domenica 9 febbraio 2014

GIUSEPPE RONDONI – DELIBERAZIONI MUNICIPALI RELATIVE AL RISORGIMENTO NAZIONALE

a cura di Francesco Fiumalbi

Giuseppe Rondoni (San Miniato, 17 novembre 1853 – 16 novembre 1919), già Direttore della Miscellanea Storica della Valdelsa e Presidente dell'Accademia degli Euteleti, è senza dubbio una figura molto importante per i suoi contributi sulla storia sanminiatese.
In questo post proponiamo un articolo che Giuseppe Rondoni compilò per la rivista «Il Risorgimento Italiano», nell’anno 1912, dal titolo Archivio Comunale di S. Miniato al Tedesco. Deliberazioni municipali relative al Risorgimento Nazionale. E’ una pubblicazione assai interessante, poiché, partendo dalle deliberazioni municipali, traccia un quadro sintetico dell’atmosfera che si respirava a San Miniato nel periodo che va dal 1848 al 1861, ovvero negli anni che porteranno all’Unità d’Italia.


Frontespizio de «Il Risorgimento Italiano», Rivista Storica, Organo della “Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano”, Anno V, Fratelli Bocca Editore, Milano, Torino, Roma, 1912.


Di seguito il testo completo: G. Rondoni, Archivio Comunale di S. Miniato al Tedesco. Deliberazioni municipali relative al Risorgimento Nazionale, in «Il Risorgimento Italiano», Rivista Storica, Organo della “Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano”, Anno V, Fratelli Bocca Editore, Milano, Torino, Roma, 1912, pp. 586-595.
Pubblicazione ai sensi dell’Art. 25, Legge 22 aprile 1942, n. 633.

AVVERTENZA: i numeri in blu, all'interno delle parentesi quadre sono i numeri di pagina originali. Le note, a margine di ogni pagina, sono state rinumerate e posizionate in fondo al testo.

[586] MUSEI, ARCHIVI, BIBLIOTECHE

Archivio Comunale di S. Miniato al Tedesco.
Deliberazioni municipali relative al Risorgimento Nazionale.
(1848—1861).

«In questo Archivio Comunale, che non è senza importanza per i cultori degli studi storici, ho spigolato notizie relative al periodo del nazionale risorgimento, quando S. Miniato era già divenuto capoluogo di un vasto, popoloso e fiorente circondario della provincia di Firenze. E poiché gli effetti del risorgimento nelle terre minori e nel contado, e gli aspetti che quivi assumeva sono in gran parte un'incognita, ch'è opportuno e doveroso rintracciare e chiarire, così mi si consenta rilevare i principali risultati delle mie ricerche.
Anzi tutto ferma l'attenzione un'adunanza del magistrato (la Giunta odierna) del gennaio 1848, con intervento di sei Priori, ed in assenza del gonfaloniere (il Sindaco), ch'era allora il duca Ferdinanzo Strozzi di Firenze. I Priori adunque “informati delle gravi discordie avvenute in Livorno nella sera del 6 gennaio corrente” (e sono i tumulti che determinarono il ministro Cosimo Ridolfi ad accorrervi ed a fare catturare il Guerrazzi) “e della fiducia riposta nei sudditi col sovrano motuproprio del 7 detto, deliberarono alla unanimità di votare a nome della città il seguente indirizzo ed affidare al gonfaloniere l'onorevole incarico di rassegnarlo al R. trono, unitamente a quello della ufficialità della guardia civica, col quale rinnovella il giuramento di esser pronta ad ogni sacrifizio per la difesa del trono e conservazione dell'ordine”.
L'indirizzo esprime “i sentimenti di generale reprobazione” degli abitanti di S. Miniato, e quelli altresì "di rispetto, di confidenza e di affezione nutriti mai sempre e senza limiti... da questo popolo abitualmente rispettoso, tranquillo ed amante dell'ordine(01).
[587] Nello stesso anno, sempre a proposito di Livorno ed in assenza del solito gonfaloniere, i nostri Priori, visto il proclama del granduca del 3 settembre, col quale annunzia che, trovandosi Livorno sotto il flagello dell'anarchia, confida che “la guardia civica accorrerà pronta alla comune difesa; viste le lettere del sotto-prefetto colle quali invita a provvedere i militi, che devono subito organizzarsi e riunirsi, e fa richiesta di un locale ad uso di caserma, e dell'anticipo delle spese per avere la rivalsa dalla cassa militare”, deliberano di assegnare il noviziato di S. Francesco per le guardie civiche del circondario con paglia ed il necessario per la illuminazione notturna “e danno facoltà al Camarlingo di anticipare il soldo ai militi(02). Si trattava della spedizione delle civiche presso Livorno per la dimostrazione bollata dall'arguzia toscana per Campagna delle acciughe.
Il 13 aprile 1849, il nostro magistrato "avuta comunicazione per mezzo del Monitore Toscano dello scorso giorno, che il municipio di Firenze aveva assunte in nome del principe le redini del governo per la migliore direzione degli affari, volendo procedere con maturità di consiglio, e riunire più che fosse possibile le volontà non tanto degli altri notabili del paese, quanto dei più elevati impiegati, ha deliberato invitare alla seduta magistrale Mons. Vescovo, il Sotto-Prefetto, il Presidente del Tribunale ed il R. Procuratore, il curato dei SS. Jacopo e Lucia e quello dei SS. Michele e Stefano. Previa discussione con intervento dei sopradetti sui temperamenti che sarebbe stato utile “adottare” in questi solenni momenti(03).
Considerato che primo scopo del municipio si era togliere e prevenire possibili reazioni, che potevano avvenire più agevoli se si fosse verificato un imponente concorso della classe agricola, che ha dichiarato di voler venire a S. Miniato nella giornata a proclamare il ristabilimento della monarchia costituzionale di Leopoldo II, ch'era invocato dalla parte più numerosa della città; che l'assenza del potere esecutivo poneva il municipio nell'obbligo di provvedere alla conservazione dell'ordine pubblico;

