a cura di Francesco Fiumalbi
Giuseppe Rondoni (San Miniato, 17 novembre 1853 – 16
novembre 1919), già Direttore della Miscellanea Storica della Valdelsa e Presidente dell'Accademia degli Euteleti, è senza dubbio una figura molto importante per i
suoi contributi sulla storia sanminiatese.
In questo post proponiamo un articolo che Giuseppe
Rondoni compilò per la rivista «Il
Risorgimento Italiano», nell’anno 1912, dal titolo Archivio Comunale di S. Miniato al Tedesco. Deliberazioni municipali
relative al Risorgimento Nazionale. E’ una pubblicazione assai
interessante, poiché, partendo dalle deliberazioni municipali, traccia un
quadro sintetico dell’atmosfera che si respirava a San Miniato nel periodo che
va dal 1848 al 1861, ovvero negli anni che porteranno all’Unità d’Italia.
Frontespizio de «Il Risorgimento Italiano», Rivista Storica, Organo della “Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano”, Anno V, Fratelli Bocca Editore, Milano, Torino, Roma, 1912.
Di
seguito il testo completo: G. Rondoni, Archivio
Comunale di S. Miniato al Tedesco. Deliberazioni municipali relative al
Risorgimento Nazionale, in «Il Risorgimento Italiano», Rivista Storica,
Organo della “Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano”, Anno
V, Fratelli Bocca Editore, Milano, Torino, Roma, 1912, pp. 586-595.
Pubblicazione
ai sensi dell’Art. 25, Legge 22 aprile 1942, n. 633.
AVVERTENZA: i numeri in blu, all'interno delle parentesi quadre sono i numeri di pagina originali. Le note, a margine di ogni pagina, sono state rinumerate e posizionate in fondo al testo.
AVVERTENZA: i numeri in blu, all'interno delle parentesi quadre sono i numeri di pagina originali. Le note, a margine di ogni pagina, sono state rinumerate e posizionate in fondo al testo.
[586] MUSEI,
ARCHIVI, BIBLIOTECHE
Archivio
Comunale di S. Miniato al Tedesco.
Deliberazioni municipali relative al Risorgimento Nazionale.
(1848—1861).
«In questo Archivio Comunale, che non è senza importanza per i cultori degli studi storici, ho spigolato notizie relative al periodo del nazionale risorgimento, quando S. Miniato era già divenuto capoluogo di un vasto, popoloso e fiorente circondario della provincia di Firenze. E poiché gli effetti del risorgimento nelle terre minori e nel contado, e gli aspetti che quivi assumeva sono in gran parte un'incognita, ch'è opportuno e doveroso rintracciare e chiarire, così mi si consenta rilevare i principali risultati delle mie ricerche.
«In questo Archivio Comunale, che non è senza importanza per i cultori degli studi storici, ho spigolato notizie relative al periodo del nazionale risorgimento, quando S. Miniato era già divenuto capoluogo di un vasto, popoloso e fiorente circondario della provincia di Firenze. E poiché gli effetti del risorgimento nelle terre minori e nel contado, e gli aspetti che quivi assumeva sono in gran parte un'incognita, ch'è opportuno e doveroso rintracciare e chiarire, così mi si consenta rilevare i principali risultati delle mie ricerche.
Anzi
tutto ferma l'attenzione un'adunanza del magistrato (la Giunta odierna)
del gennaio 1848, con intervento di sei Priori, ed in assenza del gonfaloniere
(il Sindaco), ch'era allora il duca Ferdinanzo Strozzi di Firenze. I Priori
adunque “informati delle gravi discordie avvenute in Livorno nella sera del
6 gennaio corrente” (e sono i tumulti che determinarono il ministro Cosimo
Ridolfi ad accorrervi ed a fare catturare il Guerrazzi) “e della fiducia
riposta nei sudditi col sovrano motuproprio del 7 detto, deliberarono alla
unanimità di votare a nome della città il seguente indirizzo ed affidare al
gonfaloniere l'onorevole incarico di rassegnarlo al R. trono, unitamente a
quello della ufficialità della guardia civica, col quale rinnovella il
giuramento di esser pronta ad ogni sacrifizio per la difesa del trono e
conservazione dell'ordine”.
