di Francesco Fiumalbi
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Nella prima parte di questo intervento abbiamo visto le fasi della costruzione del Santuario del Santissimo Crocifisso, analizzando le interpretazioni stilistico-formali avanzate fino ad oggi. Nella seconda parte abbiamo invece trattato di un argomento fino ad oggi poco considerato, ovvero il rapporto fra istituzione comunale e istituzione ecclesiastica. Particolare attenzione è stata posta al legame, architettonico e sociale, venutosi a creare nell’arco di cinque secoli e “risolto” con la costruzione del nuovo Santuario del SS Crocifisso. A tal proposito ci siamo lasciati anticipando la possibile esistenza di un messaggio simbolico tradotto in linguaggio architettonico, che invece illustreremo in questo intervento. Messaggio, suggerito da Don Luciano Marrucci e che proponiamo come ipotetica chiave di lettura.
Gli elementi presenti nell’interno urbano di quel tratto di via Vittime del Duomo sono: il municipio e l’edificio del santuario, legati con una composizione scenografica attraverso la scalinata monumentale. Il complesso del santuario è costituito da vari livelli: la strada, un falsopiano rialzato dove sono collocate le statue di San Pietro e San Paolo, una prima rampa che termina in un piccolo ripiano sul quale si affaccia la statua del Cristo Risorto. E poi ancora due rampe, sormontate da una coppia di angeli, uno per parte, ed infine la chiesa, elemento dominante e culmine della composizione.
Il Santuario del SS Crocifisso
Foto di Federico Mandorlini
Per capire in pieno la profondità del significato che questo interno urbano propone, è utile richiamare ad un’opera di Sant’Agostino: De civitate Dei, La città di Dio. Questa chiave simbolica, già proposta seppur in maniera approssimativa da Maria Adriana Giusti (1), potrebbe rivestire un suo significato molto forte. Per spiegare bene di cosa si tratti, ci vengono in soccorso le parole del Papa Benedetto XVI pronunciate durante la catechesi del 20 febbraio 2008, in occasione dell’udienza settimanale: “Durante l'era degli Dei pagani, Roma era 'caput mundi' e non era pensabile che venisse espugnata dai nemici; adesso con il Dio cristiano non e' più sicura questa grande città, per cui il Dio dei cristiani non può essere il Dio a cui affidarsi”. A questa “obiezione”, Sant'Agostino ha risposto con “una grandiosa opera, chiarendo cosa spettasse a Dio e cosa no, quale relazione dovesse esserci tra la sfera politica e la sfera della Chiesa” (2). Chiarito questo punto, appare evidente il richiamo che abbiamo fatto nella seconda parte, relativamente al rapporto fra il SS Crocifisso di Castelvecchio e l’istituzione comunale, che in qualche modo su di esso si fondava inizialmente, arrivando a rivendicarne il controllo, e senza dimenticare il contesto storico-politico sei-settecentesco in cui matura la decisione di costruire il Santuario.
Quindi la costruzione del Santuario del SS Crocifisso si farebbe metafora architettonica della “Città di Dio”, che sta di fronte, in posizione rialzata, rispetto alla “Città degli uomini”.
Quest’immagine, la “città”, in Sant’Agostino come nella Chiesa tutta, non ha certo valore di luogo fisico, bensì è un’allegoria per definire una condizione morale in questo tempo terreno, e solo successivamente, con la resurrezione dei corpi degli uomini alla fine del mondo, anche una condizione fisica: il Regno di Dio, la Gerusalemme Celeste, il momento di Dio con gli uomini.
Ricostruzione della situazione del Palazzo del Comune di San Miniato durante la costruzione del Santuario del SS Crocifisso agli inizi del ‘700.
Disegno di Francesco Fiumalbi
Partendo da questo, mettiamo a fuoco l’immagine della “Gerusalemme Celeste”, di cui abbiamo una descrizione all’interno del Libro dell’Apocalisse, attribuito a San Giovanni Apostolo:
“Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendendo dal cielo, da Dio, pronta come sposa adorna per il suo sposo” Ap. 21,2
“La città è cinta da un alto e grande muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte a mezzogiorno tre porte, ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali i dodici nomi dei dodici apostolo dell’Agnello
Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla sua larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi (…)” Ap. 21,12-14
Il Santuario del SS Crocifisso, potrebbe essere la trasposizione simbolica della Gerusalemme Celeste? Vediamo.
La caratteristica pianta a “croce greca”, in effetti, gode di una doppia simmetria, per cui tutte le facciate della chiesa sono considerate uguali. Il fronte principale del Santuario del Santissimo Crocifisso ha tre porte, ma essendo un edificio a “croce greca”, idealmente, è uguale in ogni suo lato e quindi le porte, ancora idealmente, diventano 12. Ed è collocato, rispetto al piano stradale, proprio su una altura, quindi in prossimità del cielo da cui scenderebbe.
