a
cura di Francesco Fiumalbi
Il 6 marzo 1905 moriva Augusto Conti, una
delle maggiori personalità sanminiatesi di sempre. Era nato nella
casa di famiglia, a San Piero alle Fonti, nei pressi dell'odierno
centro abitato di La Scala, il 5 dicembre 1822. Attraverso i
dettagliatissimi resoconti giornalistici del tempo, ed in particolare
dal quotidiano fiorentino «La
Nazione», possiamo avere un'idea dell'altissima considerazione che poteva vantare nei suoi contemporanei: egli fu patriota, filosofo,
letterato, politico, professore, accademico dei Lincei e della
Crusca.
«La Nazione» del 7
marzo 1905
La famiglia ricevette
numerosi telegrammi da parte di personalità di primissimo piano,
quali, ad esempio, i presidenti della Camera dei Deputati e del
Senato del Regno, il Ministro dell'Istruzione V. E. Orlando (Gov. Giolitti II) molti onorevoli, personalità sanminiatesi e
fiorentine di spicco della politica, dell'economia e della cultura,
nonché dei vescovi di Pisa, Livorno e Firenze.
Durante le esequie,
accompagnate dal suono della banda di San Miniato, furono pronunciati
numerosi discorsi. Quello dei suoi “discepoli” (della sua scuola
filosofica), quello del senatore Pasquale Villari (in qualità di suo
ex collega professore all'Univ. di Pisa e presso l'Ist. Istruzione
Superiore di Firenze e per l'Accademia dei Lincei), del prof. Guido
Mazzoni (suo consociato presso l'Accademia della Crusca, di cui
Augusto Conti fu Arciconsolo, cioè presidente, per molti anni), di
Natale Marchettini presidente dell'Associazione dei Veterani delle
guerre del 1848-49 (Augusto Conti era stato portabandiera nella
battaglia di Curtatone e Montanara del 1848), dell'avv. Pietro
Formichini, presidente della CRSM, che lesse il discorso scritto da
Agostino Bachi, Sindaco di San Miniato, impossibilitato a
partecipare, e di molti altri.
Al corteo funebre
parteciparono molti sanminiatesi, fra cui l'Assessore Comunale
Antonio Ceccherelli (con delega del Sindaco), il Consigliere Comunale
Luigi Martini (in rappresentanza della Giunta), Padre Agostino
Turelli per il Seminario di San Miniato, il maestro
Pasquale Mori per le Scuole Elementari, il ragioniere Volpini per
l'Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato, il prof. Battelli
del Ginnasio di S. Miniato, l'avv. Formichini per la Cassa di
Risparmio di S. Miniato. Anche la comunità di La Scala non mancò di
essere presente al funerale con il sacerdote P. Bertolini parroco di
San Piero alle Fonti, il sig. F. Ronchi e i rappresentanti della
Società Filarmonica de La Scala Cerretelli e Monchi.
Di
tutto questo e di molto altro, è possibile farsi un'idea grazie ai
dettagliatissimi articoli giornalistici proposti di seguito:
Estratto
da «La Nazione» del 6 marzo 1905, p. 3:
LA
MORTE DI AUGUSTO CONTI
Diamo, col massimo cordoglio, la notizia, che
stamani, alle ore 2, spirava, nella sua casa, in via Marsilio Ficino,
l'illustre prof. Augusto Conti.
Erano presenti nella camera la moglie, la figlia
Marianna Norsa, e il genero Alessandro Norsa, le figliastre,
l'egregio dott. Pieragnoli, che ha assistito amorevolmente il Conti,
durante la sua lunga malattia. Eran pire presenti l'avv. Piero
Formichini, intimo amico dell'estinto e la signorina Bianca
Simonetti.
Il prof. Conti era in stato comatoso da tre giorni.
Verso le 23 di ieri sera entrò in agonia e l'agonia
fu penosissima. L'esimio filosofo è morto fra strazi atroci,
raddoppiando così l'angoscia dei suoi cari.
Gli era stata amministrata, cinque o sei giorni sono,
l'estrema unzione dal Padre Ferretti, rettore del Convento di San
Domenico.
---
Il trasporto funebre avrà luogo mercoledì in ora da
destinarsi.
---
Augusto
Conti era nato da famiglia oriunda di Livorno nella Villa di San
Piero alle Fonti presso San Miniato al Tedesco nel decembre 1822.
Fu
avvocato, esercente nel Foro, grande insegnante di filosofia, e
fondatore di una Scuola, i cui alunni divennero insegnanti autorevoli
nei Licei e nelle Università del Regno, continuandone le dottrine.
Fu filosofo, letterato, poeta. Nel 1848 partì per la guerra, col
battaglione fiorentino dei volontari, come semplice soldato. Fu alla
battaglia del 29 maggio: fu a Custoza, a Villafranca. Fu deputato al
Parlamento Italiano; Arciconsolo all'Accademia della Crusca. Con lui
si spenge una gloria d'Italia.
Della sua
vita, straordinariamente operosa, feconda di pensiero, di lavori che
resero illustre il suo nome, sacra per esempi di alta bontà, diremo
in altra edizione.
La morte
del sommo, venerando cittadino è un lutto per ogni italiano.
Estratto
da «La Stampa» del 7 marzo 1905, p. 2:
Ci
telegrafano da Firenze, 6, ore 10:
Stanotte,
alle ore 2, è morto il prof. Augusto Conti.
---
Augusto
Conti, illustre filosofo ed elegante scrittore, era nato a Villa di
San Pietro delle Fonti (provincia di Firenze) il 4 dicembre 1822.
Insegnò filosofia all'Università di Pisa ed all'Istituto superiore
di Firenze. Fra i suoi scritti specialmente vanno ricordati: “I
discorsi del tempo”, “Evidenza, amore e fede”, “L'armonia
delle cose”, “Storia della filosofia”.
Estratto
da «La Nazione» del 7 marzo 1905, pp. 1-2:
IL
PROF. AUGUSTO CONTI
L’insigne
filosofo, il venerato maestro, il cittadino esemplare, che la lunga
ed intera esistenza consacrò al bene della sua nativa città, della
nostra Firenze, d’Italia, è morto, come aveva vissuto,
serenamente, santamente!
Era
vecchio; la vista gli si era da un pezzo offuscata, poi spenta; le
gambe non lo servivano più; quella fibra, già sì robusta, era
andata a mano affralendo, morendo.
Da un
pezzo i parenti, i discepoli, gli amici, gli ammiratori di lui
trepidavano, ma per l’affetto speravano ancora.
Oggi,
invece, ogni speranza è troncata, e noi c’inchiniamo e piangiamo
su quel feretro sacro, chiedendoci perché non dobbiamo più udire
quell’alta parola, che fu sempre a noi tutti scuola consolatrice, e
che fin quasi agli ultimi istanti parve accendersi di sempre nuovi
splendori, ministra sempre di altissimi insegnamenti.
Con
Augusto Conti è scomparsa una delle più grandi figure contemporanee
di scienziato, d’uomo, di cittadino: una di quelle figure, alle
quali guardavamo fidenti, e da cui attingevamo esempj magnanimi di
operose virtù e conforto verace, nella costante conformità della
vita intemorata e dell’ammaestramento fecondo, della parola
generosa e dell’opera degna, della fede illuminata e del più
schietto amore di patria.
I dotti
volumi che Egli ha legati all’Italia sono un monumento solenne di
scienza e di religione, di poesia e di eloquenza, di arte e di
civiltà; ma il monumento più bello che alla sua propria memoria
Augusto Conti inalsava fu lui medesimo, fattura in gran parte di sé,
e che col volere tenace ed indemito vinse gl’impeti della propria
natura, e la piegò vigoroso alle esigenze inviolabili di quel
Dovere, per cui scrisse pagine che non morranno.
Due mesi
or sono, al compiersi del suo ottanduesimo anno, dalle colonne del
nostro giornale partiva a Lui il reverente saluto d’Italia,
l’augurio nostro ardentissimo; da queste colonne si leva oggi una
voce di universale rimpianto per la perdita del filosofo e del
letterato eminente, dell’antico e gentil cavaliere di ogni più
alto ideale.
Augusto
Conti nasceva nella villa di San Pietro alle Fonti presso la sua cara
città di San Miniato al Tedesco, il 6 dicembre 1822.
«Ebbi
(egli scriveva) una madre veneranda, che m’insegnò la religione
con l’amore. Mio padre, che tutti chiamavano buono, m’insegnò da
sé a leggere, a scrivere, a far di conto, a disegnare, a intendere
in lingua francese, e a sostenere le fatiche del corpo, recandomi
sempre in sua compagnia nelle non brevi passeggiate, al caldo e al
freddo. Volle che imparassi la musica, e d’ogni cosa bella e buona
mi parlava con ardore. Educazione potente mi fu altresì (così
scriveva il Conti da San Miniato nel 1891), di sì larghe occhiate
sul Valdarno e sulla VAldelsa, di sì splendido cielo, di tante
memorie! Oh! Le fulgide aurore dalle vette del Casentino! Oh gli
splendidi tramonti, riflessi, là lontano, sui monti e sul mare di
Pisa! E poi, che popolo buono e naturalmente, direi, ben educato; e
che dolce parlare!».
Frequentò
giovanotto, le Scuole regie sanminiatesi, e fin da quel tempo compone
la tragedia Catone in Erica, a cui seguirono poi le tragedie Giovanna
d’Arco e Buondelmonte.
Studiò
lettere e scienza nel patrio Seminario, ove insegnava filosofia un
ammiratore del Condillac e di tutti i sensisti. Tirato poi dall’amore
per la musica, accanto un famoso basso buffo, molto colto, giacobino
e avverso al cristianesimo, e anche un amico di lui, medico e
negatore di Dio.
