mercoledì 17 giugno 2015

IL "MIO" PALIO DI SAN ROCCO - Racconto di Giancarlo Pertici

di Giancarlo Pertici

Il "mio" PALIO di SAN ROCCO.

Altro spaccato della nostra storia straordinaria che ha lasciato tracce indelebili nella nostra memoria, ma anche nei luoghi, che rischia di perdersi se non diventa memoria condivisa. Solo un piccolo flash con gli occhi di un 17enne alle prese con le difficoltà della vita.

Il primo Palio da me vissuto, anche se distrattamente, è quello del '63. Da poco uscito di Seminario ed impegnato sopratutto a studiare per l'esame di ammissione alla 2° classe di Ragioneria.
Altra storia quella del '64, con una partecipazione attiva, direi quasi rabbiosa, quella mia, a tutti i giochi di quel Palio, proprio lì in Piazza de' Polli, quasi fosse una disfida all'ultimo sangue, iniziando dal primo gioco, senza risparmio. Ben visibile e tangibile, anche il giorno dopo, quel primo risultato. Un dolore lancinante all'osso sacro, dopo aver sbattuto il 'culo' sulle lastre, per aver fallito la mira e lasciato intatto il Cocomero. Questo il primo gioco in ballo. Il perché del risultato ben lo sapevo, e ben lo ricordo anche oggi a distanza di 50 anni: una cocente delusione d'amore, da sbollire e da esorcizzare al più presto.

Estate, quella del '64, impegnata sopratutto a riparare un anno scolastico disastroso, dovuto anche al cambio di scuola. Quell'anno, per l'intera estate, al mare ci va mamma che ne ha bisogno urgente, causa gravi problemi di salute, portandosi dietro mia sorella Maurizia. Destinazione Torre del Lago, casetta proprio sulla spiaggia: Bagno Bruri. Vacanza che per me è limitata alla prima settimana di Luglio, forse qualche giorno in più, e che risulta fatale. La causa? La musica di Adamo e l'incontro con Anna, 'ragazza da sogno'. Così almeno a me sembra... per un amore a prima vista, quello mio! Tanto che conservo ancora oggi nella memoria tracce di singoli episodi... sul mare, in passeggiata, in pineta, al bar, ogni dove, ovunque questa Anna, con i suoi 14 anni, avesse il permesso di uscire con me 17enne, mentre conservo memoria delle canzoni di Adamo di quel momento: inconfondibile colonna sonora di quella estate.

Estate che si allunga, ben oltre quella settimana, nelle ripetute trasferte da San Miniato fino in Garfagnana, con la complicità interessata di un amico, che condivide con me quel viaggio nell'avventura, con la sua 600 Abarth, per un'amica di Anna che ha conosciuto. Tutte le domeniche, senza tralasciarne una, fino quell'ultima, quando 'lei' che mai ha realmente risposto alle mie 'avances', mi annuncia di essersi fidanzata con un certo Giorgio, dopo che lui ha chiesto ufficialmente la sua mano. - "Si è fidanzata con un 'vecchio'... 21 anni addirittura!!" - il primo rabbioso pensiero. Con quel tipo che avevo giudicato inoffensivo e che mi ritrovavo sempre tra i piedi. - "Proprio vecchio... addirittura di capelli rossi... anche brutto!" - Constatazione che non riesce a placare la mia delusione in quel tormentato viaggio di ritorno, a tutta velocità, verso San Miniato, io deciso a dedicarmi anima e corpo allo studio, mentre l'amico/complice ritorna dalla sua lei, che mai ha smesso di aspettarlo.

Il ritorno coincide proprio con l'inizio del Palio di San Rocco, in una Piazza de' Polli tutta attrezzata. Immenso il Palco allestito nell'ultimo tratto della discesa di Santo Stefano, all'altezza della latteria del Branzi, a sfruttare pendenza e altezza, per renderlo ben visibile da ogni punto della piazza, da San Rocco al bar Micheletti e nei dintorni di Canapone. Palco da dove si annunciano i giochi, si proclamano i vincitori, e da dove si allieta la serata con espedienti di ogni tipo, orchestra compresa, il QUINTETTO GIAIO, e sotto la sapiente regia del maestro Buggiani, presentatore d'eccezione.
La sede pratica e organizzativa al Circolino, in via Paolo Maioli, davanti a casa Lotti e al Vicolo del Bellorino... per chi non fosse pratico di San Miniato anni '50 e '60. Da lì tutto parte e tutto prende forma e corpo per mano di un gruppo di volontari che riportano in vita il Palio dopo anni di oblio, dovuto non solo al passaggio della guerra. Tra questi il maestro Dilvo Lotti a riportare in vita e a suggerire usanze e tradizioni. Rino Gazzarrini, il barbiere, e Giuliano Marmugi, conosciuto da tutti per "Fischio d'Oro", instancabili promotori ed organizzatori che catalizzano anche lo sforzo e l'aiuto da tanti e tante volontarie, e la partecipazione entusiasta e attiva di giovani e ragazzi nei giochi a loro dedicati.

