SOMMARIO DEL LIBRO:
In questa pagina è proposta la trascrizione del Capitolo II, paragrafi XVIII-XXIII [Sulla nobiltà di San Miniato e il suo essere “città”] della pubblicazione curata da Antonio Maria Vannucchi, dal titolo Ragionamento storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia, edito presso la stamperia fiorentina di Gaetano Albizzini, nel 1758.
AVVERTENZA: Il
carattere azzurro nelle parentesi quadre segnala il numero della
pagina.
§.II.
XVIII.
Venga
adesso un di quegl'insipidi e indiscreti, che volentieri col rozzo
volgo errando, gettano inconsideratamente l'usate parole: Samminiato
esse Città moderna, né tale essere stata prima di Gregorio XIII che
il Vescovo nell'anno 1622 gli concedette.
Quasi che sia una cosa istessa il Clero, e 'l Popolo, la dignità
dell'uno, e quella dell'altro, e non potesse sovra le Terre, e le
Castella elevarsi questo, se al grado di Chiesa Cattedrale non
salisse quello: e quasi da rider non sia, che innanzi degli Apostoli,
che i primi Vescovi furono, s'abbia a dire, che non vi [47]
fosse al mondo Città, e Roma stessa, tale appellata per eccellenza
lungo tempo avanti gli anni di nostra salute, questo nome guadagnasse
meritatamente allora solo, che n povero, ed ignoto Pescatorello in
essa entrò a risedere. L'origine di somigliante inganno è antica,
ed accennata fino dal famoso Accursio (alla
Estrav. di Federig. II de laes. majestat. tit. 2)
che non si pongan Vescovi nei Castelli, o nelle Città piccole, ma
ivi solamente Preti. Episcopi
non in Castellis, aut modicis Civitatibus debent constitui, sed
Presbyteri, &c.
di che si spiega la causa in quel che segue: non
ad modicam Civitatem, ne vilescat nomen Episcopi: sed ad honorabilem
urbem titulandus, & denominandus ets:
e tanto quasi ripetesi al seguente capo 4 non
in quibuslibet Castellis, aut ubi ante non fuerunt, Episcopi
consecrentur: cum ibi minores sunt plebes, minoresque conventus
Presbyterorum cura sufficit... Episcopalia antem gubernacula non nisi
majoribus popolis, & frequentibus civitatibus oportet praebere,
ne... viculis, & possessionibus, vel obscuris, & solitariis
municipiis tribuatur Sacerdotale fastigium.
Le quali parole ho voluto riportare distesamente, acciò per i vostri
Contradittori si riconosca, che da quell'istesso luogo, donde essi
traggon le armi contro di voi, per voi si traggono giustamente a
vostra difesa. Poiché chi non vede, che i Canoni, non che non dire,
che i Vescovi facciano le Città, anzi confessano, che esse lo [48]
sono avanti di ricever Vescovo? Ed in secondo luogo, quando anco si
concedesse, che eglino dichiarino quello, di cui dichiarano il
contrario, al più ne
seguirebbe, che la Città, che non ha Vescovo sia piccola, e delle
meno rispettevoli “non
ad modicam Civiattem, sed ad honorabilem Urbem... frequentibus
Civitatibus... non obscurit municipiis”
non già che ella non sia Città. Finalmente quando vi si legge, che
i Vescovi non si mandino, ubi
ante non fuerunt,
scopresi una parte forte della cagione, per cui alla vostra Patria
non ne fu per assai tempo dato veruno, mentre era elle Città solo
verso il mille, quando l'altre erano tutte Cittadi antiche, e fiorite
fino alla prima istituzione del Vescovado. Altra parte di cagione fu
per avventura, che Samminiato era Città sempre congiunta
agl'Imperadori, ed a quelli massime, che più fieri nemici furono dei
Sovrani Pontefici, e della Chiesa: ed altra ancora calamità dei
tempi, le continue guerre, ed intestine, la mancanza di convenevoli
rendite Ecclesiastiche, laddove piuttosto ricchi, e bene agiati erano
i Secolari.
XIX.
Comunque
però sia di questo, se e' può farsi tacere un poco il cinguettare
di costoro, facile mi sarà il dimostrare anche ai più dubbiosi, e
schifi, e sottili ingegni, che a cotesto Paese non poté a buona
equità negarsi, avanti che e' divenisse Vescovado, il pregio che gli
si contende. Conciossiache a [49]
riguardare la natura delle cose, a paragonare tra loro quelle, che
Città si chiamano senza controversia, ad ascoltare gl'insegnamenti
del Principe della eloquenza latina, che significa questo nome?