 DELIBERA

un proclama ai cittadini e di esortare i parroci di S. Miniato ad insinuare la concordia ed il rispetto alle leggi, e che qualora si verifichi il sospettato concorso, i parrochi stessi, uniti a qualche individuo del corpo magistrale, si pongano alla testa della moltitudine, e cerchino di moderarla [588] ne' modi più blandi e lusinghevoli che le circostanze potranno suggerire”.
Nello indirizzo ai cittadini, formulato seduta stante, raccomandava che nessuno si attentasse “perturbare l'ordine pubblico imperocché una sola scintilla sia talenta cagione di vasto incendio”. Aggiungeva: “La divergenza delle opinioni politiche per chi ami davvero la libertà non può né dev'esser giammai fomite di discordie. Stringiamoci tutti in un amplesso di pace, e veneriamo nelle vicende cui van soggetti gli Stati i supremi decreti della Provvidenza”. Infine dichiarava “di aderire formalmente al ristabilimento della monarchia costituzionale di Leopoldo II, nella fiducia, nutrita eziandio dal municipio di Firenze, che la monarchia medesima sia circondata d'istituzioni popolari, e che possa evitarsi il dolore di una straniera invasione”. Tutto fu votato per acclamazione. Era allora gonfaloniere Vincenzo Migliorati, di nobile e ricca famiglia samminiatese.
I contadini accorsero a S. Miniato in buon numero, ed anche con vanghe e forconi; ma non vi furono disordini, nonostante l'entusiasmo, che fu tale che un contadino, pel troppo correre ed affannarsi, giunto in paese, moriva per mal di cuore.
Ad ore 5 pom. del 15 la restaurazione fu solennizzata con un Te Deum in cattedrale.
Indi il municipio fece presentare in Pisa un indirizzo da commissione apposita al granduca, subito dopo il suo sbarco a Viareggio.
Giova riferirlo perché mentre contiene le più smaccate proteste di omaggio pure insiste sulle costituzionali franchigie, ed é specchio dell'animo illuso della maggior parte dei Toscani nei centri minori e nelle campagne (04).

