di
Francesco Fiumalbi
ARCHIVIO
DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
1127,
ottobre, Donazione dell'Ospedale di San Lazzaro all'Abbazia di S.
Salvatore di Camaldoli
Foto di Francesco
Fiumalbi
In questo post è
proposto il commento relativo all'atto con cui l'ospedale di San
Lazzaro, nei pressi di Ponte a Elsa e del distrutto borgo di San
Genesio, viene donato all'Abbazia camaldolese di San Salvatore. Si
tratta del primo documento che attesta la presenza dell'ospedale. Per consultare la trascrizione ADDSM - 1127, ottobre.
I
PROTAGONISTI I
protagonisti dell'atto sono Beltramus
del fu Ruberti
e Scherius
del
fu Gutheroçi
di cui non abbiamo notizie, se non questo documento. I due uomini,
pro
remedio anime,
donarono l'ospedale di cui evidentemente possedevano il patronato,
all'Abbazia di San Salvatore di Camaldoli. A partire dal X secolo, le
pergamene pervenuteci (specialmente quelle dell'Archivio
Arcivescovile di Lucca) registrano innumerevoli atti di questo tipo,
in cui privati, laici, effettuano copiose donazioni di beni, fra cui
anche chiese e oratori privati, ad istituzioni monastiche o alle
curie episcopali. Negli ultimi anni, gli studiosi si sono molto
soffermati a cercare di comprendere questo fenomeno, così ampio ed
esteso. Senza entrare troppo nei dettagli della questione,
l'interpretazione più diffusa riconosce tali donazioni,
apparentemente dettate solo da esigenze di tipo spirituale, anche
come l'espediente giuridico per gestire sotto altra forma i grandi
patrimoni delle maggiori casate comitali e marchionali della Toscana.
Non ci dobbiamo scordare, infatti, che i monasteri e le strutture
ricettive come gli ospedali, erano quasi sempre esenti dai pagamenti
tributari. Di contro, i membri delle famiglie esercitavano una grande
influenza su quelle stesse istituzioni religiose destinatarie delle
donazioni, anche riguardo la gestione degli stessi patrimoni,
divenendone quindi i “patroni”, cioè esercitando i diritti di
“patronato”. Significativo, da un punto di vista linguistico, il
fatto che fra le parole “patroni” e “padroni” ci sia una sola
consonante di differenza, lasciando intuire una sfumatura che nei
documenti non è sempre così netta e precisa.
Per
descrivere il fenomeno, gli storici, ed in particolare Wilhelm Kurze,
hanno creato la definizione di “monasteri privati”, associandola
a quelle comunità religiose che avevano beneficiato di ingenti
donazioni da parte di ricche famiglie; da un punto di vista
storiografico forse non è propriamente corretta, come definizione,
ma senz'altro indicativa [in proposito W. Kurze, Monasteri
e nobilità nella Tuscia Altomedievale,
in W. Kurze, Monasteri
e nobiltà nel Senese e nella Toscana Medievale,
Accademi Senese degli Intronati, Siena, 1989, pp. 295-316].
L'OSPEDALE
E IL BORGO Innanzitutto
è il primo documento che attesta la presenza di un hospitium,
vale a dire un ospedale (con tutti i limiti e le sfumature, che può
avere una definizione di ospedale in epoca medievale), nei pressi del
borgo di San Genesio. Anzi, nell'atto viene specificato che questo
edificio si trovava in
capite burgi,
ovvero ad una delle estremità del borgo. Come abbiamo visto nel
commento del documento ADDSM – 1046, 1 dicembre,
a partire almeno dall'XI secolo, il borgo di San Genesio acquista una
dimensione ed una articolazione significativa. Ed è in questo quadro
che, probabilmente, deve essere vista la fondazione di una struttura
del genere. A questo va certamente aggiunta l'importanza dello snodo
stradale costituito da San Genesio, una vera e propria sub-mansiones
lungo la via Pisana e la via Francigena, tappa obbligata per il
traffico abbastanza intenso che attraversava il centro della Toscana
medievale.
LA
NATURA DELL'OSPEDALE Dal
documento è possibile anche formulare un'ipotesi circa la natura
assistenziale dell'ospedale. Non ci dobbiamo dimenticare che spesso
con il termine spedale
erano indicate anche le strutture ricettive, atte ad ospitare i
viandanti. In questo caso, i due donatori, oltre a specificare che i
beni mobili ed immobili dell'ospedale non potevano essere venduti,
perché utili alle attività del detto ospedale, sottolineano che
questi dovevano essere altresì destinati ai poveri. Quindi sembra
possibile, effettivamente, che già al momento della sua fondazione
la struttura fosse al servizio dei poveri, dei malati e degli
infermi, in altre parole che fosse un'istituzione di tipo
assistenziale. In seguito, l'ospedale verrà indicato
sotto il titolo di San Lazzaro, il quale secondo la tradizione dei Vangeli, essendo deceduto
a seguito di una malattia, venne resuscitato da Gesù. Dunque
l'intitolazione a San Lazzaro acquista anche una connotazione di tipo
programmatico.
L'ospedale
di San Lazzaro rimarrà ufficialmente attivo fino al 1784, quando fu
unito alle strutture sanminiatesi della SS. Annunziata e dei SS.
Cosma e Damiano (ospedale dei Poveri Padri Pellegrini), di San Nicola
di Bari e di Santa Maria della Scala, per formare un'unica grande
istituzione, che prenderà il nome di “Spedali Riuniti”.
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