Sempre il Vensi afferma che ciascun lato ha una misura di 7 metri e 10 cm (13), che corrispondono praticamente a 12 braccia fiorentine. Questo probabilmente è il modulo originario; le altre misure risultano essere multipli o frazioni di 12 (la larghezza esterna sarebbe di 8,17 metri, pari a 14 braccia, 7/6 del modulo, il quadrato centrale 9,34, pari a 16 braccia, 4/3 del modulo, l’altezza dei pilastri interni 11,67 m, pari a 20 braccia, 5/3 del modulo). I setti murari che compongono la pianta e i pilastri dipinti all’interno che sostengono idealmente la copertura sono anch’essi 12, il numero delle migliaia di stadi che descrivono la dimensione della Gerusalemme Celeste.
Non abbiamo potuto effettuare riscontri metrici, ma dalle immagini, risulterebbe che l’altezza sulla cima della lanterna sia pressappoco quella del quadrato di base.
Insomma troppe coincidenze per non associare il Santuario del Santissimo Crocifisso di Castelvecchio di San Miniato all’immagine della Gerusalemme Celeste descritta da San Giovanni Apostolo nell’Apocalisse. E’ davvero frutto del caso?
Planimetria della sistemazione urbanistica
Disegno di Francesco Fiumalbi
Passiamo ora alla scalinata e al suo apparato scultoreo. Riproponiamo le parole del Canonico Vasco Simoncini, già citate nella prima parte (4):
“La grandiosa scalinata che, unica in principio, si biforca in due rampe su di un primo piano per accedere ad una più alta spianata sulla quale si aprono la porta principale del Santuario e le due laterali, fu ideata e costruita dal Ferri. Questa magnifica scalinata che richiama quella romana di Trinità dei Monti, si alza sul livello stradale di ben 10 metri, è tutta in pietra serena, con i bozzati che sostengono le rampe laterali e la terrazza centrale in travertino. Un’artistica ringhiera in ferro accompagna le rampe e chiude il balcone. Bozzato e ringhiera furono inaugurati nel 1867 e in quella occasione furono collocati, nella nicchia, il “Cristo Risorto”, opera berniniana di un frate francescano che l’aveva scolpita nel 1723 e, all’altezza del ripiano centrale, i due angeli del celebre scultore fiorentino Luigi Pampaloni. Furono invece inaugurate nel 1888 le statue degli apostoli Pietro e Paolo che, pur non avendo alcun pregio artistico, contribuiscono ad accrescere il decoro e l’armonia della scalinata e del Tempio”.
Condizione necessaria per elevarsi verso Dio è la Chiesa, ed ecco che sono collocate, appena rialzate dalla sede stradale le due sculture raffiguranti San Pietro e San Paolo, le due “colonne della Chiesa” con lo sguardo rivolto ai passanti:
“(…) Tu sei Pietro,e su questa pietra io fonderò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli (…)”
(Matteo 16,18-19)
San Pietro
Scalinata del Santuario del SS Crocifisso
Foto di Francesco Fiumalbi
Immediatamente dopo, dalla strada, lo sguardo del passante rimane colpito dalla statua di Cristo Risorto, opera dello scultore carrarino Francesco Baratta, che la realizzò nel 1723 per l’altare maggiore della chiesa di San Francesco, dove rimase fino al 1796. In quell’anno fu rifatto l’altare e la scultura fu collocata provvisoriamente in un corridoio. Nel 1867 fu collocata nella nicchia attuale, oggi si direbbe “in comodato d’uso”; infatti la scultura è ancora di proprietà dei frati francescani anche se nell’iscrizione posta alla base non si fa cenno a questo accordo: Christus / Resurgens ex mortuis / Jam Non Moritur, Cristo è risorto dalla morte, non muore più (5).
Francesco Baratta, Cristo Risorto
Scalinata del Santuario del SS Crocifisso
Foto di Francesco Fiumalbi
Anche se slegata dal suo contesto iniziale, la statua doveva essere funzionale al disegno iconografico che doveva ancora essere completato. La figura si presta a diverse immagini figurative della tradizione cristiana, ma significativa è quella che abbiamo nel libro dell’Apocalisse, quando a Giovanni, subito dopo essere rapito in estasi, appare Cristo che aveva “(…) un abito lungo fino ai piedi (…). I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve (…) e il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e gli inferi” Ap. 1,14-18.