L'indirizzo
esprime “i sentimenti di generale reprobazione” degli abitanti di S.
Miniato, e quelli altresì "di rispetto, di confidenza e di affezione
nutriti mai sempre e senza limiti... da questo popolo abitualmente rispettoso,
tranquillo ed amante dell'ordine” (01).
[587] Nello
stesso anno, sempre a proposito di Livorno ed in assenza del solito
gonfaloniere, i nostri Priori, visto il proclama del granduca del 3 settembre,
col quale annunzia che, trovandosi Livorno sotto il flagello dell'anarchia,
confida che “la guardia civica accorrerà pronta alla comune difesa; viste le lettere del sotto-prefetto colle quali invita a provvedere i
militi, che devono subito organizzarsi e riunirsi, e fa richiesta di un locale
ad uso di caserma, e dell'anticipo delle spese per avere la rivalsa dalla cassa
militare”, deliberano di assegnare il noviziato di S. Francesco per le guardie civiche del circondario con paglia ed il necessario per la
illuminazione notturna “e danno facoltà al Camarlingo di anticipare il soldo
ai militi” (02). Si trattava della spedizione delle civiche presso
Livorno per la dimostrazione bollata dall'arguzia toscana per Campagna delle
acciughe.
Il 13 aprile 1849, il nostro magistrato "avuta comunicazione per mezzo del Monitore Toscano dello scorso giorno, che il municipio di Firenze aveva assunte in nome del principe le redini del governo per la migliore direzione degli affari, volendo procedere con maturità di consiglio, e riunire più che fosse possibile le volontà non tanto degli altri notabili del paese, quanto dei più elevati impiegati, ha deliberato invitare alla seduta magistrale Mons. Vescovo, il Sotto-Prefetto, il Presidente del Tribunale ed il R. Procuratore, il curato dei SS. Jacopo e Lucia e quello dei SS. Michele e Stefano. Previa discussione con intervento dei sopradetti sui temperamenti che sarebbe stato utile “adottare” in questi solenni momenti” (03).
Il 13 aprile 1849, il nostro magistrato "avuta comunicazione per mezzo del Monitore Toscano dello scorso giorno, che il municipio di Firenze aveva assunte in nome del principe le redini del governo per la migliore direzione degli affari, volendo procedere con maturità di consiglio, e riunire più che fosse possibile le volontà non tanto degli altri notabili del paese, quanto dei più elevati impiegati, ha deliberato invitare alla seduta magistrale Mons. Vescovo, il Sotto-Prefetto, il Presidente del Tribunale ed il R. Procuratore, il curato dei SS. Jacopo e Lucia e quello dei SS. Michele e Stefano. Previa discussione con intervento dei sopradetti sui temperamenti che sarebbe stato utile “adottare” in questi solenni momenti” (03).
“Considerato
che primo scopo del municipio si era togliere e prevenire possibili reazioni,
che potevano avvenire più agevoli se si fosse verificato un imponente concorso
della classe agricola, che ha dichiarato di voler venire a S. Miniato nella
giornata a proclamare il ristabilimento della monarchia costituzionale di
Leopoldo II, ch'era invocato dalla parte più numerosa della città; che l'assenza
del potere esecutivo poneva il municipio nell'obbligo di provvedere alla
conservazione dell'ordine pubblico;
DELIBERA
un proclama ai cittadini e di esortare i parroci di S. Miniato ad insinuare la concordia ed il rispetto alle leggi, e che qualora si verifichi il sospettato concorso, i parrochi stessi, uniti a qualche individuo del corpo magistrale, si pongano alla testa della moltitudine, e cerchino di moderarla [588] ne' modi più blandi e lusinghevoli che le circostanze potranno suggerire”.
un proclama ai cittadini e di esortare i parroci di S. Miniato ad insinuare la concordia ed il rispetto alle leggi, e che qualora si verifichi il sospettato concorso, i parrochi stessi, uniti a qualche individuo del corpo magistrale, si pongano alla testa della moltitudine, e cerchino di moderarla [588] ne' modi più blandi e lusinghevoli che le circostanze potranno suggerire”.