Smarrì,
per i discorsi di loro, la fede, o si diede egli pure in braccio allo
scetticismo, rimanendovi tre o quattro anni; il qual tempo ricordò
sempre con vivo rammarico «mentre noi diremo che ciò forse fu una
fortuna, perché (notava il valente suo alunno professore Chiriatti)
lo ha obbligato nel combattere lo scetticismo e mettere tutto il suo
ardore per salvarci dal dubbio, e a indicarci con vivezza la
solitudine in che lascia quel sistema, da lui stesso sperimentata»
Se ne
liberò poi con la lettura dei grandi filosofi nostrani, e
soprattutto con lo studio del Gioberti, «povero abate, che,
rianimando con gli scritti l’Italia, scosse l’Europa», e che a
lui insegnò a credere razionalmente e ad amare con affetto potente
la patria.
Fece gli
studj di legge a Siena ed a Pisa; si laureò nella Università, poi
soppressa, di Lucca, e si recò a Firenze per le pratiche
dell’avvocatura.
Era qui
da tre anni, quando scoppiata nel 1848 la guerra dell’indipendenza,
partì col 2° battaglione fiorentino dei volontarj come soldato
semplice. Fu promosso sottotenente portabandiera, e nella famosa
giornata del 29 maggio combatté a Montanara. Sconfitti i Toscani dal
numero soverchiante dei nemici, e compiuta la ritirata di Brescia,
non volle, stremato il suo battaglione, rimanere ufficiale, e tornò
semplice soldato, di che ebbe lode con ordine del giorno. Fu a
Valeggio, a Custoza, a Villafranca, e si trovò al combattimento di
Porta Tosa in Milano. Passato il Ticino, fu a Torino, e quindi a
Genova, dove ammalatosi gravemente, si dolse di non esser morto per
la patria, invano risorta.
Un suo
camerata, in un anniversario di quel glorioso combattimento,
affermava come il Conti fosse stato “prode tra i prodi” e già il
deputato Ermolao Rubieri, altro suo camerata, lo chiamò
“supremamente animoso”.
Trovavasi
sempre al campo, quando fu invitato all’insegnamento della
rettorica nella sua città nativa, ma egli preferì la filosofia,
dichiarando che sarebbe venuto a coprire la cattedra, solo quando la
campagna fosse finita.
Terminata
questa, coprì per sette anni la cattedra di filosofia in San
Miniato; fu promosso quindi al Liceo di Lucca, dove rinunziò
volonteroso all’esercizio dell’avvocatura, che fino allora aveva
sempre esercitato con molto plauso e con singolare profitto.
Chiamato
agli studj speculativi, egli seppe fortemente volere, rinunziando con
nobiltà e disinteresse ai lauti guadagno e alla gloria della
professione legale, e convertendo lietamente la sua condizione agiata
in ristretta, fino a sottoporsi, egli e la sua compagna adorata, in
certi anni di scarsa raccolta, a non bere più vino.
Coadiuvò
nel 1859 Raffaello Lambruschini, che lo invitava espressamente a
Firenze, nella ufficiale ispezione degli studj secondarj di Filosofia
e Lettere; ma l’anno dopo veniva nominato professore di Storia
della Filosofia nel nostro Istituto di Studj Superiori, insegnamento
che, dopo due anni, fu chiamato a dare nell’Università di Pisa.
Nel 1867
venne richiamato a Firenze a insegnare Filosofia razionale e morale,
dove chi scrive questo breve ricordo ebbe la ventura di averlo
maestro, amorevole come padre, e dove il Conti proseguì con rara
eloquenza e con ardore giovanile, fino alla sua recente giubilazione
onorevolissima, a esporre le sue dottrine e a combattere per la
verità, contro le negazioni dei sofisti e contro lo scetticismo
demolitore.
Fu per
tre anni membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, e
deputato al Parlamento per due legislature; sedé nella Camera
elettiva finché la Capitale del Regno rimase a Firenze, esercitando
l’alto ministero con più alta coscienza, egli cattolico ed
italiano, senza né ipocrisie né paure. E quando i cattolici nella
Camera, alcuni, per non parere avversi a quel nome, opponevano il
nomignolo di clericale, “questo rifiutati – scriveva Augusto
Conti – ché l’altro di cattolico basta, e nomi nuovi non voglio,
neppure il nuovo di cattolico vecchio, e neanche quello di cattolico
liberale, sì cattolici religiosamente, liberali politicamente siamo
e vogliamo essere”. E se3mpre egli intese con gli scritti e con
l’opera a ristorare giuridicamente il rispetto della sua fede
religiosa unito al rispetto di ogni coscienza e di ogni diritto,
anche per meglio assicurare le sorti della patria diletta, e per più
invigorire il sentimento nazionale, nonché a combattere, con energia
che parve attingere alimento dagli anni, questo sciaguratissimo
opportunismo religioso e politico, che mina le istituzioni, le
sconvolge, le uccide.
Eletto
accademico residente della Crusca nel 1869, insieme con terenzio
Mamiani, e per due volte Arciconsolo, nel quale ufficio lo ha trovato
la morte, egli coi suoi colleghi ha costantemente promosso con
impegno benemerito il maggior lustro dell’Accademia, e una riforma
che rese possibile di raddoppiare il lavoro di compilazione del
grande Vocabolario della lingua: rappresentò degnamente l’Accademia
nel Centenario del Petratca in Avignone, e in quello del Buonarroti e
del Tasso; occasioni solenni, nelle quali, come in molte altre,
Augusto Conti confermò in sé stesso in modo compieno l’altitudine
propria degli italiani, di congiungere la speculazione filosofica con
la civile operosità.
Fu anche
per anni molti consigliere del Comune e della Provincia di Firenze,
membro del Consiglio provinciale scolastico, Assessore per la
pubblica istruzione; fondò nel 1887 con altri valentuomini
l’Associazione nazione per soccorrere i Missionarj italiani; e già
Presidente generale dell’Associazione medesima, fu poi proclamato
socio onorario e Direttore delle Scuole, istituito a diffondere nelle
più remote regioni la fede di Chiesa e la lingua d’Italia.
Nel 1891,
viaggiando in Terra Santa, in Egitto, a Costantinopoli e altrove in
Oriente, Augusto Conti visitò quelle Scuole, e, compiuto il viaggio,
lo volle, con parole che non si dimenticano, raccomandato alla carità
e al patriottismo degl’italiani.
Nel campo
letterario e scientifico l’operosità del Filosofo sanminiatese
parve, e parrà sempre, addirittura un miracolo; stimato egli, non
mai da quella specie di affannoso ed avido assecondamento, onde oggi
non pochi sono incalzati a fabbricare volumi nel fine di pronti
guadagni e di effimera celebrità, ma da quell’amore sempre
elevato, ordinato, sereno, della scienza e del suo progredire; sicché
tutte quante le opere, i discorsi, gli opuscoli, del venerabile
Maestro, “usa a trarre dalla contemplata armonia delle cose
ispirazione alle arti e norma alla vita”, sembrano come un unico
libro, isfornato da un unico sovrano principio, indirizzato ad un
unico fine.
Augusto
Conti è quel filosofo contemporaneo in cui per eccellenza si scorge,
come già nel galilei, la tendenza ad armonizzare il Pensiero ed
Affetto, Ragione e Fede, Religione e Patria, raccogliendo tutte le
tradizioni scientifiche, da Socrate a Platone, ad Aristotele, a Marco
Tullio, dai Padri ai Dottori, dal Cartesio a Galileo, al Vico, al
Leibnitz, al Rosmini, al Gioberti, prendendo ovunque la parte di
verità, che nelle varie scuole si trova; non già per eclettismo, sì
per comprensione, che è quanto dire per una più sentita e più viva
riflessione sulla coscienza, che vuolsi abbracciare nella totalità
sua, cioè in sé medesima e nelle sue universali attinenze.
Non è
qui il luogo a parlare diffusamente delle opere di Augusto Conti; ma
non possiamo non rilevare la precipua sollecitudine di lui per
tornare la “Scienza del pensiero” ad un linguaggio proprio, a
urbana e classica semplicità di esposizione, alla sostanziale
amicizia del ragionamento col senso comune e con le tradizioni, a un
intimo e profondo accordo del Vero, del Bello e del Buono, e ai
liberi svolgimenti della Filosofia antica, senza escludere via via i
progressivi perfezionamenti, pur ripugnando sempre da ogni servilità
licenziosa.
Ciò
dimostra la “Filosofia Elementare”, come composta da lui col suo
valoroso discepolo e amico prof. Vincenzo Sertini, e ristampato in
venti anni quasi altrettante volte; ciò dimostra la sua “Filosofia
superiore”, distinta in Dialettica, in Estetica e in Morale, e che
trovasi esposta in otto volumi, “i quali (notava egli) fanno un
lavoro unico, perché, senza guardare al tutto, non parmi né
sembrasi una minima parte; come ogni passo del viandante si congiunge
con tutti gli altri passi nel cammino intero. Maravigioso, piucché a
considerarsi ciascuna parte da sé sola, è la totalità, sì
strettamente unite, delle verità filosofiche; in quel modo che
rileggendo tutta insieme la Divina Commedia, dopo averne rilette le
parti, non possiamo non provare, a tanta incredibile grandezza di
concetti e di immagini, profondo senso di ammirazione”.
Queste
otto opere contengono tutta la filosofia logicamente ordinata in
trattati. Nelle altre opere, come in quella aurea dei “Criterj” e
nella “Storia della Filosofia”, egli ci mostra, e in dialoghi di
greca bellezza, e in calde orazioni alla gioventù, e nella
ottimissima esposizione dei sistemi, la filosofia perenne. Sono libri
di alta educazione intellettuale, di cuore e di arte.