Ed è proprio partendo dal Circolino che la prima sera mi ritrovo tra il gruppetto che, salendo sul palco, deve affrontare una Padella nera di pece e fuliggine, appesa per un filo, con sul fondo appiccicata una moneta da 500 lire, in argento. Mani dietro la schiena ad inseguire una padella ballerina ed una moneta impossibile, almeno per me, da addentare, tra le risate, gli sghignazzi e gli sberleffi lanciati senza freni da quel gruppetto di amici, quelli che, lavorando, ora sono in ferie, ma che non se ne sono andati da qualche parte, come l'anno avanti e quello avanti ancora. Tutti insieme e, anche a turno, a tentare la sorte, con distinzione netta fra 'delusi' e 'vogliosi'. Questi ultimi certi della strategia giusta per arrivare ad arraffare le 500 lire d'argento. L'unica vera differenza tra i primi e i secondi è nel colore, variabile dal 'fuliggine' al 'cenere', quali diverse tonalità di nero, ad imbrattare in assoluta fantasia i musi di quelli 'delusi' ma sorridenti nonostante tutto. E a chiusura della serata quella rincorsa rabbiosa, quasi a voler spaccare il mondo, avventandomi convinto su quel cocomero che non fa nulla per scansarmi, ma sul quale non atterro, come sperato, troppo preso come sono a prendere velocità... troppa, tanto da andare direttamente oltre.

Che mal di culo anche il giorno dopo! Quando il gruppo si ricompatta verso sera, la Musica padrona del campo sul Palco allestito proprio sotto il terrazzino delle sorelle Giampieri, bidelle dell'Avviamento, che non si perdono una serata dalla loro postazione privilegiata. E sul palco a suonare, sotto la direzione del maestro Buggiani, il "Quintetto Gaio", giovani di sicuro avvenire, a fare da colonna sonora ai giochi abilmente presentati dal 'duo delle meraviglie': Rino il barbiere e 'Fischio d'Oro'. Successo assicurato anche quando 'Smeriglio' sale a proporre la sua versione francese dell'ultimo successo di Francoise Hardy : "Tous les garcons et les filles de mon age". Sotto lo sguardo vigile e compiaciuto di Zefferi padre, la cui presenza consiglia risate e pernacchie contenute e anche sommesse, che il gruppetto, di amici dispettosi, non lesina. Pernacchie e sberleffi, in parte coperte dalla musica del Quintetto Gaio costretto, quando a 'rincorrere', quando ad aspettare, l'esibizione di Smeriglio, conosciuto, già a quel tempo, anche come Squalo, che annuncia, a fine esibizione, addirittura il suo prossimo viaggio a Milano per un'audizione, presso una importante casa discografica. Della quale mai si saprà nulla di ufficiale e di preciso, anche se arriverà, agli orecchi di amici ben informati, che siano stati congedati, a quanto pare, con modi poco gentili.

La serata finale, intensa in tutte le sue manifestazioni, che inizia già nel pomeriggio per finire a serata inoltrata e noi ragazzi, madidi di sudore e imbrattati di tutto, a scherzare e ridere, seduti per terra, oramai 'fatti' senza possibilità di recupero, a riprendere fiato, sul muretto di cinta di Canapone, raccontandosi e rivivendo l'intera giornata, ma anche quella avanti. Non seguendo un ordine cronologico, ma a seconda di chi principia a parlare.

- "Io mi sono arreso al secondo tentativo! Se c'avessi avuto i pantaloni lunghi, forse!" - fa Franceschino di Gnoppa, uno dei più piccini. Ha tentato la sorte il pomeriggio che è stato innalzato l'Albero della Cuccagna, proprio davanti al Palco, con in cima una ruota di carro tutta addobbata di salami, salsicce, finocchione, una spalla e un prosciutto, e sacchetti a sorpresa. Anche Cione! come poteva mancare! Ha tentato la sorte, unendosi ai ragazzotti di turno e non solo quelli dello Scioa.

Vincitore assoluto un moretto di Shangai, visibilmente attratto dal prosciutto, il premio più ambito, di cui, mentre ce ne stiamo lì a bischereggiare, si sta gustando l'ennesimo panino, anche se è tardi. - "Oh che non ti aspettano a casa?" - la mia istintiva domanda a questo rabacchiotto, dall'età apparente di 12/13 anni, non di più. - "Mam..ma e babbo ssono ancora al Circolo per la chio.chio..ccio..lata!" - la risposta farfugliata tra un boccone e l'altro. È al Circolino che si gioca in bellezza la chiusura di quella giornata e dell'intero Palio di San Rocco, con una chiocciolata organizzata dalle donne. Mani abili e sapienti, quelle della Lotti, dispensiera del circolo, e di Elsa, la moglie di Gallina, non certo sole, ma aiutate da figli e amici. Solo io sono solo. Mamma al mare. Babbo che ha sempre timore di perdersi un giorno di lavoro e che non se ne prende mai uno di riposo, se non per il calcio. E tra i festeggiati anche le squadre, quasi tutti i componenti del "tiro alla fune", dei Dilaisti e dei Diquaisti. Tutto apparecchiato in giardino e sulla pista da ballo dalle mattonelle di graniglia: tavoloni su caprette, rivestiti con tovaglie d'incerato colorate. A servire anche Zia Pia, assieme a Giovanna la Moncalvini, Isola la moglie di Boghe, la Zucchelli, la moglie di Rino e Irene.