Nello
indirizzo ai cittadini, formulato seduta stante, raccomandava che nessuno si
attentasse “perturbare l'ordine pubblico imperocché una sola scintilla sia
talenta cagione di vasto incendio”. Aggiungeva: “La divergenza delle
opinioni politiche per chi ami davvero la libertà non può né dev'esser giammai
fomite di discordie. Stringiamoci tutti in un amplesso di pace, e veneriamo
nelle vicende cui van soggetti gli Stati i supremi decreti della Provvidenza”.
Infine dichiarava “di aderire formalmente al ristabilimento della monarchia
costituzionale di Leopoldo II, nella fiducia, nutrita eziandio dal municipio di
Firenze, che la monarchia medesima sia circondata d'istituzioni popolari, e che
possa evitarsi il dolore di una straniera invasione”. Tutto fu votato per
acclamazione. Era allora gonfaloniere Vincenzo Migliorati, di nobile e ricca
famiglia samminiatese.
I
contadini accorsero a S. Miniato in buon numero, ed anche con vanghe e forconi;
ma non vi furono disordini, nonostante l'entusiasmo, che fu tale che un contadino,
pel troppo correre ed affannarsi, giunto in paese, moriva per mal di cuore.
Ad
ore 5 pom. del 15 la restaurazione fu solennizzata con un Te Deum in
cattedrale.
Indi il municipio fece presentare in Pisa un indirizzo da commissione apposita al granduca, subito dopo il suo sbarco a Viareggio.
Indi il municipio fece presentare in Pisa un indirizzo da commissione apposita al granduca, subito dopo il suo sbarco a Viareggio.
Giova
riferirlo perché mentre contiene le più smaccate proteste di omaggio pure
insiste sulle costituzionali franchigie, ed é specchio dell'animo illuso della
maggior parte dei Toscani nei centri minori e nelle campagne (04).
“Altezza
Imperiale e Reale!
I
giorni della vostra assenza furono giorni di lutto, di fremito e di terrore.
Non sapremmo ridire la cupa indignazione con cui fu dalle Provincie accolta la
dolorosa novella che una mano di scellerati vi aveva necessitato ad abbandonare
il suolo toscano.
Il
municipio di S. Miniato onorasi di avere nei tempi infausti con-servato alla
vostra eccelsa persona ed alla vostra famiglia puro da ogni macchia l'affetto.
Esso recusò qualunque indirizzo o segno di adesione ai fatti democratici, senza
curare le loro folli declamazioni; custodì gelosamente scevro di oltraggio quel
marmoreo monumento che ci ricordava nella vostra lontananza le paterne vostre
sembianze, i vostri preziosi benefizi e i doveri della nostra riconoscenza. Non
abbiamo che un desiderio da esprimervi, quello di vedere assicurate dalla
vostra sapienza le istituzioni
[589] costituzionali che ci donaste e con
esse la felicità del vostro popolo e la gloria del vostro trono” (05).
In questo ambiente, già beneficato realmente da Leopoldo II col Tribunale circondariale, ed ove sorgeva una statua del principe, opera mediocrissima del Pampaloni, veniva, dopo alcuni anni, ad inaugurare la sua carriera d'insegnante e di poeta Giosuè Carducci, e, altro strano contrasto, proprio questo municipio, così umile e devoto, venne ad urtarsi collo Imperiale e Reale Governo, a proposito della Civica, facendo rimostranze e proteste, che non debbono passare inosservate per la Storia generale della Toscana in quegli anni. Vero è che tra il fervido indirizzo e il conflitto era sopraggiunta la occupazione austriaca.
In
data 20 aprile 1849 i nostri Priori rilevano che la guardia nazionale formata
nel '47 con soverchia prestezza dovè accogliere individui che non avevano i
necessari requisiti. Donde il bisogno di riforma sentito universalmente e
reclamato in iscritto dagli ufficiali e comandanti della 1° compagnia, sul
fondamento che non pochi individui meritavano di “essere radiati dal ruolo,
quali per causa d'inettitudine fisica, quali per la loro condizione economica,
e quali per la loro indisciplina e cattiva condotta”. Anzi una fatale
esperienza ha dimostrato al municipio che questa “ultima causa ha portato a
grado a grado la guardia nazionale nel più rimarchevole discredito, giunto al
segno che per la immoralità di alcuni militi della 1° compagnia, gli altri
animati da buono spirito e retti principi hanno dovuto rifiutarsi di prender
parte al servizio per essere il contatto co' primi lesivo alla loro buona
reputazione. La 2° compagnia ha trovato sempre somma difficoltà a riunirsi
perchè composta nel maggior numero di persone degenti in campagna, ed il più
delle volte ha ricusato di prestare il servizio, che sarebbe toccato a turno
colla 1° compagnia , nonostante gl'incitamenti delle autorità governative ed
ufficiali, riuscendo di un vistoso aggravio al municipio per la istruzione e
per gli stipendi dei bassi ufficiali, pei locali, ecc., senza alcun utile
pubblico, ed anzi col danno manifesto del malo esempio, che si è comunicato in parte
ai militi delle guardie dei comuni limitrofi”.
