giovedì 24 luglio 2025

ERRORE MADORNALE O PIETAS CRISTIANA? SULLA COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DELLA BATTAGLIA DI CALENZANO

 di Francesco Fiumalbi

C’è sicuramente qualcosa che mi sfugge.
Ne sono certo, perché non si spiega altrimenti.
 
C’è un errore madornale. Anzi no, forse ho capito, si tratta di pietas cristiana? La “pietà”, che non è pietismo, ma è Misericordia?
 
L'iscrizione a ricordo della Battaglia di Calenzano (2017)

Nella mattina del 24 luglio 2025, come ogni anno dal 2017, quando venne inaugurata l’iscrizione a ricordo, nell’area circostante la chiesa di Calenzano viene fatta una cerimonia a ricordo della battaglia che si tenne proprio in quel luogo il 23 luglio e che fece da prodromo alla ritirata dei militari tedeschi da San Miniato e all’arrivo dei Blue Devils della 88th Infrantry Division statunitense. E dunque, il 24 luglio viene indicato come data simbolica della Liberazione di San Miniato, sebbene ampie porzioni del territorio, specialmente la piana fra la ferrovia e l’Arno, rimasero sotto il controllo della Wehrmacht almeno fino alla metà del mese di agosto.
 
Tornando alla cerimonia, già da qualche anno sulla locandina, viene specificato che le iniziative per l’anniversario della Liberazione di San Miniato prendono avvio a Calenzano, presso la chiesa, con la COMMEMORAZIONE DEI CADUTI NELLA BATTAGLIA DI CALENZANO.
 
La locandina con le iniziative del 24 agosto 2025
 
Quest’anno c’è stata anche una novità! 

Prima ancora della commemorazione, è stata celebrata una Santa Messa!
 
Dunque, è vero, non ho capito male, si tratta proprio di pietas, di un momento in cui commemorare le vittime della battaglia, i caduti militari, senza distinzioni fra tedeschi e americani? Un modo per guardare oltre, senza distinzione fra le parti che si fronteggiavano, quindi oltre le etichette di “occupanti” e “liberatori”, ma per volgere lo sguardo a tutta l’umanità sfregiata dalla guerra?
 
Ma chi sono i caduti della battaglia di Calenzano?
 
Per parte americana, sappiamo che perse la vita il Sergente Scelto Charles W. Levesque, omaggiato nella giornata dal 23 luglio da Michele Fiaschi – Coordinatore provinciale di Pisa del Centro XXV Aprile e Consigliere Nazionale dell'Associazione Italiana Combattenti Interalleati – che si è recato presso il Florence American Cemetery and Memorial.

Secondo i rapporti statunitensi gli effettivi tedeschi delle due compagnie che si trovavano a Calenzano dovevano contare complessivamente 180 unità ed ebbero circa il 50% di perdite, in cui però sarebbero compresi anche 25 prigionieri. D’altra parte per i militari le “perdite” sono gli uomini che non sono più in grado di combattere (morti, feriti, prigionieri e dispersi). Quindi sembrerebbe che i tedeschi rimasti uccisi o comunque gravemente feriti a Calenzano siano nell’ordine di 60-65! (verosimilmente metà morti e metà feriti)
 
Testimonianze tedesche, invece, si limitano a dire che c'era stato un combattimento a Calenzano, non lontano da San Miniato e che l’irruzione Alleata era stata respinta. Ed è vero, perché gli americani, prendendo Calenzano, potevano puntare al ponte sul fiume Elsa e bloccare la ritirata tedesca dalla Valdelsa. Ma in realtà si “accontentarono” di fermarsi lì, di prendere il crinale ed entrare in San Miniato. Nessun accenno alle perdite subite dai propri reparti.
 
Mi domando: chi ha partecipato alla commemorazione dei caduti della battaglia di Calenzano, era consapevole della circostanza, ovvero di aver commemorato un caduto statunitense e alcune decine di caduti tedeschi?
 
Mi si permetta un’ultima considerazione. Giusto ricordare la battaglia di Calenzano e commemorare le 55 vittime della Strage del Duomo, ma perché non fare qualcosa anche per le altre 192 persone civili che persero la vita durante il passaggio della guerra?
 
Ricordiamo che il numero di vittime civili sanminiatesi che persero la vita fra il 1943 e il 1945 fu altissimo: 247 morti. QUI L’ELENCO COMPLETO
 
Per chi invece desidera approfondire sul tema della cosiddetta “Battaglia di Calenzano” si rimanda alle seguenti pubblicazioni:
 
G. Biscarini, La strada per l’Arno dei “Blue Devils”. L’88th US Infrantry Division da Volterra a San Miniato (7-24 luglio 1944, Effegi, Arcidosso, 2022, pp. 189-213: 204.
 