Ed ai
lavori filosofici, i quali non sapremmo se più ne pervadono con la
profondità della dottrina e col vigore degli argomenti, o più ti
rapiscono con lo splendore della eloquenza, ben si conservano tutti
gli altri copiosi lavori del Conti: e fa specie “I nuovi Discorsi
del Tempo” e “Famiglia, Patria e Dio”, tesoro di dottrina, di
ammaestramenti, di lingua; la “Collana di Ricordi Nazionali”
distinta in due volumi: Letteratura ed Arte, Religione e Patria, e
vera collana di gemme preziose. Il Discorso commemorativo di
Curtatone e Montanara, che parve minaccia nuova e non sterile a
quanti fosser nemici che sognassero di attentare alla incolumità e
alla integrità della Patria; quelli su San Francesco di Assisi, e su
Stefano Ussi, ed altri molti suoi scritti politici e di prosa, e
specialmente l’orazione accademica, già ricordata, su Torquato
Tasso per la solenne adunanza tenutasi dalla Crusca a celebrare il
terzo centenario della morte del grande ed infelice Poeta.
Quel
magistrale Discorso fu un monumento di bellezza e di dottrina, degno
veramente della fama di chi lo dettava, dell’Accademia e del tasso,
e per forma in Italia (fu detto) nessuno poteva intendere il Tasso
poeta e filosofo, meglio di Augusto Conti che vestì sempre delle
forme più squisite i suoi alti concetti. Quel profondo movimento di
viva pietà e di fede sincera, che rende così fervido a leggere,
così soavi e incere, le merabili ottave della Gerusalemme, risplende
nelle solenni opere del Filosofo Toscano, la cui stupenda
Enciclopedia filosofica fu giudicata uno dei pochi e veramente
insigni capolavori, che onorano oggi nella nostra Italia la
filosofia, le lettere e l’arte.
E dice
anche l’arte, perché Augusto Conti fu pure artista nel più alto
senso della parola. E tale lo salutavano e lo stimavano scultori,
pittori, musicisti, architetti, che lo ebbero consigliere ed amico; e
tale si mostra nelle stesse opere di filosofia, dove la forma
scolastica rigida e dura, avverte anche l’Aori autorevolissimo, in
lui si rifà morbida, fresca, viva, calorosa, intelligibile a tutti;
viva tanto, che non puoi discernere se come artista egli valga
ugualmente o più che come filosofo.
A quel
modo, pertanto che tutti gl’Italiani colti, ben pensanti,
imparziali, ammirano in Augusto Conti la vastità dell’erudizione,
la profondità del sapere, la dottrina ridotta ad unità organica
veramente stupenda, l’antica eleganza dello stile, la nativa purità
del dettato, onde Cesare Guasti, a lui più che amico fratello, (come
furono al Conti amicissimi, tra gli altri molti, il Tommaseo, il
Capponi, il Lambruschini, il Dupré) ebbe a dirgli che parlava di
letteratura da gran letterato; il nome di lui riscoterà plauso
perenne, e durerà argomento di venerazione sincera tra i dotti
italiani e stranieri.
Augusto
Conti nella storia del pensiero italiano sarà perennemente salutato
continuatore e perfezionatore, tra i principali, di quella veramente
italiana filosofia progressiva, che, fecondo scriveva con signorile
decoro Gino Capponi, “oggi Egli, ed altri seco, a noi riconducono,
e dalla quale a Dante mai, per quanta in lui fosse l’alterezza
dell’ingegno, non cadde in pensiero di menomamente dipartirsi;
perché sentiva come da essi si restituisce il testo del libro
interiore, cioè della coscienza, confuso e mutilato da sistemi
artificiosi”.
Per uomo
siffatto, vanto della scienza, decoro dell’Accademia della Crusca,
dei Lincei, dell’Istituto Veneto e di altre insigni Accademie,
maestro nella difficile arte del dire, esempio di rettitudine antica,
tempra di carattere adamantino, modello di marito, di padre, di
amico, avremmo voluto non trascorressero gli anni, e che la vita del
venerato Vegliardo, per tante ragioni preziose, fosse ancora
sottratta alla inesorabile legge del tempo.
Ma pur
troppo Augusto Conti ci è stato tolto per sempre; tolto alla sua
compagna amatissima, alla figlia Marianna, per la quale ei viveva, al
Genero che lui amava siccome padre, alle Figliastre dilette, ai
parenti, agli amici, alla scienza, alle lettere, al suo Paese, che
egli veracemente amò, e con nobile disinteresse servì fino
all’ultimo!
Non
appena si diffuse in Italia la triste voce delle gravi condizioni in
cui Augusto Conti versava, fu alla casa di lui un vero, incessante
pellegrinaggio d’ogni ordine di cittadini, che ivi accorrevano come
a tempio della scienza, e a santuario della virtù. Raramente fu dato
di assistere a pari glorificazione; onde ben giustamente il conte
Paolo di Campello, quasi interprete del comune pensiero, scriveva
testé: “Allevia il mio dolore la tarda giustizia, che l’intero
paese rende alla grande sua anima. Come altri nostri grandi maestri,
solamente in morte riceve gli onori che a Lui pure spettavano in
vita!”.
La sacra
memoria del venerato Maestro rimarrà incancellabile nella storia del
pensiero e della lingua d’Italia, nella storia del suo risorgimento
politico. In ogni cuore italiano, nel cuore dei suoi numerosi
discepoli, e di quanti egli beneficò coi nobili insegnamenti e coi
sapienti consigli durerà, con palpito vivo, il desiderio e il
rimpianto di lui: uno di quei rari uomini, che sembrano fari luminosi
posti da Dio in mezzo alle generazioni, perché non ismarriscano la
via del Vero, del bene, della Civiltà, e dei quali, come scorgersi
oggi maggiore penuria, così più largo sente il vuoto e più
imperioso il bisogno la Nazione italiana.
Augusto
Alfani
Siamo
riconoscenti al chiarissimo professor Augusto Alfani che, aderendo al
desiderio da noi espressogli, dopo la sventura che funesterà ogni
buono italiano, ci ha dato modo, con l’affettuosa biografia scritta
sotto l’impressione del dolore per la perdita dell’amato maestro,
di rendere alla memoria dell’insigne uomo un degno omaggio.
Il
professor Alfani, che fu uno dei discepoli più teneramente devoti al
professor Augusto Conti, si propone di dedicare a lui un libro, che,
oltre a fornire le notizie complete sulla vita del sommo filosofo, ne
esaminerà le opere, e conterrà pure il carteggio da lui avuto con
altri eminenti scrittori.
La
Cappella ardente
Molte
persone, in mezzo a una grande commozione, hanno oggi visitata la
cappella ardente dove posa la salma.
Da
ciascun lato del feretro ardono tre grossi ceri: a capo è un
crocifisso.
Il
cadavere di Augusto Conti che al Martire del Golgota consacrò
l’ultimo suo volume il “Messia”, che Egli diceva di scrivere
appunto quasi viatico per l’altra vita, è rivestito dell’umile
saio dei Tersiarii francescani.
Quattro
Frati Minori vegliano giorno e notte e salmeggiano e pregano
sommessamente.
Questa
mattina, martedì, alle ore 7 1/2 la cappella ardente verrà riaperta
ai visitatori, e fino alle 10 1/2 vi verranno celebrate sei messe,
cinque delle quali da canonici della Metropolitana.
Oggi la
R. Accademia della Crusca, riunisce la seduta straordinaria e al
completo, ha deliberato il fare al più presto la commemorazione
dell’illustre estinto in seduta pubblica. A nome dell’Accademia
parlerà sul feretro il prof. Guido Mazzoni.
Per
l’Istituto Superiore parlerà il prof. Pasquale Villari a nome
dell’Istituto, ed il prof. Tocco a nome della Facoltà di
Filosofia. Dovendosi aspettare mercoledì sera per il trasporto
funebre, la salma verrà probabilmente chiusa nella cassa entro
domani.
La salma
verrà tumulata nel Cimitero delle Porte Sante; nella tomba di
famiglia, accanto alle spoglie della prima consorte del defunto.
LE
CONDOGLIANZE
Il
Comune di San Miniato
Il
Sindaco di San Miniato ha telegrafato così:
«Signora
Antonietta Conti
Cittadinanza
Samminiatese profondamente addolorata perdita uno più illustre
concittadino invia le più vive condoglianze. Stato sconforto
compianto universale per questo lutto della patria, della solenne,
perdita venerando patriota, filosofo sommo, integerrimo cittadino.»
Sindaco
Bachi
Pervennero
pure questi telegrammi:
Telegramma
della Confraternita della Misericordia di Empoli:
«Famiglia
Conti,
Magistrato
fratelli, arciconfraternita, Misericordia Empolese trepidanti questi
giorni preziosa esistenza loro venerato Capo Guardia onorario oggi
dolentissimi annuncio morte illustre filosofo cittadino insigne
univonsi dolore famiglia patria.»
Governatore
Pandolfi
Telegramma
della Società Operaia di San Miniato:
«Famiglia
Conti,
Interprete
sicuro sentimenti operai Samminiatesi esprimo profondo dolore,
vivissime condoglianze irreparabile perdita, illustre filosofo,
venerando, maestro grande concittadino.»
Presidente
Bucalossi
Il
Presidente dell'Ospedale di San Miniato telegrafa:
«Signora
Antonietta Conti
Anche in
nome Amministrazione personale Spedale di San Miniato esprimo verace
rimpianto per morte illustre suo Consorte prof. Conti.»
Avv.
Rondoni, presidente
Dal prof.
Rondoni del R. Liceo Dante:
«Uniscomi
profondo dolore amarissima perdita illustre maestro, compaesano
carissimo venerando.»
Prof.