Non
mi è riuscito sapere che diavolo facessero quei militi causa di tanto scandalo;
fatto è che l'autorità municipale ne deliberava il discioglimento [590] e la ricostituzione, a voti unanimi, e su
conforme parere del Sotto-prefetto, richiedendo alla superiore autorità l'invio
di una schiera di veliti pel servizio di polizia. Se non che una officiale
della prefettura di Firenze, avvisando che non può farsi l'invio dei veliti, in
cambio dello scioglimento, invita a richiamare il Consiglio di revisione a
portare un più accurato esame sui ruoli per togliere dai medesimi
gl'immeritevoli; ma il Magistrato col Sotto-prefetto insistono nei loro
divisamenti, dacché il Consiglio di revisione conteneva gli stessi vizi de'
quali era infetto il corpo della nazionale. Tale proposta (concludono) “può
sola tutelare la quiete pubblica che il nuovo ordine di cose potentemente
reclama” (06).
Poi,
il 12 maggio, sappiamo che anche il governo vuole lo scioglimento, e il
magistrato delibera che “per non offendere suscettibilità e per economia”
si sciolgano le due compagnie simultaneamente, e se ne ricostituisca una sola.
La deliberazione non ebbe effetto perchè un decreto del Commissario
straordinario di S. A. I. e R. (il Serristori), in data del 18, dichiarava
sciolta senz'altro la guardia nazionale di S. Miniato.
Il
comune sospese allora gli stipendi agl'impiegati della medesima, ad eccezione
dell'armaiuolo, destinato alla custodia delle armi di proprietà comunale (07).
Trascorso
qualche tempo, il 13 marzo 1850 i nostri padri coscritti lessero con grande
stupore una intimazione del governo di raccogliere le armi della Civica nei
magazzini militari di Firenze e di Livorno, e parve un fulmine a ciel sereno.
Francamente
risposero: “Non crede il municipio declinare dal rispetto che si deve
all'autorità superiore se ritiene non esser luogo per di lui parte allo invio”.
Considerando ch'era il ritiro inspirato dall'unica veduta di provvedere alla
necessaria conservazione delle armi, che il comune era stato cauto di procedere
al ritiro, ponendole “in luogo e deposito sotto la sorveglianza di una
deputazione eletta appositamente”, che sono in ottimo stato di
conservazione, e che abiti ed armi erano acquistati col denaro del municipio o
“regalati dal patriottismo dei cittadini”. Infine e sopratutto si fonda
“nel difetto di ogni ragion politica al dirimpetto di questa città per
essersi sempre mostrata tranquilla, sommessa ognora alle leggi, amantissima
dell'ottimo principe, ed incapace affatto di avversare il governo, e per andare
tuttora superba di essere stata la prima in tutta Toscana ad aderire per
l'organo del suo municipio alla felice restaurazione della monarchia
costituzionale”.
Invano! La prefettura con nuova ufficiale del 26 marzo richiamava senz'altro il gonfaloniere alla spedizione delle armi; ma egli coi Priori, mentre intende e dichiara di essere ossequente agli ordini dell'autorità superiore, [591] crederebbe pur tuttavia di demeritare la fiducia de' suoi amministrati e di rendersi indegno di quella politica libertà che concede lo statuto fondamentale elargito dall'ottimo principe, se non sentisse il bisogno di protei stare contro la incostituzionalità della ordinata misura, in quanto che non giustificato rapporto a questo Comune da veruna di quelle circostanze che sembrano averla motivata, e che o per il lato economico o per il lato politico potevano renderla forse anche adottabile ed opportuna. “Quanto allo scioglimento, si ritenne chiesto ed ingiunto soltanto in vista di un riordinamento generale, onde non potersi non considerare con estrema amarezza che colla inopinata richiesta delle armi, toglieva al municipio quella fondata speranza che aveva sempre nutrita del riordinamento, e tanto più perchè non sapeva conciliare l'adozione di una siffatta misura coll'impegno in cui trovasi l'I. e R. Governo di riorganizzare la guardia, ora che sta quasi per compiersi il termine dell'anno prescritto dall'art. 14
del Regolamento organico 4 ottobre 1847, sulla guardia civica del granducato”.
