di Francesco Fiumalbi
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Dopo aver trattato delle istanze pontaegolesi e della relazione del Commissario Prefettizio, di seguito proponiamo la prima parte del testo del Memoriale che i sanminiatesi compilarono per rispondere alla concreta possibilità del distaccamento. Oltre alla suggestione storica dovuta alla narrazione di alcuni episodi curiosi, questo documento rappresenta una vera e propria sintesi della situazione agli inizi degli anni ’20. Il tono quasi canzonatorio rivolto ai pontaegolesi aggiunge del pepe ad una lettura di notevole interesse.
Memoriale contro la domanda di separazione e di costituzione in comune autonomo della frazione Ponte a Egola, San Miniato, 1923
Onorevoli Signori Consiglieri
Precedenti. Il Sig. Geometra Olinto Rovini, all’inizio della sua Relazione, sente il dovere di dichiarare <<che devesi rendere la dovuta giustizia al comune di S. Miniato, che ha sempre bene e saggiamente amministrate tutte le sue frazioni>>.
E avrebbe potuto addurne la prova, per ciò che riguarda il Ponte a Egola, nel fatto che, pur essendo un nucleo di poco più di mille abitanti, ha una scuola rurale completa con cinque insegnanti, medico residente con cura gratuita per i poveri, levatrice, farmacia, guardia comunale residente, illuminazione elettrica, acquedotti e latrine pubbliche; che l’esazioni delle imposte vi si effettua dall’Esattore comunale in giorni determinati e che anche la macellazione delle carni viene compiuta nella stessa borgata.
Egli avrebbe anche potuto aggiungere che la popolazione del Ponte a Egola non fu mai tenuta estranea all’amministrazione delle cose pubbliche locali; che il numero dei suoi rappresentanti nel Consiglio comunale andò anzi progressivamente crescendo col crescere degli abitanti e dell’importanza della frazione, e che vari di essi presero spesso parte ben accetta nelle varie giunte comunale che via via si susseguirono.
Né sarebbe stato un fuor d’opera il notare >ma questo non si poteva pretendere dal Sig. Rovini > che il Ponte a Egola ebbe una parte preponderante nell’avvento delle due ultime amministrazioni, l’una del 1914, composta in prevalenza di elementi rurali, e l’altra, del 1920, che portò per la prima volta al potere elementi socialisti, e alla quale soprattutto si deve se il debito, che nel 1913 era di sole 95 mila lire, salì via via, tra consolidato e da consolidarsi, ad oltre un milione e mezzo!.
Ex-conceria “Orologio”
Ponte a Egola, Marianellato
Foto di Francesco Fiumalbi
E a questa larga parte fatta al Ponte a Egola nella pubblica amministrazione fa degno riscontro il contegno ognor corretto e gentile della popolazione del capoluogo verso i pontaegolesi, i quali poterono sempre frequentare la città per fruire dell’importante e florido mercato che vi si tiene ogni martedì, per accedere alle Banche e ai pubblici uffizi e per giovarsi dell’opera dei vari professionisti di cui sono fedeli e apprezzati clienti, senza vedersi mai fatti segno ad alcun atto men che rispettoso, neppur quando qualche gruppo di abitanti di quella frazione volle imporre la propria volontà contro qualche deliberato del Comune.
E’ quanto accadde circa in numero venti anni fa, quando il Municipio, in seguito a regolar concorso nominò a medico condotto del Ponte a Egola persona diversa dal medico interino favorito da quella popolazione. Le cose giunsero allora al punto che venne persino inscenata una specie di presa d’assalto di San Miniato. Eppure anche in quell’occasione la cittadinanza del capoluogo tenne un contegno addirittura ammirevole perché si limitò a sbarrar la strada ai troppo focosi dimostranti senza permettersi pur l’ombra d’una pressione sui Padri coscritti, benché il medico cui si voleva dar lo sfratto fosse un suo concittadino.
E i Padri coscritti poi, sempre indulgenti verso i loro amministrati delle frazioni, finirono con l’indurre il neo-eletto a rinunziare alla condotta, sostituendogli l’interino tanto accetto a quella borgata!.
Motivi su cui si fonda la domanda di distacco.
Fu sin da quell’anno che, a detta del Sig. Rovini, il Ponte a Egola avrebbe aspirato a costituirsi in comune autonomo. E, se la notizia è esatta, ne seguirebbe a fil di logica che quell’aspirazione non sarebbe stata che la conseguenza dell’ingiusto sdegno concepito in quell’occasione contro l’amministrazione comunale dai dirigenti di quella borgata che insieme a tante ottime qualità, hanno un po’ il mal vezzo – se lo lascin dire – di stimarsi offesi quando si vedono contrariati in qualche loro anche non troppo legittimo desiderio.
