domenica 25 maggio 2014

GALLIANO - Racconto di Alberto Vincenti


di Alberto Vincenti

Estate 1944, a Samminiato arrivano i liberatori.

GALLIANO
Quando gli Americani arrivarono a San Miniato tanta gente, che fino a quel momento si era rifugiata nelle campagne, nelle cantine, nelle soffitte per sfuggire ai Tedeschi, uscirono da loro nascondigli per andare incontro ai liberatori. Fra questi c’era Galliano, che sebbene comunista, andò per primo incontro alle prime truppe americane in piazza Santa Caterina gridando: “eccoli i liberatori !... abbasso i fascisti e i tedeschi!... sigarette… cioccolata… eccoli i veri liberatori ! “
Si sa che fra le prime truppe americane mandate in avanscoperta c’erano anche dei tipi poco raccomandabili e con pochi scrupoli e tre di questi, due bianchi e un negro, cominciarono a bazzicare nei giorni seguenti la bottega del Perondi perché gli era rimasto del vino, che anche se aveva lo spunto, quei tre non se ne accorgevano abituati com’erano a buttar giù qualsiasi cosa che sapesse di forte.
I due soldati bianchi erano normali, ma il negro aveva un fisico e dei muscoli da gladiatore. Faceva caldo e il negro aveva sempre le maniche della camicia rimboccate fino alle spalle così che i bicipiti sembravano due prosciutti affumicati mentre stava appoggiato al banco di marmo nella bottega del Perondi a scolarsi un gotto dietro l’altro.
Il figliolo di Galliano era un ragazzone dall’aspetto pacioccone e dall’aria un po’ ingenua e ogni giorno entrava dal Perondi mentre c’erano i tre americani; si metteva accanto al negro, lo guardava, si tirava su la manica della camicia come lui, si guardava i muscoli, guardava quelli del negro, toccava i suoi poi toccava quelli dell’americano per sentire chi li aveva più duri e diceva: “io simile” e il negro rispondeva: “non capire” e gli offriva un bicchierotto di vino. Il ragazzotto ricominciava: “io simile…” e il negro: “non capire” e gli offriva una sigaretta. Questa tiri-tera continuò diversi giorni, ma uno di questi il negro era più serio e nero del solito. Quando il figliolo di Galliano entrò in bottega, il Perondi, che tartagliava, gli disse: “l-l-lascialo sta oggi…. u-u-un lo vedi co-co-com’è nero oggi”, ma il ragazzo gli si mise accanto lo stesso a muscoli scoperti e gli disse: “io simile”. Il negro non fece scherzi, gli lasciò andare un cazzotto sul viso che gli fece fare due o tre giravolte e il poveroragazzo andò a sbattere la bazza sul bancone di marmo facendosi un sette che pisciava sangue come un capretto sgozzato. “Oioi… babbo… oioi, m’hanno picchiato… ora ora lo vo a di’ a i’ mi’ babbo”.
Arrivò Galliano che con aria strafottente entrò in bottega e con tono di sussiego disse: “che gli avete fatto a i’ mi’ figliolo ?... perché tu se’ grosso tu credi di fa quello che ti pare… eh ?” e ancora rivolgendosi al negro: “che gli ha’ fatto a i’ mi’ figliolo ?” e il negro continuava a bere non curandosi di lui. Allora Galliano alzò la voce scuotendolo per la camicia: “o nero… perché tu ha’ picchiato i’ mi’ figliolo… tu te la rifai con lui perché è più piccino di te eh?” Non fece a tempo a finire la frase che si prese un cazzottone nella bazza anche lui volando per terra a due o tre metri di distanza; rialzatosi a fatica e reggendosi il mento uscì di bottega gridando: “questi sono i liberatori… bellini gaoh… guardate che m’hanno fatto… I LIBERATORI”.



San Miniato, via P. Maioli - Sciòa
Foto di Francesco Fiumalbi


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