venerdì 28 febbraio 2014
SAN GENESIO DOCUMENTI
SAN GENESIO - CHIESA E BORGO (VICO WALLARI)
715, 5 luglio - ACDA - S. Genesio - 1° docum. TRASCRIZIONE - COMMENTO
763, 17 aprile - AAL - Pieve S. Genesio TRASCRIZIONE e COMMENTO
780, 30 aprile - ASFi - Camaldoli TRASCRIZIONE e COMMENTO
861, 30 giugno - AAL - Castiglione - 1° docum. TRASCRIZIONE e COMMENTO
902, 18 luglio - AAL - S. Miniato - 1° docum. TRASCRIZIONE e COMMENTO
1046, 01 dicembre - ASFi - Camaldoli TRASCRIZIONE - COMMENTO
1127, ottobre, - ASFi - Camaldoli TRASCRIZIONE - COMMENTO
1147, 07 ottobre - ASFi, Camaldoli TRASCRIZIONE e COMMENTO
1165, ottobre - ASFi - Pistoia - S. Zenone TRASCRIZIONE e COMMENTO
SAN GENESIO - CHIESA DI SAN CRISTOFORO
1059, 10 settembre - ASFi - Badia Fiorentina TRASCRIZIONE e COMMENTO
SAN GENESIO - CHIESA DI SAN PIETRO
1195, 24 aprile - AVSM - S.Genesio Bolla Papale TRASCRIZIONE - COMMENTO
SAN GENESIO - CHIESA E OSPEDALE DI SAN LAZZARO
1127, ottobre, - ASFi - Camaldoli TRASCRIZIONE - COMMENTO
1147, 07 ottobre - ASFi, Camaldoli TRASCRIZIONE e COMMENTO
mercoledì 26 febbraio 2014
STORIA URBANISTICA DI SAN MINIATO BASSO
di
Francesco Fiumalbi
Grazie
ai preziosi dati cartografici e alle ortofoto messe a disposizione e
consultabili nel portale del Servizio Geografico della Regione Toscana
siamo in grado di osservare l'evoluzione del territorio toscano
nell'arco degli ultimi due secoli. Queste informazioni, rilasciate
con specifici protocolli Creative Commons, costituiscono la base
irrinunciabile per qualsiasi tipo di analisi storico-morfologica
sulle trasformazioni urbane, territoriali e paesaggistiche della
nostra Regione. Il Servizio Geografico è veramente di un'eccellenza
nel suo campo, per la qualità e le modalità al passo con i tempi
con cui viene svolto il servizio.
Fatta
questa doverosa premessa, con questo post dedicato a San Miniato
Basso (o se preferite “Pinocchio”), viene inaugurato un ciclo di
piccoli approfondimenti sulla storia dello sviluppo degli
insediamenti urbani del Comune di San Miniato. Si tratta di brevi
analisi sintetiche, basate su periodizzazioni cartografiche e
ortofotografiche. Per i non addetti ai lavori, le cosiddette
“ortofoto” sono quelle fotografie scattate in modo zenitale da un
aereo appositamente attrezzato, successivamente ortorettificate, in modo da eliminare le piccole distorsioni prospettiche, dovute anche al gruppo ottico della macchina.
P.S. Cliccando sulle immagini è possibile ingrandirle. Chi è interessato ad immagini di dettaglio può collegarsi direttamente al servizio on line con la piattaforma Geoscopio della Regione Toscana.
P.S. Cliccando sulle immagini è possibile ingrandirle. Chi è interessato ad immagini di dettaglio può collegarsi direttamente al servizio on line con la piattaforma Geoscopio della Regione Toscana.
L'OTTOCENTO:
LA BORGATA DEL PINOCCHIO
In
questa prima immagine è proposta la sintesi di varie Sezioni del
Catasto Generale della Toscana, meglio noto come “Catasto
Leopoldino” e datato, per il territorio sanminiatese, ai primi anni
'30 dell'800.
Catasto
Generale della Toscana, Comunità
di San Miniato,
sintesi delle Sezioni “B”, Colline
adiacenti alla Città,
fogli 1, 2, 3, Sezione “C”, Piano
del Castellonchio e della Catena,
fogli 1 e 3, Sezione “D”, Casale
e Intrajno,
fogli 1, 2, 3.
Archivio
di Stato di Pisa, Catasto Terreni, Mappe, San Miniato, nn. 2, 3, 4,
8, 10, 14, 15, 16
Immagine
tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione
Toscana e Archivi di Stato Toscani
Per
gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright
Il
Catasto ci mostra un territorio completamente agricolo, solcato
dall'importante direttrice stradale, l'antica “Strata
Pisana”, poi Strada
Regia Postale, quella che oggi chiamiamo Strada Statale n. 67 via
Tosco-Romagnola Est. Le altre due strade in evidenza sono la via
del Pinocchio (attuale
via Aldo Moro) e la strada
per Fucecchio, poi via
della Stazione e dal 1939 viale Guglielmo Marconi.
All'incrocio fra queste strade si era già sviluppata una piccola
borgata, quella che poi prenderà il nome di Pinocchio. Presenti la
chiesa, dedicata ai SS. Martino e Stefano e costruita alla fine del
'700, e l'Osteria del Pidocchio, documentata dal '600. Sulla carta è
ancora presente “Le Forche”, ma solo come toponimo, dal momento
che le esecuzioni non vi si facevano più già da qualche decennio
(vedi il post LE FORCHE DI SAN MINIATO BASSO).
Per il resto campi coltivati, intervallati da alcuni piccoli corsi
d'acqua (il Rio Pinocchio, il Rio Casale e il Rio Santa Maria), da
tante piccole strade, poco più che sentieri. Come si dice in
Toscana, da tante piccole “resole”.
Trattandosi
di una cartografia, ovvero di un disegno realizzato su base geometrica, con questa non
abbiamo a disposizione un quadro del “paesaggio” vero e proprio.
