venerdì 8 agosto 2014

MUSOLINO - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

MUSOLINO spazzino comunale

E' alla stessa ora che un poco alla volta San Miniato comincia a svegliarsi … i primi cenni di movimento… Sono le 5 all'incirca di una mattina di inizio primavera …seconda metà degli anni 50. Sono movimenti silenziosi .. lo scalpiccio frettoloso sul selciato … il colpo di tosse di Nello che ha appena fatto la sua seconda infornata di pane .. il buongiorno sussurrato da quella ‘terziaria francescana' di cui mi sfugge il nome e che ogni mattina esce a prendere la prima messa e segnala il suo passaggio col ticchettio dei tacchi sulle lastre.. passo corto e svelto. Poi il colpo di pedale d'avvio di una bicicletta che in discesa,appena percettibilmente, segnala il suo passaggio iniziando da Piazza Santa Caterina... Via Pietro Bagnoli e Paolo Maioli fino in Piazza dei Polli… Da dove riprende la spinta… il fruscio dei raggi a fendere l'aria... quasi ad avvisare rispettosamente di sé su per la salita di Sant'Andrea. E da li di nuovo in discesa verso Fontevivo per la Stazione dei Treni al Pinocchio... punto di partenza per coloro che ogni mattina devono raggiungere per lavoro Firenze, Lucca, Pisa…

Tra questi Natale che ha da poco cambiato lavoro, verso Firenze per una paga migliore; Manlio il figliolo di Lillo che cambia destinazione ogni settimana agli ordini della sua impresa. Lo scalpiccio è di coloro che si muovono a piedi, al buio, quasi a tentoni orientandosi dal chiarore dei pochi lampioni accesi a quell'ora che illuminano a fatica il selciato sottostante… qualche carabiniere che entra in servizio… Pietro il Menichetti che di casa scende a bottega ed apre la serranda… un gruppetto di suore, quelle dell'Ospedale, che si dirige verso i “Frati” per “prendere” la prima messa delle 5, … gli spazzini del Comune che per primi entrano in servizio.

Tarcisio e Musolino quasi alla stessa ora, distanti tra loro poche decine di metri, si dirigono in San Miniato e, passato il Comune, si soffermano, insieme ad altri, al magazzino sotto la Porta Toppariorum. Ognuno il suo carretto… scopa e pala per il primo giro. Musolino che da Pietro ha bevuto il primo grappino, giusto per scaldarsi, deve ancora “avviarsi” e dal Lami assapora con gusto il secondo grappino… e via verso il Piazzale partendo di fondo, dal monumento al Carducci, lungo i vialetti dei giardini per passare sul Piazzale del Mercato in tutta la sua lunghezza e larghezza a raccogliere cartacce, foglie, erba, sacchetti... che ripone nei cassoni del carretto. E' un primo giro, a rimuovere anche l'immondizia abbandonata in strada, che restituisce ogni mattina ai samminiatesi una San Miniato pulita, in perfetto ordine senza cartacce, cicche, foglie ad otturare tombini e a segnare i risciacqui scolpiti nella pietra.

In quegli anni 50 non sono stati ancora inventati i Cassonetti che a fine secolo lorderanno ogni angolo di città e paesi, segno della civiltà del progresso, e in luogo di questi si procede nella raccolta dell'immondizia porta a porta. Poca immondizia, …pochi i consumi, e tutta raccolta indifferenziata. E' questo il secondo giro che Musolino, assieme a Tarcisio si apprestano a fare armati di tromba ad avvisare del passaggio per tutta San Miniato. Inizio del giro attorno alle 8 per finire giusto poco prima di mezzogiorno. E' un giro in crescendo dietro al camion a guida Vitali. Dopo i primi grappini di avvio, … Musolino che aveva accompagnato la sua colazione a base di pane e cipolla, quasi sempre un cantuccio, con generosi gotti di vino… (non sempre quello buono) sotto lo sguardo indagatore di Livia che scuote la testa… già sa dove si andrà a parare, …Musolino che non disdegna qualche altro gotto di vino generosamente offerto, figuriamoci se rifiuta un cognacchino. E lo si nota Musolino verso mezzogiorno quando prende la porta di casa, senza soffermarsi in cucina, diretto a letto a “digerire” giro e colazione. Tutte le volte che Livia, quando non è in servizio lei che è infermiera, lo incrocia a quell'ora… scambio dei soliti convenevoli … “..briao di nuovo!!??..” “accidenti a te e al cièo di tu' pà” …tutti saluti verbali che muoiono lì sul nascere.

Di Musolino si può dire tutto ma non che fosse un violento… non voleva la mosca al naso, questo sì! Aveva le sue idee di comunista della prim'ora e sapeva difendersi anche contro quegli squadristi che imponevano a forza il coprifuoco agli indesiderati. Si narra di quella volta che mentre giocava a carte da Pietro, dopo cena a giocarsi un mezzino giusto sotto la lanterna a petrolio, che un gruppetto di Camicie Nere (si dice addirittura quatto) sia entrato a tarda ora nella bottega di Pietro. Tra questi anche il nipote Cesare, lui pure Camicia Nera…, che Musolino viveva come uno grande affronto e gli veniva spesso a mente, anche perché, figlio della sorella Primetta, abitava nello stesso palazzo lassù in soffitta, al terzo piano.