Concilia,
caetusque hominum jure sociati, Civitates appellantur,
ei dice in un luogo (Somn.
Scip.)
ed in un altro (L.
I.de Rep. app. Nonio Cap. 5.)
Quam
cum locis, manuuque sepsissent, esiusmodi coniunctionem tectorum
Oppidum, vel Urbem appellarunt, delubris distinctam, spatiisque
communibus;
nel qual recinto la consuetudine vuole, che sia compresa
considerabile ampiezza, e notabile popolazione, che regnino leggi, e
particolari Magistrati, che fiorischino famiglie agiate e cospicue,
ed all'intorno stendasi bastevole territorio, che riverisca la
Capitale. E qual di queste cose mancò al Paese vostro? anzi quale
non lo distinse tra i più ragguardevoli? Ei governò un territorio
pieno di grossi Borghi, e forti Castella, il resse da Signore colle
sue leggi, e colle sue Magistrature, e colle soldatesche proprie il
difese, e dilatò. Di tanta estensione essendo, quanta non doveva
avere invidia a molte Città di Toscana, era munito di fortissima
Rocca. Come bene ei fosse popolato, e quali famiglie, ed uomini
nobilissimi producesse, l'abbiamo accennato poc'anzi. Egli era in
somma una Repubblica niente inferiore alle altre, anzi alcuna volta
loro superiore. E siccome le Città, che per sé reggevansi, vengono
[50]
chiamate Repubbliche, come abbiamo da varie Iscrizioni, e nel
Rescritto ancora di Antonino Imperadore nel Cod.
al lib. 8. tit. 18. n. 3. cum Rempublicam Heliopolitarum & c.
così
le Repubbliche si denominano Città, esempligrazia nella risposta di
Ulpiano nei
Digesti al lib. 2. tit. 4 n. 10. l. sed si hac. Qui manumittitur a
corpore aliquo, vel Collegio, vel Civitate, singulos in jus vocabit,
nam non est illorum libertus, sed Reipubblicae (hoc
est Civitati spiega
la Glossa) honorem
habere debet: e
come nella l.
sed. & si §. praeterea de public. & vectig. ove
leggesi: si
quis vectigal conductum a Republica cujusdam munucipii habet,
le quali son parole di Cajo al lib.
13. ad Edic. Provinc.
Ed in tal significato io penso, che ben s'intenda Cesare de
Bell. Gall. lib. I. c. 12. Civitas (cioè
Repubblica) Helvetiae
in quator pagos divis est.
XX.
Questo
ragionamento non ho io fatto cadere, se non sovra dei pregj propri
della Repubblica di Samminiato, senza parlare di quei, che
dall'Imperio le venivano. Ma acciocché il detto fin qui meglio si
confermi, e sopra queste altre prerogative sue meglio si ragioni,
permettetemi che dalle Leggi stesse, e dai Giureconsulti io raccolga
i contrassegni della Città; spero che allora saranno astretti gli
Avversarj vostri ad essegnarvi anzi tra esse un luogo de' più
onorevoli. Nelle Pandette al tit.
27. alla leg. 6.
del Rescritto di Antonino Pio al Comune d'Asia prende Modestino [51]
una distinzione di Città in minori, maggiori, e massime. Tra le
prime ripone egli Metropoles
Gentium,
e non già quelle, che [h]anno un Metropolitano, cioè un
Arcivescovo, come ridevolvemente dichiara l'Accursio, poiché
Antonino a questo carattere non aveva certo pensato, ma le Metropoli
civili, e le sedi dei Proconsoli, o Pretori, o sommi Magistrati delle
Provincie: nel secondo grado sono, quae
habent fora causarum, vel loca judiciorum:
nel terzo le altre tuttequante. Non vedete dunque, che stando su
questa Imperial divisione la Città vostra diviene sempre delle
seconde, e maggiori? mentre niuno può negare che ella avesse il
proprio Foro, e 'l luogo della giustizia, che qual libera Repubblica
esercitava a suo talento, e senza soggezione alla sovranità di
alcuno. Ma non vedete voi ad un tempo, che essa per una parte diviene
Metropoli in Toscana, o almeno sovra tutti quei luoghi, sovra cui si
estendeva il potere, e l'autorità dell'Imperio? Tale ella divenne,
quando fu destinata, come la residenza della Camera Imperiale, e del
Vicario Cesareo, e molto più quando i vostri Governatori, i
discendenti dei quali dall'ignorante turba degli sciocchi troppo ora
son vilipesi, ed appena come Nobili riguardati, furono fregiati del
sublime titolo d'Imperiali Vicarj. E che dirò io poi della Città
vostra, e qual grado le doverò assegnare, quando io mi rammento,
ch'ella è stata sede degli [52]
stessi
Imperadori? E come mi dorrò io della mancanza del Vescovo, il quale
ornamento non dee riputarsi civile, ma Ecclesiastico, quando io vedo
risedere tra i maggiori vostri gli Augusti medesimi Personaggi, che
sono il primo fonte di ogni civile, e secolar dignità?