Conosciamo quali erano le coltivazioni praticate e le essenze
arboree più diffuse, ma ci manca l'immagine vera e propria, quella che da sola può descrivere il paesaggio. Sappiamo per certo che la campagna era tutta
completamente insediata, almeno a partire dal '400, con la formula
della “mezzadria”:
il proprietario terriero suddivideva la sua proprietà in tanti
piccoli appezzamenti, che poi assegnava ad un colono o “mezzadro”,
con tanto di casa e di strutture annesse, in funzione della
consistenza del nucleo familiare. Più grande era la famiglia e più
grande era il terreno in grado di coltivare. Il “mezzadro”, a
titolo di affitto, corrispondeva al proprietario la metà del
raccolto ottenuto dai campi. Questa formula di contratto agrario, è
bene ricordarlo, rimarrà in essere nella legislazione italiana ben
oltre il secondo dopoguerra. Sicuramente minoritaria, invece, la porzione di
campagna che era coltivata direttamente dai piccoli proprietari
terrieri.
SAN
MINIATO BASSO NEL 1954
La
seconda immagine è una sintesi di alcune ortofoto scattate nel 1954.
E' trascorso più di un secolo dalla formazione del Catasto "Leopoldino", oggetto dell'immagine precedente. L'Italia nel frattempo è stata unificata, sono avvenuti i due conflitti
bellici mondiali, ed è nata, non senza difficoltà, la Repubblica.
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La
prima cosa da notare è la ferrovia, costruita alla metà dell'800 e
rimessa in funzione dopo i danneggiamenti della Seconda Guerra
Mondiale. Nei pressi della Stazione, già a partire dal primi anni
del '900 si è formata una piccola borgata, con alcuni servizi
annessi e connessi, come la posta, il telegrafo e lo scalo merci. Nei
pressi c'è anche la “SAIAT”, acronimo di Società Anonima
Industrie Alimentari Toscane, meglio nota come la “fabbrica delle
conserve”, di cui rimane ancora oggi l'alta ciminiera. Ed è
interessante notare, che nonostante siano passati tanti anni dalla sua messa
in funzione, la ciminiera della SAIAT è ancora oggi la costruzione più alta di
tutto San Miniato Basso.
All'incrocio
fra la “Stradale” e le due strade per San Miniato e Fucecchio, la
piccola borgata del Pinocchio, che dal 1924 si chiama San Miniato
Basso, si è un pochino allargata. L'asse privilegiato
dell'espansione urbana è quello della Tosco Romagnola, probabilmente
l'unica strada asfaltata dell'epoca. Iniziano a comparire alcuni
gruppi di case, specialmente in direzione di La Scala, fra cui le
cosiddette “Case Nuove”, con la vicina Vetreria Elmi in funzione
già dai primi anni del secolo. Cominciano a far capolino le prime
case anche lungo il viale G. Marconi e l'unica scuola del paese, la
Scuola Elementare “Dante Alighieri”, si affaccia sulla Statale,
nei pressi dell'incrocio verso il Ponte di Ribecco. C'è anche il
“Tiratoio”, ma sono pochi i “pinocchini” che possono
permettersi di pagare la quota d’iscrizione.
Tutt'intorno
ci sono campi e non c'è un terreno lasciato incolto. Da questa
immagine, a differenza della cartografia catastale, possiamo
cominciare ad apprezza il paesaggio agrario. Nel 1954 il sistema
mezzadrile era ancora perfettamente in piedi. I campi sono
organizzati secondo il classico schema dell'“appoderamento”. La
parte centrale dell'appezzamento è coltivata a seminativo, con ai
lati le fosse, e scanditi dai filari di vite maritata ad altre
piante, come il pioppo o il salice.
Il
boom industriale si comincia ad intravedere, ma è ancora
relativamente lontano. Per trovare le prime grandi fabbriche bisogna
andare a Ponte a Egola o a Santa Croce sull’Arno da una parte e ad
Empoli dall'altra. San Miniato Basso, in questo periodo, è ancora un
centro completamente agricolo, con pochissime attività commerciali,
un paio di fabbriche, e tanti contadini.
SAN
MINIATO BASSO NEL 1978
Nei
24 anni che vanno dal 1954 al 1978 avviene il “miracolo”, il boom
economico italiano. E questa terza immagine ce lo mostra
perfettamente.
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In
questo periodo di tempo succede un po' di tutto. La popolazione di
San Miniato Basso risulta più che raddoppiata, sia per effetto del
cosiddetto “Baby boom”, sia per la forte immigrazione interna
dalle regioni del Meridione, sia per l'inurbamento dalle aree
agricole. L'Urbanistica, da essere un ambito legislativo di
prerogativa Statale, a partire dal 1971 diventa in concorso con le
Regioni. Il Comune di San Miniato, già negli anni '60 si era dotato
del suo primo Piano Regolatore Comunale, poco prima che tale
strumento diventasse di fatto obbligatorio con la Legge 765/1967, la
cosiddetta “Legge Ponte”. Il piano fu firmato, anche se
rimaneggiato rispetto alle indicazioni iniziali, da Edoardo Detti,
lo stesso che pochi anni prima aveva compilato di Piano di Firenze.
Detti era una figura molto qualificata e di grande esperienza, e San
Miniato Basso, nelle indicazioni del PRG, doveva diventare la
naturale espansione del centro storico San Miniato, che veniva
vincolato e salvaguardato nella sua integrità morfologica e nella
sua specificità paesaggistica. Un programma, questo, che all'epoca
poteva essere considerato d'avanguardia, seppur abbia ottenuto
alterni risultati.