“I Comunisti a letto!!” questo l'ordine gridato al quale Musolino sembra dare cenno di assenso. Con il fare evidente di chi voglia ad esso attenersi, ubbidendo. Si alza in piedi, non certamente piccolo di statura o minuto, …. lo sgabello di legno in una mano quasi a volerlo scansare da sotto quel tavolino quadrato di legno massello. Invece con una sola mano lo solleva, sotto lo sguardo attonito delle malcapitate camicie nere, e lo usa prima, per spengere nel peggiore dei modi la lanterna, poi come randello a colpire e ad abbattere i disavveduti fascisti. Nessuno è mai riuscito a purgarlo.

Anche l'origine del soprannome, e Musolino è un soprannome, si pensa tragga origine da questa sua avversione verso l'ordine costituito e soprattutto contro i prepotenti, mentre il suo nome di battesimo era Oreste, Brucci di casato. Nome attorno al quale c'è sempre stato un gran rispetto in barba alle sue frequenti sbornie, per le quali era famoso.

Nonostante non sapesse né leggere né scrivere era impareggiabile nel “fare di conto”, nessuno poteva metterlo di mezzo neppure Pietro… maestro in questo. Aveva un senso spiccato dell'autoironia di cui lasciava traccia in ogni sua azione, iniziando dai propri figli ai quali, oltre al nome aveva “affibbiato” un soprannome …quasi una seconda pelle. Solo al maggiore, Gino, Ufficiale di Marina, non aveva avuto il coraggio di affibbiarne uno. Alla secondogenita Gina, che a dire di Livia stessa, la mamma, era brutta davvero, “Zanfera” … soprannome che foneticamente la dice lunga sulla bruttezza e sul senso di autoironia di Musolino. Eppoi a Berta che in famiglia tutti conoscevano come “Mencarilli”.. Eda la “Bolognani” e Maria Pia la “Spagna”. Ma i soprannomi che hanno soppiantato il nome di battesimo riguardano i due maschi, quelli rimasti vivi dopo la guerra: Rodolfo conosciuto come “Magnino” e Alberto conosciuto come “Barnaghino”. Era anche astuto e sapeva “giocare” con i suoi limiti, perché animato da tanta curiosità. Quando c'era un annuncio funebre, lui che non sapeva leggere, se c'era già qualcuno fermo a leggere, lo induceva con battute o con altre scuse a leggere a voce alta per conoscere il nome del morto. Ma se non c'era nessuno si soffermava anche a lungo finché qualcuno altro non si fermava, leggeva e, istigato ad arte da Musolino, commentava al posto suo il manifesto stesso con nome, orario e luogo del funerale.

Comunista e grande lavoratore… assieme alla moglie Livia, con due miseri salari, quello di spazzino e quello di infermiera, dovevano arrangiarsi per dare da mangiare a tutti. Livia in giro dai contadini che conosceva a questuare farina, uova, uva, verdura… tutto quello che anche il più misero dei contadini poteva donare a quella infermiera che non faceva mai mancare la sua attenzione se capitavi in ospedale. Musolino aveva molte risorse in serbo per assicurare il necessario alla numerosa famiglia. Un po' di legna la faceva in Bosco dove raccoglieva anche funghi… era spesso in Paesante un po' in tutte le stagioni. La legna che poi comprava per il camino, e che dagli anni '50 serviva anche per la “cucina economica” se la squartava da sé. Davanti all'uscio di casa, con una ceppa vecchia usata a mo' di incudine, squartava in quattro parti i ciocchi da camino lì sulla strada con la sua ascia a manico corto. Con l'inizio dell'inverno chiunque doveva transitare da e per l'ospedale ben sapeva che davanti a casa di Musolino bisognava procedere a passo d'uomo.

Ma l'impegno per cui era conosciuto in tutta San Miniato era quello a ricavare le cisterne. Lavoro delicato e faticoso che si svolgeva a fine estate, prima che iniziassero le piogge insistenti di novembre. Non esiste in San Miniato casa che non annoveri dentro le proprie mura almeno una cisterna attiva, scavata nel tempo nel virtuoso circuito di costruzione delle abitazioni lungo l'asse perimetrale esterno. Il materiale di risulta dallo scavo nella roccia tufacea andava a costituire materiale di riempimento dei muri esterni, costituiti da due muri paralleli in mattoni cotti a legna e riempiti giustappunto da sabbia tufacea tesa a costituire le mura difensive fatte a terrapieno quale isolante anche contro i rigidi inverni. Mura difensive che venivano completate con altro materiale tufaceo proveniente dalla escavazione di grotte sotterranee utili alla conservazione delle granaglie ed anche quali vie di fuga in caso di invasione. C'era un momento nel quale questa operazione assumeva la connotazione di avvenimento cittadino.

