di
Francesco Fiumalbi
Quante
volte si usa dire “mettere alla berlina”? E' un'espressione che
ha una connotazione negativa, anche se spesso viene usata senza
conoscerne il significato originario. Come spiega Ottorino Pianigiani
(Dizionario
Etimologico della Lingua Italiana,
Roma, 1907, p. 147), fino a qualche secolo fa la “berlina” era
una sorta di tavola o di palco, o comunque qualcosa di elevato, su
cui veniva posizionato il condannato di turno per essere esposto al
pubblico scherno. Insomma si trattava né più né meno di una specie
di “gogna”.
Ebbene,
anche San Miniato aveva la sua “berlina”. D'altra parte la Città
della Rocca era sede dal 1370 di un Vicario fiorentino, con annessi
tribunale, carcere e luoghi per le esecuzioni (vedi il post LE
FORCHE DI SAN MINIATO BASSO).
Questo luogo dove i condannati
venivano esposti alla pubblica gogna si trovava nell'odierna Piazza
del Seminario, ovvero in quella che un tempo veniva chiamata “Piazza
della Cittadella”, per la presenza di un vero e proprio quartiere
militarizzato e controllato dai Fiorentini.
La “berlina” si trovava
precisamente accanto alla fontanella, oggi restaurata ma non
funzionante. Quindi di fianco al passaggio che conduce in Piazza del
Duomo. Doveva trattarsi di una sorta di colonna, abbastanza spessa,
ad uso piedistallo. Al di sopra veniva alloggiata una specie di
gabbia con all'interno il condannato rinchiuso. Di questo ce ne parla
Giuseppe Piombanti:
«Nel
mezzo di questa piazza sorgeva la statua della granduchessa Maria
Maddalena d'Austria; aveva difaccia, sotto il palazzo del vescovo,
una fontana, ora abbandonata, alla quale veniva l'acqua dal
soprastante colle, e accanto alla fonte era la colonna della berlina,
dove stata seduto ed esposto il condannato, mentre sul palazzo della
pretura suonava una campana».
[Giuseppe
Piombanti, Guida
della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie
storiche antiche e moderne,
Tip. Ristori, San Miniato, 1894, p. 76]
La “berlina” a San
Miniato
Disegno di Francesco
Fiumalbi
Non è dato sapere per
quanto tempo sia stata praticata la “berlina” a San Miniato.
Probabilmente era già in uso nel medioevo e continuò forse fino al
XVII o XVIII secolo. Piombanti questo non lo dice, così come non
dice da dove abbia tratto l'informazione. Probabilmente raccolse una
memoria popolare. E se l'immagine della “berlina” era ancora
presente nei ricordi dei sanminiatesi alla fine dell'800, non doveva
essere stata abolita in epoche tanto remote.
Inoltre, facendo
attenzione, nella porzione di muro sulla destra della fontana si
possono notare ancora oggi alcuni elementi in ferro del tutto
singolari: un anello disposto in alto, una specie di reggi-torcia, e
un altro elemento a forma di “W”, una sorta di staffa, che
probabilmente serviva per legare una fune. Non sappiamo a cosa
servissero esattamente, ma potrebbero avere a che fare proprio con la
“berlina”. Vediamo come.
Per issare la gabbia
del condannato serviva una fune, collegata all'altro capo alla sella
di un cavallo o ad un bove. Facendo passare la fune da un anello
posto in alto, l'animale muovendosi avrebbe tirato la corda e fatto
salire la gabbia. Una volta in posizione, la corda sarebbe dovuta
essere opportunamente fermata e legata ad una staffa per evitare che
il condannato, dimenandosi, rischiasse di cadere. Se poi tale
operazione doveva svolgersi di notte, una torcia avrebbe fatto
comodo. Ecco che tutti quegli elementi, apparentemente privi di
logica, potrebbero acquistare un significato ben preciso.
Significativo poi che
dal “palazzo della Pretura” (oggi Hotel Miravalle), che era stato
la sede dei vicari fiorentini fino a tutto il '700 si elevasse il
suono di una campana, che serviva semplicemente per attirare la
popolazione e segnalare la presenza del condannato “messo alla
berlina”.
L'area dove si trovava
la “berlina”
Foto di Francesco
Fiumalbi
Alcuni elementi in
ferro che forse erano utilizzate per la “berlina”
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