Rondoni
Hanno
mandato condoglianze alla famiglia del prof. Augusto Conti, con
telegramma o con lettera:
Arciconfraternita
della Misericordia di S. Miniato; Sotto-Prefetto di S. Miniato;
Parroco di S. Pietro alle Fonti presso San Miniato, luogo di nascita
del prof. Conti; il Sindaco di Montopoli; il Circolo liberale
monarchico di Castelfranco di Sotto; il marchese Carlo Ridolfi, quale
sopraintendente del R. Istituto di Studi Superiori; il marchese
Manfredo da Passano anche a nome della “Rassegna Nazionale”.
Da
San Miniato
SAN MINIATO, 6 (Esse). - Non appena il vostro
giornale di stamattina ha recato il doloroso annunzio della morte del
venerado Augusto Conti, nostro illustre concittadino, al Municipio,
alle sedi della Società tutte, alle case private venne esposta la
bandiera a mezz'asta in segno di lutto.
Furono spediti alla famiglia numerosi telegrammi di
condoglianza improntali al grande affetto ed all'alta venerazione che
ogni classe di persone nutriva per il grande vegliardo.
Al trasporto il Municipio rappresenterà la città
natale del prof. Conti; interverranno il Sindaco, gli assessori e
consiglieri comunali, col gonfalone e gli uscieri.
Altre rappresentanze saranno inviate dai sodalizi
cittadini.
Una solette commemorazione dell'illustre defunto avrà
luogo fra giorni e sarà invitato a leggerne la vita ed a illustrarne
le opere uno dei più cari suoi discepoli.
La
stampa romana
ROMA, 6, ore 23.45. - I giornali di Roma, per la
morte di Augusto Conti, pubblicano telegrammi dei loro corrispondenti
di Firenze.
L'”Osservatore Romano”, riassume le fasi
principali della vita dell'illustre filosofo, dice che visse, umile,
gli ultimi anni quasi in continua contemplazione del di là. Pieno di
santo entusiasmo per tutte le cose buone moriva confortato da quella
fede della quale era stato nella vita convinto ed aperto seguace.
Il “Giornale di Roma” consacra quattro colonne
alla commemorazione dell'illustre filosofo. Ne rammenta gli amici che
gli furono più cari: Gino Capponi, il Tommaseo, il Balbo, il Cruto,
il Guasti, il Lambruschini.
Termina dicendo che la sua morte apre un vuoto
immenso nei cuori e si estingue con essa una di quelle figure radiose
che effondono luce da tutti i lati.
Deplora l'oblio in cui le tenne l'Italia e
l'esclusione di lui dal Senato.
Estratto da «La Nazione» del 8 marzo 1905, pp. 2-3:
Il
Prof. Augusto Conti
Le
condoglianze
Il
Presidente della Camera
Dall'on. Presidente della Camera fu diretto questo
telegramma al Prefetto di Firenze:
“Profondamente
addolorato triste notizia comunicatami, possa porgere desolata
famiglia illustre Augusto Conti espressioni profonda condoglianza in
nome della Rappresentanza Nazionale che del grande filosofo,
dell'esimio letterato apprezzava le impareggiabili virtù della mente
e del cuore, e l'antico provato patriottismo.”
Presidente Marcora
Il
Presidente del Senato
S. E. Tancredi Canonico, presidente del Senato, inviò
questo telegramma:
“Al
lutto della famiglia Conti che è lutto dell'intera Italia, vivamente
e profondamente mi associo con l'animo addolorato e commosso.”
Tancredi Canonico, pres. del Senato
Il
telegramma del Ministro della P. Istruzione
L'on. Orlando inviò questo telegramma:
“Con
viva commozione apprendo la morte Augusto Conti, il maestro illustre
e il nobile pensatore che con le alte sue speculazioni filosofiche e
con lo studio operoso e fervente della purità di nostra lingua
inspirò nelle menti e nei cuori l'amore verso ogni ideale di
bellezza e di bene. Alla salma di lui invio, fra il compianto di
quanti ne notarono l'intelletto e il carattere, il mio mesto saluto
reverente; e all'Accademia che ha perduto il venerando suo Presidente
esprime il mio rammarico profondo.”
Ministro Istruzione Orlando
Ai funerali il Ministro sarà rappresentato dal comm.
Senatore Annaratone, Prefetto della Provincia.
Il senatore Fedele Lampartico e altri hanno
incaricato di rappresentarli il segretario dell'Accademia della
Crusca, prof. Guido Mazzoni.
L'on.
Pinchia
All'onor. Villari pervenne questo telegramma:
“La
dipartita di Augusto Conti nella venerata aureola degli insegnamenti
e degli esempi è un lutto per quanti intendono l'animo ai pensieri
alti. Voglia Ella, illustre professore essere l'interprete dei miei
sentimenti.”
Pinchia
L'Accademia
dei Lincei
Il senatore prof. Pasquale Villari ha espresso le
condoglianze della R. Accademia dei Lincei, il di cui presidente on.
Senatore Bisserna lo ha di ciò telegraficamente incaricato.
I
rettori di Pisa e di Siena
Pervennero questi telegrammi:
Soprintendente Istituto Superiore Firenze
La morte di Augusto Conti, che tutto se stesso
consacrò alla scienza ed alla patria, gravemente addolora anche
l'Università di Pisa, che per molti anni ebbe ventura di noverarlo
fra i suoi insegnanti. Prego S. V. di accogliere le più sentite
condoglianze, partecipandolo alla famiglia dell'illustre estinto, o
rappresentarmi ai funerali.
Rettore 1°: Supino
Soprintendente Istituto Superiore Firenze
Ho appreso con vivo dolore notizia morte illustre
prof. Conti, ed anche a nome dell'intero Corpo accademico esprimo V.
S. le più sentite condoglianze. Pregola rappresentarmi funerali.
Rettore 1°: Moriani
Il presidente della Deputazione Provinciale
Il senatore Municchi telegrafò così:
“Avrete
confoglianze a giusta apoteosi di Augusto Conti io amico suo e per
origini domestiche compaesano piango con voi”.
Senatore Municchi
Un telegramma di Attilio Hortis
Nel
1871 Augusto Conti scriveva «Affetto
grande a codesta città di Trieste, ove nacque la Caterina Rossetti,
mia zia, che tanto mi amò e che tanto amai.... e che ora prega per
me nella patria eterna».
Per Trieste, per il
nome venerato di Domenico Rossetti, per la gratitudine che io stesso
devo ad Augusto Conti, invio a codesta insigne Accademia le mie
riverenti condoglianze per la morte dell'illustre filosofo,
letterato, veterano tra i soldati di Italia.
Attilio Hortis
L'Accademia
Valdarnese Poggiona
L'Accademia
Valdarnese Poggiana esprime profonde condoglianze perdita illustre
Arciconsolo Augusto Conti, insigne filosofo e cittadino.
Consiglio
Accademico.
Hanno mandato
condoglianze alla famiglia per telegrammi, per lettere, oltre quelli
pubblicati ieri:
Il Prefetto di
Firenze – Il Sindaco, marchese I. Niccolini – L'Arcivescovo
monsignor Misirangelo – Mons. Sabatino Giani, Vescovo di Livorno,
Mons. Arcivescovo di Pisa – Il senatore conte Giuseppe
Pasolini-Zanelli – Il senatore Tullio Massarani – Giunta
municipale di Fucecchio – Direttore, Insegnanti e alunni delle
Scuole municipali Sanminiatesi – Facoltà di Filosofia e Lettere
dell'Università di Pavia – Circolo degli Artisti di Firenze – Il
Circolo cattolico di Bergamo – Il Cardinale Capecolatro,
arcivescovo di Capua – Rettori della R. Università di Siena e
della R. Università di Pisa – Generale Della Noce, comandante
della Divisione di Firenze – Prof. Giacomo Barzellotti, della R.
Università di Roma – Prof. Comm. G. I. Gamurrini per l'Accademia
d'Arezzo – Prof. Giuseppe Cristofani da Lucca – Prof. Ugo
Frittelli da Figline Val d'Arno – Prof. Giov. Tortoli, accademico
anziano della Crusca – Famiglia Dotti da Milano – Prof. De Felice
da Capua – Prof. P. Pistelli delle Scuole Pie – Marchese Piero
Bagagli – Cav. Foianesi da Pisa – Prof. Demetrio Gramantieri da
Roma – Prof. Vincenzo Roccaturni da Roma – On. Antonio Civelli –
Prof. Romano da Castiglion Fiorentino – Prof. Anselmo Severini da
Macerata – Prof. Angelo Valdarnini dell'Università di Bologna –
Prof. Michelangelo Bilia da Torino – Generale Garneri e consorte –
Sifnora Cestra Siciliani-Pozzolini – Signora Giulia Campolmi –
Sig. Baccio Malatesta – Signora Elisa Venturini – Signora Italia
Piani e consorte – Prof. Virgili – Contessa De Nobili – Prof.
Luigi Rasi e signora – Prof. Benvenuti Staffetti da Massa – Suor
Savina Petrilli da Siena – M.mo Zouhow – Prof. Fausto Lasinio –
Dottor.Savinio Franceschi e signora – Mons. Cervale, segretario
arcivescovile – Prof. Tolomei e signora – Il Prof. Mario Fausti.
Sig. Borghi da Anzio
– prof. Carlo De Stoppi da Roma – sig. Galeazzo Tavanti-Chiarenti
da Ripetranese – signora Emma Galtoni – signora Marianna Conti
nata contessa Quina Reghini cognata dell'Estinto – signore Ausillo
Norsa e Ida Marina Norsa da Mantova – signora Natalina De Martini –
cav. Not. Duilo Quirici – prof. V. Lastrucci da Anzio – prof.
