XIV), Società Storica della Valdelsa, Pacini Editore, Pisa, 2017, pp. 125, 180-181.