XXI.
Appresso
questo per tutti i Giureconsulti vaglia l'autorità dell'Accursio
glossatore tit.
2 della stravagante de laes. Majest. di Federigo II. sopra da me
citata “Benché,
dic'egli, or sia l'uso di chiamar Città quelle, ove risiedon
Vescovi, fu pure un tempo, in cui vi erano Città, e Vescovi no. Ogni
Città per diritto comune ha il potere di eleggersi i difensori, che
abbiano giurisdizione, non però il mero, e 'l misto Imperio (come
nell'Autent. de defens. civit. §. jusiurandum).
E perché secondo i Canoni, debbono ordinarsi i Vescovi nei detti
luoghi, ove sono i mentovati Officiali (come
alla dist. 80. c. 1, 2 e 3)
perciò si è introdotto il costume, che sia Città quel luogo, in
cui è Vescovo, siccome quello che si presume avere i sopraddetti
Officiali, e giurisdizione. Laonde è chiaro, che se alcuna Città
per giuste cause venisse privata di Vescovo, non per questo finirebbe
di esser Città”. Può egli più a proposito rispondere ai vostri
calunniatori? Quindi venendo a distinguere non per l'ordine
Ecclesiastico, ma pel Civile, le Città alcune,
dice, sono
le minori, quali comunemente tutte, siccome [53]
aventi la predetta giurisdizione
(o vogliamo dire la facoltà di eleggersi i Giudici nelle private
cause, senza avere indipendente il potere della esecuzione) altre
sono di queste maggiori, le quali [h]anno
il misto Imperio
(vale a dire chi giudichi, ed insieme l'esecuzione comandi per
autorità sua propria, non tanto nelle civili cause, e private,
quanto nelle criminali, e pubbliche) maggiori
poi sono quelle che non
[h]anno
solo il misto, ma eziandio il mero Imperio
(cioè Magistrati coll'autorità di punire i delinquenti anco nella
persona, e nella vita) e
tali sono le Città Metropolitane, non già per l'Episcopato, ma
perché
[h]anno
il foro delle cause in tal guisa esteso, che molte altre Città sono
a loro sottoposte, ec. Ora
chi non sa, che Samminiato, almeno per il Vicario Cesareo, che ivi
risedeva, non vi era solo la giurisdizione, ma il misto, e 'l mero
Imperio? Non abbiamo noi parlato degli appelli colassù portati,
della obbedienza colassù giurata di varj Giudici, che di lassù
ricevevano podestà e giurisdizione? Voi vedete, senza che io vel
dica, che cosa segua da tutto ciò. E quantunque tutte le antiche
denominazioni non possano adattarsi alle moderne cose perfettamente,
non pertanto nella vostra Patria ritroviamo i contrassegni di una
Città delle maggiori, anzi delle Metropoli nel tempo istesso, in cui
costoro non voglio ne pure per Città ravvisarla.
XXII.
[54]
Ma essa, diranno forse, per quanto meritar potesse cotesto nome, e
cotesta estimazione, nondimeno non l'ebbe; laonde non siamo noi
biasimevoli, se per tale non la reputiamo, quando osserviamo la
comune usanza, che è regola in simiglianti affari migliore assai di
molte ragioni. Come? Rispondo io. Non era stimata Città quel Paese,
la Repubblica del quale trattava alla pari colle altre Repubbliche?
quella che con esse regolava i confini, e a loro muoveva guerra, e
con loro stringeva lega, e con esse faceva le tregue, e le paci? E
per quale altra ragione in uno Strumento di convenzioni tra Volterra,
e Samminiato sotto il dì 2 Novembre 1303 gli abitatori di questi due
luoghi si appellano vicendevolmente Cives?
Fino nel 1231 quando i vostri comprarono dal Conte Piccolino la
pretesa di lui sovranità della quarta parte del Castel di Tonda,
chiamasi la vostra Patria, e Civitas,
e Oppidum.
