di
Francesco Fiumalbi
Quel
che rimane dell'antica pieve di San Giovanni Battista di Morba è
inglobato in una vecchia casa colonica, ormai disabitata, situata
lungo la Strada Regionale n. 439,
nel Comune di Pomarance, nei pressi dell'abitato di Larderello. La
costruzione si trova ad ovest della strada attuale, in posizione
leggermente rialzata, anche se il tracciato antico della direttrice
passava più a monte, come si può osservare dalla mappa del Catasto
Generale della Toscana, mentre l'attuale sistemazione è avvenuta in
epoca moderna.
La
chiesa
ormai da secoli abbandonata e sconsacrata, probabilmente perché
venute meno le esigenze spirituali della zona, fu ridotta ad
abitazione e profondamente alterata. Ad oggi rimane visibile
solamente la porzione absidale e, dall'alto, è possibile osservare
quel che rimane dell'originaria pianta a forma di "Tau".
Comunità
di Pomarance, Sezione E, Motecerboli,
foglio n. 3, anno 1823
Archivio
di Stato di Pisa, Catasto
terreni – Mappe – Pomarance – 44
Immagine
tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione
Toscana e Archivi di Stato Toscani
Da
un punto di vista architettonico la pieve doveva presentarsi con la
consueta pianta a forma di "Tau". All'unica navata, era accostato il
transetto che ne costituiva il presbiterio. Un'unica abside
caratterizzava la terminazione. Niente ci è dato sapere a proposito
della facciata, in quanto demolita, anche se doveva presentarsi con
il classico profilo a “capanna”. L'orientamento della costruzione
segue un asse inclinato di circa 25° rispetto alla direzione
est-ovest, spiegabile facilmente osservando l'orografia dell'area.
La
costruzione, nella sua elevazione, è realizzata prevalentemente in
laterizio, e caratterizzata da un solido basamento in pietra.
Sembrerebbe, dunque, plausibile che gli avanzi della pieve, ancora
oggi visibili, siano il risultato di un'attività edilizia da
inquadrare nei secoli basso-medievali (XII-XIV secolo). E' probabile
che l'edificio in laterizio costituisca la ricostruzione in forme e
materiali diversi, rispetto ad una chiesa precedente, verosimilmente
in pietra. I materiali di quest'ultima potrebbero essere stati
reimpiegati per la formazione del basamento tergale. D'altra parte,
la muratura in pietra deve la propria monoliticità alla
ragguardevole massa degli elementi che la compongono e, per questo
motivo, necessita di una quantità decisamente inferiore di malta
rispetto alla muratura in laterizio. Questa circostanza fa sì che la
muratura in pietra fosse considerata particolarmente adatta per la
formazione della parte basamentaria di un edificio, ovvero quella
parte soggetta anche a fenomeni di frana e dilavamento prodotti dalle
acque meteoriche. Numerosi sono gli esempi di questo tipo sparsi un
po' per tutta la Toscana.
La
muratura in laterizio è costituita da elementi di omogenea
dimensione, posizionati secondo una disposizione regolare. Da
segnalare, nella porzione tergale alla sinistra dell'abside, la
presenza di una finestra arcuata, poi tamponata, contraddistinta da
un archivolto in elementi curvi, decorati, nella fascia centrale, da
un semplicissimo motivo geometrico a rombi. Si tratta,
apparentemente, dell'unica traccia di decorazione superstite.
L'abside,
così come il resto della costruzione, è caratterizzata dal
basamento in pietra e dall'elevato in laterizio, con la particolarità
della presenza di una fascia intermedia, costituita da tre file di
mattoni intervallati da una fascia in pietra. Si tratta di un
espediente lessicale molto diffuso, anche in forme decisamente più
elaborate, in chiese romaniche coeve. Per fare un paio di esempi molto
conosciuti, la Cappella di San Galgano a Montesiepi, nel Comune di Chiusdino
(SI) e la Pieve dei SS. Ippolito e Cassiano a Còneo, nel Comune di Colle Val d'Elsa (SI).
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L'origine
e l'anno di fondazione della pieve non sono conosciuti, anche se è
ragionevole ipotizzarne la costituzione, come la gran parte delle
pievi, già in epoca tardoantica (V-VI secolo). La prima attestazione
documentaria viene fatta risalire ad un atto, conservato presso
l'Archivio Vescovile di Volterra, datato al 22 giugno dell'anno 971,
in cui viene registrata una permuta di beni fra il Vescovo di
Volterra
Petrus
e
un tale di nome Winihildi
chiamato Winitio,
figlio del fu Kamarini.
Fra i beni di cui si privò il presule, figurano anche due case
masserizie (cioè date in gestione a coloni o massari dietro il pagamento di un censo annuale) che vengono descritte infra
iuditiaria de Plebe S. Johannis et S. Alexandri isto Morberti (1).