Invano! La prefettura con nuova ufficiale del 26 marzo richiamava senz'altro il gonfaloniere alla spedizione delle armi; ma egli coi Priori, mentre intende e dichiara di essere ossequente agli ordini dell'autorità superiore, [591] crederebbe pur tuttavia di demeritare la fiducia de' suoi amministrati e di rendersi indegno di quella politica libertà che concede lo statuto fondamentale elargito dall'ottimo principe, se non sentisse il bisogno di protei stare contro la incostituzionalità della ordinata misura, in quanto che non giustificato rapporto a questo Comune da veruna di quelle circostanze che sembrano averla motivata, e che o per il lato economico o per il lato politico potevano renderla forse anche adottabile ed opportuna. “Quanto allo scioglimento, si ritenne chiesto ed ingiunto soltanto in vista di un riordinamento generale, onde non potersi non considerare con estrema amarezza che colla inopinata richiesta delle armi, toglieva al municipio quella fondata speranza che aveva sempre nutrita del riordinamento, e tanto più perchè non sapeva conciliare l'adozione di una siffatta misura coll'impegno in cui trovasi l'I. e R. Governo di riorganizzare la guardia, ora che sta quasi per compiersi il termine dell'anno prescritto dall'art. 14
del Regolamento organico 4 ottobre 1847, sulla guardia civica del granducato”.
Rileva
pertanto “la inopportunità per lo meno della misura”, ed affine
di mettersi “al coperto da qualunque rimprovero da parte de' suoi
amministrati, sente il bisogno di tornare a richiedere la pronta
riorganizzazione della Civica di questo Comune”. Né infine dissimula che
“il decreto avrebbe efficacia pari a quella di una legge marziale, cosa cui
certamente repugna la coscienza stessa del governo toscano, non che l'attuale
condizione politica del granducato. Crederebbe di tradire i propri doveri
quando si uniformasse a così esorbitante richiesta. Ferma stante la protesta
della incostituzionalità e inopportunità, e conscio di dovere obbedire alle
autorità superiori, aderisce allo invio, purché il governo s'incarichi delle
spese di trasporto” (08). G. Petri, allora cancelliere comunitativo,
annotava: “Con sovrana risoluzione del 6 aprile 1850, partecipata dalla
prefettura, é stato ordinato che sia disapprovata ed annullata la di contro
deliberazione in quella parte che contiene resistenza agli ordini ed espressioni
meno che rispettose verso il R. Governo”.
In
quei giorni di cupa reazione questa coraggiosa protesta di un piccolo Comune,
che ricorda il patto costituzionale al governo fedifrago, dimostra e conferma
come fino dai primordii di quel decennio che ben fu detto di raccoglimento, la
coscienza politica e nazionale fosse progredita e progredisse modesta e sicura,
e quasi presaga del vicino trionfo. Cuoceva l'onta della occupazione austriaca,
tanto più che fino dal 18 giugno del '49 era stata invitata la comunale
magistratura nostra “a convocarsi straordinariamente e a stanziare e spedire
senza indugio quelle maggiori somme [592] che
potesse avere disponibili, purché non inferiori in complesso alle L. 11.600”.
Fu necessario un imprestito (09).
Gli
anni 1859 e '60 offrono poco d'importante, o che abbia quel rilievo e colore
locale, che può contribuire anche alla intonazione generale dei grandi quadri
della storia.