G. Biscarini, G. Lastraioli, «Arno Stellung». La quarantena degli Alleati davanti a Empoli (22 luglio – 2 settembre 1944), Bullettino Storico Empolese, Vol. IX, Anni XXXII/XXXIV, 1988/1990, Empoli, 1991, pp. 237-253
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domenica 20 luglio 2025

STRAGE DEL DUOMO: LA RAI RIMETTE AL CENTRO AL VERITA’ STORICA

 
di Francesco Fiumalbi
 
Tutto è bene quel che finisce bene.
Quando le cose non vengono fatte nel modo corretto è giusto indignarsi, ma quando viene fatto un buon lavoro è giusto riconoscerlo. Gli autori del programma televisivo “A Sua immagine” hanno mantenuto la promessa fatta a Giuseppe Chelli che li aveva interpellati e chiamati a correggere: nella puntata del 20 luglio 2025 [è possibile rivedere la puntata su RAIPLAY, in particolare dal minuto 15 ] hanno precisato e completato, in modo chiaro e corretto, le informazioni sulla Strage del Duomo di San Miniato. Per carità, si può sbagliare tutti. L’importante è ammetterlo e cercare di rimediare. E quindi agli autori e ai responsabili di “A Sua immagine” deve andare il doveroso plauso.
 
Per chi si fosse perso l’antefatto, ricordiamo che nel pomeriggio di sabato 5 luglio 2025 su RAI 1, nella puntata del programma televisivo “A Sua immagine”, ed in particolare nella rubrica “Le ragioni della Speranza”, era stata presentata una narrazione della Strage del Duomo di San Miniato purtroppo parziale e in definitiva non corretta. Ne abbiamo parlato nel post PERCHE’ ANCORA NON PASSA LA VERITA’ STORICA SULLA STRAGE DEL DUOMO DI SAN MINIATO?. Dell’episodio, ne hanno parlato diffusamente anche le testate giornalistiche locali.
 
Nelle due settimane che sono trascorse fra la puntata del 5 luglio e quella del 20 luglio a San Miniato si sono rincorse voci e speculazioni: «È colpa di quello!», «Vedrai che è colpa della RAI», «No è stato quell’altro che ha detto, che ha fatto…». Sinceramente non ci interessa alimentare polemiche e chiacchiere di paese. L’importante è che la verità sia stata rimessa al centro.
 
Nella puntata di domenica 20 luglio 2025 è stata quindi proposta la dovuta precisazione. Queste le parole pronunciate dal conduttore Paolo Balduzzi:
 
Veniamo adesso ad una notizia storica, ma molto attuale perché parliamo sempre di guerra e della necessità di pace, perché in questi giorni a San Miniato, in Provincia di Pisa, attraverso una cerimonia religiosa e civile, si fa memoria di una strage avvenuta all’interno del Duomo di San Miniato il 22 luglio del 1944.
Noi abbiamo parlato di questo avvenimento durante una delle puntate del sabato, de “Le ragioni della Speranza”, che è andata in onda lo scorso 5 luglio, ma durante la puntata non è emerso in modo completo, in modo chiaro, lo svolgimento dei fatti. E allora, ad ulteriore chiarimento di quanto accaduto, ci preme specificare questa cosa: contrariamente a quanto si pensò inizialmente, la Strage del Duomo, in cui persero la vita, pensate, 55 persone, fu un incidente bellico provocato da un colpo di artiglieria americana, caduto su un bersaglio civile e non, non fu, una rappresaglia dei soldati tedeschi.
Perché vi diciamo questo, perché fare memoria degli avvenimenti storici, anche in modo completo, aiuta il presente, perché ci teniamo a ribadire anche con le parole di Papa Leone, che la guerra non risolve i problemi e, anzi, li amplifica, lo stiamo vedendo in questi giorni, e produce delle ferite profonde nella storia dei popoli e che poi impiegano generazioni per poterle rimarginare. Questo, ci tenevamo, appunto, tenevamo a specificarlo.
 
