a cura di Francesco Fiumalbi
Nel pomeriggio di sabato
20 gennaio 2018 si è svolta la presentazione del libro di Vieri Mazzoni “San Miniato al Tedesco. Una terra toscana
nell’età dei comuni (secoli XIII-XIV)”. Un’iniziativa promossa dalla
Società Storica della Valdelsa assieme all’Accademia degli Euteleti di San
Miniato.
Foto di Francesco Fiumalbi
La serata si è aperta
con i saluti di Maria Grazia Messerini per l’Accademia degli Euteleti e di Enzo
Linari per la Società Storica della Valdelsa. Il numeroso pubblico ha potuto
ascoltare la dettagliata relazione del prof. Giuliano Pinto, il quale ha
sottolineato gli aspetti peculiari della pubblicazione. Si tratta di un’opera che
si inserisce fra più significativi approdi storiografici sul tema dello studio
dei centri urbani in epoca medievale, con particolare riferimento alle
relazioni sociali ed economiche. Infine l'intervento dell'autore che ha avuto modo di rispondere ad alcuni quesiti proposti dal pubblico.
Foto di Francesco Fiumalbi
Inoltre, oltre al
libro cartaceo pubblicato da Pacini Editore, è disponibile un’appendice
digitale scaricabile liberamente attraverso il sito della Società
Storica della Valdelsa, alla pagina dedicata CLICCA
QUI PER ACCEDERE ALLA PAGINA.
Di seguito è proposto
il video della presentazione:
Presentazione del libro di Vieri Mazzoni
“San Miniato al Tedesco. Una terra toscana nell’età dei comuni (secoli XIII-XIV)”
Società Storica della Valdelsa
Accademia degli Euteleti della Città di San MiniatoVideo di Francesco Fiumalbi
ABSTRACT (dal sito della Società Storica della Valdelsa)
Il castello di San
Miniato è stato argomento di molti articoli su rivista e relazioni di convegni
per il periodo medievale, ma finora di una sola monografia, pubblicata nel
lontano 1967 ed avente come tema principale l'urbanistica. Eppure la sua storia
offre molti spunti interessanti.
Il primo insediamento
collinare del futuro castello fu avviato nel X secolo da una dinastia di
signori feudali, che risiedevano in pianura, nell'allora esistente Borgo di San
Genesio. Per due secoli l'insediamento in collina si sviluppò, fino a diventare
una munita piazzaforte. Per le sue difese e per la sua posizione – quasi
l'esatto centro geografico della Toscana – nella prima metà del XII secolo il
castello fu scelto dagli Imperatori come sede della loro amministrazione
nell'Italia centrale e punto di raccolta delle loro tasse esatte nella Marca di
Toscana e nel Ducato di Spoleto.
Questa attività di
centro amministrativo e finanziario imperiale ne favorì la crescita demografica
ed economica, stimolando persino delle velleità di dominio territoriale.
Cosicché, inizialmente per la benevolenza degli Imperatori, poi con le sue sole
forze, San Miniato poté ritagliarsi un dominio, prima assoggettando i castelli
vicini nella valle dell'Arno, e poi annettendosene altri posti lungo la valle
dell'Elsa, fino a raggiungere nel corso del XIII secolo i confini territoriali
di Castelfiorentino e Certaldo. Sempre grazie alla benevolenza degli
Imperatori, inoltre, per generazioni i maggiorenti locali trovarono un impiego
redditizio come funzionari imperiali, inviati ad amministrare città e castelli
dentro e fuori la Toscana. Questo forte legame tra l'Impero e San Miniato
cominciò a venir meno alla fine del XII secolo in conseguenza della nuova
istituzione del comune, nel quale si riunirono tutte le più importanti famiglie
di maggiorenti locali, e nel corso del XIII secolo l'autorità degli Imperatori
sul castello decadde progressivamente.