In quella serata finale più prove del TIRO ALLA FUNE, a squadre contrapposte a contendersi il primato, giusto in piazza tra Canapone e il palco, tra strattoni, capitomboli, puntate di piedi, tra il riso e il sorriso, nessun tipo di arrabbiatura, neppure a sconfitta decretata e a mani sanguinanti, col culo per terra. C'erano tutti i più grossi, qualcuno anche 'forestiero' ossia del 'suburbio' come un Taddei del Nocicchio, poi i due Bighero sia Gianfranco che suo cugino, Fiore, il Marchetti samminiatese acquisito, Edo e Paolo dei Bulleri, Cione anche se leggerino, Vittorio il Matteucci, il Bertucci, Francone, Acciuga, Gasparri il figliolo di Cionce, Giuseppe Cai, Remo, Giancarlo il figliolo del Morino. Non tutti abituati ad usare la forza, ma ugualmente vogliosi di mettersi in gioco giusto per divertirsi e far divertire. Niente di più. Divertimento garantito, neppure ricordo, e non è mai stato importante, chi abbia vinto quell'anno, anche perché il Palio si assegna con la "CORSA DEI SACCHI", quella appena conclusa, noi a riposarsi, culo per terra. Io, ginocchia sbucciate e mani e noccole spellate, a ripensare all'ultima fatica appena conclusa, in maniera ingloriosa fra gli ultimi.

Partenza da Piazzetta di Pancole appena dopo cena, alla luce fioca dei lampioni che indicano appena la direzione, ma non le buche e le zannelle, anche se aiutati dal riverbero delle luci accese in casa. I più, affacciati alle finestre o ai pochi balconi presenti per non perdersi l'ultima fatica di quel palio. Io con la mente ben altrove, quando, imprevista e improvvisa irrompe nell'aria una musica, per me ben conosciuta, a riportarmi proprio ad appena alla domenica avanti. È l'ultima canzone di Adamo, "Non voglio nascondermi", a riportarmi con prepotenza in Garfagnana. Pare sia la 'Pippotta' col suo giradischi ad aver dato il via alla serata, nel momento in cui il 'mossiere', Rino il barbiere, lancia la sfida con l'ordine: - " Uno due pronti VIAAA". - Ed io, a saltelli corti, tento d'avanzare, le caviglie bloccate in fondo al sacco, le ginocchia sollecitate ad ogni zannella, ad ogni buca o irregolarità del percorso di lastre in pietra, nella speranza di trovare il giusto ritmo, mentre mentalmente sono a ripetere melodia e ritornello... - " dei tuoi capricci sono stanco.." - quando i piedi inciampano nel sacco impigliato tra due lastre. Una ginocchiata senza il tempo di un gesto a difesa, appena davanti al palazzo del Cecchi.

È un attimo! Mi ritrovo ultimo. Senza dare ascolto al dolore, mi rituffo nella corsa.. la rabbia aiuta a tirar fuori la forza e ad inventare un precario equilibrio, quando davanti al palazzo della Briccola, dopo aver raggiunto il gruppo, le ginocchia cedono all'improvviso. Pronto dò lando al sacco e, mani avanti, atterro. Peggio di prima, con le mani sanguinanti a sorreggere il sacco per un lembo, ad inseguire il gruppetto di testa già davanti al Circolino... - "come ladri nella notte" - Dilvo non risparmia incoraggiamenti a nessuno, mentre il gruppone degli amici sono lì pronti a sfottere, anche se pronti ad aiutare in caso di bisogno, appoggiati al muro, a fare strada, ora rischiarata dalle luci della festa, che addobbano davanzali e balconi, da lì fino in Piazza de' Polli. Davanti a casa Braschi, l'ultimo atterraggio, il più inglorioso. A terra come un sacco di patate, mentre sto biascicando tra me e me .. - "come un amante rubare i baci tuoi che sono suoi" - Non ho mai ben distinto quale fosse il dolore più acuto in quel momento.

Che ci fai costì imbambolato? - È Ginina, mia cugina, che arriva in soccorso sempre al momento giusto, quello dei ricordi che stanno per sopraffarmi. Non una domanda la sua, un invito, quasi un ordine a riportarmi alla semplice quotidianità. - Hai cenato? - Una vicinanza la sua, mentre mi prende sottobraccio, a trasmettere, con un leggero e gradevole tepore epidermico, anche sicurezza. - Ora ci facciamo una bella chiocciolata! Preferisci vino o birra? - Quella sera, complice il caldo di metà agosto, sperimento una gradevole sbronza da birra, leggera, ma terapeutica.

Il gioco con il cocomero da schiacciare
Foto di Francesco Fiumalbi

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