Nel testo, seguono una serie di disposizioni da scrivere alle sette chiese. Successivamente il libro dell’Apocalisse narra dei Preliminari del “Grande Giorno” di Dio, il giorno in cui Cristo tornerà sulla Terra e giudicherà gli uomini. Significativo, di questa visione, è il momento in cui l’Agnello aprì il settimo sigillo, e si fece silenzio in cielo per mezzora. Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe (Ap. 8,1-2).
Luigi Pampaloni, Angelo di sinistra
Scalinata del Santuario del SS Crocifisso
Foto di Francesco Fiumalbi
In effetti sulla scalinata del Santuario del SS Crocifisso non ci sono 7 angeli, ma soltanto due. Furono realizzati dal fiorentino Luigi Pampaloni (1791-1847) al quale, dopo aver realizzato la statua del Canapone in Piazza Bonaparte, furono commissionati anche i quattro evangelisti all’interno nel 1846 (6). Purtroppo le statue versano in un pessimo stato di manutenzione ormai da diversi anni, ma un tempo sostenevano proprio una tromba ciascuno, come è possibile vedere da alcune foto storiche (7).
Luigi Pampaloni, Angelo di destra
Scalinata del Santuario del SS Crocifisso
Foto di Francesco Fiumalbi
Ricapitoliamo. Abbiamo isolato tre episodi del libro dell’Apocalisse: l’apparizione di Cristo Risorto, gli Angeli che suonano le trombe e la discesa dal cielo della Gerusalemme Celeste. Tutto questo quadro si configurerebbe, quindi, come:
IL GIUDIZIO UNIVERSALE
E’ questa, forse, l’interpretazione da dare all’apparato scenografico costituito dalla scalinata e dal Santuario del SS Crocifisso di San Miniato?
Il fatto poi che sia collocato di fronte al palazzo del Municipio, non può che essere visto come una forte presa di posizione nei confronti delle autorità civili. Gli amministratori, una volta varcata la soglia in uscita dal Municipio, si sarebbero trovati di fronte l’immagine del Giudizio Universale che costituirebbe l’intrinseco invito ad un comportamento irreprensibile, alla buona pratica di governo, in virtù del giudizio divino prossimo venturo.
Gli elementi, seppur un po’ frammentari, ci sarebbero tutti. Le fonti documentarie non fanno menzione di questa volontà rappresentativa, ma avendo dimostrato l’inconsistenza delle precedenti interpretazioni ci chiediamo se questa non meriti la dovuta considerazione.
Il Santuario del SS Crocifisso visto dal portone del Municipio
Foto di Francesco Fiumalbi
Un ringraziamento speciale va a Don Luciano Marrucci, vero promotore di questa intuizione.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Giusti Maria Adriana, La chiesa del SS. Crocifisso di San Miniato, in Giusti – Matteoni (a cura di), La chiesa del SS. Crocifisso a San Miniato. Restauro e storia., CRSM, Allemandi, Torino, 1991, pag. 33.
(2) Barile Gianluca, PAPA: “Leggere la ‘Città di Dio’ di Sant’Agostino per capire la differenza tra la laicità dello Stato e il ruolo della Chiesa”, http://www.lucisullest.it/dett_news.php?id=2873
(3) Vensi Antonio, Materiali raccolti per formare il tomo I e II dei documenti per la storia di San Miniato da Antonio Vensi l'anno 1874, Accademia degli Euteleti, pag. 567, in Cristiani Testi Maria Laura, San Miniato al Tedesco, Marchi & Bertolli, Firenze, 1967, pag. 134.
(4) Simoncini Vasco, Il Crocifisso di Castelvecchio nella storia e nella vita di San Miniato, Edizioni del Cerro, Pisa, 1992, pag. 71.
(5) Lotti Dilvo, San Miniato, Vita di un’antica città, Sagep, Genova, 1980, pagg. 306-307.
(6) Lotti, Op. Cit., pag. 306.
(7) Marcenaro Giuseppe, Il silenzio del negativo, Filippo Del Campana Guazzesi fotografo in San Miniato, CRSM, Sagep, Genova, 1981, pag. 159.
Nei 38 anni della mia vita ho percorso questa scalinata centinaia di volte ed in tante situazioni differenti.
RispondiEliminaQuand'ero bambino ci passavo con la mia bisnonna per andare al "Prato del Duomo" ed allora diventava per me un grande parco giochi con i piedistalli delle statue per arrampicarsi, le nicchie per nascondersi, le rampe laterali per scivolare e quelle "palle" della balaustra che io credevo palle di cannone...
Un giorno, all'inizio degli anni ottanta, fu chiesto a tutti i bambini delle scuole di San Miniato di fare un disegno di uno scorcio sanminiatese a loro scelta e i tutti i disegni furono poi esposti "sotto i chiostri" (perchè non fanno più di simili iniziative?). Io scelsi proprio "il Crocifisso" ed ancora è vivo in me il ricordo di quella mattinata trascorsa sul portone del Comune ad osservare per poi disegnare ogni minimo particolare di quello scenario.
