venerdì 8 giugno 2012

IL GIURAMENTO DEI SANMINIATESI E LA NASCITA DEL COMUNE

di Francesco Fiumalbi


ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADSM]
1172, 05 maggio, Il giuramento dei sanminiatesi e la nascita del Comune

Siamo a proporre il commento di un interessante documento storico, conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, (ASF, Diplomatico, San Miniato, n. 1, 1172, maggio 5) pubblicato per la prima volta da Pietro Santini nella sua opera Documenti dell’antica costituzione del Comune di Firenze, Documenti di Storia Italia, tomo X, G. P. Vieusseux, Firenze, 1895, alle pagine 363-364.
Si tratta del giuramento che alcuni diplomatici sanminiatesi formularono nei confronti delle città di Firenze e Pisa, datato 5 maggio 1172. L’aspetto su cui intendiamo soffermarci non è tanto il giuramento in quanto tale, bensì tutta una serie di informazioni collaterali, che indicano in maniera inequivocabile l’inizio di quel processo che porterà alla costituzione del Comune di San Miniato.

Panorama di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

IL CONTESTO In un contesto assai complesso, per il quale si rimanda al nostro post IL CONTESTO DEL XII SECOLO, l’Imperatore Federico I “Barbarossa” aveva deciso di rafforzare il suo castello di San Miniato, che divenne la sede del tribunale di suprema istanza regia e il centro di raccolta dei tributi che la Tuscia doveva all’Impero nel 1161 (1).
Cristiano di Bach Vescovo di Magonza, conosciuto più semplicemente come Cristiano di Magonza, diventò nel 1165 legato imperiale per la Tuscia e si inserì in una situazione pronta ad infiammarsi a causa di vecchie e nuove questioni. Da una parte Pisa e Firenze e dall’altra Lucca, Siena e Pistoia collegate con i Genovesi. Pisa e Firenze pervennero ad un accordo incontrandosi nella nostra San Genesio (2). Cristiano di Magonza tentò di organizzare un incontro distensivo, ancora una volta a San Genesio nel febbraio del 1172 (3). Tuttavia il 6 marzo successivo, il Legato omperiale stipulò un accordo con Lucca e Genova contro Pisa, accordo a cui parteciparono anche il Conte Macario, vicario delle contee di Siena e San Miniato, nonché le comunità di San Miniato, Volterra di altri luoghi (4). Pisa venne così messa al bando (oggi si direbbe “embargo”) e il 28 marzo Cristiano di Magonza, da Siena, chiamò alle armi i Genovesi, ai quali chiese anche del denaro per pagare i cavalieri, in particolar modo quelli di stanza a San Miniato (5).
In tutto questo, i Fiorentini ne uscivano svantaggiati perché l’isolamento di Pisa precludeva a Firenze l’accesso verso il mare; lo stesso, i Sanminiatesi si trovarono isolati rispetto alle due città più importanti della Toscana con le quali avevano stretto importanti legami di natura commerciale (6). L’ipotetico crollo degli scambi commerciali fra Pisa e Firenze avrebbe di fatto danneggiato anche gli abitanti del territorio sanminiatese e questa nuova situazione fu senz’altro la goccia che fece traboccare un vaso ormai colmo. Abbiamo già detto che fra il 1161 e il 1163 Federico I “Barbarossa” aveva fissato in San Miniato il centro di raccolta dei tributi. A questa scelta fece senz’altro seguito una poderosa campagna di rafforzamento delle opere difensive del castello sanminiatese. Come rilevato anche dalla Cristiani Testi, l’ingerenza delle autorità imperiali nel tessuto insediativo sanminiatese doveva aver minato la libera attività di quei nuovi ceti agricoli, mercantili a artigiani che avevano nella borgata pedecastellare il proprio centro di riferimento (7).

