↖ RACCONTI DALLO SCIOA
Quante volte, durante l'anno, il maestro glielo ha detto a mamma – Non sta mai attento! Ha sempre il capo da qualche altra parte! – Ma io non lo faccio apposta a non rispondere! È solo che non lo sento subito. - Ma non dormivo mamma. Forse ero solo distratto. – E quella sera, che per me viene decisa la montagna al posto del mare, nonno Nuti mi racconta della sua montagna. Di quando, da ragazzo, assieme al suo babbo, andava a Scarperia passando per il Passo del Giogo, inerpicandosi anche per sentieri e viottoli per scorciare la strada. Almeno una volta all'anno durante la Fiera Annuale, giusto la scusa per comprare trincetti e forbici nuove, ma anche lesine. Un ricordo il suo carico di nostalgia, quando per le castagne raccolte in bosco, quando a fare 'avvio' per il fuoco, quando a fare funghi assieme al babbo. Ricordi uniti ai profumi d'inizio autunno, al gorgoglio dei ruscelli in primavera, che mi fanno compagnia fin nel sonno, fino a invadere anche i sogni. E così fino all'ultimo giorno prima della partenza per la montagna, la scuola oramai chiusa per le vacanze estive, sempre o quasi in compagnia di Nonno Nuti, o nell'orto, o in giro per San Miniato o a passeggio per la campagna fin verso l'ora di cena.
A distanza di così tanti anni ho ancora impresso con chiarezza nella memoria il percorso tra il paese e la colonia collocata a metà collina, in basso, verso la valle della Lima. Un vicolo sterrato, stretto tra le case, percorso interamente pedonale, che si apre a ridosso di una curva, scendendo dal paese di Mammiano verso la Colonia, di cui ho sempre ignorato il nome, se ce l'aveva. A finire, oltre la Colonia, una scalinata, intagliata nel ciglione, a scendere a ridosso di una doppia curva. E da quella scalinata, perché a ridosso della colonia e più breve, in sosta a bordo strada, i camion dei fornitori, a scaricare a spalla vivande varie, mattina e sera. Per me spettacolo del tutto nuovo che diventa meraviglia, sorpresa, appena due giorni dopo, probabilmente di domenica. Anzi!
– Vieni a vedere Giancarlino chi c'è! – Riesco a malapena ad infilarmi con la testa dentro un colonnino mozzo della ringhiera. È la signorina che chiama, ha riconosciuto mamma. Sorpresa inattesa, imprevista. È zio Magnino che ha prestato a babbo la moto Guzzi nuova fiammante. Bellissima mamma, pantaloni e giacchetta di pelle, mentre vola su per quegli scalini, tutti d'un fiato, verso di me. Dietro babbo. Borsa della spesa in spalla, appena messo il cavalletto alla moto. Ed io per mano alla Signorina. – Attento, fermati, potresti cadere – Ma poi, liberi!!! di vivere tutto il giorno insieme, ed io a fare da 'guida'. Quasi non ci credo! Come sta nonno Nuti? Corinna? La mia sorella? – Maurizia è rimasta da nonna Livia – è mamma che risponde, mentre mi stringe a se, forte forte.
E per pranzo, una grande coperta sul prato, proprio quello dietro la Colonia, per conigliolo e carciofi fritti. Dolce, quello di nonna Livia, le pesche, quelle dell'orto di Nonno Nuti. E il pomeriggio fino in paese, a Mammiano, per viottoli e scorciatoie, a percorrere le passeggiate pomeridiane, fino anche alla stazioncina del trenino e a quel magico tornante, dove il trenino si annuncia alla stessa ora di ogni pomeriggio, passando sul ciglione sovrastante. Una sorta di giardino segreto, quasi un labirinto magico. Due panchine di legno, una staccionata a fare da parapetto al vuoto sottostante, un'altalena e tanti tubi di cemento, allineati in più file dove rincorrersi, dove rimpiattarsi, dove sgattaiolare e da dove saltare in quel prato spesso e soffice. Pomeriggio a perdifiato fino al rientro in colonia, che è quasi l'ora di cena, mentre babbo e mamma in sella alla Guzzi ripartono per casa.
di
Giancarlo Pertici
"La
Bella Gigogin" – Sanremo '54
Il
dottor Bellini gliel'ha detto a mamma – Il bimbo è particolarmente
nervoso! Non lo portare al mare quest'anno, mandalo in montagna –
Ma io, per la verità, non mi sento nervoso, non faccio le bizze,
ubbidisco... quasi sempre. Cerco anche di stare attento a scuola...
finché posso. Ma tutte quelle ore non ce la faccio a stare fermo lì,
dietro a quel banco, senza potermi muovere! Non è che mi addormenti!