L'indicazione
toponomastica è stata associata all'odierno nome di Morbo
e, da qui, il riconoscimento
della pieve in questione. Da rilevare la doppia intitolazione a San
Giovanni Sant'Alessandro, tipica delle pievi battesimali fin
dall'alto medioevo, con la prima che prevarrà sulla seconda.
Interessante, infine, l'utilizzo del termine iuditiaria
(ovvero la “iudicaria”) per individuare, evidentemente, non
soltanto la giurisdizione pastorale, ma anche quella politica e
amministrativa facente capo alla pieve. D'altra parte, fin dall'epoca
altomedievale, il territorio volterrano costituiva un dominio
temporale del Vescovo. Ed erano proprio le pievi che costituivano i
cardini del sistema di controllo e di gestione del territorio, non
solo da un punto di vista spirituale, ma anche politico e
amministrativo.
Foto
di Francesco Fiumalbi
Il
secondo documento in cui si fa menzione della Pieve di San Giovanni
Battista di Morba è la Bolla pontificia, inviata da Alessandro III
al Vescovo di Volterra Ugone, e datata 29 dicembre 1171. Nella
lettera papale, richiamando altri provvedimenti sanciti dai
predecessori Anastasio IV (in carica dal 1153 al 1154) e Adriano IV
(dal 1154 al 1159), venivano confermati alla diocesi volterrana i
possedimenti e la giurisdizione pastorale. Nell'elenco delle pievi,
compare anche la plebem
de Morba cum parochialibus ecclesiis (2).
La
plebem de Morba compare anche nell'analogo privilegium
comfermationis del Pontefice Alessandro III, datato 23 aprile
1179, e che di fatto confermava i contenuti del precedente (3).
Foto
di Francesco Fiumalbi
Nelle
decime del biennio 1275-76 è disponibile il primo elenco, con le
chiese suffraganee afferenti alla Plebes
de S. Iohannis de Morba
(di cui non è indicata l'entità della decima) (4):
– Ecclesia
S. Salvatoris de Castronovo (2
Lire, 18 Soldi, 6 Denari), ovvero la chiesa di S. Salvatore di
Castelnuovo Val di Cecina;
– Ecclesia
S. Michaelis de Seracçano (1 L., 8 S., – D.), ovvero la chiesa di San Michele Arcangelo di
Serrazzano, antico castello, nel territorio del Comune di Pomarance;
– Ecclesia
S. Bartholomei de Leccia (1
L., 19 S., – D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo in Loc.
Leccia, nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina che, a causa della
decadenza della Pieve di San Giovanni Battista di Morba, otterrà il
fonte battesimale nel XV secolo, divenendo “pieve” anch'essa;
– Ecclesia
S. Cerbonis de Montecerboli (1
L., 19 S., – D.), ovvero la chiesa di San Cerbone di Montecerboli
in cui, a partire dal 1460, furono trasferiti i privilegi e i
benefici ecclesiastici della decaduta Pieve di San Giovanni Battista
di Morba.
Per
il biennio 1276-77 alla Plebes
de S. Iohannis de Morba è
attribuita una decima pari a 10 Lire. Invariato l'elenco delle
suffraganee, ma non l'entità dell'imposizione fiscale (5):
– Ecclesia
S. Salvatoris de Castronovo (3
L., – S., – D.);
– Ecclesia
S. Micchaelis de Seracçano (2 L., 3 S., – D.);
– Ecclesia
S. Bartholomei de Leccia (2
L., 8 S., – D.);
– Ecclesia
S. Cerbonis de Montecerboli
(4 L., 4 S., – D.).
Più
dettagliato l'elenco relativo al biennio 1302-03, in cui alla Pieve
di Morba è attribuita una decima di 5 lire (6):
– Ecclesia [S.
Salvatoris]
de Castronovo (1
L., 10 S., – D.);
– Ecclesia [S.
Michaelis] de
Seracçano
(1 L., – S., – D.);
– Ecclesia
de Cappiano (–
L., – S., – D.), non identificata;
– Ecclesia
S. Donati de Fosini (–
L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Donato del castello di
Fosini, oggi nel Comune di Radicondoli (SI), che verrà unita in
un'unica chiesa parrocchiale assieme alle altre dedicate a San Pietro
e a San Niccolò.
– Ecclesia
S. Petri (–
L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Pietro situata presso
del castello di Fosini, poi unita alle altre dedicate a San Donato e
a San Niccolò.
– Ecclesia
S. Niccholai de Fosini
(– L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Niccolò situata
presso del castello di Fosini, poi unita alle altre dedicate a San
Donato e a San Pietro.
– Ecclesia [S.
Bartholomei]
de Leccia (1
L., 5 S., – D.);
– Ecclesia
[S. Cerbonis] de
Montecerboli
(– L., 19 S., – D.).