Toccare la Strage del Duomo, a San Miniato, vuol dire toccare i fili dell’alta tensione. Purtroppo, per la comunità sanminiatese è una ferita ancora aperta. Sono tuttora vivi alcuni testimoni e la memoria sull’eccidio non è assolutamente condivisa e forse non lo sarà mai. La memoria, lo abbiamo imparato bene a San Miniato, è un fatto che ricade nella sfera personale o al massimo familiare. Ci piacerebbe che fosse comunitaria, uguale per tutti, ma ad oggi non è possibile. E poi c’è la Storia, quella con la S maiuscola, che non è una mera narrazione, ma un percorso scientifico di ricerca che si rinnova continuamente e va a toccare il contesto, propone osservazioni e confronti con situazioni simili o distanti, si pone interrogativi, cerca risposte attraverso documenti e verifiche, senza accontentarsi di soluzioni di comodo. Anche perché, diciamolo chiaramente: se la strage del 22 luglio 1944 fosse stata effettuata dai militari tedeschi, anziché dall’artiglieria statunitense, avrebbe fatto comodo a tutti. E invece la storia ci ha messo di fronte ad un caso tanto drammatico e tanto assurdo.
 
Che ci piaccia o no, la storia deve essere anzitutto proposta con spirito di verità, senza omissioni, semplificazioni o distorsioni. Come ben ha scritto l’amico Michele Fiaschi: «Non possiamo creare identità collettive mature e solidali se fondiamo il nostro racconto su versioni alternative, su mezze verità che dividono invece di unire. Solo la memoria fondata sulla verità permette a una comunità di riconoscersi e trasformarsi.» Ed ancora: «Ogni società, che vuole evolversi, deve avere il coraggio di guardare il proprio passato, anche quello più oscuro, per imparare, correggere, migliorare. Ricordare non è fissarsi sul dolore, ma usare il dolore come carburante per un futuro più umano.» Qui il post completo “Memoria e verità: il fondamento della coscienza collettiva”




 

domenica 6 luglio 2025

PERCHE’ ANCORA NON PASSA LA VERITA’ STORICA SULLA STRAGE DEL DUOMO DI SAN MINIATO?

di Francesco Fiumalbi

Ci risiamo. Ancora. Purtroppo.
A distanza di 81 anni da quel tragico 22 luglio 1944, ancora ci si ostina a raccontare mezze verità. Ad esporre la storia con allusioni e omissioni. È veramente spiacevole dover assistere a certe cose, specialmente se tutto questo si consuma sul canale principale della televisione pubblica italiana. E, soprattutto, la domanda è sempre la stessa da oltre otto decenni: perché? Perché non dire come sono andate veramente le cose? Perché lasciare un non detto che non rende giustizia alle vittime della Strage?

Nel pomeriggio di sabato 5 luglio 2025 è andata in onda una puntata del programma televisivo “A Sua immagine”, curato da Padre Gianni Epifani e Laura Misiti, condotto da Lorena Bianchetti, prodotto dalla RAI in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana e trasmesso su RAI 1. In particolare, nella rubrica “Le ragioni della Speranza”, è stata posta attenzione sulla tappa della via Francigena fra Altopascio e San Miniato. Protagonisti alcuni giovani guidati da don Giordano Goccini, presbitero della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, attento a collegare i temi della puntata, quali la pace e l’accoglienza, con il Vangelo di domenica 6 luglio 2025 [Lc 10,1-12.17-20]. E’ possibile rivedere la puntata su RAIPLAY a questo link.

Tralasciamo che sono state trasmesse bellissime immagini panoramiche di San Miniato mentre i protagonisti si trovavano ad Altopascio, come se chi ha fatto il montaggio non abbia partecipato alle riprese, mescolando il tutto, con il rischio di confondere quei telespettatore che non conoscono i luoghi. Non è questo il punto.

Una volta raggiunta San Miniato, i protagonisti hanno incontrato il Sig. Angiolino ai Loggiati di San Domenico, proprio di fronte al Museo della Memoria. Di seguito riportiamo i dialoghi:

Don Giordano Goccini: «Dopo una bella salita, siamo arrivati a San Miniato, una città incantevole, qui sulla collina. E qui purtroppo nel ‘44 è successo un terribile eccidio. Ne parliamo con uno dei testimoni di allora: Angiolino. Buongiorno».

Angelo Salvadori: «Buongiorno, Angiolino. Ero un bambino, a quei giorni, di 12 anni. Purtroppo io in San Miniato non c’ero, io abitavo a Calenzano, una frazione a distanza di 3 km da San Miniato. Quello che successe in chiesa, lo racconto per sentito dire, di gente che erano scappate dalla chiesa, dicevano che era avvenuta un’esplosione in chiesa e che era successo questo eccidio. Io ricordo la gente che era arrivata laggiù (a Calenzano) e raccontarono che era esploso roba in chiesa. Fu una carneficina lì».

