martedì 14 giugno 2016

SAN MINIATO NE “UN ROMANZO IN VAPORE” DI CARLO LORENZINI “COLLODI”

a cura di Francesco Fiumalbi

Indice del post:
INTRODUZIONE
UN NUOVO ITINERARIO: LA FERROVIA
IL GENERE: UN ODEPORICO, UNA GUIDA O UN RACCONTO UMORISTICO?
L'INDICE DEL VOLUME E LE VARIE STAZIONI
IL CAPITOLO DEDICATO AL TERRITORIO SANMINIATESE
COLLODI CONOSCEVA PINOCCHIO OGGI SAN MINIATO BASSO?
LA VEDUTA DI SAN MINIATO INCISA DA LEOPOLDO CIPRIANI
TRASCRIZIONE DEL CAPITOLO XVI “STAZIONE DI SAN PIERINO”

INTRODUZIONE
Carlo Lorenzini “Collodi” (Firenze, 24 novembre 1826 – 26 ottobre 1890) è stato un giornalista e scrittore fiorentino, famosissimo per Le avventure di Pinocchio. Il testo nacque come narrazione a puntate su Il Giornale dei Bambini e raccolto poi in un unico volume pubblicato nel 1883. Per dare un'idea della grandezza di questo straordinario autore toscano basti pensare che Pinocchio, stando ad alcune ricerche come quella realizzata da The Traslation Company, sarebbe il secondo libro al mondo per numero di traduzioni (240), sorpassato solamente da Il Piccolo Principe (253).
Meno nota, ma non meno interessante, è l'opera di esordio di Carlo Lorenzini, ovvero Un Romanzo in Vapore. Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica, edito da G. Mariani a Firenze nel 1856. Più avanti in questa pagina è proposta la trascrizione del testo dedicato alla fermata sanminiatese e alcune considerazioni sull'opera. Per molti, infatti, questa rappresenta una “prova” del fatto che Carlo Lorenzini conoscesse il nostro territorio e dunque anche il centro abitato di Pinocchio, da cui avrebbe tratto il nome per il suo celebre burattino.

C. Lorenzini “Collodi”, Un Romanzo in Vapore.
Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
G. Mariani, Firenze, 1856, frontespizio

UN NUOVO ITINERARIO: LA FERROVIA
Un Viaggio in Vapore rappresenta un'opera in cui Carlo Lorenzini, appena trentenne, mostra già la sua vivacità culturale e la genialità nel fondere e sperimentare nuovi generi letterari. Non si tratta di una “guida” in senso stretto, bensì un testo esperienziale legato ad un viaggio particolare. Ovvero quello reso possibile dalla costruzione della cosiddetta “Ferrovia Leopolda”, la strada ferrata che venne completata nel 1848 per collegare il porto di Livorno con Firenze. Fra le varie stazioni, in cui sosta il treno e si sofferma il testo del Collodi, c'è anche la stazione di San Miniato-Fucecchio, che all'epoca prendeva il nome di Stazione di San Pierino (dal nome della frazione del Comune di Fucecchio).
La ferrovia rappresentava non solo un nuovo mezzo di trasporto, ma una vera e propria nuova strada, un itinerario inedito tutto da percorrere e da scoprire. Infatti, la carrozza ferroviaria offriva un punto di vista “diverso” e ancora non descritto. Il primo a pensare e realizzare un'opera del genere fu proprio Carlo Lorenzini.