Firenze, Palazzo Vecchio
Foto di Francesco Fiumalbi

IL GIURAMENTO Nel maggio del 1172 i rappresentanti dei cittadini di San Miniato si incontrarono nel Palazzo Vescovile di Firenze con i rappresentanti dei Fiorentini e dei Pisani e qui avvenne il giuramento.
I sanminiatesi si impegnarono a difendere tanto gli uomini, quanto gli averi, delle città di Pisa e Firenze, di accordarsi con loro circa l'eventualità di intraprendere nuove guerre e stipualare pacificazioni e promisero di far fare lo stesso giuramento a tutto il popolo di San Miniato e del suo distretto (eccetto a Buzatello et Buticcia et Gadanitto, località non identificate), al fine di recuperare il castello sanminiatese. Tutto questo a patto che ciò non avvenga contro l'Imperatore, l'unica autorità riconosciuta, con la facoltà di sciogliere il giuramento stesso (8).
In pratica i cittadini di San Miniato posero le basi di un accordo con Pisa e Firenze per allontanare dal cassero sanminiatese il controllo imposto dal Vicario Imperiale Cristiano di Magonza, senza mettere in discussione l'autorità dell'Imperatore (9). Questo avrebbe evitato il ricongiungimento delle forze militari di Lucca e di Siena, da dove Cristiano di Magonza controllava la situazione e quindi San Miniato poteva considerarsi un nodo strategico per la guerra che si sarebbe accesa di li a poco (10). Evidentemente, il problema non era costituito dall'autorità imperiale, ma dalle modalità con cui questa veniva esercitata dal Vicario, il quale doveva godere di una larga autonomia, nonché di ambizioni e disegni personali non sempre in accordo con gli effettivi interessi generali dell'Impero.

LA NASCITA DEL COMUNE Lasciando un momento da parte la portata politica e militare del giuramento, l’aspetto di maggiore interesse riguarda l’organizzazione civica del popolo sanminiatese, evidentemente distinta rispetto al governo vicariale. Si tratta della prima, germinale, forma di “comune” sanminiatese di cui abbiamo notizia, anche se di “comune” ancora non si parla, almeno non in questo documento. Come nel resto della Toscana, almeno inizialmente, l’istituzione comunale non sembra registrare propositi di governo amministrativo a carattere pubblico. Si tratta, probabilmente, di istanze di tipo privato, che oggi chiameremmo “lobbies”, anche se, è bene precisare, questa considerazione non può valere in senso assoluto (11). Il fenomeno, tuttavia, non fu sempre immediato, ma comportò, più in generale, un graduale passaggio da un ordinamento pubblico di tipo pre-comunale ad uno propriamente comunale. Le fonti, infatti, tacciono al riguardo di particolari movimenti repentini e violenti (12).
Sia Pisa che Firenze, da anni ormai si erano dotate di un governo civico relativamente autonomo.
A Firenze, nell’XI secolo, era andata costituendosi una rappresentanza laica, costituita da consoli, che esercitava il potere amministrativo congiuntamente alle istituzioni ecclesiastiche. Le istanze in favore di una organizzazione comunale provennero inizialmente dall’antico ceto nobiliare unitamente al ceto “borghese” legato alla manifattura e ai commerci, organizzatosi a sua volta in organismi corporativi, che prenderanno il nome di Arti.
La stessa situazione si verificò a Pisa che, nel 1081, ottenne da Enrico IV un importante diploma, attraverso il quale riconobbe nella futura Repubblica Marinara la presenza di una assise composta da dodici consoli eletti (13). In questo caso il Comune nacque dall’organizzazione degli armatori e dei mercanti di mare (14).
La costituzione di organizzazioni civiche rientrò in quel rinnovato fermento culturale che investì anche le istituzioni ecclesiastiche con nuovi movimenti e confraternite religiose. Alla base di questo processo sembra esserci la cosiddetta “coniuratio”, l’intesa fra “pari” che, all’interno dei centri urbani, metterà in moto la costituzione e lo sviluppo delle istituzioni comunali, intese come organismi per difendere e legittimare interessi economici e politici collettivi (15).