Ragazzo: «Questo evento è ancora vivo nel ricordo e nella memoria di questa città. Quanto è importante, secondo te, fare memoria al giorno d’oggi?».

Angelo Salvadori: «Tanto, è tanto importante, soprattutto per i giovani, per le scuole, perché non vengano dimenticate queste tragedie che successero in Italia in quei giorni».

Ragazza: «E cosa pensa quando, ancora oggi, si sentono notizie di guerra?».

Angelo Salvadori: «Bah, penso male, alla mia età queste notizie mi fanno tanto male. Tanto, tanto. Soprattutto per voi giovani. Io, ormai, la mia età l’ho raggiunta. È per voi giovani che mi fa male questa cosa». [si commuove]

Ragazzo: «Come mai la gente si era radunata dentro la chiesa?».

Angelo Salvadori: «Furono portati apposta e a forza. I tedeschi sono andati per le case a prelevarli e a forza vennero portati in chiesa, tutti. E chi non andava era spinto con il fucile e tutti in chiesa. Ad un certo punto hanno chiuso le porte della chiesa ed è successo quello che è successo».

Don Giordano Goccini:
«Una cosa sappiamo di certo: che queste persone erano vive e poi sono morte per un atto di violenza. Ed è morto importante restituire un nome alle vittime. In questo tempo parliamo tanto di pace, perché sentiamo tantissime notizie come questa e ci chiediamo, come si fa a fare la pace? Ci sembra qualcosa di irraggiungibile. Nel Vangelo di questa domenica… […]».

Non vogliamo puntare il dito contro il sig. Angelo Salvadori, detto Angiolino, che materialmente ha pronunciato le frasi su cui poniamo l’attenzione. L'uomo, ultranovantenne, non è uno storico ed era visibilmente emozionato. Piuttosto sul “sistema” che ha gestito la comunicazione e le informazioni che sono state trasmesse, quel sistema fatto di professionisti, operatori, autori, gente che ha "studiato" per realizzare o comunicare contenuti.
C’era tutto il tempo e il modo per aggiungere quel pezzo di storia che è mancata: ovvero che i tedeschi avevano sì radunato la popolazione in chiesa, ma perché fu ritenuto l’unico modo per gestire migliaia di persone con una manciata di uomini, in attesa della “battaglia”. E perché non dire che, mentre le persone erano in chiesa, ebbe luogo un violento cannoneggiamento statunitense che interessò tutta l’area intorno alla Cattedrale e che un colpo di artiglieria americana penetrò all’interno del Duomo compiendo la strage?

Per esempio poteva dirlo Don Giordano Goccini quando, di fronte all’Episcopio e alla Cattedrale, rivolgendosi ai ragazzi che lo accompagnano, sottolinea ancora una volta il valore della memoria.

Oppure invece di rimanere sulla piazza davanti alla Cattedrale, potevano entrare e osservare la copia del bassorilievo di Giroldo da Como con il fascio di luce che indica la traiettoria della cannonata, il tutto ricomposto lo scorso anno con una lodevole iniziativa del Vescovo Mons. Giovanni Paccosi.

E perché, invece di coinvolgere un testimone indiretto, che per sua ammissione non era presente e racconta “per sentito dire”, non coinvolgere anche un testimone diretto, qualcuno che la mattina del 22 luglio 1944 si trovava davvero in Cattedrale, come il sig. Giuseppe Chelli che ha speso tutta la sua vita, anche attraverso importanti documentari video, per raccontare e ricostruire quel fatto di guerra che gli tolse l’affetto del fratello Carlo e condannò la sua famiglia ad un dolore indicibile?

Fra l'altro lasciare intendere che la strage sia stata compiuta per effetto di un rastrellamento tedesco, fu proprio quella circostanza che alimentò la vulgata diffamatoria circa il diretto coinvolgimento del Vescovo Mons. Ugo Giubbi, la cui memoria è stata ingiustamente macchiata per lunghi anni. Per ironia della sorte, tutto questo su un programma televisivo prodotto dalla RAI in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana!

Proprio la mattina del 5 luglio 2025 Papa Leone, incontrando alcune religiose ha messo in guardia da una cultura senza verità. Qui l'articolo.

Dunque, raccontare compiutamente la storia, senza omissioni e allusioni, poteva essere una lezione ancora più profonda in cui veicolare con maggior forza i valori della memoria e della pace. La cosiddetta Campagna d’Italia condotta dagli Alleati, consentì all’Italia di riscattarsi dal fascismo e dall’alleanza con il nazismo, permise al Paese di risollevarsi, di costruire finalmente uno Stato democratico e repubblicano.