Altezza Imperiale e Reale!
I giorni della vostra assenza furono giorni di lutto, di fremito e di terrore. Non sapremmo ridire la cupa indignazione con cui fu dalle Provincie accolta la dolorosa novella che una mano di scellerati vi aveva necessitato ad abbandonare il suolo toscano.
Il municipio di S. Miniato onorasi di avere nei tempi infausti con-servato alla vostra eccelsa persona ed alla vostra famiglia puro da ogni macchia l'affetto. Esso recusò qualunque indirizzo o segno di adesione ai fatti democratici, senza curare le loro folli declamazioni; custodì gelosamente scevro di oltraggio quel marmoreo monumento che ci ricordava nella vostra lontananza le paterne vostre sembianze, i vostri preziosi benefizi e i doveri della nostra riconoscenza. Non abbiamo che un desiderio da esprimervi, quello di vedere assicurate dalla vostra sapienza le istituzioni [589] costituzionali che ci donaste e con esse la felicità del vostro popolo e la gloria del vostro trono(05).

In questo ambiente, già beneficato realmente da Leopoldo II col Tribunale circondariale, ed ove sorgeva una statua del principe, opera mediocrissima del Pampaloni, veniva, dopo alcuni anni, ad inaugurare la sua carriera d'insegnante e di poeta Giosuè Carducci, e, altro strano contrasto, proprio questo municipio, così umile e devoto, venne ad urtarsi collo Imperiale e Reale Governo, a proposito della Civica, facendo rimostranze e proteste, che non debbono passare inosservate per la Storia generale della Toscana in quegli anni. Vero è che tra il fervido indirizzo e il conflitto era sopraggiunta la occupazione austriaca.
In data 20 aprile 1849 i nostri Priori rilevano che la guardia nazionale formata nel '47 con soverchia prestezza dovè accogliere individui che non avevano i necessari requisiti. Donde il bisogno di riforma sentito universalmente e reclamato in iscritto dagli ufficiali e comandanti della 1° compagnia, sul fondamento che non pochi individui meritavano di “essere radiati dal ruolo, quali per causa d'inettitudine fisica, quali per la loro condizione economica, e quali per la loro indisciplina e cattiva condotta”. Anzi una fatale esperienza ha dimostrato al municipio che questa “ultima causa ha portato a grado a grado la guardia nazionale nel più rimarchevole discredito, giunto al segno che per la immoralità di alcuni militi della 1° compagnia, gli altri animati da buono spirito e retti principi hanno dovuto rifiutarsi di prender parte al servizio per essere il contatto co' primi lesivo alla loro buona reputazione. La 2° compagnia ha trovato sempre somma difficoltà a riunirsi perchè composta nel maggior numero di persone degenti in campagna, ed il più delle volte ha ricusato di prestare il servizio, che sarebbe toccato a turno colla 1° compagnia , nonostante gl'incitamenti delle autorità governative ed ufficiali, riuscendo di un vistoso aggravio al municipio per la istruzione e per gli stipendi dei bassi ufficiali, pei locali, ecc., senza alcun utile pubblico, ed anzi col danno manifesto del malo esempio, che si è comunicato in parte ai militi delle guardie dei comuni limitrofi”.
Non mi è riuscito sapere che diavolo facessero quei militi causa di tanto scandalo; fatto è che l'autorità municipale ne deliberava il discioglimento [590] e la ricostituzione, a voti unanimi, e su conforme parere del Sotto-prefetto, richiedendo alla superiore autorità l'invio di una schiera di veliti pel servizio di polizia. Se non che una officiale della prefettura di Firenze, avvisando che non può farsi l'invio dei veliti, in cambio dello scioglimento, invita a richiamare il Consiglio di revisione a portare un più accurato esame sui ruoli per togliere dai medesimi gl'immeritevoli; ma il Magistrato col Sotto-prefetto insistono nei loro divisamenti, dacché il Consiglio di revisione conteneva gli stessi vizi de' quali era infetto il corpo della nazionale. Tale proposta (concludono) “può sola tutelare la quiete pubblica che il nuovo ordine di cose potentemente reclama(06).
Poi, il 12 maggio, sappiamo che anche il governo vuole lo scioglimento, e il magistrato delibera che “per non offendere suscettibilità e per economia” si sciolgano le due compagnie simultaneamente, e se ne ricostituisca una sola. La deliberazione non ebbe effetto perchè un decreto del Commissario straordinario di S. A. I. e R. (il Serristori), in data del 18, dichiarava sciolta senz'altro la guardia nazionale di S. Miniato.
Il comune sospese allora gli stipendi agl'impiegati della medesima, ad eccezione dell'armaiuolo, destinato alla custodia delle armi di proprietà comunale (07).