Né mancano elementi per ritenere che un’origine poco diversa abbia avuta la presente campagna separatista.
Già è abbastanza significativo che quelle aspirazioni all’autonomia, rimaste allo stato di letargo per circa vent’anni – longum aevi spatium anche nella vita di una frazione rurale!- non si siano risvegliate e non abbiano assunta forma concreta che dopo i contrasti malauguratamente sorti tra il Fascio pontaegolese e quello di San Miniato – e certo non per colpa di quest’ultimo! – durante le elezioni amministrative dello scorso febbraio.
E quest’osservazione trova d’altronde ampia conferma nella poca e nessuna consistenza dei motivi fatti valere a giustificazione delle aspirazioni separatiste.
Pareva dapprima, a dir vero, che questi motivi si volessero desumere dalla pretesa eccessività dei tributi comunali che graverebbero con ingiusta proporzione sui contribuenti del Ponte a Egola.
E’ quanto fu infatti ripetuto fino alla sazietà nei pubblici e privati ritrovi dall’inizio di quell’agitazione al giorno della presentazione alla R.a Prefettura della formale domanda di distacco, cioè dai primi del marzo al 24 dello scorso aprile e fu anche asserito che quelle forti tasse non solo avevano già fatto chiudere alcune piccole fabbriche, ma ponevano l’industria conciaria del Ponte a Egola nell’impossibilità di sostenere la concorrenza con quella della vicina Santa Croce, dove pareva che il Comune fosse assai più mite nelle sue esigenze.
(Vedere le corrispondenze che vennero inviate in quel periodo di tempo alla Nazione e al Nuovo Giornale, e specialmente quella inserita nella Nazione del 20 marzo, col resoconto del solenne comizio che era stato tenuto i giorno innanzi al Ponte a Egola, e alla fine del quale veniva proclamato presidente onorario del Comitato per l’erigendo Comune il Sig. Marchese Perrone Compagni. – Allegato C -)
Ma quelle asserzioni e quelle accuse, se potevano far presa sugli ingenui, che non mancano neppure al Ponte a Egola, inducendoli a muoversi e ad agitarsi, erano talmente prive di fondamento che non si osò di riprodurne neppur una nella domanda di distacco.
E fu così che in quella domanda si parlò invece – e per la prima volta – della dislocazione e del dislivello notevole del capoluogo in rapporto agli abitanti di quella borgata che, a detta del Sig. Roini, renderebbero quanto mai scomoda ogni loro relazione col Municipio.
Ma questo motivo non apparirà più plausibile dell’altro che si voleva desumere dall’eccessività dei tributi, quando si rifletta che il Ponte a Egola non dista che cinque chilometri e mezzo dal capoluogo e che il dislivello tra quest’ultimo e la suddetta borgata è di appena 132 metri, che si superano comodamente mediante una strada (provinciale) che ha m. 3030 di percorso con una pendenza di non più del quattro e mezzo per cento.
Disgraziati infatti i comuni italiani, e specialmente quelli che, come San Miniato, sono anche capoluoghi di circondario, se distanze e altimetrie di questa sorte fossero sufficienti per autorizzarne lo smembramento!
Noi non ricorderemo né gli Abruzzi né le provincie meridionali in genere, i cui capoluoghi di comune e di circondario si trovano spesso ad altezze vertiginose, con territori altrettanto vasti quanto mal forniti di agevoli vie di comunicazione. Ma che ne sarebbe della maggior parte dei comuni della Toscana, così montuosa e collinosa, e di quelli della nostra stessa provincia se la tesi del Sig. Roini, avesse a trionfare? E’ chiaro che dopo un simile precedente (date le ambizioncelle private e collettive che mai non mancano nelle nostre borgate) non ci sarebbe frazione di una qualche importanza – e tante ne esistono! – che per parità di ragione o anche per più forte ragione non aspirasse presto o tardi all’autonomia. E così, per non citare che pochi e più ovvi esempi, si vedrebbe ben presto la Romola invocare il distacco da S. Casciano, l’Impruneta da Grassina, la Vallombrosa da Regello, Pracchia, Le Piastre, Piteccio e i Vecchi comuni da Pistoia, Vaiano da Prato e via dicendo.
Sarebbe il frazionamento all’infinito, che s’inaugurerebbe dei comuni della nostra provincia, in perfetta opposizione dello spirito della legge e con le direttive del R.o Governo che, come tutti sanno, più che a favorire la creazione di nuove piccole unità amministrative, mirano invece a restringere quelle che già esistono, aggregandole ai grossi centri o riunendone parecchie in una!