Fra
il 1954 e il 1978, l'espansione urbana di San Miniato Basso si
concentra attorno all'incrocio, al suo centro naturale, per poi
trovare consistenza privilegiando l'asse della “Statale” in
direzione di La Scala. Questo cominciava a strutturarsi già nel
1954, e qui vanno concentrandosi le attività commerciali. L'abitato
acquista anche spessore, grazie all'edificazione lungo le piccole
strade laterali: le vie Candiano, della Vigna, dei Beccai, Poliziano,
del Piano e dei Prati da una parte e Torta, Pozzo e Pinocchio
dall'altra. Si nota anche l'urbanizzazione delle aree interposte fra
il Viale G. Marconi e via Parini, con le nuove strade dedicate a G.
Pirandello, E. Fermi, G. Giusti e G. Meucci. A differenza dei grandi
centri industriali, il tessuto urbano che va formandosi e
consolidandosi a San Miniato Basso è a bassa densità insediativa.
Da un punto di vista morfologico, la maglia è, per così dire, di
tipo “a pettine”: c'è la presenza di un asse forte e consolidato
(il manico), da cui si diramano tanti piccoli assi minori (i denti
del pettine). Si tratta per buona parte di edilizia “spontanea”,
realizzata prima dell'adozione del PRG.
A
partire dagli anni '60 la scuola elementare ha finalmente una sede
nuova e moderna in via De Amicis, dove, nella stessa strada trovano
spazio anche gli alloggi popolari del piano INA Casa, conosciuti
anche come “Case Fanfani”, e di cui parleremo in un apposito
post. Si vede, e sembra in costruzione, la Scuola Materna fra le vie
Candiano e Goldoni. Inoltre, l'individuazione delle aree da destinare
ai Piani di Edilizia Economica e Popolare (PEEP), istituiti con la
Legge 167/1962, e incoraggiati da norme successive (ad es. L.
865/1971, la cosiddetta “Legge per la Casa”), fanno sì che
vengano costruite anche le prime unità condominiali nelle vie Tasso
e della Vigna.
Un'altra
cosa destinata a cambiare per sempre i connotati a San Miniato Basso
è la costruzione della “Superstrada”, la Strada di Grande
Comunicazione Firenze Pisa Livorno, resa ormai indispensabile per
effetto della cosiddetta “motorizzazzione” di massa. Si intravede
l'avvio della realizzazione del tracciato, e si comincia a delineare
la rampa di entrata/uscita di San Miniato. Ancora non è stato
realizzato il cavalcavia su Viale G. Marconi, che di lì a poco
prenderà il posto di una casa costruita proprio in quel punto.
Vicino al futuro tracciato della Fi-Pi-Li si nota anche la nascita di
una prima zona artigianale, corrispondente alle vie A. Volta e
Selene. Compare anche la “Vires” in direzione di La Scala.
E
poi, non dobbiamo dimenticare la costruzione di importanti centri di
aggregazione, come la Casa Culturale, comunemente chiamata per
sineddoche “Sombrero”, e il Palazzetto dello Sport a Fontevivo.
Le
aree circostanti sono ancora prevalentemente agricole, anche se la
“mezzadria” è stata superata. E' interessante questa immagine
perché ci mostra una fase cruciale per la nostra campagna: il
progressivo abbandono della sistemazione ad '“appoderamento”, a
vantaggio di appezzamenti più grandi, dove prenderà piede la
“monocoltura”. E questo avvenne come conseguenza della
progressiva “meccanizzazione” dell'agricoltura. Il classico
schema della “proda”, con coltivazioni promiscue, sembra
sopravvivere solo nella porzione di territorio a sud della ferrovia e
ad est del Viale G. Marconi. Mentre nelle altre parti, e si nota
facilmente nella zona occidentale di San Miniato Basso, la zona del
Castellonchio, le coltivazioni seguono ormai i criteri della moderna
agricoltura meccanizzata e monocolturale.
SAN
MINIATO BASSO NEL 1988
A
dieci anni dalla situazione descritta dall'immagine precedente prende
corpo il consolidamento urbano di San Miniato Basso, come centro
residenziale ai piedi della collina sanminiatese.
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Siamo
nel 1988, ad un anno dalla formulazione della consistente revisione
del PRG del Comune di San Miniato (1989). La “Superstrada” è
finalmente costruita in ogni sua parte, così come le infrastrutture
collaterali, i cavalcavia e i sottopassi.
La
popolazione continua ad aumentare. Viene avviata la realizzazione
della “Circonvallazione” a nord di San Miniato Basso, l'odierna
via Capitini, e nasce, seppur in forma embrionale, il polo
commerciale con i due supermercati. In questo decennio le espansioni
più significative riguardano la zona occidentale, quella verso La
Catena, e le lottizzazioni nella parte meridionale con la creazione
delle nuove vie A. Aleardi e G. Rovani da una parte e A. Fogazzaro e
G. Pascoli dall'altra. Alle estremità chiudono l'abitato ad
occidente le nuove lottizzazioni delle vie Cavour, Gabetti e Bini e a
nord quella di via Montessori. Vengono completate le aree PEEP fra
via Pulci e via Tasso.
Viene
costruita la palazzina della “SIP” (oggi Telecom), la Posta si
trasferisce nella nuova sede in via G. Goldoni, accanto alla Scuola
Materna. Vista la continua crescita della popolazione, il centro di
San Miniato Basso viene dotato di un Asilo Infantile e di una seconda
scuola elementare, la “Don Milani” in via Poliziano. Inoltre
nasce la Scuola Media “G. Rondoni”, e viene inaugurato anche il
campo sportivo per la squadra di calcio. E' consolidata la zona
artigianale fra la Ferrovia e la “Superstrada” e il Viale G.
Marconi viene completamente interessato dall'urbanizzazione.
In
questo periodo la campagna ha perso quasi interamente l'antica maglia
poderale, che ancora persisteva nel decennio precedente, e
l'agricoltura viene praticata ovunque con mezzi meccanici. I campi
hanno ora una dimensione più grande e sono lavorati secondo la
monocoltura.