Municipio di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Come sottolineato nel tempo da diversi storici, l’organizzazione comunale vide nella città, nel centro abitato, il luogo fisico della sua nascita: ovvero il luogo di incontro delle istanze politico-economiche. Tutto questo non poté, tuttavia, essere confinato alla sola dimensione urbana, e  deve essere considerato un processo che investì il territorio, il sistema politico ed economico di tipo territoriale, connesso alla città. E’ il centro urbano che nasce e si sviluppa come sintesi di un sistema territoriale, non il contrario, almeno non nel contesto storico-geografico considerato.
Questo aspetto viene sottolineato anche nel documento, all’interno del quale i rappresentanti sanminiatesi vengono indicati come  de Sancto Miniato et de eius curia vel discrictum, alludendo ad una forma non ben specificata di governo, la curia, che non si limitava soltanto al centro urbano, ma anche ad un territorio ad esso collegato, il districtum. E questo aspetto è rimarcato anche un’altra volta nel documento: omnem populum de castro Sancti Miniati et totius curtis eius et || districtus ||, excepto Buzatello et Buticcia et Gadanitto, bona fide sine fraude hanc totam securitatem firmam.
Tra l’altro si fa riferimento ad un sistema insediativo di tipo curtense (le curtis erano una sorta di aziende agricole, più o meno vaste, che potevano avere anche funzioni di carattere amministrativo (16)), evidentemente coesistente con altri tipi di organizzazione territoriale, come le piccole proprietà agrarie o le terre pubbliche. L’unica certezza che sembra trasparire dal documento è che il sistema delle curtis non era evidentemente sovrapponibile all’idea di “distretto” territoriale, almeno non nella nostra accezione contemporanea. Probabilmente costituivano delle piccole entità aggregative, sotto il controllo di uno o più proprietari, e la cui autonomia poteva variare notevolmente a seconda dei casi.
Nel documento del giuramento c’è anche qualcosa in più: i rappresentanti sanminiatesi propongono di dotarsi di figure atte all’amministrazione della giustizia (all’epoca la giustizia aveva un’accezione molto più ampia e investiva gran parte degli aspetti della vita politica), chiamati securitatis sacramenta consules altrimenti detti capitanei che il popolo avrebbe rinnovato nel tempo. Sono queste le figure deputate al controllo degli interessi, dapprima in campo economico e poi anche politico e amministrativo, come risulta evidente dagli Statuti del 1337. Solo in un secondo momento verrà istituita la carica podestarile, affinché sia preservato l’interesse collettivo superando interessi ed influenze particolari.
Questa forma organizzativa doveva essere condivisa da tutta la popolazione, tanto da mettere d’accordo, come si legge nel documento, maiores quam minores, con evidente allusione all’esistenza di un ceto magnatizio, e ad uno più popolare. D’altra parte, l’esigenza di costituire una relativamente autonoma organizzazione civica, non poteva che partire dal ceto più abbiente, nelle cui mani risiedeva la proprietà agraria, essendo più direttamente interessato ad una autonomia economico-politica. E questo lo possiamo notare anche dai nomi dei rappresentanti sanminiatesi, fra cui figura un esponente dei Mangiadori, che sarà una delle famiglie più influenti a San Miniato nel XIV secolo. Si trattava quindi della piccola e media nobiltà terriera, residente entro le mura cittadine, sorta all’ombra delle clientele laiche ed ecclesiastiche, ma che in queste vedeva anche il principale ostacolo al proprio sviluppo (17).

Panorama di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Tuttavia anche il ceto popolare, composto per lo più da artigiani e mercanti, non poteva che assecondare una politica di origine e rappresentanza locale, evidentemente più favorevole ad accogliere le istanze economiche dal territorio. E’ del tutto evidente che la nascita delle unità comunali avvenne in risposta a quei sistemi clientelari, di origine comitale o episcopale, volti al mantenimento dello status quo, piuttosto che all’assecondare ambizioni d’autonomia locali nei campi politico ed economico (18).
Un altro aspetto particolarmente interessante riguarda l’organizzazione architettonico-militare del castello sanminiatese. Infatti i rappresentanti di San Miniato si propongono di recuperare il pieno controllo del castello etiam sine superiori incastellatura, quindi anche senza la parte alta, il nucleo del castello imperiale. Probabilmente i sanminiatesi non erano interessati tanto all’eliminazione della sede dei vicari imperiali (fonte di diversi privilegi e di introiti dovuti all’indotto economico ad essa connessa) quanto a “recuperare” una qualche forma di autogoverno, che fosse più o meno indipendente dalla giurisdizione imperiale. I termini utilizzati per descrivere il fortilizio sanminiatese “superiori incastellatura”, evidenziano la presenza di una complessa macchina difensiva che si componeva di una  parte più alta, il cassero, e una parte più bassa, evidentemente un circuito difensivo più ampio (19).
Ciò potrebbe far riflettere sulla reale portata architettonica delle opere promosse da Federico II nella prima metà del ‘200. Queste probabilmente si innestarono in un sistema difensivo, la cui organizzazione era già fissata da tempo, probabilmente con i lavori degli anni ’50 e ’60 del XII secolo, voluti da Federico I “Barbarossa” per accogliere le nuove funzioni amministrative, come il tribunale di suprema istanza regia e il centro di raccolta dei tributi della Tuscia. Tali lavori di potenziamento dovevano aver sensibilmente modificato l’assetto castrense, inglobando consistenti porzioni della collina, che evidentemente i sanminiatesi rivendicavano.