IL GENERE: UN ODEPORICO, UNA GUIDA O UN RACCONTO UMORISTICO?
In passato c'erano già state molte narrazioni odeporiche, diari di viaggio o vere e proprie “guide” dedicate ad itinerari per la Toscana. Erano testi destinati per lo più agli ambienti eruditi del tempo, a viaggiatori ricchi, curiosi, e quindi anche agli europei (per lo più Inglesi, Tedeschi, Austriaci e Francesi) che intraprendevano il cosiddetto “Grand Tour” in Italia, di cui la Toscana rappresentava una tappa fondamentale. Pensiamo, ad esempio al Viaggio Pittorico della Toscana del Fontani (1801-1803), oppure al The Road of Tuscany di M. H. Hewlett (1904) e tantissimi altri.
Da un punto di vista della narrazione, la critica ha riconosciuto in quest'opera un tentativo di fondere il genere popolare del romanzo con quello borghese della guida di viaggio, il tutto condito da scene umoristiche e ampie divagazioni, probabilmente sul modello dell'irlandese Laurence Stern (1713-1768). Insomma quest'opera di Collodi è un testo rivolto ad un “flâneur” (per citare Charles Baudelaire) che decide di intraprendere un viaggio in treno da Firenze a Livorno, desideroso e curioso di scoprire e approfondire il paesaggio che scorre dal suo finestrino del treno.

L'INDICE DEL VOLUME
Scorrendo l'indice di Un Romanzo in Vapore è possibile ripercorrere la tratta ferroviaria, lunga quasi 100 km, che collega Firenze a Livorno passando da Pisa.
Il capitolo “zero” è una sorta di sommaria descrizione delle strade ferrate presenti nei vari stati italiani. Infatti, quando il libro venne pubblicato (1856) l'Italia era ancora suddivisa in tanti staterelli. Poi entra nel dettaglio della linea “Leopolda” e della sua stazione fiorentina di testa, presso Porta a Prato: la “Stazione Leopolda”, tornata alla ribalta per le “convention” organizzate dall'attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi a partire dal 2010. E poi parte il romanzo, e con esso il viaggio attraverso le stazioni: San Donnino, Signa, Montelupo, Empoli, San Pierino, San Romano, La Rotta, Pontedera, Cascina e Navacchio, prima di arrivare a Pisa e infine a Livorno.
Osservando il numero delle pagine dedicate alle varie fermate del treno, non si può fare a meno di osservare come Lorenzini sia molto più “prolisso” nelle stazioni vicine a Firenze, e decisamente più sintetico nel tratto pisano della ferrovia: 7 pagine per San Donnino, 15 per Signa e i suoi dintorni, 7 per Montelupo, 7 per Empoli, 7 per San Miniato – Fucecchio “San Pierino”, e poco più di una pagina, per un totale di 7 pagine complessive, per le cinque stazioni di San Romano, La Rotta, Pontedera, Cascina e Navacchio. Infine 9 per la stazione di Pisa e 14 per quella di Livorno.
Chiude il volume una “Guida Commerciale” delle città di Firenze, Pisa e Livorno.

IL CAPITOLO DEDICATO AL TERRITORIO SANMINIATESE
Il capitolo della stazione di “San Pierino” è in realtà interamente dedicato a San Miniato ed in particolare alla sua storia medievale. Descrive i fatti principali, la presenza degli imperatori, la “rivoluzione” magnatizia del 1308, alcune battaglie che videro la partecipazione dei sanminiatesi, l'assedio fiorentino del 1369 e la rivolta operata da Benedetto Mangiadori nel 1397. Si sofferma sulla nascita della Diocesi nel 1622 e sottolinea la monumentalità della Cattedrale e dell'attuale Palazzo Vescovile.
Carlo Lorenzini non rivela la fonte da cui attinge le informazioni, ma possiamo ragionevolmente ipotizzare che abbia consultato il Dizionario Geografico Fisico e Storico di Emanuele Repetti (6 voll., Firenze, 1833-1845).