Vicolo del Fuoco
Ponte a Egola, Marianellato
Foto di Francesco Fiumalbi
Tanto più artificiose appaiono del resto le ragioni di distacco che il Ponte a Egola vorrebbe desumere dalla distanza dal capoluogo e dalla sua altimetria, e intese soltanto a mascherare altri non egualmente confessabili motivi, se si consideri:
1° che la maggior parte delle frazioni del nostro Comune non aderenti al movimento secessionista ed anzi ad esso recisamente contrarie, si trovano sotto questo rapporto in poco dissimili o anche peggiori condizioni di quella borgata. Tali Corazzano, Bucciano, Balconevisi, Campriano, Canneto e l’Isola, le cui distanze da San Miniato variano rispettivamente da un massimo di 10 chilometri e mezzo a un minimo di chilometri 5, mentre la popolosa e industre borgata del Ponte a Elsa dista dal capoluogo chilometri cinque e mezzo, cioè proprio quanto il Ponte a Egola.
E notisi che queste popolazioni non hanno nemmeno il vantaggio di cui godono i Pontaegolesi, di trovare, quasi ad ogni ora del giorno, nella non lontana borgata del Pinocchio, l’automobile pubblica che, se non vogliono far la salita a piedi o s’un veicolo qualunque, li trasporta in pochi minuti e con modica spesa nel centro della città; (questo servizio automobilistico è fatalmente destinato ad estendersi ed intensificarsi nel nostro Comune – seppure non verrà sostituito da una rete tramviaria – tornati che siano normali i cambi che ora mantengono tanto altri i prezzi della benzina).
2° che la causa più frequente per cui i Pontaegolesi devono recarsi alla sede del Comune essendo le denunzie riguardanti lo stato civile (morti, nascite e movimenti anagrafici), l’inconveniente di cui i Ricorrenti mostrano di far sì gran caso verrebbe in gran parte eliminato quando, cosa facilissima ad attuarsi, si istituisse nella loro borgata una succursale dell’Ufficio dello stato civile;
3° che quegli abitanti, del resto, non salgono a San Miniato soltanto per affari che debbano sbrigare col Municipio, ma devono accedervi anche più spesso, dediti come sono, ai commerci e alle industrie, per recarsi alla Sotto Prefettura, alla Pretura, alle Banche, all’Ufficio del Registro e – ahimè! – a quello delle Imposte, e via dicendo, e che questa necessità continuerebbe ad esistere anche dopo il distacco. Essi infatti non s’immaginano certamente che, ottenuta che avessero l’autonomia, tutti quegli uffici verrebbero in blocco trasportati al Ponte a Egola!
Oratorio “Madonna dei Boschi”
Ponte a Egola, “Cima di Costa”
Foto di Francesco Fiumalbi
E altro ancora si potrebbe aggiungere: ma a che prò, dal momento che il Sig. Roini e i suoi mandanti ci forniscono essi stessi la miglior prova del nostro assunto, protestando, come fanno a pag. 6 delle loro osservazioni contro la Relazione del Sig. Commissario Prefettizio (ex abundantia cordis os loquitur) – che omai non paiano provvedimenti pari alla situazione creatasi quelli d’impiantare sezioni staccate di stato civile, o di spostare la sede comunale di San Miniato, portandola in pianura - ?
Chi non dirà infatti con noi, dopo questa dichiarazione, che distanze e altimetrie non son che meri pretesti e che il distacco lo si vuole ad ogni costo, non già dalle popolazioni ma dai suoi accaniti fautori, per quelle bizze e per quei ripicchi elettorali cui accennavano più sopra?
Né la cosa sarebbe d’altronde meno a deplorarsi se, come taluno potrebbe forse supporre, si trattasse invece di ambizioncella di borgata arricchita nelle industrie, che aspiri alla dignità di capoluogo di comune per avere un proprio territorio su cui imperare.
Questa ambizione infatti sarebbe ancora perdonabile se il Ponte a Egola fosse in grado di costituirsi in comune autonomo con le proprie forze; non lo è invece quando per raggiungere quello scopo deve contare sulle forze di altre frazioni che per condizioni fisiche e per tradizione, nonché per conformità di vita e di bisogni sociali sono intimamente legate a San Miniato, e dalla quale tenta staccarle con arti che ci asteniamo dal qualificare, procurando, col proprio, il danno di quelle frazioni e del vecchio Comune!
(CONTINUA)
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