SOMMARIO DEL LIBRO:
In questa pagina è proposta la trascrizione del Capitolo I [Introduzione alla patria e alla nobiltà il frontespizio] della pubblicazione curata da Antonio Maria Vannucchi, dal titolo Ragionamento storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia, edito presso la stamperia fiorentina di Gaetano Albizzini, nel 1758.
AVVERTENZA: Il
carattere azzurro nelle parentesi quadre segnala il numero della
pagina.
[09]
RAGIONAMENTO
ISTORICO
AL
NOBIL GIOVANE
GIO.
BATTISTA GUCCI
GENTILUOMO
SAMMINIATESE
SOPRA
LA NOBILTA' DELLA SUA PATRIA
E
DELLA SUA FAMIGLIA
§.I.
I.
Quale,
e quanto sia il pregio, in cui tener si debba, o nobil Giovane, la
gentilezza del sangue, e la gloria ereditata dai maggiori, egli è
soggetto di varia estimazione, nullameno nella opinione del volgo,
che nel giudizio di coloro, che vengono riputati saggi. E lasciando
stare il volgo, che grossamente pensa, nulla più valuteremo l'arte
de' [10]
Poeti, o degli Oratori, i quali favellano ad una certa materia
popolare, e di affermare anzo una cosa, che l'altra, (h)anno per
ragione l'opportunità del tempo, del luogo, della materia, e non
sempre la verità. Imperciocché, se costoro ascoltate, ora vi parrà
lo splendore del lignaggio un merito quasi divino, e come un
partecipare dell'essenza de' celesti corpi degli Dei, e che manchi
alla virtù più eccellente il più bello, e pregiato fiore, ov'essa
non spunta da vecchio, e grande, e famoso tronco: ed al contrario, se
direte alcuna fiata essere un'ombra, un sogno, ed un niente ciocché
non è virtù e Che fu
chiaro è colui, che per le splende, e
come avvedutamente protestò quell'Ulisse, Et
genus, & proavos, & qua non fecimus ipsi, Vix ea nostra
puto...... ed eglino
molte ragioni prendono in prestanza dai Filosofi. Tra i quali voi ben
sapete, come la severità di alcuni dispogliò per fino del nome di
bene qualunque obietto, trattone la virtù, e come questa sola
circondò, ed afforzò di ogni titolo, e di ogni fregio: mentre
quegli altri, mostrandosi più umani, tennero, e gli onori, e gli
agi, e gli ajuti tutti del vivere in conto di qualche bene,
quantunque [11]
solamente esterno, e subordinato all'ultimo, e principale. Ed appunto
da questo sommo bene, e dallo stabilirne prima la qualità, e la
natura, dipende la decisione della presente disputa, rimasa ormai ad
esercitar nelle scuole la sottigliezza, e l'ingegno degli studenti.
II.
Ma
a sentenziare discretamente sulla nostra fa di mestieri, che più
partitamente si ragioni, e si riguardi la nobiltà secondo varie, per
così dire, vedute, ed aspetti differenti. E prima, quanto alla
natura medesima del corpo, e dello spirito, chi dirà, che per la
sola nobiltà del padre si tramandi alcuna cosa nel figlio, che lo
distingua dal rimanere dei viventi? Questa prerogativa è manifesto
non essere intrinseca, ed inerente al corpo, o all'animo, ma esser
solamente nella opinione, nella consuetudine, e nelle leggi. Lande
non si può la medesima dirittamente assomigliare alle fattezze degli
animali, ed alla forma delle piante, che al principio loro sono
rispondenti. Tuttavia concederemo, che la grandezza degli avoli possa
divenire quasi continova naturalmente nei posteri, quando essa nacque
dalle opere loro, le quali avessero radice, e forza nella naturale
disposizione dei corpi. Siccome i Fisici avvertono, che una
particolar tessitura delle sottilissime fibre, o del cervello, o del
resto di questa macchina, ed un migliore, o disordinato moto dei
fluidi, che [12]
circolano per la medesima, fa ingegnosi o tardi, ricordevoli o
smemorati, magnanimi o meschini, iracondi o pietosi, lieti o
malinconici, aperti o cheti, forti o timidi, dolci, ed umani, o
austeri, e crudeli. Le quali maniere noi vediamo sovente passar nei
figlio dai genitori insieme colla somiglievole tessitura dei corpi: e
queste non è da dubitare, che dispongano l'animo, e lo inclinino, o
a vizio, o a virtù, sì fattamente però, che lo dispongano, ed
inchinino solamente, non lo necessitino.