COLLODI CONOSCEVA PINOCCHIO OGGI SAN MINIATO BASSO?
Un Romanzo in Vapore è spesso citato fra le “prove” per affermare che Carlo Lorenzini conoscesse il territorio sanminiatese e, dunque, anche la borgata del Pinocchio (oggi San Miniato Basso) il cui nome sarebbe stato preso in prestito dallo stesso autore per il celebre burattino. Tale circostanza è stata riportata anche recentemente da Eugenio Giani (Presidente del Consiglio Regionale della Toscana) durante l'inaugurazione del cartello “già Pinocchio” che si è tenuta lo scorso 9 giugno 2016. Vedi il post [VIDEO] “GIA' PINOCCHIO” - IL NUOVO CARTELLO COL VECCHIO NOME DI SAN MINIATO BASSO.
Volendo essere onesti, i contenuti del capitolo sanminiatese de Un Romanzo in Vapore non possono essere considerati come una “prova” di tale circostanza. La borgata del Pinocchio non viene mai rammentata nel testo, nemmeno di straforo. Inoltre, le notizie sanminiatesi sono talmente sintetiche e prive di particolari spunti, che sembrano tratte da altre opere pubblicate precedentemente.  Nonostante questo, non si può nemmeno escludere che il Collodi, consultando testi come il Dizionario del Repetti alla ricerca di informazioni sulle località prossime alla stazione, si sia imbattuto proprio nel nome di Pinocchio, rimanendone colpito.  In ogni caso, l'associazione di un nome così particolare, come è quello di Pinocchio, è talmente singolare che non può che risultare evidentissima. Tuttavia per “provare” che Carlo Lorenzini abbia preso in prestito il nome di Pinocchio dal centro abitato sorto ai piedi del colle sanminiatese, a mio avviso occorre argomentare su altri versanti.

LA VEDUTA DI SAN MINIATO INCISA DA LEOPOLDO CIPRIANI
Il capitolo sanminiatese de Un Romanzo in Vapore contiene anche una curiosa “veduta” della città. Si tratta di un'incisione realizzata da Leopoldo Cipriani, abile disegnatore del tempo che successivamente fu anche collaboratore di Telemaco Signorini. Il Cipriani era entrato in contatto con Carlo Lorenzini grazie alla comune collaborazione alla rivista “La Lente”. Tra l'altro fu proprio nelle pagine di questo giornale umoristico che comparvero per la prima volta gli pseudonimi di Collodi (Carlo Lorenzini) e di Morvidino (Leopoldo Cipriani). Il sodalizio fra i due continuò anche per altre pubblicazioni, come I misteri di Firenze. Scene sociali, dato alle stampe per la casa editrice Fioretti, a Firenze nel 1857.
Tornando all'immagine contenuta nel capitolo della Stazione di S. Pierino, è rappresentato il classico “profilo” sanminiatese, visto da nord, un po' come doveva apparire proprio dalla stazione. La Rocca si presenta con un'insolita terminazione ed è affiancata alla sinistra dal Convento di San Francesco e alla destra dalla Cattedrale. I contorni poco definiti, talvolta quasi sfumati contribuiscono a ottenere un effetto "romantico" e a suscitare fascino e curiosità.

TRASCRIZIONE DEL CAPITOLO XVI “STAZIONE DI SAN PIERINO”
Di seguito è proposta la trascrizione di C. Lorenzini “Collodi”, Un Romanzo in Vapore. Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica, G. Mariani, Firenze, 1856, pp. 133-139:

[133]
CAPITOLO XVI.
Stazione di S. Pierino

San Pierino ! — San Pierino, in questo caso, è un prestanome.
Il vero paese , che merita la nostra attenzione, è San Miniato! Guardatelo là , su quel colle a sinistra.