Paolino Maglioni da Terni – Prof. Chivarini – Doni da Orciano di
Pesaro – comm. Avv. Giuseppe Marecchi – prof. Giuseppe Signorini
– prof. Annibale Campani – signor Giuseppe Porciani – il
Presidente dell'Accademia degli Agiati, di Rovereto – dott. Gino
Norsa, dell'Università di Perugia – la signora Sofia Jacometti
Ciofi – la famivlia Venturi da Monterfoni – la Nuova Associazione
Nazionale fra i professori delle Scuole medie – prof. Ugo Martini –
il prof. Carlo Fedeli della R. Università di Pisa – sig. Ezio
Tavanti-Chiarenti – signorina Augustina Boncama.
I
discorsi
Il
senatore Villari
La cappella ardente,
che in tutto il giorno è stata mèta di pietoso pellegrinaggio di
cittadini di ogni classe, era affollatissima nell'ora del trasporto.
Prima che la salma
fosse deposta nel feretro, furono pronunziati i discorsi
commemorativi.
Parò per primo
l'illustre prof. Senatore Villari che bene interpretando l'animo di
tutti gli antichi colleghi dell'estinto, così disse:
«Di Augusto Conti,
filosofo e scrittore, parleranno con maggiore competenza di me i
proff. Tocco e Mazzoni. Io come preside della Facoltà, di cui egli
fece parte sin dal 1867, nel dargli l'estremo addio, in nome dei
colleghi, dirò solamente brevi parole sul professore, sul cittadino,
sul carattere morale dell'uomo.
Augusto Conti fu
sempre un insegnante modello, che non mancò mai al suo dovere. Anche
ammalato si recava, potendo, a far la sua lezione. Solo quando gli si
cominciò ad offuscare la vista ed una paralisi incipiente gli
rendeva difficile il camminare, convinto che ormai non poteva più
lavorare come voleva, chiese il riposo ed abbandonò la cattedra.
Continuò nondimeno ad insegnare cogli scritti, che dettava alla sua
fida compagna, alle figlie, che tutte fino all'ultima ora lo
circondarono e confortarono col loro immutabile affetto.
Il Conti, sin dalla
prima sua giovinezza, fu animato dal più ardente patriottismo, e lo
dimostrò nella guerra nazionale del 1848. Partì come soldato, col
secondo battaglione dei volontari toscani. Ben presto fu nominato
sottotenente, e gli venne affidata la bandiera, che difese
valorosamente. Si trovò il 29 maggio alla battaglia di Montanara.
Quando il battaglione dei volontari si disciolse, egli si arruolò di
nuovo come semplice soldato nell'esercito piemontese; e vi rimase
sino alla fine della campagna. Tutti quelli che si trovarono con lui
esaltarono unanimi il suo coraggio. Ricordo d'aver letto le Memorie
autobiografiche, ancora inedite, di un altro valoroso volontario
toscano, Ermolao Rubieri, il quale ripetutamente esalta il valore del
suo commilitone.
Non di rado avviene
che coloro i quali, in campo, contro il nemico, si battono come
leoni, riescono nella vita privata, cogli amici, nella famiglia,
mitissimi, quasi deboli. Questo del Conti non si potrebbe affermare.
Anche in ciò egli era, come suol dirsi, tutto d'un pezzo. La natura
lo aveva dotato di un carattere impetuoso, qualche volta addirittura
irrefrenabile.
E se ciò riusciva
di gran vantaggio al soldato, poteva nella vita privata esporlo al
pericolo di trascendere ad atti, di cui si sarebbe poi dovuto
pentire. Di questo egli si rese conto, e fu la ragione per la quale,
come spesso narrava agli amici, si volse con ardore sempre crescente
alla religione. In essa cercò o trovò la guida costante alla sua
condotta nella vita: abbracciò la croce per avere in questa la
difesa ed il freno sicuro contro ogni eccesso cui il suo impetuoso
carattere avrebbe potuto esporlo.
Pensando a ciò
tornano alla memoria le parole del Manzoni, quando, parlando del
padre Cristoforo, dice che i suoi “due occhi incavati erano per lo
più inchinati a terra; ma talvolta sfolgoravano con vivacità
repentina, come due cavalli bizzatti condotti a mano da un cocchiere
col quale sanno che non si può vincerla, pure fanno di tempo in
tempo sgambetti, che scontano subito con una buona tirata di morso.»
Qualche volta, nel
far lezione al Conti avvenne, come pur segue, di vedere uno scolare
svogliato e disattento che sorrideva. Se in quel momento supponeva in
lui mancanza di rispetto verso le idee che egli andava esponendo,
allora la severità de' suoi rimproveri conto il mal capitato
oltrepassava la misura. Ma appena, ripensandoci o interrogando i
compagni, capiva d'essersi ingannato e d'avere tradotto, andava egli
stesso a cercare lo scolare, e si scusava con lui, e ne diveniva più
di prima amico, quasi padre affettuoso.
Questa lotta
costante che il Conti dovette mantenere contro se stesso, è quella
che dà la fisionomia propria al suo carattere, che determina il
valore morale della sua esistenza, valore che sarebbe certamente
stato assai minore se, nella sua vita, egli non avesse incontrato gli
ostacoli contro i quali dovette continuamente lottare.
E' ben naturale che,
in tali condizioni, la religione dovesse essere per lui il conforto
maggiore della sua esistenza. Nei suoi ultimi anni, in fatti, molti
di noi lo vedemmo, cieco e paralitico, farsi trascinare, in una sedia
mobile sulle ruote, due volte il giorno, dalla sua casa alla chiesa
della SS. Annunziata, anche quando il tempo imperversava e cadeva la
pioggia o la neve.
Si capirà
facilmente che non tutti lo giudicassero allo stesso modo. Quelli che
lo vedevano nel suo fervido abbandono religioso, e quelli che erano
testimoni di qualche scatto d'impeto irresistibile, non potevano
certo formarsi di lui lo stesso concetto. Solo chi, standogli per
lungo tempo vicino, attentamente ne osservava ed esaminava da ogni
lato il carattere, poteva giudicarlo e stimarlo ed amarlo quanto si
meritava.
Così fu che la sua
fida compagna, e tutta la sua famiglia, costantemente a lui devote,
lo circondarono sino all'ultima ora di tanto fervido affetto. Così
fu che la cittadinanza fiorentina ebbe per lui una stima,
un'ammirazione davvero universale. E così fu che i suoi colleghi
nell'insegnamento, i quali per lunghi anni gli furono vicini, e
perciò meglio potevano conoscerlo, ebbero tutti per lui uguale stima
ed affetto, anche quando professavano opinioni religiose o
scientifiche diverse dalle sue.
A lui, in nome di
tutti noi, io mando l'estremo, affettuoso, reverendo saluto.
Il
prof. G. Mazzoni
Quindi il
chiarissimo prof. Guido Mazzoni, in nome dell'Accademia della Crusca,
rendeva degno omaggio alla memoria dell'amato Arciconsolo, parlando
così:
L'Accademia della
Crusca che, come Segretario, ho qui il doloroso onore di
rappresentare, è tutta spiritualmente raccolta dinanzi al capo
venerando e caro di cui piangiamo la perdita. Tutta l'Accademia è
qui; non soltanto in alcuni di coloro che le appartengono, e
nell'unanime consenso degli altri lontani o impediti, ma nell'intima
essenza della secolare e nobilissima istituzione che Augusto Conti
aiutò per tanti anni col senno, con la dottrina, con l'operosità,
alacremente, e che Egli per tanti anni resse degnamente, così da
apparirne parte quasi necessaria e vitale, e se può dirmi, da
impersonarla, con impareggiabile esempio, in se stesso.
Dalla nativa San
Miniato si recò a Firenze, che lo vantò cittadino, una schietta e
ricca vena d'eloquio popolare a comparire; e questo volle e seppe
mantenersi per sempre, anche quando la ebbe arricchita di modi
squisitamente colti, e me ne trasse potenza di effetti spontanei per
la parola propria e per costrutto vivo. Molto studiò sugli antichi,
e molto sui moderni; e la lettura gli valse ad allargare la favella
dal linguaggio concreto all'astratto, quasi si conviene nelle
speculazioni filosofiche, e dal semplice e dimostro periodare del
piano discorso al complesso e alto della trattazione solenne. Oratore
Egli fu, cattedratico e civile, scrittore fu, didattico e affettivo,
tale da attrarre e da tenere, da persuadere e da commuovere, per più
generazioni, le menti e i cuori di quanti amassero la fede di Cristo,
il buon diritto d'Italia, le ragioni supreme della verità
scientifica e dell'umana civiltà; e da per tutto e a ogni uopo ebbe
facile e pronto e opportuno lo strumento della lingua.
Chi lo ascoltò,
sentì in quelle labbra la favella de' suoi libri, copiosa e
armoniosa; chi ne legge le ben forbite scritture si vede sorgere
innanzi alla fantasia l'immagine di quel sapiente e caldo parlatore:
tanta è la concordia, in Augusto Conti, della scuola con la vita,
dell'idea con l'espressione, dell'autore con l'uomo. Insigne prosa è
la sua; senza affettazioni elegante, senza sfoggi dovizione, senza
enfasi numerose, fedele senza pedanteria alla tradizione, adatta
senza audacia ai tempi. Prosa di toscano e d'italiano; prosa di
filosofo e d'artista; prosa di chi molto ebbe dalla natura, e molto
dalla sagace riflessione divenutagli una seconda e più perfetta
natura.
Per ciò l'Accademia
della Crusca lo volle suo, lo onorò a più riprese
dell'arciconsolato, e ne fu tanto avvantaggiata e onorata. Per ciò
la malattia di Lui, colpì l'Accademia, non solo nel sentimento che
stringeva noi al collega e al capo nostro, degno di tanta reverenza,
ma anche nel pensiero della grande utilità che al comune lavoro del
Vocabolario veniva dalla dottrina e dalla pratica di un insigne
maestro del parlare e dello scrivere italianamente.