III.
L'educazione,
o questa sì che può assaissimo a condurre dirittamente, o a
travolgere il corso della vita, per le prime idee, e continue, anzi
sovente uniche, le quali si presentano all'animo, e vi s'imprimono,
raffermandosi negli atti replicati, e formando la consuetudine di
operare. Quelli che non vederono mai altro, che bassi, ed umili
oggetti, che non ascoltarono se non voci fregolate, e crude, che non
furono circondati se non da sordidezza, e povertà, e non ebbero
avanti, se non azioni vili, e dispregevoli, contraggono una certa
ruggine, che si manifesta nell'angustia dei pensieri, nella ruvidezza
del tratto, nella stravaganza, e picciolezza delle opere. A quelli
poi, che incontrano col guado cose grandi, e gloriose, e di loro
(h)anno piene sempre le orecchie, dilatasi per certo modo lo spirito,
ed accendesi a confacevole imitazione.
IV.
[13]
Lo che è vero nella vita eziandio tutta quanta. Che non era
fanciulletto Pirro, quando di lui si disse Pirribus
Achillides animosus imagine Patris? Né
era giovannetto Fabio Massimo, né Scipione, quando in mirare le
immagini dei loro maggiori si sentiro infiammare a prodi, e memorande
imprese. E perciò noi sappiamo, come tra i Romani le case grandi
avessero adorno l'atrio dell'effigie di antenati illustri a lung'
ordine disposti, e come vi pendessero e cocchi, ed armi, ed altre
spoglie di mano loro ai nemici tolte: dalla gloria delle quali dovea
spiccarsi chiara luce di esempio, e vive fiamme di emulazione, o
almeno di vergogna per colui, a cui elleno rinfacciassero ogni giorno
la sua bassezza, per la cui ragione si avesse a dire, Heu
antiqua Domus, quam dispari dominaris Domino!
V.
Avvegnaché
egli è un nobile posto quasi in un grado più eccellente, a cui
molti mirano, onde più agevole è l'incontrare il comun biasimo, ed
il dispregio, se taluno sel merita; lo che nella umile condizione, e
perciò poco riguardata, ed osservata, non succede. E la nobiltà,
quale dovrebb'essere a tutti quei, che ne godono, tale è al popol
tutto, che le opere dei nobili considera, vale a dire, una pietra di
paragone, che dimostra senza [14]
fallo a giusto esame delle opere medesime il pregio, ed il valore.
Formato che sia una volta il giudicio, e scolpito nella memoria, chi
lo cancellerà intieramente giammai? Come un tersissimo specchio, che
per fumo, o somigliante bruttezza appannato, non racquista mai
pienamente la chiarezza prima. Lande per gli uomini di onore non fa
mestieri né di severe leggi, né del Magistrato rigido dei Censori,
ma basta il grado loro, e la contemplazione della propria origine, a
bene, e degnamente vivere.
VI.
Appresso
alle quali massime vien quel principio del profondo Politico dei
nostri tempi, che l'onore pose qual vincolo, sostegno, ed anima delle
Monarchie. E ciò in vero a gran commendazione della nobiltà, senza
la quale non pareva ad esso, che star potesse la reggia, e 'l trono,
e l'ordine presente della società, e conseguentemente la
tranquillità, e la felicità dei più ben colti popoli della terra.
E ancor di noi, che in tale stato viviamo: benché io non segua del
tutto le vestigia di sì gran'uomo, cui non pertanto vennero, ed
ammiro. Poiché l'essere il più sovente la ragione interna del
mantenimento, ed aggrandimento di uno stato Monarchico, e del moto,
che ne agita, ed aggira tutte le parti, l'onore, ben lo concedo; ma
non avervi luogo, e più volte non produrre ottime, e segnalate
imprese ed utilissime, ancor la virtù, [15]
l'amor del retto, e quel della patria, parmi doversi negare. Né io
voglio, che se pochi esempli, e rari fanno temer talvolta somiglianti
motivi al Monarca, perciò questi s'abbiano a sbandire da molti altri
esempli, e frequenti, che debbono essere ad esso cari, e vantaggiosi.