ESITO Il giuramento portò allo scontro armato tra le forze pisane, fiorentine e sanminiatesi da una parte e quelle imperiali affiancate dai lucchesi e dai senesi. Ma di questo ne abbiamo già parlato nel post: IL CONTESTO STORICO DEL XII SECOLO. Si arriverà quindi alla costituzione della LEGA DI SAN GENESIO alla quale parteciparono anche i rappresentanti sanminiatesi: uno è rimasto anonimo, mentre l’altro fu un certo Vacaio figlio di Sufredi, consule castri Sancto Miniato ed è il primo console sanminiatese di cui si conosce il nome (20). Nel documento che sancisce la costituzione della Lega, non si parla di Comune ma si indica genericamente castro. Questo deve farci riflettere sull’effettivo riconoscimento istituzionale della nuova entità sanminiatese, che al 1197 si era ormai costituita. In relazione a ciò, risulta difficile stabilire quale tipo di giurisdizione potesse far valere, in relazione anche alla presenza dei vicari imperiali, e quale fosse l’ambito territoriale di riferimento. Soltanto alcuni anni dopo, con un vero e proprio “patto di convivenza” con l’amministrazione imperiale, il Comune di San Miniato potrà acquisire l’ambita autonomia, che diventerà completa solo alla fine del ‘200.


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NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Davidsohn Robert, Storia di Firenze, Tomo I, p. 720-721, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, p. 10, poi anche in Cristiani Testi Maria Laura, San Miniato al Tedesco, saggio di storia urbanistica e architettonica, Marchi e Bertolli, Firenze, 1967, p. 30 e in Salvestrini Francesco, Il Nido dell’Acquila, in Il Valdarno inferiore terra di confine nel Medioevo (Secoli XI – XV), Olschki Editore, Firenze, 2008, pp. 240-241.
(2) Davidsohn Robert, Op. Cit., pp. 779-782, in Coturri, Op. Cit., p. 10 e in Salvestrini Francesco, San Genesio. La comunità e la pieve fra il VI e il XIII secolo, in Cantini e Salvestrini, Vico Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra alto e pieno Medioevo, Firenze University Press, Firenze, 2010, p. 65.
(3) Coturri Enrico, Il Borgo di San Genesio, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 19, 1955-56, pagg. 31.
(4) Davidsohn R., Op. Cit., p. 775, in Coturri, Op. Cit., p. 11.
(5) Ibidem.
(6) Salvestrini, Il Nido dell’Aquila…, cit., p. 242.
(7) Cristiani Testi Maria Laura, San Miniato al Tedesco. Saggio di storia urbanistica e architettonica, Marchi e Bertolli, Firenze, 1967, p. 24.
(8) Coturri Enrico, Le Fonti Documentarie per una storia di San Miniato, in Bollettino dell'Accademia degli Euteleti, n. 47, 1980, pp. 12-13.
(9) Salvestrini, Il Nido dell’Aquila…, cit., p. 241.
(10) Volpe Gioacchino, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa. Città e contado, consoli e podestà: secoli XII-XIII, Pisa, 1903, p. 222. Cfr. Salvestrini, Il Nido dell’Aquila…, cit., p. 242n.
(11) Ambrosioni Annamaria e Zerbi Pietro, Problemi di storia medioevale, 4° Edizione, Vita e Pensiero, Milano, 1988, p. 185-186.
(12) Ambrosioni e Zerbi, Op. Cit., p. 187.
(13) Repetti Emanuele, Dizionario Storico Fisico Geografico della Toscana,Tofani Editore, Firenze, 1833, volume IV, p. 228.
(14) Volpe, Studi sulle istituzioni…, cit., p. 1
(15) Ambrosioni e Zerbi, Op. Cit., p. 185.
(16) Riguardo l’organizzazione delle curtis si veda: Boutruche Robert, Signoria e feudalesimo, vol. 1, Ordinamento curtense e clientele vassallatiche, Il Mulino, Bologna, 1971, pp. 77-125.
(17) Ambrosioni e Zerbi, Op. Cit., p. 186.
(18) Ambrosioni e Zerbi, Op. Cit., p. 187.
(19) Cristiani Testi Op. Cit., p. 22.
(20) Salvestrini, Il Nido dell’Aquila…, cit., p. 244.

1 commento:

  1. Come sempre un ottimo lavoro e una straordinaria capacità di comunicare,

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