Trascorso qualche tempo, il 13 marzo 1850 i nostri padri coscritti lessero con grande stupore una intimazione del governo di raccogliere le armi della Civica nei magazzini militari di Firenze e di Livorno, e parve un fulmine a ciel sereno.
Francamente risposero: “Non crede il municipio declinare dal rispetto che si deve all'autorità superiore se ritiene non esser luogo per di lui parte allo invio”. Considerando ch'era il ritiro inspirato dall'unica veduta di provvedere alla necessaria conservazione delle armi, che il comune era stato cauto di procedere al ritiro, ponendole “in luogo e deposito sotto la sorveglianza di una deputazione eletta appositamente”, che sono in ottimo stato di conservazione, e che abiti ed armi erano acquistati col denaro del municipio o “regalati dal patriottismo dei cittadini”. Infine e sopratutto si fonda “nel difetto di ogni ragion politica al dirimpetto di questa città per essersi sempre mostrata tranquilla, sommessa ognora alle leggi, amantissima dell'ottimo principe, ed incapace affatto di avversare il governo, e per andare tuttora superba di essere stata la prima in tutta Toscana ad aderire per l'organo del suo municipio alla felice restaurazione della monarchia costituzionale”.
Invano! La prefettura con nuova ufficiale del 26 marzo richiamava senz'altro il gonfaloniere alla spedizione delle armi; ma egli coi Priori, mentre intende e dichiara di essere ossequente agli ordini dell'autorità superiore, [591] crederebbe pur tuttavia di demeritare la fiducia de' suoi amministrati e di rendersi indegno di quella politica libertà che concede lo statuto fondamentale elargito dall'ottimo principe, se non sentisse il bisogno di protei stare contro la incostituzionalità della ordinata misura, in quanto che non giustificato rapporto a questo Comune da veruna di quelle circostanze che sembrano averla motivata, e che o per il lato economico o per il lato politico potevano renderla forse anche adottabile ed opportuna. “Quanto allo scioglimento, si ritenne chiesto ed ingiunto soltanto in vista di un riordinamento generale, onde non potersi non considerare con estrema amarezza che colla inopinata richiesta delle armi, toglieva al municipio quella fondata speranza che aveva sempre nutrita del riordinamento, e tanto più perchè non sapeva conciliare l'adozione di una siffatta misura coll'impegno in cui trovasi l'I. e R. Governo di riorganizzare la guardia, ora che sta quasi per compiersi il termine dell'anno prescritto dall'art. 14
del Regolamento organico 4 ottobre 1847, sulla guardia civica del granducato
”.
Rileva pertanto “la inopportunità per lo meno della misura”, ed affine di mettersi “al coperto da qualunque rimprovero da parte de' suoi amministrati, sente il bisogno di tornare a richiedere la pronta riorganizzazione della Civica di questo Comune”. Né infine dissimula che “il decreto avrebbe efficacia pari a quella di una legge marziale, cosa cui certamente repugna la coscienza stessa del governo toscano, non che l'attuale condizione politica del granducato. Crederebbe di tradire i propri doveri quando si uniformasse a così esorbitante richiesta. Ferma stante la protesta della incostituzionalità e inopportunità, e conscio di dovere obbedire alle autorità superiori, aderisce allo invio, purché il governo s'incarichi delle spese di trasporto” (08). G. Petri, allora cancelliere comunitativo, annotava: “Con sovrana risoluzione del 6 aprile 1850, partecipata dalla prefettura, é stato ordinato che sia disapprovata ed annullata la di contro deliberazione in quella parte che contiene resistenza agli ordini ed espressioni meno che rispettose verso il R. Governo”.
In quei giorni di cupa reazione questa coraggiosa protesta di un piccolo Comune, che ricorda il patto costituzionale al governo fedifrago, dimostra e conferma come fino dai primordii di quel decennio che ben fu detto di raccoglimento, la coscienza politica e nazionale fosse progredita e progredisse modesta e sicura, e quasi presaga del vicino trionfo. Cuoceva l'onta della occupazione austriaca, tanto più che fino dal 18 giugno del '49 era stata invitata la comunale magistratura nostra “a convocarsi straordinariamente e a stanziare e spedire senza indugio quelle maggiori somme [592] che potesse avere disponibili, purché non inferiori in complesso alle L. 11.600”. Fu necessario un imprestito (09).
Gli anni 1859 e '60 offrono poco d'importante, o che abbia quel rilievo e colore locale, che può contribuire anche alla intonazione generale dei grandi quadri della storia.
Il 5 maggio del 1859, un po' tardi, a dir vero, si registra l'adesione al governo provvisorio toscano con voti tutti favorevoli e con poche e nobili parole, incaricando di partecipare tale deliberazione al comune di Firenze e di renderla pubblica il gonfaloniere, ch'era l'avv. Enrico Maioli, cittadino e patriota integerrimo, e di lì a poco viene stanziata la somma di L. 2500 per concorrere alle spese per la guerra d'indipendenza, nominando altresì una commissione per raccogliere le offerte “pel santissimo scopo”.