E per contraria guisa io penso, che nelle Repubbliche non sia sola la
virtù, e l'amor della patria, e della vita frugale, e della egualità
comune, che ne governi la sicurezza, e gli andamenti; ma quale, e
quanta forza vi abbia la gloria, tutti ne parlano le Greche, e le
Romane Storie. Oltrediché nel governo degli ottimati, o temperato da
qualche autorità di popolo, o sovra di lui signoreggiante
compiutamente, non è nocevole la brama di superare i compagni, ed
eguali fuori nel valore, e grandezza delle opere, quando questa è
oramai sparsa, ed accesa in tutti, ed ha ciascuno confacenti mezzi a
render pago il desio, o a ciò tentare con pari forte che gli altri.
Poiché voi ben vedete, o nobil Giovane, che dal contrasto
vicendevole delle forze, sempre tendenti a vincere, e sempre
rispinte, e rintuzzate per le contrarie, convien che nasca
quell'equilibrio di azioni che di desidera a fare operare insieme
tutti gli ottimati con egualità per la patria comune. Del rimanente
dal nome stesso di ottimati, che suol essere ereditario nelle
famiglie, si fa manifesto, come la nobiltà vantaggiosamente [16]
possa formare un ordine primario nella Repubblica, e come sia stato
giudicato, che la virtù de' padri si abbia a propagare intiera nella
descendenza.
VII.
Alla
qual cosa giovano le moderate ricchezze, che le più siate trovansi
congiunte alla nobiltà. Poiché queste allontanano dalla bassezza, e
sollevano a magnificenza, danno i comodi della vita onesta, e quelli
di giovane altrui, e liberando dalla necessità, fanno luogo agli
esercizj, ed alla coltura dell'animo.
VIII.
Adesso
raccogliendo il mio lungo favellare, dico, che dee la nobiltà tanto
aversi in pregio, quanto ella porge di soccorso a virtuosamente
vivere, o recandone la maniera, o l'opportunità, o l'incitamento, o
gli altri ajuti, o discostandone, siccome ella fa, gl'impedimenti.
Onde meno tollerabile addiviene la stupidità, e follìa di coloro,
che per essa levansi alto, e montano in superbia, quando e'
dovrebbero anzi cagione avere di temer molto pel loro buon nome.
Imperciocché eglino fanno, come colui, che si vantasse gran
viaggiatore, perché soltanto ha i piedi agili, spediti, e gagliardi;
o come quell'altro che si spacciasse un terribile lottatore, perché
si sentisse robuste, e vigorose le braccia, benché il primo non mai
si fosse mosso di casa sua, ed il secondo non avesse pur veduto di
lontano il campo del cimento. [17]
Così costoro si pavoneggiano de' soli mezzi, che ottennero senza
studio loro, e senz'arte dalla natura, per addivenire lodevoli, e di
ciò contenti, d'adoperargli, e di pervenire al disegnato fine, cioè,
di esser lodevoli veracemente, mostrano di non curarsi. Quindi
ciocché fu dato loro a proprio, ed altri vantaggio, eglino, o
ristandosi oziosi dall'impegarlo, in biasimo fel volgono, ed in
singolare discapito proprio, ed altri.
IX.
Ciò
non accaderà (certo che io lo spero) a voi, che intendete sanamente
nullameno le voci di chi vi ama tanto, che quelle dello stato vostro,
della Patria, e de' maggiori. Conciosiaché, se congiuntamente le
riceverete nell'animo, ne ritrarrete maraviglioso conforto a
provacciarvi quella, che aver si può, onesta felicità: che mentre
vi si pongono innanzi illustri esempli, verrete stimolato meglio a
seguitarli per diritta via, lasciando da un de' lati l'inutile
alterezza, che dispregia, ed è dispregiata, e dall'altro
pusillanimità , che fa indegno rifiuto degli ornamenti, e dei
presidj, cui natura diede. Per la qual cosa ho voluto io con questo
Ragionamento quasi raccogliere tutte queste voci in un suono solo,
acciocché sia più pieno, ed efficace. Ed egli dee valere eziandio
ad opprimere il confuso rimbombo, e svantaggioso, che troppo si ode
venir talvolta dai male [18]
avvisati, o dai malevoli, e giungerla per avventura un qualche giorno
fino alle menti degli uomini di miglior senno.