Ma non fu una passeggiata. Il prezzo pagato fu altissimo.

E l'Italia in cui viviamo oggi è figlia anche di quel sangue.

Non solo per le stragi e i crimini di guerra fascisti e nazisti (per rimanere vicino possiamo ricordare il Padule di Fucecchio), ma anche per la morte di decine di migliaia di civili sotto le bombe degli Alleati.

A Pisa non hanno problemi a ricordare il bombardamento del 31 agosto 1943 con oltre 1000 vittime. Per non parlare dei ripetuti bombardamenti che subì Livorno, con centinaia di persone che persero la vita, oppure del bombardamento di Empoli del 26 dicembre 1943 (123 vittime). Ed ancora, rimanendo a San Miniato, numerosi civili rimasero vittime di incursioni aeree come nel bombardamento della Stazione di San Miniato che determinò la morte di 4 persone o nel bombardamento di Ponte a Egola con 6 vittime. E poi le stragi dovute ai cannoneggiamenti, come quella di Valicandoli con 6 vittime o quella della Crocetta con 5 persone uccise.

Non si capisce proprio che bisogno ci sia di non dire che la strage è stata una fatalità determinata dalla strategia militare degli americani, che conducevano una guerra quantitativa, compensando con il numero di uomini, di mezzi e di proiettili, la superiorità tattica e addestrativa dei tedeschi.

Si badi bene, qui non si vuole dire che allora i tedeschi non erano poi così cattivi e gli americani non erano poi così buoni. L'episodio va visto anche in prospettiva. E dunque gli Americani erano a San Miniato nell'estate del 1944 perché i tedeschi guidati da Hitler avevano cominciato la guerra nel 1939 e perché gli italiani guidati da Mussolini nel 1940 gli erano andati dietro, con tutto quello che ne successe dopo. Tuttavia, a sparare sulla Cattedrale di San Miniato nella mattina del 22 luglio 1944 fu l'artiglieria americana.

Il decreto di archiviazione del Tribunale Militare de La Spezia del 2002 ha escluso responsabilità tedesche. Numerose pubblicazioni a cura di Paolo Paoletti, Claudio Biscarini, Giuliano Lastraioli e molti altri hanno ricostruito con dovizia di dettagli cosa è successo prima, durante e dopo la strage da un punto di vista militare. Nel volume di Carlo Gentile I crimini di guerra tedeschi in Italia (Einaudi, 2022) non compare la strage di San Miniato. E neppure è presente nell’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia, realizzato a cura dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri (ex Insmli) e Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) e finanziato tramite il fondo italo-tedesco per il futuro tramite l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma e completato nel 2016.

Insomma si è perso l'ennesima occasione per raccontare la storia per bene e per fare davvero memoria. Ma si è trattato di una leggerezza o è stata una cosa voluta? Non so dire se sia peggio che la circostanza sia il frutto di ignoranza e di leggerezza su un tema del genere o il risultato di un goffo tentativo di manipolare la storia.

Quante volte, in anni più recenti, abbiamo assistito durante i telegiornali a notizie di stragi di civili in Iraq o in Afganistan, colpiti per errore durante operazioni militari.

Gli americani e gli inglesi ci hanno fatto anche dei film sui “collateral demages”, sui danni collaterali che possono produrre le azioni di guerra. Per brevità, cito solamente “Il diritto di uccidere” (in lingua originale Eye in the sky), diretto da Gavin Hood e uscito nelle sale nel 2015. Nel film il protagonista deve uccidere con un ordigno un gruppo di terroristi che stanno pianificando un attentato in Kenya, ma si trova davanti un insormontabile dilemma morale: proprio vicino al covo è presente una bambina che nulla ha a che fare con i terroristi. Il protagonista riesce a far rivalutare le modalità dell’operazione e alla fine la bambina si salva. 

A San Miniato, a Pisa, a Livorno, ad Empoli e in altre centinaia di città italiane, non sono stati così fortunati. La realtà spesso può essere molto più drammatica della finzione. In guerra sparano tutti, sia quelli che riteniamo “buoni” che i “cattivi”, e le pallottole, le cannonate o le bombe non guardano in faccia a nessuno. Quindi un motivo in più per ribadire che la guerra è morte e distruzione e sottolineare il messaggio di pace che voleva veicolare la trasmissione televisiva.




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