In molte occasioni, ho utilizzato questa scalinata come uno spazio di aggregazione sociale insieme a tanti miei coetanei frequentatori del vicino pub, nelle frizzanti serate estive.
In tempi più recenti, la fantasia contorta delle mie poesie mi ha portato addirittura ad immaginare che le statue di San Pietro e San Paolo parlassero tra loro e commentassero una delle tante scene di vita cittadina osservate nella loro presenza centenaria...
Insomma, caro Francesco, nei 38 anni della mia vita ho guardato e vissuto questa scalinata in tanti modi diversi ma solo adesso, grazie alla tua rivelazione, riesco a cogliere in pieno il significato più profondo e sacro di questo luogo così affascinante. Grazie.
Ho aspettato la terza puntata (che credo sia l'ultima) per scrivere queste righe di commento. Devo dire che condivido quasi tutto il contenuto dei tre contributi, perché anch'io ero giunto più o meno alle stesse conclusioni nella prima stesura (ormai vecchia di 15 anni e non ancora pubblicata, perché non ho trovato modo di restare un mesetto a San Miniato per molte opportune verifiche) di quella che dovrebbe essere la parte conclusiva del mio discorso sulle fonti alle Fate come punto iniziale d'una dialettica della morte e della rinascita legata alle tematiche dell'acqua e alle simbologie ad esse associate. Il santuario del SS. Crocifisso risulta come uno dei punti di arrivo di quella dialettica, in quanto depositario di una serie di segni che si possono identificare come anelli di una catena simbolica basata su alcuni punti che tu hai bene indicato:
RispondiElimina1. un legame iniziale tra il Crocifisso di Castelvecchio e il Palazzo Comunale in relazione alle necessità di governo cittadino durante lo scorcio del Medioevo;
2. la separazione tra i destini comunali e le prospettive della fede a partire dall'epoca della Controriforma;
3. l'acquisizione della tematica del Giudizio Universale --> ultima e definitiva rinascita, come messaggio evidente dell'apparato iconografico.
Nel mio discorso non entra l'ipotesi sulla Gerusalemme Celeste che però così, senza approfondimenti, ha le caratteristiche della plausibilità e merita attenzione. Ma ci vorrebbe qualcosa in più per andare oltre l'ipotesi.
Rossano
@Alessio
RispondiEliminaOgnuno di noi ha sempre vissuto quel luogo in maniera molto personale. E' un luogo speciale, e per questo evoca sentimenti particolari, qualunque essi siano. Il significato più profondo e sacro? Non lo so se è questo, però mi piace pensare che sia così.
@Rossano
So bene che ci vuole qualcosa in più per andare oltre l'ipotesi. Infatti si è detto fin dall'inizio che si tratta di una suggestione. Purtroppo l'unico documento che parla dell'iconografia del Santuario è quello del Vensi, il quale rammenta il Santo Sepolcro... che non è assolutamente plausibile. Gli studiosi che sono venuti dopo si sono allineati, nessuno è mai andato oltre.
Questo post, così come tutti gli altri del resto del blog, non hanno la pretesa di essere esatti. Tuttavia, se da una parte non possono esserlo, dall'altra hanno un obiettivo chiaro: risvegliare in noi tutti, sanminiatesi vicini e lontani, quello spirito di ricerca che non può far altro che arricchire le nostre vite.
E' alto il rischio che questi tre post raccontino una storia diversa da quella reale, però spero invitino a riflettere, a guardare lo spazio che ci circonda con occhi sempre nuovi, senza mai dare niente per scontato o acquisito del tutto.
Hai detto tutto e di più. Più di quanto avevo intuito. Un bel documento ed anche una testimonianza. Complimenti!
RispondiEliminaDon Luciano Marrucci
Molto bello e illuminante. Complimenti.
RispondiEliminaAnche me piace pensare così; del resto anche se la cosa fosse non fosse voluta (ma perchè dovrebbe non essere voluta?), ma casuale, il risultato per me è lo stesso, quello di cui all'ultimo passo della III riflessione:
"Il fatto che sia collocato di fronte al palazzo del Municipio, non può che essere visto come una forte presa di posizione nei confronti delle autorità civili. Gli amministratori, una volta varcata la soglia in uscita dal Municipio, si sarebbero trovati di fronte l’immagine del Giudizio Universale che costituirebbe l’intrinseco invito ad un comportamento irreprensibile, alla buona pratica di governo, in virtù del giudizio divino prossimo venturo".