Il
5 maggio del 1859, un po' tardi, a dir vero, si registra l'adesione al governo
provvisorio toscano con voti tutti favorevoli e con poche e nobili parole,
incaricando di partecipare tale deliberazione al comune di Firenze e di
renderla pubblica il gonfaloniere, ch'era l'avv. Enrico Maioli, cittadino e
patriota integerrimo, e di lì a poco viene stanziata la somma di L. 2500 per
concorrere alle spese per la guerra d'indipendenza, nominando altresì una
commissione per raccogliere le offerte “pel santissimo scopo”.
Di
questa somma L. 2100 si versarono nella cassa della depositeria generale, e 400
furono messe a disposizione della commissione suddetta affinchè supplisca pel
momento alle spese occorrenti per l'invio alle bandiere dei volontari bisognosi
di questo comune (10).
Il
14 si delibera inoltre una solenne messa di requiem pei caduti di Curtatone e di
Montanara, che fu celebrata il 28 successivo nella chiesa del Crocifisso con
intervento delle autorità, musica e “forbita orazion funebre” del
canonico Matteo Mattei.
Giunge
la notizia di Magenta, e il 7 giugno subito gonfaloniere e Priori, impiegati municipali,
autorità politiche e banda si recano verso il tramonto nella solita chiesa del
Crocifisso, ad intuonare l'inno di rendimento di grazie al Dio degli eserciti.
Reintegrato
il chimico prof. Taddei nella sua cattedra, la municipale rappresentanza fece
un indirizzo al governo, presentato da apposita deputazione, attestante il
gradimento dei Samminiatesi, ai quali il buon Taddei rispose con quello
affetto, che nutrì sempre caldissimo per la sua cittadina natale (11).
Il
16 luglio il magistrato prese notizia di un'istanza presentata dai signori
Leopoldo Conti, dott. Giuseppe Neri, dott. Alceste Sambuchi e dott. Genesio
Migliorati, perchè venga avvalorato e sanzionato dal voto del municipio un
indirizzo a V. Emanuele, firmato da più e diversi comunisti. Decise di
astenersi dalla votazione in proposito, poiché sulle sorti future e definitive
della Toscana dovrà decidere un'assemblea convocata a tale effetto.
Trascorrono
pochi giorni, e il municipio si associa ai sentimenti delle popolazioni, ed
esprime il desiderio dell'annessione della Toscana agli altri [593] Stati italiani, sotto la maestà costituzionale
del re Vittorio con un manifesto ch'è de' più belli e vibrati, e forse dettato
dal gonfaloniere Maioli.
Venne inserito nel Monitore, e ne furono tirate 300 copie, trasmesse a ciascuno dei gonfalonieri della Toscana.
Venne inserito nel Monitore, e ne furono tirate 300 copie, trasmesse a ciascuno dei gonfalonieri della Toscana.
Né
va taciuto il ringraziamento al governo toscano “per avere saputo così
degnamente reggere lo Stato”, e l'altro a V. Emanuele per l'accoglimento
del voto della toscana assemblea, “sicuri di avere (così era detto) in
voi e nella inclita vostra casa perenne guarentigia di progressi e
miglioramenti civili” (12).
Del
resto questi indirizzi si possono leggere nel Monitore toscano, talché sarà
piuttosto opportuno trascrivere le notizie dell'elezione dei due deputati del
collegio di S. Miniato alla Costituente toscana. Le spese occorse furono di L.
289, 16, 8, delle quali L. 12,10 per candele, facendosi la elezione in chiesa.
Gli elettori erano 912. Gli eletti furono, quasi senza contrasto, il venerando
Gino Capponi e Ferdinando Strozzi, che già vedemmo sindaco di S. Miniato. Ne
diè loro partecipazione ufficiale il principale donzello comunale mandato a
tale uopo a Firenze (13).
Nella
sala del Consiglio fu quindi collocato il busto del Padre della Patria, colla
epigrafe: “V. Emanuele II eletto — A nostro Re — Dalla Assemblea toscana —
Il 20 agosto 1859”. La piazza del Seminario fu sancito che si denominasse
V. Emanuele, e che la strada detta del Bellorino, ove esistevano le antiche
case Buonaparte, si appellasse Via Buonaparte. “Così (fu detto) un tal cognome
rammenterà del pari che la città di San Miniato fu culla degli illustri Agnati
del magno Napoleone III (14).