SAN
MINIATO BASSO NEL 1996
In
questi 8 anni, che separano la quinta immagine dalla precedente,
prendono avvio tutta una serie di trasformazioni che porteranno San
Miniato Basso ad essere quel centro che conosciamo oggi.
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E'
finalmente completata la circovallazione nord, in entrambi i rami di
via Capitini da una parte e delle vie Pestalozzi e Codignola
dall'altra. Viene consolidata la zona commerciale, con l'avvio della
lottizzazione di via R. Agazzi, anche se gli edifici non sono ancora
stati realizzati. La cosa più evidente è lo sviluppo delle due aree
artigianali: viene ampliata la zona fra la Ferrovia e la Fi-Pi-Li e
si inizia a costruire quella di Castellonchio. Si nota che gli
edifici non sono ancora stati costruiti, ma cominciano ad essere
visibili i nuovi tracciati stradali e le dotazioni impiantistiche
connesse. In altre parole sono avviate solamente le cosiddette “Opere
di Urbanizzazione Primaria”.
La
popolazione continua a crescere, superando le 5000 unità, e nascono
nuove aree residenziali. Appaiono già realizzate le lottizzazioni di
via F.lli Bandiera, via M. Serao, v. Ardigò nella parte
centro-occidentale di San Miniato Basso, mentre nella parte orientale
vengono completate le lottizzazioni PEEP di via Pinocchio e delle
nuove vie dedicate rispettivamente a P. Nenni e E. Berlinguer. Lì
vicino viene costruito anche la cosiddetta “Pista di Atletica” di
Fontevivo. Nei pressi dell'asse di viale G. Marconi, si segnalano le
nuove lottizzazioni in via G. Capponi e in via E. Morante. Da
segnalare anche la costruzione dei primi lotti del complesso della
Confraternita di Misericordia che si affacciano su Piazza V. Cuoco.
Nella
campagna non si registrano sostanziali cambiamenti nelle modalità di
coltivazione.
SAN
MINIATO BASSO NEL 2007
Per
chi sta continuando a leggere e non si è ancora annoiato, siamo
arrivati all'ultima immagine di questa piccola storia urbanistica di
San Miniato Basso. Tra l'altro è anche un'immagine a colori! E'
stata scattata in un periodo a noi vicino e faremo attenzione ai
cambiamenti accorsi nel decennio precedente, suddiviso fra gli ultimi
anni del '900 e i primi anni 2000.
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In
questo periodo le trasformazioni più significative riguardano le
aree commerciali ed artigianali che vengono finalmente completate,
arrivando di fatto alla sistemazione odierna. Il centro abitato ha
raggiunto praticamente i 7000 abitanti e le nuove costruzioni
residenziali sono prevalentemente di “completamento”. Si notano
le nuove lottizzazioni, a carattere comunque non estensivo, in via
F.lli Bandiera, lungo la Tosco-Romagnola, in via Cavour, via Morante,
via De Sanctis, via Berlinguer, via Capponi e via Asmara. Inoltre si
segnala l'avvio della costruzione della nuova chiesa (inaugurata nel
2009), il completamento del complesso della Misericordia e
l'ampliamento dei Locali della Casa Culturale.
Per
quanto riguarda la campagna si registrano due fenomeni. Da una parte
l'aumento della residenza sparsa e, dall'altra, l'abbandono di alcuni
appezzamenti che fino a quel momento erano stati coltivati.
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lunedì 24 febbraio 2014
IN PILLOLE [023] - LA “SPAGNOLA” A CUSIGNANO
di Francesco Fiumalbi
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L'epigrafe commemorativa
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← TORNA ALL'INDICE DELLE “PILLOLE”
Sulla
facciata degli edifici pubblici, o delle chiese, spesso troviamo lapidi
commemorative. Di solito evocano il ricordo di persone che hanno perso la vita
in guerra, o che si sono particolarmente distinte per il bene e lo sviluppo
della comunità.
Decisamente
molto particolare è, invece, l'epigrafe collocata sulla facciata della chiesa
di Santa Lucia a Cusignano, posta a memoria di quelle persone che morirono a
causa di quella terribile epidemia, comunemente detta “Spagnola”. Si tratta
dell'unica lapide di questo genere in tutto il territorio sanminiatese, almeno
per quanto riguarda la “Spagnola”. Qualcosa di simile, ma relativa all'epidemia
colerica, è visibile sulla chiesa della SS. Trinità a San Miniato.
Foto di Francesco Fiumalbi
L'
“Influenza Spagnola” fu una vera e propria pandemia
influenzale che si diffuse in tutto il mondo fra il 1918 e il 1920. Secondo
alcune stime, colpì circa 4-5 milioni di italiani, mietendo centinaia di
migliaia di vittime. Anche la Toscana, ed in particolare il territorio
sanminiatese, fu colpito da questa epidemia, che di per sé non era così
pericolosa, essendo le morti dovute prevalentemente a complicazioni polmonari o
cardiache. In ogni caso si trattò di una tragedia dalle proporzioni enormi, che
con i mezzi della medicina contemporanea sarebbe stata evitabile, o comunque
fortemente ridimensionata.
Tornando
all'epigrafe della chiesa di Santa Lucia di Cusignano, questa si trova sulla
parte destra della facciata, fra la porta e lo spigolo dell'edificio.
Sull'altro lato, invece, è collocata la lapide dedicata ai Caduti della Prima Guerra
Mondiale.