S. Miniato

Ecco uno dei Castelli più importanti della Toscana. Alcuni lo dicono fondato da Ottone I, altri da Desiderio, ultimo re dei Longobardi: c’è perfino chi lo fa rimontare all’epoca romana, a causa di una sua contrada della Pancole e di una chiesa ora distrutta e supposta anticamente tempio pagano, consacrato al Dio Pane.
E perchè questo Castello lo chiamano al Tedesco ?
[134] — Siffatta denominazione è antichissima e gli venne dall’essere stato il Castello di S. Miniato, la residenza dei Giudici d’appello di Nazione tedesca che rappresentavano l’imperatore in Toscana. Resulta dalle carte dell’epoca che il primo Giudice imperiale residente in S. Miniato fosse un tal Giovanni, mandatovi da Ottone IV. Questi Vicari imperiali presero anche il nome di Castellani di S. Miniato. Ma dopo la giornata della Meloria, che costò tanta perdita, ai Pisani, i quali unitamente ai Sanminiatesi, avevano sempre sostenuto le ragioni dell’impero in Toscana, i Vicarii tedeschi, perduto il loro più valido appoggio, non potettero più sostenersi in Toscana, e gli uni, dopo gli altri ebbero a ritornarsene in Alemagna — e spesso con poco onore.
L’ imperatore Arrigo VI fu quello che designò S. Miniato, come Corte Imperiale: e nel luglio del 1226 Federigo II, figlio d’Arrigo, si recò a visitare il castello, con numeroso corteggio di principi e vescovi: e vuolsi che fosse egli stesso che facesse edificare la rocca di S. Miniato, bellissimo rudero, che vedete tuttora in piedi, là sul piumacolo del monte , e che nell’epoche successive ha servito ancora da prigióne di Stato.
Fra i fatti ricordevoli di S. Miniato, vi dirò come nel 1308, il paese cambiò forma di governo, perchèè i Ciccioni, i Mangiadori e altri nobili del Castello, attesoché era stato fatto uno statuto in virtù del quale i nobili dovevano dar [135] cauzione di fiorini mille, dinanzi al Capitano, di non offendere alcuno del popolo ( vedi che esigenze! ...) questi signori che v’ ho nominato poc’anzi si levarono sù, e si presero contro il popolo, cacciando la Signoria e il Capitano di S. Miniato, ed abbruciando i libri e gli Statuti di quei Comune.
Nel 1356 Carlo IV, re di Boemia, traversando la Toscana per recarsi a Roma, volle visitare S. Miniato, dove venne accolto dai Sanminialesi, come loro Signore; e tanto se ne chiamò contento, che vi ritornò la sera del 5 Maggio dello stesso anno, dopo aver preso, dalle mani del Pontefice, la corona imperiale.
Fra i valorosi soldati di San Miniato si rammentano anch’oggi con molto onore un Giovanni Mangiadori e un Bartolommeo Portigiani, i quali militavano per la Repubblica Fiorentina nel
tempo che i Pisani e gl'Inglesi erano penetrati nel Valdarno superiore. Questi due prodi Sanminiatesi, rimasti alla Guardia del Borgo dell’Incisa, una volta attaccati, uscirono fuori virilmente a battaglia, quando il Mangiadori fu preso colla spada alla mano, mentre disperatamente si batteva, e l'altro, il Portigiani, vedendo che non c’ era scampo a salute, piuttosto che rimanersi prigioniero in mano ai nemici, si gettò nell’Arno e vi si annegò.
Nell’anno susseguente, il giorno di S. Vittorio, quando accadde la gran battaglia nella pianura fra Cascina e la Badia di S. Savino, dove coi Fiorentini militavano Sanminiatesi [136] contro ai soldati pisani, ci fu un Piero Ciccioni di S. Miniato, che per il suo mirabile valore, venne armalo cavaliere sul campo della vittoria, poco innanzi di tornare con l’esercito e coi prigioni pisani al Castello di S. Miniato. Questa vittoria riportata dai Fiorentini sulla gente di Pisa, si commemora anche oggi, ogni anno in Firenze, il giorno di S. Vittorio, con un palio, o corsa di cavalli di sangue non troppo puro.