Dall'indole robusta,
che fu sempre dominata e con gli anni domata dalla sorvegliatrice
bontà, passarono nello stile del Conti le qualità migliori; e la
sua dottrina morale, che vagheggiava armonie simmetriche, tutta
quanta vi si rispecchiò. Coppa intagliata artisticamente in un legno
di faggio schietto e odoroso, e ricolma d'onestà e di sapere: ecco
l'anima sua. Tale immagine che di lui delineò una gentildonna che
gli fu amica, e che d'essergli amica era degna, Maria Alinda Bonacci
Brunamonti, può ripetersi dell'arte sua di scrittore. E noi a questa
bella e limpida coppa, o amico e padre, ci dissetammo.
Amico e padre Ti
avemmo, secondo l'eti tutti: tale ci sforza ora a piangerti il
profondo e non corruttibile ricordo della Tua grande virtù. Ma Tu, o
Augusto Conti, lasci tra noi, lasci in noi, ben più e meglio con il
ricordo della figura Tua e della Tua sapienza: Te medesimo lasci
nelle pagine Tue. L'anetera liberatrice ti ha sciolto degli impacci
terreni: e a noi è lecito dire ciò che la Tua invitta modestia non
avrebbe mai sofferto di riconoscere per giusto; che, come fosti in
vita un verace decoro delle lettere, italiano e dell'Accademia della
Crusca, non sarai, finché questa sarà, finché essa avrà culto.
Comporremmo le
misere membra sotto cui lo spirito reggerà ancora, e più che mai
luminoso, sulla nostra Accademia.
***
Il prof. Felice
Tocco, insegnante di storia della filosofia nel nostro R. Istituto
Superiore, ha esordito leggendo un telegramma di Francesco D'Ovidio,
professore della R. Università di Napoli, che lo lacaricava di
parola traboccanti di affetto e di gratitudine per il venerato
maestro, a rappresentarlo ai funerali; il Tocco ha giustamente
soggiunto che lo stesso linguaggio avrebbe avuto per il povero Conti
ognuno de' suoi discepoli che erano abituati a considerarlo come un
padre.
Per dimostrare
appunto la bontà quasi ingenua dell'animo suo, ha ricordato
opportunamente un aneddoto assai caratteristico ed ha dimostrato poi
mirabilmente come nel Conti filosofo andassero sempre congiunte le
qualità del letterato con quelle dell'artista.
Nella sua grande
intelligenza le espressioni filosofiche non si potevano mai
scompagnare dalla forma estetica della quale ebbe improntati tutti i
suoi scritti e concluse restando, come fino all'ultimo, il suo
pensiero fosse rivolto a Dio e alla Patria.
Per
il Comune di S. Miniato
In nome del Sindaco
di S. Miniato, assente per indisposizione, l'avv. Pietro Formichini
leggeva il seguente discorso dello stesso Sindaco cav. Agostino
Bachi:
In
mezzo a tanti fiori che mestamente attestano l'immenso affetto che vi
conobbe come padre di famiglia, come amico, come cittadino; in mezzo
a tanti uomini pregiati che attestato quanto grande sia l'opera
vostra come scienziato, io porto, illustre professore, alla vostra
salma, con vivo sentimento di cordoglio, il più caro dei saluti, il
saluto della vostra città, che nell'altissimo vostro intelletto, col
più ammirato amore di figlio volevate magnificare dicendo essere
essa dove più innanzi saziate la vita passeggera, con bellezza
eterna, con la […parole
illeggibili...]
cittadini stanza gioconda, per illustri memorie non ultima fra le
città italiane.
Oggi doloroso questa
Città vi piange come il suo più illustre figlio estinto.
Voi avete dato
all'Italia il bagaglio di valoroso, alla solerzia la poderosa mente,
ma a lei, alla Vostra città natale, avete dato anche tutto il vostro
amore: mai mancato all'appello che essa vi fece quando nella pubblica
cosa fu necessaria la Vostra parola autorevole, l'opera vostra
efficace; sempre in Parlamento nelle amministrazioni locali
diffondendo i nostri diritti, e quando la Vostra veneranda vecchiaia
vi impedì di convenire alle nostre feste patriottiche, alle
manifestazioni di gioia o di dolore cittadini, giunse sempre una
Vostra parola, calda, affettuosa nella quale si sentiva il Vostro
gran cuore.
La vostra città fu
sempre vostro pensiero costante: quasi direi che per voi fu una nota
armonica insistente nelle vostre artistiche manifestazioni della
scienza che spazia nei campi infiniti del creato.
Volevamo che i
vostri giorni si chiudessero in mezzo a noi; ed era pure vostro
desiderio – lo affermaste anche in un vostro scritto che vi
ricordai in una simpatica festa della vostra famiglia; e rammento
ancora le parole con le quali mi toglieste la dolce speranza, parole
che sarebbero uscite dal vostro labbro più mento, se i vostri angeli
tutelari, che hanno allietato sì bellamente la vostra tarda età,
non vi avessero fatto ressa d'intorno.
Volevamo che la
vostra salma almeno dormisse l'eterno sonno fra le nostre mura; anche
ciò un affetto pietoso ci contende. E la vostra salma venerata
riposerà lassù su quel Monte, su cui, fra cielo e terra festanti,
si è assisa ineffabile di bellezza la poesia della morte.
Ma il vostro spirito
immortale aleggerà benefico sulla vostra città, chiamato dal
desiderio perpetuo dei vostri concittadini.
E le madri
samminiatesi, narreranno finché durerà il mondo lontano ai figli
del popolo le vostre virtù, la vostra inesauribile bontà.
Il
prof. Sartini
L'esimio prof.
Vincenzo Sartini, che fu cooperatore valoroso dell'estinto Maestro,
pronunziava queste parole:
A me pure, ultimo di
valore fra gli scolari d'Augusto Conti, ma primo per obbligo di
devota gratitudine, si conceda pronunziare sulla sacra salma di lui
poche parole, quali il dolore solo mi consente, ad esprimere in
qualche modo il sentimento di profondo rimpianto e di riverente
riconoscenza comune a tutti i discepoli che lo amarono vivamente,
com'erano da lui riamati tutti di cuore.
Augusto Conti fu
grande maestro ed educatore perché nel suo insegnamento metteva
tutto se stesso, tutta l'anima sua, la forte e retta volontà,
unificatrice al sovrano suo Ideale sul pensiero e del sentimento,
dell'osservazione, del ragionamento e dell'immaginazione, del suo
animo d'uomo e d'italiano; allo stesso modo che nelle sue dottrine
armonizzava in sapiente e potente unità la ragione e la fede,
l'autorità e la libertà, l'antico e il nuovo, i bisogni della mente
e quelli del cuore, il valore dell'individuo umano e quello del
civile consorzio: né solo nelle dottrine, ma nei fatti onorandi
della sua vita privata e pubblica, luminosamente esemplare.
Soprattutto voleva che la mente illuminasse il cuore e questo
scaldasse la mente in guisa che la scienza divenisse sapienza e
filosofia vera. E così pensando con amore e con fede, ed amando e
credendo con lume d'intelletto, riusciva potentissimo su tutta
l'anima dei suoi discepoli divenendone efficace educatore ed artista
esimio.
Per oltre 50 anni
insegnò con assidua, affettuosa alacrità, e cessò di professare
l'insegnamento per l'infermità crescente che, togliendogli la vista
degli occhi, parve rendere anche più chiara e sicura la vista della
mente, ma già il suo benefico insegnamento era affidato a molti
volumi, ammirabili per sapiente bellezza che, anche fuori della
scuola, lungo seguito di discepoli ed ammiratori gli hanno acquistato
e, n'abbiam fede, gli acquisteranno sempre più. Consentire, poi, nel
pensiero sostanziale di Augusto Conti vale seguire la gloriosa
tradizione filosofica italiana, da Tommaso di Aquino e Dante, a
Galileo, al Vico, al Galluppi, al Rosmini, al Gioberti, la cui
sapienza l'insigne Pensatore con affetto, ingegno ed arte felicemente
procurò d'adunare, armonizzare e perfezionare.
Sia pace e gaudio
all'alto tuo spirito, sia benedetta sempre la tua memoria cara e
veneranda, e incomparabile dolcissimo maestro.
Il
saluto dei commilitoni
Il comm. Natale
Marchettini, Presidente del Comitato dei Veterani del 48-49, ha così
ricordato le benemerense del forte pensatore come combattente per
l'indipendenza italiana:
Davanti la salma del
venerando Augusto Conti, con animo commosso dal dolore, porgo
l'estremo vale al prode commilitone che appartenne al Comitato
regionale toscano dei Veterani, e tanto amore ed affetto sempre
dimostrò al nostro Sodalizio.
Augusto Conti fu
insigne nelle lettere e nelle solense filosofiche, ed ogni atto della
sua vita, fu sempre ispirato a quelli alti ideali, pei quali dalla
vecchia generazione si volle una Italia grande, libera e
indipendente.
Per molti anni
consigliere provinciale ed anche assessore per la pubblica istruzione
nel Comune di Firenze, fu esempio di attività intellettuale, e fu
sempre maestro nelle dotte discussioni a cui prese parte.
Del cittadino
preclaro e dell'illustre professore hanno altri parlato con maggiore
completezza e con parola più efficace, ed a me, come Presidente del
Comitato dei Veterani non spetta che il doloroso compito di
rimpiangerne amaramente la perdita, e di rendere, meglio che io
possa, un affettuoso tributo di speranza al prode ed amato compagno
d'armi.
Augusto Conti sui
campi di battaglia, fu tra i più valorosi, e nella battaglia di
Curtatone e Montanara combattuta il 20 maggio 1848, nella quale 4500
toscani resistettero per ben 6 ore contro l'esercito austriaco forte
di 35 mila soldati comandati dal maresciallo Radeski, esso fu sempre
intrepido in faccia al nemico, e tenne alta la bandiera tricolore,
che fin d'allora fu il segnacolo della redenzione d'Italia.