Quando era in programma la “Ricavatura” della cisterna di Piazza Santa Caterina. Quasi sempre di domenica ad inizio pomeriggio. Una nutrita squadra di samminiatesi di corporatura e peso adeguato si univa strettamente ad una spessa corda a fare da bilanciere a Musolino che lentamente, facendo leva sulle gambe e forzando le braccia, legato strettamente per la vita, si calava all'interno della cisterna per mezzo di piccoli salti, accompagnati dal rilascio, ad ogni salto, di un braccio di corda. Operazione che si svolgeva in un clima quasi irreale, accompagnato da un silenzio assoluto che veniva rotto solo al tonfo d'atterraggio nell'acqua, più o meno fonda. Operazione che richiedeva sempre del tempo per svuotare dell'acqua stagnante e del materiale estraneo caduto accidentalmente all'interno, tra rise, battute, scherzi, e lo scorrere costante della carrucola da e per il fondo della cisterna. Ad ogni viaggio quando un grappino, quando un gotto di vino, o un cognacchino… difficile un viaggio a vuoto fino al comando di ritorno alla superficie, operazione alla quale, con rinforzi previsti, Musolino riguadagnava la superficie, chiari i segni dell'immersione.

Musolino aveva anche una passione particolare: le chiocciole… e le andava a fare appena smetteva di piovere, era quello il momento giusto, né prima né dopo. Lungo i ciglioni sulla via del Sasso ma anche lungo i vicoli carbonai e i loro ciglioni iniziando dall'Aia di Frillo sotto il muro dell'orto di San Paolo fino allo sdrucciolo di Gargozzi a ridosso delle Elementari… all'ora giusta, soprattutto al mattino, era facile riempire un corbello intero in una mattinata. Dietro casa un piccolo spazio, prima del “precipizio” difeso alla bene meglio da una fitta siepe di acacie, che fungeva da cortile esterno per la tesa dei panni e dove le nane di Livia crescevano indisturbate. Aggrappato alla bene meglio a quel fazzoletto di terra, una sorta di orto… qualche cesto di insalata e in fondo nel campetto ricavato alla fine della…. frana, una piccola piantagione di carciofi che richiedeva lavori solo in primavera. Ma a volte non era tanto la voglia che non ce la faceva a contenere il desiderio, spesso era la pioggia a rendere viscido il terreno in declivio… a risucchiare Musolino fino in fondo tra moccoli e risate. Ma il meglio doveva avvenire per la risalita né breve né scontata.

Arrivava poi anche il momento a cui neppure Musolino poteva sottrarsi perché stava per arrivare il Corpus Domini, non che gliene importasse un granché ad un mangiapreti come lui… ma non poteva ignorare le pressanti e ripetute richieste di Livia e famiglia. “Dobbiamo provvedere a decorare tutto lo spazio antistante la nostra porta, con lo spargimento di petali di fiori… ginestre, rose, papaveri ed altri fiori di bosco o selvatici”. E Musolino partiva, anche se controvoglia, alla volta dei “broti” sia quelli dei Cappuccini, sia quelli di Scacciapuce, costellati di frane, di cunicoli nascosti, di siepi, di rovi, … e oltre quelli come miraggio ginestre in fiore, margherite selvatiche, forme strane di orchidee, giunchiglie, papaveri. Non bastava mai un'uscita sola… talvolta era di una settimana l'impegno per racimolare il minimo utile a coprire il selciato proprio davanti all'uscio di Casa Brucci. Ma siccome non voleva scomparire, figuriamoci di fronte al prete, arrivava sempre alla vigilia con una quantità tale di fiori da andare in soccorso anche dei vicini d'uscio. E quando passava il Corpus Domini si metteva in ginocchio levandosi il cappello… “per rispetto del Santissimo, non dei preti…” tendeva a giustificarsi.

E che cambiamento nella sua vecchiaia quando colto da ictus si ritrovò inchiodato ad una sedia e la parte destra paralizzata!! La rinuncia alla pipa per il sigaro. Il peggioramento della salute con il riacutizzarsi della brutta ferita riportata sul Carso che lo aveva privato anche di un calcagno, dapprima l'amputazione di una gamba e dopo qualche anno anche la seconda. Un calvario durato otto anni di cui molti confinati nel suo letto, con il sostegno e la compagnia di Livia, mai lasciati soli dalle figlie. E Musolino che non aveva mai imparato a leggere aspettava Livia per la recita del rosario alla sera e contava i giorni nei quali don Arzilli gli portava la comunione. Fibra forte che aveva richiesto più volte nel corso degli anni l'Olio Santo, iniziando già dall'ictus. Fu come mettere olio nel lume. Credo sia morto in odore di santità… sempre sereno… nonostante le sofferenze sopportate.

La cisterna di Piazza XX Settembre o dell'Ospedale o di Santa Caterina
Foto di Francesco Fiumalbi


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