Di questa somma L. 2100 si versarono nella cassa della depositeria generale, e 400 furono messe a disposizione della commissione suddetta affinchè supplisca pel momento alle spese occorrenti per l'invio alle bandiere dei volontari bisognosi di questo comune (10).
Il 14 si delibera inoltre una solenne messa di requiem pei caduti di Curtatone e di Montanara, che fu celebrata il 28 successivo nella chiesa del Crocifisso con intervento delle autorità, musica e “forbita orazion funebre” del canonico Matteo Mattei.
Giunge la notizia di Magenta, e il 7 giugno subito gonfaloniere e Priori, impiegati municipali, autorità politiche e banda si recano verso il tramonto nella solita chiesa del Crocifisso, ad intuonare l'inno di rendimento di grazie al Dio degli eserciti.
Reintegrato il chimico prof. Taddei nella sua cattedra, la municipale rappresentanza fece un indirizzo al governo, presentato da apposita deputazione, attestante il gradimento dei Samminiatesi, ai quali il buon Taddei rispose con quello affetto, che nutrì sempre caldissimo per la sua cittadina natale (11).
Il 16 luglio il magistrato prese notizia di un'istanza presentata dai signori Leopoldo Conti, dott. Giuseppe Neri, dott. Alceste Sambuchi e dott. Genesio Migliorati, perchè venga avvalorato e sanzionato dal voto del municipio un indirizzo a V. Emanuele, firmato da più e diversi comunisti. Decise di astenersi dalla votazione in proposito, poiché sulle sorti future e definitive della Toscana dovrà decidere un'assemblea convocata a tale effetto.
Trascorrono pochi giorni, e il municipio si associa ai sentimenti delle popolazioni, ed esprime il desiderio dell'annessione della Toscana agli altri [593] Stati italiani, sotto la maestà costituzionale del re Vittorio con un manifesto ch'è de' più belli e vibrati, e forse dettato dal gonfaloniere Maioli.
Venne inserito nel Monitore, e ne furono tirate 300 copie, trasmesse a ciascuno dei gonfalonieri della Toscana.
Né va taciuto il ringraziamento al governo toscano “per avere saputo così degnamente reggere lo Stato”, e l'altro a V. Emanuele per l'accoglimento del voto della toscana assemblea, “sicuri di avere (così era detto) in voi e nella inclita vostra casa perenne guarentigia di progressi e miglioramenti civili(12).
Del resto questi indirizzi si possono leggere nel Monitore toscano, talché sarà piuttosto opportuno trascrivere le notizie dell'elezione dei due deputati del collegio di S. Miniato alla Costituente toscana. Le spese occorse furono di L. 289, 16, 8, delle quali L. 12,10 per candele, facendosi la elezione in chiesa. Gli elettori erano 912. Gli eletti furono, quasi senza contrasto, il venerando Gino Capponi e Ferdinando Strozzi, che già vedemmo sindaco di S. Miniato. Ne diè loro partecipazione ufficiale il principale donzello comunale mandato a tale uopo a Firenze (13).
Nella sala del Consiglio fu quindi collocato il busto del Padre della Patria, colla epigrafe: “V. Emanuele II eletto — A nostro Re — Dalla Assemblea toscana — Il 20 agosto 1859”. La piazza del Seminario fu sancito che si denominasse V. Emanuele, e che la strada detta del Bellorino, ove esistevano le antiche case Buonaparte, si appellasse Via Buonaparte. “Così (fu detto) un tal cognome rammenterà del pari che la città di San Miniato fu culla degli illustri Agnati del magno Napoleone III (14).
Nel 1860 s'incomincia con altri indirizzi, uno al re Vittorio “per esprimere nuovamente la ferma volontà di veder rispettato l'atto solenne emesso dai nostri legittimi rappresentanti il 20 agosto 1859”, e l'altro al Ricasoli. Vi furono 4 voti in contrario, e l'incarico di redigere tali indirizzi venne affidato, su proposta del gonfaloniere, che in quell'anno era il nobile Averardo Conti, agli avvocati Gaetano Pini ed Enrico Maioli, già sindaco, ed all'ingegnere Carlo Taddei. Quello al Ricasoli fu presentato in persona dal gonfaloniere e dai tre cittadini summentovati. In genere tutti questi indirizzi, ai quali deve aggiungersi un altro al Ricasoli per condolersi della esplosione delle due bombe nell'atrio del suo palazzo e di una terza in quello del ministro Salvagnoli, sono fra i più degni ed eloquenti fra i tanti e tanti allora pubblicati; vennero composti molto probabilmente
dagli avvocati Pini e Maioli (15).
