sabato 31 agosto 2013

IN PILLOLE [014] - QUANDO ARSENIO LUPIN SVUOTO' IL CAVEAU DELLA CASSA DI RISPARMIO DI SAN MINIATO NEL 1977

a cura di Francesco Fiumalbi

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Un “colpo” degno del celebre Arsenio Lupin, il personaggio di fantasia nato dalla penna di Maurice Leblanc nei primi del '900 e protagonista di romanzi, telefilm e serie cartoon. Gli autori rimasero ignoti, ma si conquistarono la ribalta nella cronaca nazionale di quei giorni, per le modalità assolutamente eccezionali con cui agirono all'interno della sede centrale della Cassa di Risparmio di San Miniato. Un episodio che, ancora oggi, a distanza di molti anni, viene ricordato dai sanminiatesi con tono ironico e beffardo. E per questo ne riproponiamo i contorni salienti.

Correva l'anno 1977 e gli istituti bancari conservavano il proprio denaro in appositi caveau, dal momento che la finanza virtuale e la moneta elettronica erano ancora una lontana utopia. I ladri riuscirono a mettere le mani su una cifra incredibilmente alta, 1 miliardo e 300 milioni di lire. Per dare un'idea, secondo il coefficiente di rivalutazione espresso dall'Istat, corrisponderebbero ad oltre 5 milioni di euro attuali. Si appropriarono soltanto di banconote, lasciando titoli e assegni che evidentemente potevano essere tracciati.

Palazzo Buonaparte-Morali-Formichini
Sede Centrale della Cassa di Risparmio di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Fin da subito fu chiara l'eccezionalità dell'evento criminoso. Il furto venne messo a segno nel fine settimana, nella notte fra il sabato 26 e la domenica 27 marzo 1977. Il caveau dove erano conservate le banconote si trovava nei locali della Sede Centrale della Cassa di Risparmio di San Miniato, in via IV Novembre, in pieno centro abitato. Ma nessuno si accorse di nulla, nemmeno il custode che abitava nei pressi, e che scoprì quanto accaduto soltanto il lunedì mattina quando fece entrare il personale delle pulizie alla riapertura delle attività della banca.

I malviventi entrarono dal retro, oltrepassando l'alto muro di sostegno che si affaccia sul vicolo carbonaio e verso la valle di Gargozzi. Successivamente si introdussero all'interno dell'edificio e compirono una serie di operazioni, evidentemente ben pianificate, utilizzando anche un gran numero di attrezzi.
Segarono due sbarre per accedere a quella che era chiamata la “Sala del Tesoro”. Qui riuscirono a penetrare attraverso un foro praticato nella schermatura blindata, utilizzando apposite lance termiche. Ebbero la meglio anche su un'ulteriore cancellata, che costituiva l'ultimo presidio di sicurezza prima di poter mettere le mani sul denaro.
Essendo i locali dotati di apposito sistema antincendio, il calore delle lance lo avrebbe certamente attivato. L'impianto era concepito per rilasciare un gas che, mischiandosi con l'ossigeno, avrebbe impedito qualsiasi tipo di combustione, ma anche la respirazione degli esseri umani. Per questo i ladri sembra che si fossero dotati anche di apposite bombole di ossigeno e di autorespiratori, per sopravvivere all'interno degli ambienti blindati, divenuti inospitali.

Il colpo fece molto clamore. Furono avanzate molte ipotesi, anche molto fantasiose, tutte più o meno incentrate alla ricerca di un basista interno, un dipendente infedele che avrebbe facilitato il lavoro ai malviventi. La videosorveglianza non era ancora entrata a far parte dei sistemi di sicurezza e gli inquirenti riuscirono soltanto a stabilire che il furto era stato messo a segno da almeno sei persone. La indagini finirono nel nulla, con i colpevoli che rimasero a piede libero, a godersi i frutti dell'incredibile colpo.
La Cassa di Risparmio fortunatamente era assicurata e l'attività delle filiali riprese fin da subito senza particolari conseguenze.

FONTE: Le informazioni di questo post sono tratte da un articolo del quotidiano “LA STAMPA”, Anno 111, Numero 65 - Martedì 29 marzo 1977, consultabile in rete presso il sito dell'Archivio Storico de “La Stampa”. Collegamento alla pagina

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1 commento:

  1. In tanti videro la teoria di lumicini salire dal fondo valle di Gargozzi verso la banca, dissero il giorno dopo. A crederci però furono in pochi

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