È come se sognassi ad occhi aperti. Mi fisso oltre la finestra che
dà in Gargozzi, tanto che mi sembra di essere laggiù, tra i campi,
a correre sull'erba, e mi passa tutta la stanchezza. È in quel
momento che il maestro si arrabbia, perché, o mi chiama o mi fa una
domanda, e io non rispondo.
Quante volte, durante l'anno, il maestro glielo ha detto a mamma – Non sta mai attento! Ha sempre il capo da qualche altra parte! – Ma io non lo faccio apposta a non rispondere! È solo che non lo sento subito. - Ma non dormivo mamma. Forse ero solo distratto. – E quella sera, che per me viene decisa la montagna al posto del mare, nonno Nuti mi racconta della sua montagna. Di quando, da ragazzo, assieme al suo babbo, andava a Scarperia passando per il Passo del Giogo, inerpicandosi anche per sentieri e viottoli per scorciare la strada. Almeno una volta all'anno durante la Fiera Annuale, giusto la scusa per comprare trincetti e forbici nuove, ma anche lesine. Un ricordo il suo carico di nostalgia, quando per le castagne raccolte in bosco, quando a fare 'avvio' per il fuoco, quando a fare funghi assieme al babbo. Ricordi uniti ai profumi d'inizio autunno, al gorgoglio dei ruscelli in primavera, che mi fanno compagnia fin nel sonno, fino a invadere anche i sogni. E così fino all'ultimo giorno prima della partenza per la montagna, la scuola oramai chiusa per le vacanze estive, sempre o quasi in compagnia di Nonno Nuti, o nell'orto, o in giro per San Miniato o a passeggio per la campagna fin verso l'ora di cena.
Ed
è così che parto per la colonia, parto per la montagna in
quell'estate del '54. Non ricordo il particolare della partenza da
San Miniato. Ricordo solo la sala d'attesa e il loggiato antistante
la Piazza della Borsa, in quel palazzo sede della Provincia, a Pisa.
La riconosco bene, anni dopo, in età adulta, dai pavimenti e dai
rivestimenti bianchissimi in travertino. Poi l'arrivo della corriera
per Mammiano, il momento dei saluti, mamma che resta a terra, mentre
io mi ritrovo seduto accanto all'autista e a una signorina sorridente
che mette a posto la mia valigia.
Neppure
una lacrima! Attratto, anzi! Quasi ipnotizzato da quanto scorre di là
dal finestrino... i prati, gli alberi, i fiori, case, uccelli... e
anche cullato da salite e da curve, accompagnato da canti
sconosciuti, mentre il tempo vola. Fino alla fine di quel primo
giorno, dopo aver ubbidito a quella signorina, che non mi ha lasciato
mai un momento, lavandomi denti e piedi, riponendo la valigia sotto
il letto e la biancheria minuta dentro il comodino, e mettendomi il
pigiama. Nessuno quella sera a rimboccarmi le coperte, mamma e nonno
lontani. Nessuno a rammentarmi le 'devozioni', solo in quel lettino
da una piazza, giusto accanto a quello della 'signorina', dalla quale
mi separa appena una tenda.
Pensieri
interrotti da una carezza e da un bacio sulla fronte. È la signorina
che mi rincalza le coperte – L'hai fatta la pipì? Qui in Montagna
fa freddo! – Ad occhi chiusi, cerco di ricordarmi la preghiera a
San Giuseppe. Ma non mi viene!!... mi basterebbe l'inizio... ci
vorrebbe nonno! Si spengono le luci, mentre si ode una musica. Viene
dall'alto. È una canzone per bambini, diffusa a bassa voce in ogni
camera – gli altoparlanti, quasi invisibili – che mi accompagna
nel sonno e fino alla mattina dopo.