Nel
1860 s'incomincia con altri indirizzi, uno al re Vittorio “per esprimere
nuovamente la ferma volontà di veder rispettato l'atto solenne emesso dai
nostri legittimi rappresentanti il 20 agosto 1859”, e l'altro al Ricasoli.
Vi furono 4 voti in contrario, e l'incarico di redigere tali indirizzi venne
affidato, su proposta del gonfaloniere, che in quell'anno era il nobile
Averardo Conti, agli avvocati Gaetano Pini ed Enrico Maioli, già sindaco, ed
all'ingegnere Carlo Taddei. Quello al Ricasoli fu presentato in persona dal
gonfaloniere e dai tre cittadini summentovati. In genere tutti questi indirizzi,
ai quali deve aggiungersi un altro al Ricasoli per condolersi della esplosione
delle due bombe nell'atrio del suo palazzo e di una terza in quello del
ministro Salvagnoli, sono fra i più degni ed eloquenti fra i tanti e tanti
allora pubblicati; vennero composti molto probabilmente
dagli avvocati Pini e Maioli (15).
dagli avvocati Pini e Maioli (15).
Sorvolo
sulla nomina di una commissione “con incarico di portarsi a [594] tutte le parrocchie del comune per eseguire
lo spoglio dei libri degli stati di anime, per compilare la lista degl'individui
che ai termini di legge si trovavano nelle condizioni volute per dare il voto
nello imminente plebiscito”; sull'assegnazione di L. 500 “per acquisto
di armi a difesa dell'indipendenza nazionale” e di L. 700 pel monumento a
V. Emanuele a Torino, e segnalo piuttosto le feste sacre e profane pel
beneaugurato plebiscito. Nell'ampia chiesa di S. Domenico (il Duomo era in
restauro), fu celebrata una messa in musica con assistenza del Vescovo e di
tutto il clero secolare e regolare, degli alunni del Seminario, del
Sotto-prefetto, Tribunale, rappresentanza municipale, corpo insegnante,
impiegati regi e comunali, e molti notabili cittadini, banda e guardia
nazionale. Monsignore, ch'era Giuseppe Maria Alli-Maccarani, espose il
Venerabile ed intuonò il Te Deum.
Il
concorso fu straordinario. La giornata, 18 marzo, splendida. Così pure la
illuminazione, che, nella sera lietissima, si estese spontanea dai pubblici
edifici alle case dei più umili cittadini (16).
Con
simil pompa venne il 13 maggio festeggiato lo Statuto, in ordine ad una
circolare del ministro dell'interno, e dietro convocazione di urgenza del
Magistrato “in seguito a semplice verbale avviso”.
Però
invece che in S. Domenico, la cerimonia si svolse nella chiesa veneratissima
del Crocifisso, con assistenza del proposto Giuseppe Conti.
Poscia
dinanzi al corteggio, che si schierò presso il palazzo municipale, sfilò la
guardia nazionale colla banda. Notate fra i priori le assenze di un Magnani e
di un Balducci, che per altro si giustificarono per motivi di salute. Però chi
scrive ricorda di avere udito nella sua fanciullezza accusare il Magnani di
codinismo.
Le
feste costano denari, e nello elenco delle spese chi più intascò, e non fu
molto, fu il Ristori, tipografo (quel medesimo che aveva pubblicato il primo
volumetto di poesie del Carducci), e cioè L. 147,00 per doppia tiratura di 1500
libretti istruttivi pel popolo, 200 programmi e 150 avvisi.
Né
si fece risparmio di campane, dacché a certo Brunelli e compagno, per aver
suonate quelle del duomo per sei giorni, e tre volte per ogni giorno, vennero
sborsate L. 84. Né si omise in occasione dello ingresso del Re a Firenze, il 16
aprile del '60, di fare in quella sera un bel falò di fascine lungo la strada
del poggio al disopra del piazzale, ed a pie della storica rocca degli Svevi (17).
Gli
eventi precipitano; la fortuna non ci abbandona, e con essa le feste
continuano, ma anche in queste, cominciano le note discordi. Cosi nel marzo
1861 fu dato un voto contrario alle feste da farsi per la proclamazione del re
d'Italia, che consisterono in distribuzione di pane ai poveri, palio [595] di cavalli sciolti, fuochi di artifizio ed
innalzamento di un globo aereostatico.