Foto di Francesco Fiumalbi
Si
può pensare che una piccola comunità come quella di Cusignano, dopo aver perso
ben 14 ragazzi nella Prima Guerra Mondiale (1915-18), fu davvero molto scossa
da questa epidemia che portò alla morte di altre 8 persone, fra cui due
bambini, nel giro di poco tempo. Di seguito è proposta la trascrizione del
testo:
AI MORTI
DELL'EPIDEMIA SPAGNOLA
OTTOBRE-NOVEMBRE 1918
GRAZZINI GIUSEPPE … ANNI 27
SALVADORI GINO … 18
ROMAGNOLI ADA … 6
MAZZEI GEMMA … 27
FIASCHI SANTINA … 13
FIASCHI FIORINO … 3
SCALI GUSTAVO … 63
FIASCHI ANGIOLO … 46
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venerdì 21 febbraio 2014
I BORROMEI DI SAN MINIATO NEL SOMMARIO STORICO DELLE FAMIGLIE CELEBRI TOSCANE
Di
seguito è proposta la trascrizione dell'articolo storico dedicato
alla famiglia Borromei (o Borromeo), pubblicato in D.
Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri
toscane, riv. Da L. Passerini,
L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1, n. 27. Si tratta di un
breve saggio che individua l'origine della casata e traccia un
profilo sintetico degli esponenti di maggior rilievo.
D.
Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri
toscane,
riv. da L. Passerini,
L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1. Frontespizio.
BORROMEO
(di San Miniato)
[01]
«Da
un Borromeo di Francesco, che probabilmente portava il cognome de'
Franchi, stato Giudice in Firenze nel 1347 ebbero origine e cognome i
Borromei. I suoi discendenti furono costretti di abbandonare la
patria nel 1370, cioè quando San Miniato fu soggiogata dai
Fiorentini. Gregorio XV nel 1622 dichiarò Città lo terra di San
Miniato e ciò in contemplazione di esservi uscita la famiglia
Borromeo da cui uscì S. Carlo; ma in realtà quel Cardinale
apparteneva ai Vitaliani di Padova, i quali nel 1438 essendo stati
eredi di un ramo dei Borromeo ne adottarono il cognome.
Filippo
di Lazzaro
esercitò il notariato,
poi non so per quali mezzi divenuto ricco, fecesi capo della fazione
Ghibellina; in tale qualità rese importantissimi servigj ai Visconti
i quali mossi dalla cupidigia e dall'ambizione di estendere i loro
dominj avevano spinte le loro armi vittoriose fino in Toscana. Giunto
l'Imperatore Carlo IV in Italia, nel 1368 insieme a Bernabò Visconti
mosse guerra ai Guelfi; San Miniato che fino dal 1347 si era data
temporariamente alla Repubblica fiorentina si ribellò dichiarandosi
per l'Imperatore. Filippo in questo cambiamento vi ebbe la parte
principalissima. Giunto l'Imperatore in Toscana le cose procedevano
assai bene; ma andato a Siena fu sconfitto e con grande scorno dovè
ritornare in Germania. I Fiorentini che aspiravano il momento di
vendicarsi degli abitanti di San Miniato colsero quest'occasione e vi
spedirono Roberto Guidi Conte di Poppi per sottometterli. Bernabò
Visconti prese le loro difese; pur tuttavia i Fiorentini riuscirono
di penetrare nel Castello e ridurlo alla loro devozione. I Capi
principali della ribellione furono tradotti a Firenze, non escluso
Filippo, il quale vi fu decapitato il 14 gennajo del 1370. Il suo
cadavere, dopo di essere stato trascinato ignominiosamente per le vie
della Città, fu gettato in Arno.
Borromeo
suo figlio dopo la morte
del padre fuggì dalla patria ricovrandosi a Milano presso i
Visconti. Colà si dedicò alla mercatura ed avendo favorevole la
sorte accumulò copiose ricchezze. In seguito Francesco da Carrara
Signore di Padova lo chiamò presso di sè nominandolo Tesoriere dei
suoi stati; poi avvedutosi che faceva il proprio interesse a carico
[02]
del pubblico tesoro lo
fece carcerare né lo lasciò in libertà che dopo di avere sborsato
23,000 scudi d'oro. Trovatosi libero tornò a Milano e colà si pose
ad accendere l'animo di Gio. Galeazzo Visconti contro i Carraresi i
quali nel 1387 dovettero principalmente a lui la perdita dei loro
stati. Nel 1404 Francesco Novello da Carrara ricuperò Padova e
sebbene la guerra continuasse tra i Carraresi ed i Visconti
finalmente si venne ad un trattato di pace in cui vi fu contemplato
il Borromeo al quale i Carraresi si obbligarono concedere il perdono.
Pur tuttavia egli poco fidandosi di loro continuò a vivere in Milano
ove tenendo banco diventò ricchissimo. Essendo in buona grazia dei
Visconti ottenne dai medesimi la Contea di Castellarquato; poi caduto
in disgrazia di quella famiglia gli fu tolta l'investitura e nel 1407
fu data agli Scotti. Morì in Venezia nel 1422.
Giovanni
suo fratello visse in
Milano ove dai Visconti nel 1394 ottenne la cittadinanza. Trovatosi
possessore di copiose ricchezze chiamò da Padova presso di sé
Giacomo Vitaliani nato da Margherita sua sorella e lo istituì erede
delle sue fortune. Questo Giacomo Vitaliani è il progenitore dei
Borromeo di Milano da cui uscì S. Carlo.
Giovanni
di Borromeo dopo
la morte del padre furono a lui assegnate 30 botteghe con fondaco in
Firenze, 22,800 fiorini d'oro di capitale su i monti di quella città
ove aveva case e palazzi, ed alcuni terreni presso S. Casciano in Val
di Pesa. Dopo la sua morte avvenuta nel 1466 l'unica di lui figlia
Beatrice e moglie di Giovanni de' Pazzi, doveva essere l'erede di
tanta fortuna; ma il di lei cugino Carlo Borromeo ottenne dalla
Repubblica fiorentina che venisse emanata una legge in forza di cui i
nipoti maschi escludevano le figlie. L'autore principale di questa
ingiustizia fu Lorenzo il Magnifico il quale geloso della grandezza
ed opulenza dei Puzzi cercava ogni mezzo per abbatterli. Da ciò ebbe
principalmente origine, sebbene molto tempo più tardi, la tanto
famosa congiura dei Pazzi.