Sì! Augusto Conti
era portabandiera nel 2° battaglione dei volontari fiorentini
combattente a Montanara, ed in mezzo alla mitraglia ed ai colpi delle
artiglierie e dei fucili, impavido esponeva la vita e la bandiera
d'Italia, spiegata in faccia al nemico, rifulgeva dei suoi bei
colori.
Nel 50°
anniversario di quella memorabile battaglia, fu fatta una solenne
commemorazione nella Sala dei Dugento in Palazzo Vecchio, ed Augusto
Conti fu il dotto eloquente conferenziere: quanto ardere giovanile si
manifestava nella mente di quel glorioso vegliardo!
La rimembranza di
quei giorni pareva sempre balzare di gioia il suo cuore, ed ora sono
trascorsi appena 2 mesi, che alle congratulazioni ed agli auguri da
me rivolti al venerato commilitone nel suo giorno natalizio, così
replicava:
«Le congratulazioni
sue e dei nostri commilitoni antichi mi hanno fatto balzare di gioia
il cuore. Oh, le care rimembranze che mi destarono nel cuore le sue
parole! Rimembranze non dimenticabili mai, e sempre più vive quanto
più si va in là cogli anni.
Accolga, prego, i
miei ringraziamenti più cordiali e li partecipi ai nostri cari
veterani.
Mi abbia sempre per
tutto suo.
Affezionatissimo
A. Conti»
Ma pur troppo il
nostro amato commilitone, che corrispondeva di tanto affetto i suoi
cari veterani, e che per lunghi anni ancora si desiderava averlo con
noi, è scomparso alla vita, ma la sua dolce memoria, il ricordo
delle sue virtù, vivranno indelebili nei nostri cuori, e mai
dimenticheremo che Augusto Conti appartenne alla schiera gioiosa
degli uomini che illuminarono con il patriottismo e la scienza, la
nostra Italia!
Il vessillo d'Italia
che Augusto Conti tenne sempre alto e spiegato in faccia al nemico,
quest'oggi si abbassa in segno di lutto sul suo feretro, e noi
Veterani colla storica bandiera che nel 1848, dopo la battaglia di
Curtatone e Montanara, donarono le signore di Milano e in cui è
scritto «Le milanesi ai prodi toscani» accompagneremo in mesto
corteggio la sua salma alla tomba, per rendere l'estremo tributo di
onoranza al valoroso commilitone.
Per
gli antichi discepoli
Il prof. don Luigi
Funghini, antico e valente discepolo dell'estinto, ha portato il
saluto dei suoi compagni riconoscenti:
Maestro! Fra pochi
momenti, anche il tuo freddo corpo che tu volesti rivestito del
mistico abito di Terziario (dell'Ordine Francescano) sarà tolto alla
mia contemplazione. Non mi resta che darti l'estremo addio, anche a
nome di tanti tuoi discepoli – Pensiero doloroso che come ogni
altra sventura esige dalla natura umana un compenso –. E' vero che
di Augusto Conti, tutti e per sempre ripeteranno il proverbio
orientale «beato l'uomo al cui nascer tutti sorridono e alla cui
morte tutti piangono»; ma chi parla sul suo feretro sente che al
proprio cuore manca qualche cosa d'intimamente unito e quasi vitale.
Tale è il vuoto che io presumersi di eludere ripetendo i pregi
immortali delle opere sue. Ma Augusto Conti è un genio destinato
dalla Divina Provvidenza, a vegliare, come tanto Padre, le future
generazioni della scienza e della letteratura. Non posso io adunque
esser l'intelligenza adotta per misurare l'altezza di tanta gloria,
io che fui suo discepolo, io che ancora non ho terminato di meditare
i suoi libri, io che con sentita commozione ricordo lo zelo e l'amore
paterno con cui spezzavami il pane della scienza in questo R.
Istituto di Studi Superiori. Sarà questo il compito dei dotti dei
nostri giorni, saranno essi che continueranno a ripetere alla Italia
la grandezza di tanta gloria perché lo studioso segua le di Lui
dottrine che formano uno dei più ricchi tesori che la patria possa
ereditare dai suoi figli.
Augusto Conti non
teme l'oblio. Ecco il conforto per chi tanto lo amò.
Al pianto della
desolata vedova, della cara sua figlia, del genero affettuoso, e
delle due figliastre sempre amorose, è unito il dolore dei
discepoli, degli amici, degli scienziati, tutti veramente commossi
dal triste pensiero che passando di qua, non potremo più dire al
passeggero «qui abita il sommo filosofo, l'insigne letterato». S.
Miniato, la sua città natale, che con ragione in Augusto Conti amava
una delle più fulgide glorie italiane, è addoloratissima, nella sua
desolazione par di vedervi il cuore della più affezionata delle
madri. Chi ebbe l'alto onore di conoscerlo, oggi con l'addio
immortale deplora la perdita dell'incomparabile pensatore del vero,
del buono e del bello, deplora la scomparsa del patriota retto, del
cattolico fervente, schiattamento esemplare, che sempre umile in
tanta gloria, da giovane come da vecchio, avanti e dopo il suo lungo
lavoro, pregava, per meritare la pace eterna nel Cielo.
E la pace eterna sia
a te concessa, o caro Maestro, fra quelle intelligenze angeliche che
studiasti con intelletto di amore. Pace, sì pace eterna imploro alla
cara tua anima come tu con sublimi e generosi pensieri la domandasti
nel Duomo di Lucca pei caduti a Curtatone e Montanara, ove tu pure,
nel santo nome di patria, valorosamente combattesti, tenendo in pugno
la gloriosa bandiera dell'Italia nostra.
***
Per ultimo, in nome
della “Corda Fratres”, lo studioso giovane signor Orsini, ha
tributato un affettuoso ossequi alla memoria del filosofo e del
maestro in nome dei giovani che non poterono essere tuoi discepoli ma
che tuttavia ebbero sempre per lui la più alta ammirazione.
Il
trasporto
Il corteo mosse alle
18 e lo apriva la Banda Comunale di San Miniato.
Venivano la Croce, i
fratelli della Misericordia, i cappuccini di Montughi, i domenicani
di San Marco e il clero.
Seguiva il feretro
portato a spalla dai fratelli della Misericordia.
A destra l'assessore
comunale di San Miniato, Ceccherelli, rappresentante il Sindaco, il
senatore prof. Pasquale Villari, il Sindaco marchese senatore
Ippolito Niccolini, il Prefetto, comm. Senatore Annaratone
rappresentante il Ministero della P. I..
A sinistra l'on.
Marchese Carlo Ridolfi, Soprintendente dell'Istituto di Studi
Superiori, il cav. Tortoli, per l'Accademia della Crusca, il
reverendo canonico Cassulo, rappresentante l'Arcivescovo Mistrangelo,
ed il principe senatore don Tommaso Corsini, Presidente del Consiglio
Provinciale.
Dietro il feretro
erano i parenti signor Alessandro Norsa, l'avv. Conti col figlio, il
capitano di artiglieria Maioli, e il dott. Pieragnoli.
Raccogliamo
disordinatamente, per mancanza di tempo, i nomi di coloro che
seguivano il corteggio e che formavano una folla immensa.
Comm. Ing.
Marchettini, cav. Morelli, ing. Alessandri, prof. Linsker, per il
Liceo Galileo, marchese Giorgio Niccolini, assessore del Comune,
padre Stanislao Consumi, per gli Scolopi, comm. Piero Barbera, avv.
Alfani, avv. Carlo Giachetti, ing. Zannoni, marchese Bagagli, barone
Winespeare, marchese R. Antinori, prof. Conte, cav. David Casini,
cav. Dott. Nespoli, consigliere comunale, avv. Benvenuti, segretario
generale della Provincia, nobile Bambocci-Pomi, anche per la Scuole
Leopoldine, on. Avv. Domenico Pucci, maggiore Gambarducci, signor
Lamponi, per l'Associazione Cattolica, prof. Vicini, cav. Angelo
meucci, per i Veterani, prof. Zardo, cav. Avv. Lumschi, prof.
Pacinotti, consiliere comunale cava. Carlo Spigliati, prof. Ostella,
on. Marchese Filippo Torrigiani, cav. Milani, assessore comunale
prof. De notter, prof. Giuliani, prof. Comm. Giulio Biagi, avv.
Pastellini.
Prof. Angiolo Banti,
col. Fabbri, prof. Meaci, dott. Batelli, comm. Bartalesi, cav. Uff.
Guglielmi, sindaco di Carmignano, don Lorenzeo Giolli, priore di
Galciana, prof. Augusto Alfani, per la Società Colombaria, comm.
Avv. Gino Cappelli, prof. Luigi Schiaparelli, sig. Ferretti,
garibaldino, avv. Brunetti, senatore Olinto Barsanti, generale
Pozzolini, senatore prof. Villari per l'Accademia dei Lincei, prof.
Isidoro Del Lungo per il R. Istituto Veneto e per la Biblioteca di
San Gemignano, prof. Gherardi, direttore dell'Archivio di Stato,
prof. Corniolo, magg. Mirannda, ing. Coppini, senatore march. Pietro
Torrigiani, per la Società Dantesca e per l'Istituto Demidoff, avv.
Pampaloni, march. Carlo Ridolfi, anche per l'Università di Pisa e
Siena, prof. Lapi, canonico Bardelli di Pisa, prof. Tocco, professore
D'Ovidio, profess. Grandi, senatore Gabbe, on. Conte Roberto
Pandolfini, on. Merci, comm. Chilovi, assessore comunale dott. Cav.
Bargioni, dott. Pieragnoli.
Cav. Pietro Gori,
consigliere comunale, ing. Cav. Spighi, nota o Sartoni, prof.