X.
Il
quale allora massime si fe sentire, quando piacque all'Augustissimo
nostro Sovrano di dare una giusta forma universale a tutto quanto
l'ordine nobile della Toscana. Voi vi rammenterete, come la Legge del
dì 1 Ottobre 1750 assegna primieramente il nome, e le prerogative di
Città a quei soli luoghi, che degnamente portar ne possono ai giorni
nostri il peso, e lo splendore. Quindi ne distingue come due generi,
tolti da due rispondenti generi di nobiltà, che l'adornano. Questa
in alcuna di tali Cittadi sovrastando, e per altissima dignità, e
per antichità remota, venne inalzata, e distinta col titolo di
Patriziato, rimanendosi gli altri semplicemente Nobili. Il qual
ordine posteriore essendo solo infra molte altre concesso alla Città
vostra; non è agevole a dirsi, come a chi non seppe troppo ben
ragionare, o male era conoscitore delle cause delle leggi, parve
cotesta Patria illustrata quasi di volgar fregio, e precario, e pieno
di apparenti segni di novità: come se molti non fossero i fonti, da
cui derivasi l'opinione della eccellenza, e le Leggi fossero la
storia del passato, e non la norma dello avvenire; e come fe la
Legge. Che non fece menzione alcuna di Fiesole, e di Chiusi, avesse
perciò cancellato il nome di [19]
esse dai vecchi monumenti, e tolti alla prima i tanti secoli, di cui
fa pompa, e la potenza, che tenne avanti dei Romani, e con i
medesimi; ed alla seconda il pregio (che già passò) di real fede, e
di Capitale di uno dei dodici Popolo dell'Etruria: e finalmente come
se ponendo, e Volterra, ed Arezzo, e Pisa, e Siena appresso a
Firenze, abbia negato che quelle già fiorissero, e per grandezza, e
maestà di mura, e per valore, e merito dei Cittadini, quando questa
ancor non era un campo arato, o una ripa di fiume, od un villaggio.
L'antico stato, non da quello de' giorni nostri, né dai moderni
provvedimenti delle Leggi, ma degli Scrittori delle trapassate cose,
dalle cartapecore, ed altrettali memorie, vuolsi ricavare. Le quali
ricercando accuratamente ardisco dire della vostra Patria, che nei
tempi, che di mezzo si appellano, e dentro gli ultimi settecento
anni, o per ampiezza, e per potenza, o per alleanze, e per affari con
remoti popoli, o pel giudicio fattone da gran Sovrani, o per lo
splendore delle famiglie, o per tanti fatti ragguardevoli, e degni di
ricordanza, ella niente cede alle più onorate, e più distinte.
XI.
Alla
forte nostra Patria comune fu quella della Famiglia. Una vostra
sorella era omai prender l'abito religioso in un cospicuo Monastero
di Firenze. Eccoti un'incerta voce senz'autore gettata, e senza [20]
veruna considerazione accolta in animi mobili, e sospettosi, non
esser ella Nobile. Perloché, siccome conviene in sì fatte cose, la
savia Giovane cedé alla fortuna, e provvide volentieri alla sua
quiete, che pel decoro suo, ed onoranza, ne fu assai riparata dal
giudicio di altro Monastero di egual condizione, appresso il quale fu
ella meglio conosciuta, ed estimata. Tuttavia fa d'uopo disingannare
il Mondo, e palesare la verità, ove brutto è il tacere, ed esposto
a suspizione d'infamia. E questo hammi accresciuto stimolo a dovere
sotto gli occhi porvi alcune brevi memorie, che appartengono alle
cose della vostra Patria, e del vostro lignaggio. Nel che io non
intesi di tessere una storia, né di delinearne una compiuta
immagine, ma solo di preseverarne in compendio alcuni tratti; i quali
mentre servono ad ismentire chi giudica senza troppo considerar di
che, serviranno a Voi per dimostrarvi quale vi conviene d'essere
appresso i vostri, che furono nei tempi andati Nobili per virtù, e
per laudevoli azioni.
Antonio
Maria Vannucchi, Ragionamento
storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese
sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia,
Stamperia Gaetano Albizzini, Firenze 1758, frontespizio.
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