Carlo
d'Antonio del
ramo di Padova, venne a stabilirsi in Firenze al seguito della
conseguita eredità di Giovanni Borromeo suo Zio, di cui Lorenzo il
Magnifico in onta dei Pazzi aveva spogliala Beatrice di lui unica
figlia. Nel 1468 guadagnò una giostra celebrata in Firenze; nel 1512
fece parte dei XVI Gonfalonieri di Compagnia e nel 1515 del
Magistrato dei X di Balia.
Achille
d'Alessandro dello
stesso ramo, passato al servizio imperiale combatté nelle guerre
contro i Veneziani, ed anzi fece ogni sforzo perché Padova cadesse
nelle mani dell'Imperatore; riuscì in seguito ai Veneziani di
ricuperare quella Città ed allora fu dichiarato ribelle e gli furono
confiscati i beni. Morì al sacco di Roma nel 1527 combattendo per
l'Imperatore Carlo V.
Giovanni
di Carlo del
ramo di Firenze nel 1571 fu eletto Cavaliere di S. Stefano; passato
al servizio dei Veneziani combatté con essi nelle guerre contro i
Turchi e nel 1574 in ricompensa dei suoi servigi ebbe il governo di
Rettimo nel regno di Candia.
Carlo
di Galeazzo dello
stesso ramo. Vestì l'abito di frate Carmelitano e nel 1630 conseguì
la laurea nell'Università dei Teologi di Firenze di cui fu Decano
nel 1646. In seguito divenne Assistente generale del suo Ordine;
[03]
Priore del Convento di
Prato, poi di quello della Traspontina di Roma e finalmente di
Firenze. Mori nel 1659.
Antonio-maria
di Bonifazio del
ramo di Padova, dedicatosi alla Chiesa si ascrisse tra i Canonici
regolari Teatini professando in Vicenza ove lesse Filosofia e
Teologia; poi andato a Roma divenne Segretario del Generale e
Consultore di quella Congregazione. Nel 1713 Clemente XI lo elesse
Vescovo di Capo d'Istria, chiesa che renunziò nel 1733 ritirandosi
in Padova ove ottenne l'Abbazia di Carmignano. Morì nel 1738.
Antonio-maria
di Gio. Carlo,
dello stesso ramo, fu uomo distinto per la sua templare pietà ed
erudizione. Scrisse varie opere; ma ciò che gli acquistò fama fu la
magnifica Collezione de' Novellieri Italiani da lui senza risparmio
di spesa e fatica raccolta. Ne pubblicò il Catalogo in Bassano nel
1794 e nel 1805 con dieci Novelle inedite nella prima edizione, ed
una nella seconda. In questa raccolta omise le Novelle di Giovanni
Rodoni dall'autore scritte in derisione dei riti della Cattolica
Religione e tutte quelle che erano note per la loro oscenità. Morì
nel 1843 il 23 Gennaio.
La
famiglia Borromeo esiste tuttora in Padova. Il ramo di Firenze si
estinse nel 1679 il 18 Febbraio nel Senatore Giovanni, i di cui beni
passarono in uno dei rami di Padova, per mezzo del matrimonio di
Teresa sua figlia col Conte Borromeo Carlo. Una diramazione rimasta
in San Miniato, e propagata da Borromeo Zio a quel Filippo che fu,
come dicemmo, decapitato, mancò in Pietro-Paolo che morì nel 1672.
SCRITTORI
DA' QUALI SI È TRATTA LA PRESENTE ISTORIA
Litta,
Famiglie celebri Italiane. — Ughelli, Italia sacra. — Ammirati,
Istorie Fiorentine.
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San Miniato
sabato 15 febbraio 2014
IL FORTILIZIO DELLE COLLINE DI SAN MINIATO - SECOLI XII-XIV
di Francesco Fiumalbi
Durante
il regno di Federico Barbarossa, incoronato nel 1155, San Miniato divenne un
importante centro dell’amministrazione imperiale per la Toscana. Sede dei
vicari, del tribunale di suprema istanza regia, e centro di raccolta dei
tributi che le città toscane, e parte di quelle umbre, dovevano alla Corona (1).
E’
proprio a questo periodo che si deve far risalire la costruzione dei cosiddetti
“fortilizi”, che si trovavano alle estremità urbane di San Miniato, in
prossimità di altrettante porte cittadine. Erano almeno quattro, e costituivano
dei veri e propri presìdi a controllo delle vie d’accesso:
-
Il fortilizio di Faognana, nel luogo dove poi sorgerà il monastero della SS.
Annunziata;
-
Il fortilizio di Poggighisi, nell’area dell’attuale Piazza XX Settembre;
-
il fortilizio delle Colline, nei pressi dell’attuale Istituto Tecnico “C.
Cattaneo”;
-
il castrum ciculum, che si trovava poco
più a valle del “Riposo”, vicino alla distrutta chiesa di Sant’Andrea.
Secondo
Maria Laura Cristiani Testi «le opere difensive
periferiche di San Miniato» furono «compiute
nel secolo XIII», attribuendone di fatto la costruzione a Federico II (2).