Purtroppo l'assenza di
documentazione economica per questi secoli impedisce di studiarne lo sviluppo, ma
a partire dal Trecento questa documentazione è disponibile, ed allora San
Miniato ci appare come un centro agricolo e manifatturiero di grande importanza
in ambito regionale. Le produzioni cerealicola, olearia e vinicola erano
commercializzate soprattutto sulle piazze fiorentina e pisana. L'allevamento di
bovini, equini, ovini e suini, oltre a dar vita ad un mercato del bestiame di
importanza sovraregionale, riforniva l'industria pisana del cuoio e della
pelle. La produzione e l'importazione di lana alimentava la manifattura dei
panni, così come la coltivazione del lino trovava sbocco nella tessitura di
altri panni e teli. Le argille reperibili nel territorio consentivano la
cottura di laterizi, che venivano trasportati su chiatte lungo l'Arno per essere
impiegati dalla cantieristica pisana; ma soprattutto le argille erano alla base
dell'industria del vetro, per l'epoca una produzione di lusso ad alto contenuto
tecnologico. Stante un simile quadro produttivo, non stupisce trovare artigiani
e mercanti sanminiatesi a Murano, a Bologna, in Sicilia, nel Maghreb, a Cipro
persino, oltre che a Firenze, Lucca, Pisa, San Gimignano. Va da sé che questo
sviluppo dell'agricoltura, delle manifatture, dei commerci, necessitava di un
adeguato supporto finanziario, di modo che il castello era diventato anche una
discreta piazza finanziaria, sia pure nel ristretto ambito regionale.
Nelle relazioni con
gli altri comuni toscani San Miniato giocò un ruolo di tutto rispetto per tutto
il Duecento, scegliendo quasi sempre di stare dalla parte di Firenze e contro
Pisa. Da un punto di vista strategico la funzione del castello e del suo
dominio era quella di stato cuscinetto a separare i territori delle due città
antagoniste. Il Trecento però fu un'epoca travagliata, e le continue guerre nel
primo trentennio, unite alla terribile pestilenza del 1348, la cosiddetta Morte
Nera, esaurirono le forze del castello, che fu costretto ad accettare le sempre
più forti ingerenze fiorentine. Un tentativo di sottrarsi all'abbraccio
soffocante di Firenze fu compiuto nel 1368, allorché il nuovo regime arrivato
al potere con una congiura – mai studiata prima – decise di assoggettarsi a
Pisa. La reazione fiorentina però fu violenta, e dopo un blocco durato ben due
anni ed un assedio di qualche mese il castello fu espugnato e conquistato nel
1370. A partire da questa data fece parte del territorio fiorentino,
all'interno del quale anzi divenne subito il capoluogo della Provincia del
Valdarno Inferiore.
AUTORE (dal sito della Società Storica della Valdelsa)
Vieri Mazzoni
(Firenze, 1968), laureato in Storia dell’Europa Medievale con Giovanni
Cherubini presso l’Università degli Studi di Firenze nel 1994, dottore di
ricerca presso lo stesso istituto con la supervisione di Antonio Ivan Pini e
Jean-Claude Maire Viguer nel 2002, assegnista di ricerca con Giuliano Pinto nel
quadriennio successivo, si è interessato di storia politica, lotte di fazione,
pratiche giudiziarie, storia del territorio e dei centri minori particolarmente
nell’ambito geografico della Toscana e cronologico dei secoli XIII e XIV. È
stato curatore di Ser Giovanni di Lemmo
Armaleoni da Comugnori, Diario (1299-1319), edito per i tipi di Leo S.
Olschki Editore (2008); autore di Accusare
e proscrivere il nemico politico. Legislazione antighibellina e persecuzione
giudiziaria a Firenze (1347-1378), per i tipi di Pacini Editore (2010), e
di vari articoli pubblicati su «Archivio Storico Italiano», «Bullettino
dell'Istituto Storico Italiano», «Miscellanea Storica della Valdelsa»,
«Ricerche Storiche»; coautore con Alessandro Monti de Il libro dell'imposta di Montaccianico (1306). Fiscalità
discriminatoria e liste di proscrizione nella Firenze del Trecento, per i
tipi di Aska Edizioni (2013).
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