Per
me è la prima volta lontano da casa, senza mamma e senza nonno, in
un posto sconosciuto. La prima volta in montagna. L'anno il '54 al
termine della prima elementare. Il mese forse quello di luglio in una
colonia bellissima, a mezza collina, su due piani. Con due piazzali
disegnati seguendo la pendenza della montagna: uno ogni livello. Al
piano basso le camere nostre dei maschi, a quello superiore le camere
delle femmine. Al refettorio tutti assieme. Poi in giro a piedi, a
fare camminate anche lunghe, come quando con nonno Nuti si va fino in
fondo a Via del Sasso o a Calenzano. E proprio dietro alla Colonia,
appena fuori il muro di cinta, un enorme prato verde intervallato da
cespugli di castagni, lungo un ripido pendio rivolto verso una
profonda valle dove, in lontananza, si ode il borbottio di un
torrente che scorre. È La Lima. Bellissimo quel prato, per
rincorrersi, per lasciarsi scivolare rotolandosi sull'erba lungo
quella discesa.
Che
divertimento! E quanti giochi nuovi! Belli, inimmaginabili con
compagni nuovi, tutti più grandi di me, nessuno di San Miniato. A
inizio pomeriggio, una leggera brezza mi riporta, con la fantasia,
agli aquiloni in volo: San Miniato - Pian delle Fornaci. Con tutto
questo spazio, quanta corda ci vorrebbe, per far volare lontano
quegli aquiloni, presenti solo nella fantasia! Verso sera, folate
gelide salgono fin sul piazzale della Colonia a dettare i tempi per
il rientro, prima che sia buio. Quel prato ho continuato a sognarlo
per anni e l'ho anche cercato in età adulta, senza successo,
contrassegnato da un enorme traliccio in ferro, alto più di tutte le
case e della collina accanto, a sostenere, lassù in lato, i fili
dell'alta tensione. E dai piedi di quel traliccio ben visibile il
"Ponte Sospeso" sulla Lima, nella parte ancorata sull'altra
sponda della vallata. Quando tira vento lo si vede anche oscillare.
Sopra il paese di Popiglio.
A distanza di così tanti anni ho ancora impresso con chiarezza nella memoria il percorso tra il paese e la colonia collocata a metà collina, in basso, verso la valle della Lima. Un vicolo sterrato, stretto tra le case, percorso interamente pedonale, che si apre a ridosso di una curva, scendendo dal paese di Mammiano verso la Colonia, di cui ho sempre ignorato il nome, se ce l'aveva. A finire, oltre la Colonia, una scalinata, intagliata nel ciglione, a scendere a ridosso di una doppia curva. E da quella scalinata, perché a ridosso della colonia e più breve, in sosta a bordo strada, i camion dei fornitori, a scaricare a spalla vivande varie, mattina e sera. Per me spettacolo del tutto nuovo che diventa meraviglia, sorpresa, appena due giorni dopo, probabilmente di domenica. Anzi!
Certamente
di domenica, appena dopo messa in quella Chiesa ad inizio del vicolo
e ad angolo con la strada maestra. Lo spettacolo quello di tanti
bambini affacciati alla ringhiera, a guardare in basso verso quella
scalinata presa d'assalto dalla prima Corriera fermatasi ai suoi
piedi. E' il giorno del Passo, come ogni domenica in quella colonia.
E per quelle scale, con borse e pacchetti, in cerca di occhi
conosciuti, giovani coppie in visita. Il Pullman, il primo, è in
arrivo da Pistoia.
– Vieni a vedere Giancarlino chi c'è! – Riesco a malapena ad infilarmi con la testa dentro un colonnino mozzo della ringhiera. È la signorina che chiama, ha riconosciuto mamma. Sorpresa inattesa, imprevista. È zio Magnino che ha prestato a babbo la moto Guzzi nuova fiammante. Bellissima mamma, pantaloni e giacchetta di pelle, mentre vola su per quegli scalini, tutti d'un fiato, verso di me. Dietro babbo. Borsa della spesa in spalla, appena messo il cavalletto alla moto. Ed io per mano alla Signorina. – Attento, fermati, potresti cadere – Ma poi, liberi!!! di vivere tutto il giorno insieme, ed io a fare da 'guida'. Quasi non ci credo! Come sta nonno Nuti? Corinna? La mia sorella? – Maurizia è rimasta da nonna Livia – è mamma che risponde, mentre mi stringe a se, forte forte.
E per pranzo, una grande coperta sul prato, proprio quello dietro la Colonia, per conigliolo e carciofi fritti. Dolce, quello di nonna Livia, le pesche, quelle dell'orto di Nonno Nuti. E il pomeriggio fino in paese, a Mammiano, per viottoli e scorciatoie, a percorrere le passeggiate pomeridiane, fino anche alla stazioncina del trenino e a quel magico tornante, dove il trenino si annuncia alla stessa ora di ogni pomeriggio, passando sul ciglione sovrastante. Una sorta di giardino segreto, quasi un labirinto magico. Due panchine di legno, una staccionata a fare da parapetto al vuoto sottostante, un'altalena e tanti tubi di cemento, allineati in più file dove rincorrersi, dove rimpiattarsi, dove sgattaiolare e da dove saltare in quel prato spesso e soffice. Pomeriggio a perdifiato fino al rientro in colonia, che è quasi l'ora di cena, mentre babbo e mamma in sella alla Guzzi ripartono per casa.