In realtà, come abbiamo visto nel post IL
GIURAMENTO DEI SANMINIATESI E LA NASCITA DEL COMUNE, i sanminiatesi,
stringendo l’accordo con Pisa e Firenze nel 1172, volevano riprendersi il
controllo sul centro abitato, etiam sine superiori incastellatura. Molto
probabilmente intendevano riprendersi anche queste strutture periferiche, o
comunque limitarne la funzionalità, perché di fatto impedivano di entrare o
uscire liberamente dal centro abitato. Si può forse semplificare la circostanza
del 1172, con il fatto che i sanminiatesi cercarono l’alleanza con le due città perché non si sentivano più i padroni in casa propria. A
conferma di questa ipotesi va sottolineata l’attestazione, nella Bolla di
Celestino III del 1195, del castrum
ciculum, indicato nei pressi della chiesa di Sant’Andrea (3). A fronte di
queste considerazioni possiamo collocare la costruzione di questo sistema
difensivo periferico nel periodo che va dal 1155 al 1172.
Il
fortilizio delle Colline è l’unico dei quattro di cui disponiamo di informazioni
più dettagliate. Ed è anche l’unico di cui si sia conservata la memoria nella
toponomastica sanminiatese, e cioè nel nome dell’oratorio di Santa Maria al Fortino, che tuttavia risale alla
prima metà del XV secolo.
Foto di Francesco Fiumalbi
L’antica struttura militare, probabilmente, non si trovava proprio nel luogo dove sorge la chiesa, bensì in posizione più elevata, dove un tempo c’era il campo sportivo e dove oggi si trova l’Istituto Tecnico “C. Cattaneo”. Era una posizione davvero strategica, in quanto controllava le vie d’accesso a San Miniato delle strade provenienti da La Catena e dalla Valdegola.
Fu
proprio per questa sua rilevanza, purtroppo per i sanminiatesi, che il
fortilizio delle Colline dall’essere una struttura costruita per scopi difensivi
si rivelò in seguito una vera e propria spina nel fianco. Non è affatto un
caso, infatti, che sia Uguccione della Faggiuola in testa all’esercito pisano,
che Giovanni Malatacca al comando delle truppe fiorentine, attaccarono San
Miniato proprio da questo lato. Prima di tutto perché, probabilmente, non si
trattava di una struttura molto robusta ed essendo relativamente lontana dal
centro abitato sanminiatese, in caso di attacco, le eventuali operazioni di
soccorso si sarebbero dimostrate assai più difficoltose che altrove. Inoltre all’attaccante
veniva lasciata sempre una via di fuga libera, o verso la Valdegola o verso La
Catena, ed la piccola valle di Bacoli poteva ben nascondere l’arrivo di un
piccolo contingente nemico. Quindi se qualcuno voleva tentare di porre l’assedio
a San Miniato, quella era la parte più vulnerabile.
Purtroppo è impossibile ricostruirne i caratteri architettonici, in quanto non ci è pervenuta nessuna descrizione e nessuna testimonianza iconografica. Probabilmente (ma si tratta solo di un'ipotesi) il presidio delle Colline era costituito, molto semplicemente, da una torre inserita in un piccolo recinto.
Purtroppo è impossibile ricostruirne i caratteri architettonici, in quanto non ci è pervenuta nessuna descrizione e nessuna testimonianza iconografica. Probabilmente (ma si tratta solo di un'ipotesi) il presidio delle Colline era costituito, molto semplicemente, da una torre inserita in un piccolo recinto.
Sezione B, “Colline adiacenti alla
Città”, sintesi dei fogli n. 1, 2 e 4
Archivio di Stato di Pisa, Catasto
Terreni, Mappe, San Miniato, nn. 2, 3, 5
Immagine tratta dal sito web del
“Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato
Toscani
Il
borgo delle Colline fu dato alle fiamme l'8 maggio del 1314 dai Pisani guidati
da Uguccione della Faggiuola (4), che probabilmente rese inservibile anche il
fortilizio. Infatti, nei mesi successivi, i Pisani tornarono all’attacco di San
Miniato, ancora da quella parte, e si spinsero quando fino al Convento di Santa
Chiara, quando fino alla Porta
di Ser Ridolfo. Una volta passanti i difficili momenti di Uguccione della
Faggiuola, i Sanminiatesi ricostruirono il presidio militare.
Tuttavia,
nell'agosto del 1369, il fortilizio fu preso come avamposto dalle truppe
fiorentine all'assedio di San Miniato, guidate da Giovanni Malatacca. E proprio
da qui partì l'operazione che nel gennaio 1370 portò alla conquista del
castello sanminiatese. Di questo episodio è rimasta anche una narrazione
cronachistica:
«[…]
Anni MCCCLXVIIII. Adì XI d'Agosto il Comune di Firenze mandò l'oste generale a
Samminiato al Tedesco, c'assediaronio intorno intorno, e Capitano generale
dell'oste fu Messer Giovanni Malatacca, il quale fece gran danno di guastare,
ed ardere infino alle porti di Samminiato, ed ebbe parecchi Castella di quelle
di Samminiato. Poi per non potere stare ad assedio per lo Cardinale di Lucca
nemico de' Fiorentini, si levò dall'assedio, e lasciò una bastìa fornita, e
forte nel Borgo alle Colline allato alle mura di Samminiato a meno d'una balestrata,
e fece fare tagliare tutte le strade d'intorno a Samminiato, onde credea, che
nulla vittuaglia vi potesse entrare; laonde per questo, e per le Castella, che'
Fiorentini v'aveano d'intorno, non vi potea entrare nulla, se none di furto, e
così teneano i Fiorentini assediato Samminiato, e 'l Capitano de' Fiorentini
istava in Cigoli, o per le Castella intorno a Samminiato con gente assai. […]».
Cronichetta
d'incerto, in D. M. Manni (a cura di),
Cronichette Antiche di varj scrittori del buon secolo della lingua toscana,
Firenze, 1733, pp. 193-196.
Una
volta che i Fiorentini sottoposero il controllo su San Miniato, tra le
imposizioni conseguenti la conquista, venne ordinata la distruzione del fortilizio delle Colline, che
aveva costituito un buon avamposto per l'assedio, ma che, evidentemente, poteva
essere pericolosamente sfruttato da eventuali nemici in caso di futuri
conflitti. Da questo punto di vista i Fiorentini la sapevano lunga.