Sorvolo sulla nomina di una commissione “con incarico di portarsi a [594] tutte le parrocchie del comune per eseguire lo spoglio dei libri degli stati di anime, per compilare la lista degl'individui che ai termini di legge si trovavano nelle condizioni volute per dare il voto nello imminente plebiscito”; sull'assegnazione di L. 500 “per acquisto di armi a difesa dell'indipendenza nazionale” e di L. 700 pel monumento a V. Emanuele a Torino, e segnalo piuttosto le feste sacre e profane pel beneaugurato plebiscito. Nell'ampia chiesa di S. Domenico (il Duomo era in restauro), fu celebrata una messa in musica con assistenza del Vescovo e di tutto il clero secolare e regolare, degli alunni del Seminario, del Sotto-prefetto, Tribunale, rappresentanza municipale, corpo insegnante, impiegati regi e comunali, e molti notabili cittadini, banda e guardia nazionale. Monsignore, ch'era Giuseppe Maria Alli-Maccarani, espose il Venerabile ed intuonò il Te Deum.
Il concorso fu straordinario. La giornata, 18 marzo, splendida. Così pure la illuminazione, che, nella sera lietissima, si estese spontanea dai pubblici edifici alle case dei più umili cittadini (16).
Con simil pompa venne il 13 maggio festeggiato lo Statuto, in ordine ad una circolare del ministro dell'interno, e dietro convocazione di urgenza del Magistrato “in seguito a semplice verbale avviso”.
Però invece che in S. Domenico, la cerimonia si svolse nella chiesa veneratissima del Crocifisso, con assistenza del proposto Giuseppe Conti.
Poscia dinanzi al corteggio, che si schierò presso il palazzo municipale, sfilò la guardia nazionale colla banda. Notate fra i priori le assenze di un Magnani e di un Balducci, che per altro si giustificarono per motivi di salute. Però chi scrive ricorda di avere udito nella sua fanciullezza accusare il Magnani di codinismo.
Le feste costano denari, e nello elenco delle spese chi più intascò, e non fu molto, fu il Ristori, tipografo (quel medesimo che aveva pubblicato il primo volumetto di poesie del Carducci), e cioè L. 147,00 per doppia tiratura di 1500 libretti istruttivi pel popolo, 200 programmi e 150 avvisi.
Né si fece risparmio di campane, dacché a certo Brunelli e compagno, per aver suonate quelle del duomo per sei giorni, e tre volte per ogni giorno, vennero sborsate L. 84. Né si omise in occasione dello ingresso del Re a Firenze, il 16 aprile del '60, di fare in quella sera un bel falò di fascine lungo la strada del poggio al disopra del piazzale, ed a pie della storica rocca degli Svevi (17).
Gli eventi precipitano; la fortuna non ci abbandona, e con essa le feste continuano, ma anche in queste, cominciano le note discordi. Cosi nel marzo 1861 fu dato un voto contrario alle feste da farsi per la proclamazione del re d'Italia, che consisterono in distribuzione di pane ai poveri, palio [595] di cavalli sciolti, fuochi di artifizio ed innalzamento di un globo aereostatico.
Quando poi per la festa commemorativa della unità d'Italia e dello Statuto, il gonfaloniere invitò il Vescovo alla celebrazione dei sacri riti, non solo ei si rifiutò recisamente, ma non volle autorizzare alcun ecclesiastico. Onde il Consiglio deliberava di fare la festa in qualche chiesa di patronato municipale, o meglio di “limitarla alla sola parte civile”. Deliberò collazioni di doti di L. 50 l'una a fanciulle miserabili, ed oltre ai soliti lumi “un ballo campestre nel pubblico passeggio con intervento della banda, che farà di quando in quando, oltre ai ballabili, pezzi di concerto(18).
Le feste si seguono e si rassomigliano; più concludente fu intanto la proposta del primo priore, avv. E. Maioli, nell'adunanza di magistrato del 29 settembre del 1860. Volgevano i momenti difficili, nei quali la corrente repubblicana e mazziniana contrastava ed intorbidava l'altra magnifica dominata dal Cavour, ed il Maioli saggiamente proponeva, annuenti i colleghi tutti: “Nello agitarsi di una setta, che attenta perturbare il corso maraviglioso del movimento italiano per travolgerlo nell'anarchia rivoluzionaria, e che osa affacciare pretese che offendono la dignità nazionale, il municipio esprime un voto di plauso alla politica saggia ed energica del governo del re, comò quella che, per consentimento universale, può condurre al compimento degli alti destini d'Italia; conforta quindi il governo a perseverare con fermezza di proposito nella politica stessa, ed a combattere come faziosi e nemici della patria tutti coloro che inalzano una bandiera diversa da quella che sempre tenne alta la intemerata lealtà del nostro gran re Vittorio Emanuele II(19).
Sarebbe da augurare che uno spoglio dei più notevoli documenti concernenti la storia del risorgimento nazionale negli atti e deliberazioni dei nostri Comuni si facesse con storico criterio e comprensione diligente, e che a questo attendessero o si prestassero di buona voglia le autorità
stesse municipali».