Quando
poi per la festa commemorativa della unità d'Italia e dello Statuto, il
gonfaloniere invitò il Vescovo alla celebrazione dei sacri riti, non solo ei si
rifiutò recisamente, ma non volle autorizzare alcun ecclesiastico. Onde il
Consiglio deliberava di fare la festa in qualche chiesa di patronato
municipale, o meglio di “limitarla alla sola parte civile”. Deliberò
collazioni di doti di L. 50 l'una a fanciulle miserabili, ed oltre ai soliti
lumi “un ballo campestre nel pubblico passeggio con intervento della banda,
che farà di quando in quando, oltre ai ballabili, pezzi di concerto” (18).
Le
feste si seguono e si rassomigliano; più concludente fu intanto la proposta del
primo priore, avv. E. Maioli, nell'adunanza di magistrato del 29 settembre del
1860. Volgevano i momenti difficili, nei quali la corrente repubblicana e
mazziniana contrastava ed intorbidava l'altra magnifica dominata dal Cavour, ed
il Maioli saggiamente proponeva, annuenti i colleghi tutti: “Nello agitarsi
di una setta, che attenta perturbare il corso maraviglioso del movimento
italiano per travolgerlo nell'anarchia rivoluzionaria, e che osa affacciare
pretese che offendono la dignità nazionale, il municipio esprime un voto di
plauso alla politica saggia ed energica del governo del re, comò quella che,
per consentimento universale, può condurre al compimento degli alti destini d'Italia;
conforta quindi il governo a perseverare con fermezza di proposito nella
politica stessa, ed a combattere come faziosi e nemici della patria tutti
coloro che inalzano una bandiera diversa da quella che sempre tenne alta la
intemerata lealtà del nostro gran re Vittorio Emanuele II” (19).
Sarebbe da augurare che uno spoglio dei più notevoli documenti concernenti la storia del risorgimento nazionale negli atti e deliberazioni dei nostri Comuni si facesse con storico criterio e comprensione diligente, e che a questo attendessero o si prestassero di buona voglia le autorità
stesse municipali».
Sarebbe da augurare che uno spoglio dei più notevoli documenti concernenti la storia del risorgimento nazionale negli atti e deliberazioni dei nostri Comuni si facesse con storico criterio e comprensione diligente, e che a questo attendessero o si prestassero di buona voglia le autorità
stesse municipali».
Giuseppe Rondoni.
NOTE:
(01)
Deliberazioni della rappresentanza della Comunità civica di S. Miniato. Anno
1848, 8 gennaio.(02) Deliberazione cit., 4 settembre.
(03)
Deliberazione anno 1849.
(04)
Deliberazione del 25 luglio 1849.
(05)
Il 29 luglio, ad ore 6 pom., fu cantato in cattedrale un solenne Te Deum dal
vescovo con intervento di tutte le autorità. “Nella sera fu con bella gara
illuminata la città dai cittadini, mentre i colli circostanti e le campagne
splendevano come nelle sere precedenti di mille e mille fuochi di gioia. La
banda civica percorse sino a notte avanzata le vie della città eseguendo
diverse sinfonie di allegrezza e di giubilo interrotte dagli evviva con cui il
popolo acclamava continuamente al suo benefico Principe e Padre “. Così in una
Memoria negli Atti del Municipio.
(06)
Deliberazione del 27 aprile.
(07)
Deliberazione del 21 maggio.
(08)
Deliberazioni del 18 marzo e 2 aprile.
(09)
Deliberazione del 18 giugno 1849.
(10)
Deliberazioni del 5 e 14 maggio 1859.
(11)
Deliberazioni del 28 maggio, 7 e 15 giugno.
(12)
Deliberazioni del 16 « 80 luglio, del 26 agosto e 24 settembre.
(13)
Deliberazione del 26 agosto.
(14)
Deliberazioni del 28 settembre e 26 ottobre.
(15)
Deliberazioni dell' 11 e 21 gennaio 1860.
(16)
Deliberazioni del 3, 9 e 18 marzo 1860.
(17)
Deliberazioni del 7, 9, 13 e 26 maggio 1860.
(18)
Deliberazioni del 2 e 27 marzo, e del 22 maggio 1861.
(19)
Deliberazione del 29 settembre 1860.
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