«[…]
I Pr. delle Arti e G. di g., considerando come sebbene molte cose sieno state
ordinate pel governo della terra di Sancti Miniatis fiorentini, resta tuttavia
da provvedere intorno a molte altre, che sarebbe troppo lungo trattare alla
spicciolata nei Consigli del P. e del C., e fra queste: - 1. Circa al disporre
e provvedere alla distruzione della fortezza e luogo che si chiama le Colline,
presso la terra di Samminiato, e degli edifizi quivi esistenti; come circa
l'indennità da darsi a chi possiede quegli edifizi […]»
C.
Guasti (a cura di), I Capitoli del Comune di Firenze. Inventario e Regesto,
2 voll., Tipi di M. Cellini e C, Firenze, 1866, Tomo I, V, n. 12, p. 231, 17-18
aprile 1370.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1)
F. Salvestrini, Il Nido dell’Aquila. San
Miniato al Tedesco dai Vicari dell’Impero al Vicariato Fiorentino del Valdarno
Inferiore (secc. XI-XIV), in A. Malvolti e G. Pinto (a cura di), Il Valdarno Inferiore terra di confine nel
medioevo (secoli XI-XV), Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2008, pp.
239-240.
(2)
M. L. Cristiani Testi, San Miniato al
Tedesco, saggio di storia urbanistica e architettonica, Marchi e Bertolli,
Firenze, 1967, p. 57.
(3)
F. Fiumalbi, Sant’Andrea di Castro
Cigoli. Una chiesa scomparsa nel suburbio di San Miniato, in Bollettino
dell’Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, n. 80, 2013, pp.
412-414.
(4)
Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori, Diario (1299-1319), Edizione a
cura di V. Mazzoni, Leo S. Olschki, Firenze, 2008, c. 30r, p. 40
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mercoledì 12 febbraio 2014
15-16 FEBBRAIO 2014 - IL MUSEO DIOCESANO ADERISCE ALLA 2° GIORNATA DEI MUSEI ECCLESIASTICI
Nei giorni 15-16 febbraio, in occasione della 2° Giornata dei Musei Ecclesiastici organizzata dall'AMEI, il Museo Diocesano d'Arte Sacra di San Miniato (Pisa) sarà aperto con il consueto orario invernale 10-13 con ingresso GRATUITO per tutti e, su richiesta, visite guidate.
Il Museo Diocesano d'Arte Sacra di San Miniato, si trova in Piazza Duomo, di fianco alla Cattedrale. Per ulteriori info:
tel. 342-6860873, e-mail: museodiocesano@diocesidisanminiato.it
Il Museo Diocesano d'Arte Sacra di San Miniato, si trova in Piazza Duomo, di fianco alla Cattedrale. Per ulteriori info:
tel. 342-6860873, e-mail: museodiocesano@diocesidisanminiato.it
Il Museo Diocesano d'Arte Sacra di San Miniato
15-16 febbraio 2013 - 2^ Giornata dei Musei Ecclesiastici
Al suo debutto, lo scorso marzo, la Giornata nazionale dei Musei Ecclesiastici ha fatto registrare, ovunque, presenze prima mai viste. Facendo scoprire a migliaia di persone la ricchezza e l'interesse degli otre mille Musei "ecclesiastici", ovvero Musei Diocesani, di Cattedrali, Chiese, Confraternite disseminati lungo l'intera Penisola, da nord a sud, isole comprese; un immenso patrimonio che ai più è del tutto ignoto, scarsamente segnalato dalle guide turistiche delle città, "snobbato" da un certo ambiente culturale, soffocato da un'immagine di polverosità e noia che è assolutamente lontana dalla realtà di queste istituzioni.
La giornata ha avuto il merito di cominciare a far riemergere quelli che apparivano come i "Musei cancellati", nonostante siano regolarmente aperti al pubblico, siano davvero tanti (più di mille), ricchissimi per patrimonio e per attività e siano ospitati in luoghi e monumenti tra i più belli delle città italiane.
L'AMEI - Associazione Musei Ecclesiastici Italiani, sulla scorta della più che positiva esperienza dello scorso anno, ha deciso di rinnovare anche nel 2014 la Giornata dei Musei Ecclesiastici, scegliendo come date il 15 - 16 febbraio, nella ricorrenza del Beato Angelico che l'Associazione ha assunto come simbolo tutelare e che è il patrono degli artisti. Così sabato 15 febbraio e domenica 16, i più di 200 Musei Ecclesiastici aderenti all'Associazione (senza per altro escludere dall'iniziativa i Musei non ancora iscritti) apriranno gratuitamente le porte, proponendo, accanto al godimento delle loro diversissime collezioni, visite guidate, attività, incontri, musica. I Musei aderenti e le iniziative proposte da ciascuno di essi iniziative si possono trovare sul sito dell'Associazione: www.amei.biz
"Le Giornate dei Musei Ecclesiastici - ricorda monsignor Giancarlo Santi, presidente dell'AMEI - sono una delle tante iniziative che l'AMEI ha messo in cantiere per far emergere la forza in parte ancora nascosta della realtà museale ecclesiastica italiana. L'obiettivo è di far conoscere questo capillare sistema museale, non inferiore né per presenza né per contenuto a quello dei musei di gestione statale o di enti locali. Una strategia di emersione cui ci invitano anche le ricorrenze - che vorremmo ricordare - dei 450 anni del Concilio di Trento, Concilio che ha consegnato all'arte e agli artisti una fondamentale missione di comunicazione del messaggio evangelico e dei 50 anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II con la riflessione quanto mai attuale sulla funzione assegnabile alla produzione artistica sacra, a partire da quanto emerso nell'ambito del Concilio stesso.
Per saperne di più: www.amei.biz
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