Badanelli, cav. Burgisser, per l'Associazione Cattolica Popolare,
prof. Fabbri, presidente del Circolo degli Artisti, prof. Diego
Garoglio, prof. Orvieto, per il Marzocco, prof. Mario Aglietti, comm.
Pini, rag. Tarchiani, prof. Guidotti, marchese F. Dufour Barta, cav.
Uff. Morelli, prof. U. Matini, conte Giovanni Angiolo Bastogi, on.
Conte Giovacchino Bastogi, marchese Bartlini-Salimbeni, cav. Guasti,
prof. Panerai, prof. Cineri, comm. Senatore Antonio Civelli, nobile
Amerighi, prof. Cav. Del Badia, Ing. Cav. Vantini, prof. Lasinio,
prof. Pio Rejas, prof. Rondoni, cav. Ing. E. Vitta, consigliere
comunale, prof. Pellegrini, prof. Grandi, consigliere comunale, prof.
Grandi, prof. Papa, per la nuova Associazione fra gl'insegnanti delle
Scuole Medie, Don Chiti, prof. F. Scerto, tenente generale Ademollo,
prof. G. Falorni, dott. Demetro Marzi.
Prof. V. Rossi, cav.
Gandolfi, padre Manni delle Scuole Pie, prof. Socci, cav. Bargagna,
comm. Brichieri Colombi, dott. Guerri, prof. Fani, canonico di S.
Lorenzo, conte Bombicci Pontelli, ing. Martini, rappresentante la
Giunta Comunale di San Miniato, comm. D'Ambrosio, Provveditore agli
Studii, cav. Procacci pei Georgofili, cav. Betti consigliere
comunale, avv. Corso Donati, prof. Giovanni Del Greco, assessore
comunale, prof. Grattarola, ing. Squarcialupi, prof. Augusto Piccini,
marchese Farinola, prof. Consolo, cav. Tordi, avv. Lamberti cons. del
Bigallo, prof. Landi, cav. Dott. Barni, prof. Pacini, sacerdote
Bertoni dei Salesiani, padre Bonaventura da Calamecca, dott. Capei,
prof. Randi, prof. Andreini, avv. Gori, canonico Brunori per mons.
Cammilli, Vescovo di Fiesole, consigliere comunale Raffaello
Torricelli, cav. Persico, presidente del tribunale, prof. Ecobar,
padre Luddi, A. Cini, cancelliere di Corte d'Appello, cav. Nardini,
dott.Petrocchi, sig. Augusto Balzani, rag. Gabrielli, cav. Plinio
Nelli, dott. Bordoni, prof. Alfani, profess. A. Calosci, prof.
Casella, dott. Cav. L. Nesti, dott. Bargioni, prof. Bacci, avv.
Martini, ispettore scolastico cav. Leoni, cav. Baldini, comm.
Silvestri, consigliere di Cassazione, senatore Del Bei primo
presidente della Corte di Cassazione, consigliere comunale Parrer,
prof. Kienerk, cav. Bruschi, prof. Bruscaglioni.
Sacerdote P.
Bertolini parroco di San Piero alle Fonti e F. Ronchi rappresentanti
il paese natìo di A. Conti, padre Agostino Turelli rappresentante il
Seminario di S. Miniato, maestro Pasquale Mori rappresentante delle
Scuole Elementari di S. Miniato, Cerretelli e Monchi rappresentanti
la Società Filarmonica della Scala (Fonti), ragioniere Volpini per
la Misericordia di San Miniato, sig. Lombardi per il Comune di Siena,
per il Circolo Filologico Senese e per la Commissione Senese di
Storia Patria, Barcini per l'Armonia Cattolica, M. Martone per il
Circolo Universitario Cattolico di Pisa, sig. Benvenuti per la
Misericordia di Fucecchio, cav. Penza, prof. Taviani, prof. Del
Vecchio, don Giuggioli parroco, prof. Battelli, Ginnasio di S.
Miniato, avv. Formichini, Cassa di Risparmio di S. Miniato, cav.
Filippo Foianesi di Pisa, dott. Giuntoli, avv. Ringrossi, avv.
Giannotti, prof. Nesei, prof. Remorino, prof. Gennaioli, don Calorini
priore di San Gaetano, prof. Lavantini-Pieroni, prof. Francesco
Passerini, colonnello Pecchioli, marchese Da Passano, comm. Hermitte
procuratore generale, prof. Morici, anche a nome del prof. M. Billia
di Torino.
Erano rappresentati
anche la Società Cantonieri e Giardinieri, Terziari Francescani di
Montughi, dott. Comm. Giuseppe Sacchetti dell'Unità Cattolica, il
senatore principe Piero Strozzi, dott. Gatteschi, consigliere
comunale e tanti altri.
Al corteo presero
parte anche numerosi terziari, la banda Rossini, i Veterani,
l'Istituto Superiore, la “Corda Fratres”, la Società di Belle
Arti, l'Istituto Musicale, l'Istituto Demidoff con alcuni alunni, la
Gioventù Cattolica, la rappresentanza della filarmonica di Villa
Fonti con bandiera, la rappresentanza della Società del Giuseppini,
della Associazione cattolica popolare, il Comutato parrocchiale di
San Marco Vechio, l'Istituto della Quercia, il collegio Cavour, le
Scuole Pie, l'Istituto galileo, le Calasanzane di San Niccolò.
Seguiva il carro
letteralmente coperto di corone.
Fra le più
grandiose notiamo quelle dell'Accademia della Crusca, Municipio di
San Miniato, famiglia Alfani, famiglia Formichini, famiglia Halay,
famiglia Lupi e tante altre.
Sul feretro era
stata posta la corona della famiglia.
Dirigeva l'imponente
corteo, il rag. Ugo Billi, amico di famiglia.
Il corteo percorse
via Marsilio Ficino, Piazza Savonarola, via Pier Capponi, Regina
Vittoria, Pisana Cavour, via dei Martelli e Piazza del Duomo fino
alla Cappella della Misericordia.
Lungo il percorso
faceva ala una fitta folla che al passaggio del feretro si scopriva
commossa e reverente.
Nella spontanee,
affettuose, solenni attestazioni di amore e di universale rimpianto,
che ebbero l'importante significato di una vera, meritata apoteosi,
Firenze si è raccolta, in mirabile unione, per porgere allo spirito
eletto di Augusto Conti, in nome di tutta l'Italia riconoscente e
superba di tanto figlio, l'omaggio della devozione perenne dovuta al
maestro e al cittadino la cui fama non morrà.
***
L'onor. Rosadi ha
così telegrafato da San Miniato al nipote del prof. Conti:
“Trattenuto
qui nella patria di tuo zio, partecipo col più vivo sentimento alle
sue giuste onoranze. Scusami presso famiglia.
Rosadi”
Estratto da «La
Nazione» del 10 marzo 1905, p. 2:
In
memoria di Augusto Conti
La
tumulazione delle salma
Ieri sera dopo la
cerimonia nella Cappella della Misericordia, la salma fu trasferita
al Cimitero di S. Miniato al Monte. Quivi fu deposta nella Cappella
ove riposa la signora Emilia Piamonti-Norsa, suocera della figlia del
Conti.
Stamani, celebrate
alcune messe in quella Cappella, le mortali spoglie di Augusto Conti
furono trasferite alla loro estrema dimora, accompagnate da alcuni
parenti e da numerosi amici, che, singhiozzando, vollero dare
l'ultimo addio al venerato vegliarde.
Notavansi la figlia,
che volle cospargere di fiori la fosse ove trovansi oramai raccolte
sua madre e suo padre, il nipote avv. Conti col figlio Leopoldo, il
genero, il molto reverendo padre Antonino Luddi dei predicatori, il
dott. Pieragnoli, il prof. Alfani, la signora Zonbow, la contessa
Robilant e figlie, l'avv. Formichini, il cav. Ciardi-Duprè, la
signora Amalia Duprè, la signora Ida Nesti-Bargioni, il nobile
signor Giov. Vittorio Poggi, la signorina Biraghi, la nobile signora
Eleonora Simonetti, il signor Antonio Rossi e il prof. Aldini, nonché
alcune suore e alcuni padri del vicino Convento del Monte alle Croci.
Commovente riescì,
nella sua semplicità questa mesta funzione compiuta sotto il vivido
raggio di quel sole, a cui sempre anelava Augusto Conti, anche negli
ultimi giorni di sua vita, poiché gli occhi semispenti di lui
godevano sempre il beneficio della luce e quella ognora cercavano.
R.
Istituto di Belle Arti
Il prof. Arturo
Calosci rappresentava, nelle funebri onoranze, l'Istituto di Belle
Arti, che mancò pure la sua bandiera.
R.
Accademia dei Georgofili
Dal Vice-Presidente
avv. Postellini era rappresentata la R. Accademia dei Georgofili, nel
trasporto funebre.
I
Successori Le Monnier
I Successori Le
Monnier che pubblicarono la maggior parte delle opere di A. Conti,
erano rappresentati al trasporto dell'illustre filosofo, dal cav.
Villoresi, direttore della Casa.
Estratto da «La
Nazione» del 11 marzo 1905, p. 2:
In
memoria di Augusto Conti
L'atto
di nascita
SAN MINIATO, 9
(Esse) – Sul libro dei battezzati nell'anno 1822, che conservasi
nell'Archivio parrocchiale della nostra Cattedrale, leggasi questa
registrazione del battesimo di Augusto Conti:
“A dì 6 dicembre
1822
Conti Augusto,
Niccola, Antonio del signor Natale, del signor Niccola Conti
possidente e della signora Maria Anna del fu Francesco Passetti S. L.
C. (sua legittima consorte) nato alle ore 5 della sera antecedente.
Popolo di S. Pietro alle Fonti, compare il signor Niccola Conti.”
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