Ed ogni Gramatico vi dirà, che la parola Civitas,
e da qualche buono autore della età dell'oro, e quasi sempre nei
latini scritti dei secoli bassi si adopera in vece di Urbs,
il qual nome, comecché Quintiliano voglia ristretto alla sola Roma,
in guisa che le altre s'abbiano a dire Oppida
(lib.
9. c. 2.)
tuttavia Varrone sulla lingua latina (lib.
4. cap. 32.)
c'insegna, che dagli antichi si usava per tutte quante che colle note
cerimonie fossero state cinte di mura. Ed ogni [55]
Gramatico pure vi dimostrerà, che Urbs,
ed Oppidum,
benché si creda la prima appellazione più nobile della seconda,
sono nientedimeno voci senza riguardo prese dai latini l'una per
l'altra; di che si recano infiniti esempli, e massime di Cornelio
Nipote: ma per tutti bastar potrìa Cicerone, che nella quarta contro
Verre dopo aver chiamato Siracusa maximam
Graecarum Urbium, pulcherrimamque omnium,
non si guardò di nominarla Oppidum.
I Fiorentini egli è vero, che per quanto dicesi mostrare per un
Libro di Lettere dall'anno 1406 al 1409 nelle Riformagioni,
decretarono che cotesto luogo si facesse Città, il che sembra a
prima vista negare, che esso tal fosse per lo innanzi. Ma posto ciò
per vero, io non voglio già per difesa dire, che effetto fu di un
dispregio, e di un'alterezza da vincitori il non riguardarlo per
Città, poiché venne con tanto stento, e pericolo soggiogato. Direi
che eglino intesero forse di donare ciocché uopo non faceva; direi
che eglino allora ebbero qualche volgare errore, che a simile atto
dié luogo; direi aver essi dato tal nome a quei, che volevano
oppressi, perché negar nol potevano, altrimenti aggrandito non
averebbero chi bramavan distrutto, e che mostrarono di fare un
donativo di quel tanto, che era la giustizia, e che per questo il
fecero, perché i caratteri di Città erano troppo evidenti in essa
quantunque vinta, or che diremo quando era in fiore? [56]
Direi finalmente, che nel cuor loro erano essi tanto persuasi della
nobiltà del luogo, che anche allora sempre gli continuarono i
medesimi titoli, per cui Nobili gli confessavano: Cum
Miniantenses a Florentinis subacti fuissent, tamen ab eiusdem his
titulis, cum eis litteras darent honoratos fuisse: Nobilibus Viris
Priorisbus, & Vexxillifero Justitiae S. Miniatis:
come nel Formulario di Leonardo Aretino leggesi in
un Cod. MS. della Libr. Riccard. num. 551
come ha notato l'erudit. e chiariss. Sig. Lami nelle Delic.
Erud.
XXIII.
Bensì
questo Decreto dei Fiorentini può chiuder la bocca a quei, che
ripeter volessero ancora la necessità di un Vescovo a fare una
Città. Eglino dichiarano tale Samminiato, ma dove si adoperano ad
impetrarli Sede Episcopale? Oh si ponga fine una volta a confondere
pregj, e dignità di ordine differente, e si segua ancora la
consuetudine, cui prescrive in Toscana la Legge dell'Augustissimo
Sovrano, la quale annoverando le Città, molti Paesi lascia, che
godono la Cattedra Vescovile, quali dichiarando essa esclusi da
questa civile prerogativa, non gli spoglia però in verun conto della
dignità Sacra, ed Ecclesiatica. Per ultimo colpo contro di costoro,
e per istabilire insieme il grado di Samminiato prima della erezione
del Vescovado, ho riservata la Bolla medesima di questa fondazione.
Gregorio XIII chiama in essa la vostra Patria [57]
nobile
Oppidum,
ed i vostri Cittadini appella Nobili.
Che desiderar di più a ritrovare, per la confessione istessa del
Pontefice, che Samminiato era Città, e Città nobile anche per lo
innanzi? Adunque se la clemenza dell'Augustissimo Cesare nostro
Signore non vi ha di sublime, ed eminente titolo adorni, ed alle
prime Città di Toscana pareggiati, consolatevi. La sapienza del
Principe ha senza fallo giustissime cause: e voi dovete esser
contenti, che niuno tolga non solo a voi, ma eziandio ai maggiori
vostri quella gloria, e quello splendore, che dié loro la Patria,
per esse con magnanime, ed onorate azioni tanto illustrata.
Antonio
Maria Vannucchi, Ragionamento
storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese
sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia,
Stamperia Gaetano Albizzini, Firenze 1758, frontespizio.
SOMMARIO DEL LIBRO:
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