– Ecclesia
de Castro Vulterrano
(– L., – S., – D.), ovvero la chiesa situata in Loc. Castello
Volterrano nel territorio del Comune di Castelnuovo Val di Cecina.
Foto
di Francesco Fiumalbi
Riguardo
ai pievani, in un atto datato 2 dicembre 1225 compare, in qualità di
testimone, Matteo
plebano de Morba (7).
Si tratta del primo pievano di cui si conosca il nome.
A
distanza di alcuni decenni, nel novembre del 1296, Oppizino
plebano de Morba,
compare come testimone in un atto riguardante l'Abbazia camaldolese
situata a Badia Elmi, nell'odierno Comune di San Gimignano (8).
Nell'anno
1321, il pievano di Morba, Rinuccio di Barone, fu eletto Vescovo di
Volterra dal Capitolo dei Canonici. L'elezione, in un primo momento
fu dichiarata nulla, anche se poi fu confermata dal Papa Giovanni
XXII (9).
Foto
di Francesco Fiumalbi
Certamente
ancora attiva alla metà del XIV secolo, la Pieve di San Giovanni di
Morba figura nell'elenco delle chiese della Diocesi di Volterra,
redatto in occasione del Sinodo dell'anno 1356, promosso dal Vescovo
Filippo Belforti. La chiesa risulta essere una delle 11 plebane del
cosiddetto Sesto
di Montagna
(10).
Tuttavia,
questa sembra essere la sua ultima attestazione certa. Negli anni
successivi, comunque entro il XV secolo, probabilmente a seguito di
mutate esigenze spirituali, la Pieve di Morba venne sconsacrata e
alienata, fino alla sua riduzione ad abitazione.
I
privilegi e i benefici ecclesiastici furono trasferiti presso quella
che, fino a quel momento, era la chiesa suffraganea di San Cerbone di
Montecerboli. Fra le altre suffraganee, anche le chiese di San
Salvatore di Castelnuovo, di San Bartolomeo di Leccia e dei SS.
Donato, Pietro e Niccolò di Fosini ottennero un proprio fonte
battesimale fra il XV e il XVI secolo e poterono, dunque, vantare il
titolo di “pieve”.
Foto
di Francesco Fiumalbi
NOTE
E RIFERIMENTI:
(1) Il documento è edito in F.
Schneider, Regestum
Volaterranum,
in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches
Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher,
Roma, 1907, doc. n. 48, pp. 15-16.
(2)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e
edito in P. Kehr,
Papsturkunden in westlichen Toscana,
in «Nachrichten von der Konigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu
Gottingen», Gottingen, 1904, doc. n. 9, pp. 616-618.
(3)
Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi
di Volterra, n. 151; edito in J. von Pflugk-Harttung, Acta
Pontificum Romanorum Inedita,
vol. III, Stuttgart, 1886, doc. n. 286, pp. 271-272.
(4)
P.
Guidi, Rationes
decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia,
Vol. 1, La
decima degli anni 1274-1280,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1932, p. 158.
(5)
Ivi,
p. 168.
(6)
P. Guidi,
Rationes
Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV,
Tuscia, Vol. 2, La
decima degli anni 1295-1304,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1942, pp.
217-218.
(7)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e
parzialmente edito in F. Schneider, Regestum
Volaterranum... cit.,
doc. n. 420, p. 148.
(8)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e
parzialmente edito in F. Schneider, Regestum
Volaterranum... cit.,
doc. n. 970, pp. 329-330.
(9)
S. Ammirato, Vescovi
di Fiesole, di Volterra e d'Arezzo,
Firenze, 1637,
pp.
139-146. I documenti relativi alla conferma di Rainuccio di Barone
alla carica di Vescovo di Volterra sono pubblicati in A.
F. Giachi, Appendice
all'opera dell'Abate Anton Filippo Giachi intitolata Saggio
di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra:
dalla sua origine fino al tempi nostri,
Siena, 1798, docc. LVII-LVIII, pp. 189-192.
(10) Il
manoscritto originale si trova conservato presso la Biblioteca
Guarnacci. Una prima sintetica edizione dell'elenco delle chiese
volterrane del 1356, si trova in G.
Lami, Sanctae
Ecclesiae Florentinae Monumenta,
Firenze, 1758, vol. III, Appendice,
p. IV; poi, in forma completa, anche in
A.
F. Giachi, Saggio
di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra:
dalla sua origine fino al tempi nostri,
Firenze, 1876, Appendice,
doc. LXXXII, pp. 583-594.
Complimenti!!!!!l'ho conosciuta per caso qualche giorno fa e volevo documentarmi. Ma vedo, con immenso piacere che c'è già chi ci ha pensato!
RispondiEliminacomplimenti!
Edificio stupendo!