Ma i Sanminiatesi, anticamente, non se la dicevano gran fatto coi Fiorentini: dimodoché, avanti che terminasse l’anno 1369, conservandosi il Castello in aperta ribellione verso la Repubblica fiorentina, questa vi mandò un esercito comandato dal Malatesta e dal Conte Roberto di Poppi. Invano accorsero in sussidio degli assediati le genti milanesi inviale da Bernabò Visconti, e le pisane, sotto la scorta del celebre capitano Giovanni Aguto: che i Fiorentini, reggendo a molti acciacchi, tennero forte: e quelli di dentro al Castello si trovarono ben presto assottigliati di viveri e di munizioni. E forse si disponevano a tentare il colpo dei disperati, quando per tradimento di un Sanminiatese per nome Luparello, che stava nel campo degli assediane, venne rotto un muro, e aperta in tal modo la via al conte Roberto e ai Fiorentini di impossessarsi del paese, a discrezione!
Fra i fuorusciti sanminiatesi fatti prigioni in codesto assedio, e decapitati a Firenze, ci fu un Filippo di Lazzaro Borromei, che ebbe per figlia una Margherita, la quale dopo il [137] tragico fine del padre, fuggì a Milano e quindi si maritò a un Vitaliani di Padova. Da questo matrimonio nacque Iacopo Borromei (già Vitaliani) e che fu poi lo stipite dell’ illustre famiglia milanese che diede S. Carlo alla Chiesa Romana.
Dopo l'assedio e la presa del Castello, fra Firenze e S. Miniato fu concluso un trattato di pace, nel quale, fra le altre cose vi si dice che S. Miniato per l’avvenire si chiamerà fiorentino, e non più al tedesco: e alcuni nobili Sanminiatesi furono in quell’epoca creati cavalieri fiorentini.
Ma, a dispetto però della lettera del trattato di pace, il Castello ha conservato sempre, e conserva tutt’oggi, la sua prima e antichissima denominazione di S. Miniato al Tedesco.
Fra i commovimenti interni di questo paese, è celebre quello accaduto verso la fine del secolo XIV, per opera di un Benedetto Mangiadori, Sanminiatese, ma costantemente ribelle e fuoruscito. Questo malanno s’intese con Jacopo Appiano fatto Signore di Pisa, e pattuì di dare S. Miniato in sue mani. Detto fatto, il Mangiadori si partì da Pisa, seguito da pochi compagni, e la sera del 26 febbraio 1397 messe piede nel Castello. Si portò difilato al palazzo del Vicario fiorentino, che era Davanzato Davanzati, e trovatolo nella sala, lo uccise. Quindi gettato il cadavere dalle finestre cominciò a gridare — Viva il popolo di S. Miniato e la Libertà — ma il ribelle non fu appoggiato: perchè i Sanminiatesi si armarono gridando — viva il Comune di Firenze — Dimodoché l’assassino, dopo [138] essersi valorosamente difeso nel suo palazzo, sopraffatto dal numero, dovette fuggire per una porla nascosta, che dava sulle mura.

S. Miniato (pag. 133)
San Miniato, disegno di Leopoldo Cipriani
in C. Lorenzini “Collodi”, Un Romanzo in Vapore.
Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
G. Mariani, Firenze, 1856, p. 138.

Nell'agosto del 1409 la Signoria di Firenze, per mezzo del suo ambasciatore Giovanni Ristori, fece istanza al Pontefice Alessandro V per erigere S. Miniato in Città Vescovile.
[139] Nel 1527, caduta Firenze sotto le armi collocate di Carlo V e di Clemente VII, anche il Governo di S. Miniato fu ridotto a Monarchico e sottoposto al Duca Alessandro de’ Medici. Da quest’epoca in poi, i Sanminiatesi si conservarono sempre fedeli ai sovrani delle due dinastie, e nel 1622 videro la loro patria eretta a Città vescovile, come nell’Agosto del 1833 vi fu creato un tribunale collegiale, con residenza di un regio commissariato.
La Cattedrale di S. Miniato, detta di S. Maria e S. Genesio, venne adorna nel 1775 di statue e di stucchi.
E' degno d’osservazione il Palazzo di Sotto ora del Vescovo, ed un tempo Residenza dei Signori XII.

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