Giuseppe Rondoni.


NOTE:
(01) Deliberazioni della rappresentanza della Comunità civica di S. Miniato. Anno 1848, 8 gennaio.(02) Deliberazione cit., 4 settembre.
(03) Deliberazione anno 1849.
(04) Deliberazione del 25 luglio 1849.
(05) Il 29 luglio, ad ore 6 pom., fu cantato in cattedrale un solenne Te Deum dal vescovo con intervento di tutte le autorità. “Nella sera fu con bella gara illuminata la città dai cittadini, mentre i colli circostanti e le campagne splendevano come nelle sere precedenti di mille e mille fuochi di gioia. La banda civica percorse sino a notte avanzata le vie della città eseguendo diverse sinfonie di allegrezza e di giubilo interrotte dagli evviva con cui il popolo acclamava continuamente al suo benefico Principe e Padre “. Così in una Memoria negli Atti del Municipio.
(06) Deliberazione del 27 aprile.
(07) Deliberazione del 21 maggio.
(08) Deliberazioni del 18 marzo e 2 aprile.
(09) Deliberazione del 18 giugno 1849.
(10) Deliberazioni del 5 e 14 maggio 1859.
(11) Deliberazioni del 28 maggio, 7 e 15 giugno.
(12) Deliberazioni del 16 « 80 luglio, del 26 agosto e 24 settembre.
(13) Deliberazione del 26 agosto.
(14) Deliberazioni del 28 settembre e 26 ottobre.
(15) Deliberazioni dell' 11 e 21 gennaio 1860.
(16) Deliberazioni del 3, 9 e 18 marzo 1860.
(17) Deliberazioni del 7, 9, 13 e 26 maggio 1860.
(18) Deliberazioni del 2 e 27 marzo, e del 22 maggio 1861.
(19) Deliberazione del 29 settembre 1860. 

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