Anno
delle meraviglie quello! Sorprese sempre in agguato a segnare
quell'anno come unico, non solo nei ricordi, proprio in quel "magico
tornante" che si fa inatteso castello incantato in un giorno
inatteso, forse un martedì o forse un mercoledì, non certo di
festa. È durante la consueta passeggiata del pomeriggio, verso
Mammiano, che passiamo proprio da quel "tornante", nel
momento in cui il trenino annuncia il suo passaggio. Impossibile non
fermarsi ad ammirarlo nel suo sferragliare, tra sbuffi di fumo e
vapore; e tutta quella gente affacciata ai finestrini!! Tra queste..
sorpresa! Zia Adriana assieme al suo amico Duilio (da grande imparerò
che erano fidanzati). Visita inattesa e ripetuta più volte, a
distanza di pochi giorni, l'una dall'altra, e che si consuma proprio
in quel magico 'tornante' tra chiacchiere, in attesa del passaggio
del gelataio col suo triciclo, a respirare aria e storie di casa, ad
aprire pacchetti, quelli di mamma e di nonno Nuti. Solo da grande
capirò che quelle erano anche occasioni per Zia Adriana e Duilio, di
stare insieme, senza suscitare scalpore o sguardi maligni, loro
coppia 'irregolare': zia Adriana già sposata e separata. In quel
momento rappresentavano per me il massimo dell'attenzione. Sensazione
di essere considerato, di essere importante, di essere unico, che mi
ha condotto fin da grande.
Sorprese
destinate a raggiungere il culmine con lo spettacolino di fine turno,
allestito su un palco improvvisato. A turno, tutti attori o cantanti.
Per me è la prima volta, se si esclude quella volta che, per Natale,
mi trovai in una culla di legno piena di paglia a fare la parte di
Gesù Bambino. Ricordo sfocato, alimentato più che altro dal
racconto ripetutomi più volte da mamma. Questa volta, ed è la
prima, sarò cantante. È al ritorno dalla passeggiata pomeridiana
che vengo circondato e circuito da più signorine. Canterò in coppia
con una bambina, di cui ricordo solo quel musino dispettoso, grazie
all'unica foto che conservo di quell'occasione. È 'La bella Gigogin'
successo del Festival di Sanremo che devo imparare in fretta e bene,
inseguito per tre giorni, in ogni dove, durante un qualsiasi
intermezzo, rinunciando anche alla passeggiata del pomeriggio, con
un'ultima ripassata prima di andare a letto. Comunque sia andata è
stato un successo, ripetuto a richiesta anche di ritorno a casa, e
non solo in casa, ma dalla Monache di San Paolo, a scuola, ogni dove.
Il mio primo successo!!
Nel
corso degli anni, di passaggio nella valle della Lima, mi sono
soffermato più volte a Mammiano alla ricerca di quella colonia, la
cui immagine non mi ha mai abbandonato. Mi sono fatto la convinzione
che quell'edificio non ci sia più e che il posto deve aver subito
modifiche importanti.
Poi,
quasi il miracolo, pochi anni fa. Forse era il 2008. Stavo
percorrendo la strada che dalla valle della Lima porta a Mammiano,
quando ad una curva ho notato un ciglione ben rasato dall'erba, con,
intagliata, una scalinata. Proprio quella scalinata, anche se
rinforzata da alzate e pedate di pietra, e a pochi metri più in
alto, semi nascosta dalla vegetazione la Colonia, proprio quella
Colonia. Non ha subito modifiche se non quelle inferte dal tempo e
dall'incuria. Non ho osato scavalcare la recinzione, fare il giro del
piazzale, affacciarmi a quelle finestrelle dove, a quei tempi, stando
a cavalluccio i maschietti più grandi spiavano le femmine a fare la
doccia, oltrepassare la recinzione verso quel prato per scoprire...
ho preferito mantenere fedele quell'immagine che conservo dentro,
Graziella e Tiziana in attesa paziente, in religioso silenzio,
evidente e palpabile la mia commozione, anche ora a distanza di così
tanti anni.
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