di
Francesco Fiumalbi
Indice del post:
0_INTRODUZIONE
1_LA COMMISSIONE CENTRALE CONTRO I
CRIMINI TEDESCHI
2_IL PASSAGGIO DEGLI ATTI ALLA
PROCURA GENERALE - 1946
3_L'ANTEFATTO: L'INDAGINE
PRELIMINARE AMERICANA
4_L'ASSUNTO, LA LIMITATEZZA E LE
CONTRADDIZIONI DELL'ISTRUTTORIA
5_LE DIFFICOLTÀ DELLE INDAGINI
6_L'EVOLUZIONE DEL
CONTESTO INTERNAZIONALE
7_L'ARCHIVIAZIONE
PROVVISORIA - 1960
8_LA PRESCRIZIONE
VENTENNALE IN GERMANIA - 1965
9_L'ARMADIO DELLA
VERGOGNA - 1994
10_IL PASSAGGIO AL
TRIBUNALE MILITARE DI LA SPEZIA - 1995
11_I NUOVI STUDI
STORICI E QUEL PRANZO A SAN MINIATO - 2000
12_LA NUOVA FASE DELLE
INDAGINI
13_NEL FRATTEMPO A SAN
MINIATO
14_VERSO LA CONCLUSIONE
DELLE INDAGINI
15_IL DECRETO DI
ARCHIVIAZIONE - 2002
16_IL SIGNIFICATO
DELL'ARCHIVIAZIONE
17_LA NOTIZIA
DELL'ARCHIVIAZIONE A SAN MINIATO – 2006
NOTE E RIFERIMENTI
0_INTRODUZIONE
In questa pagina è proposta la
ricostruzione di tutte le vicende giudiziali che portarono al Decreto
di Archiviazione emesso dal Tribunale Militare di La Spezia in data
20 aprile 2002, a proposito della Strage del Duomo di San Miniato in
cui persero la vita 55 persone. In questo post si cercherà, dunque,
di ripercorrere la strada, talvolta tortuosa e accidentata, che trovò
la sua conclusione dopo ben 58 anni!
Il
Decreto è un documento già noto e pubblicato (01),
tuttavia può essere utile ricostruire l'avvio, la successiva
evoluzione e la conclusione del procedimento giudiziario, poiché, ad
oggi, rappresenta l'unico “approdo” della Giustizia italiana sul
tragico episodio sanminiatese avvenuto il 22 luglio 1944. D'altronde,
per trovare un precedente atto pubblico occorre risalire addirittura
al 1945, alla cosiddetta “Relazione
Giannattasio”
(02),
ma si trattò di una “relazione” e non di una “sentenza” o
comunque di un atto giudiziale, sebbene fosse redatta da un giudice
del Tribunale di Firenze. Fu compilata – vale la pena ricordarlo –
a conclusione del lavoro della Commissione d'Inchiesta istituita dal
Comune di San Miniato e presieduta dall'allora Sindaco Emilio
Baglioni. Per circa un sessantennio, la “Relazione Giannattasio”
rappresentò l'unico documento pubblico ufficiale su cui si basarono
tutte le iniziative legate alla “memoria” della Strage, fra cui
l'apposizione della “prima lapide” sulla facciata del Municipio
nel 1954.
Le
nuove ricerche storiche e il clima cittadino che produssero,
stimolarono l'Amministrazione Comunale alla costituzione di nuova
Commissione di Studio, nell'anno 2001, che portò ad una complessiva
riflessione su tutta la vicenda e, da ultimo, alla realizzazione di
una “seconda lapide”. Questa fu collocata di fianco alla prima il
22 luglio 2008. Le due epigrafi furono
rimosse l'8 aprile 2015
e successivamente ricollocate presso i Chiostri di San Domenico il 21
luglio successivo.
Per
la prima parte del post è proposta una sintesi dei contenuti della
Relazione
Finale,
a firma dell'on. E. Raisi, presentata a conclusione dei lavori della
Commissione
Parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli
relativi a crimini nazifascisti
istituita con legge 15 maggio 2003, n. 107, approvata dalla
Commissione nella seduta dell'8 febbraio 2006 e trasmessa alle
Presidenze delle Camere il 19 febbraio 2006, consultabile
on-line.
Per la parte conclusiva, invece, è proposta la disamina dei
documenti e delle informazioni fornite da Giuseppe Chelli, che
desidero qui ringraziare, essendo, come vedremo in seguito, tra i
protagonisti della vicenda.
Foto
di Francesco Fiumalbi
1_LA
COMMISSIONE CENTRALE CONTRO I CRIMINI TEDESCHI
Già
alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Procura Generale del
Regno d'Italia, attraverso l'Ufficio
procedimenti contro criminali di guerra tedeschi,
aveva aperto un fascicolo (il n. 2097 del Registro Generale) Contro
Ignoti
Militari tedeschi dell'aviazione
a seguito della denuncia avanzata dal Comando
Militare Alleato per
il reato di violenza
con omicidio e distruzione fabbricati commesso
a San Miniato il 22 luglio 1944 (03).
L'indagine
partiva dal lavoro della Commissione
centrale italiana contro i crimini commessi dai tedeschi e dalle
bande fasciste al loro servizio contro la popolazione civile
italiana,
costituita all'indomani della Liberazione, il 26 aprile 1945. Con
lettera del 1 giugno successivo, l'allora Ministro dell'Italia
Occupata Mauro
Scoccimarro
(Governo Bonomi III) chiese al Brigadiere Generale Richmond, nella
sua qualità di US
Army Judge Advocate,
che
le Autorità alleate trasmettessero a detta Commissione centrale la
documentazione degli accertamenti in loro possesso relativi a tali
crimini, nonché le denunzie e semplici notizie di essi sulla base
delle quali la Commissione centrale avrebbe espletato una completa
istruttoria.
Tale “Commissione” ebbe diramazioni su base provinciale e poté
dunque prendere visione degli atti delle inchieste promosse dagli
Alleati (04).
2_IL
PASSAGGIO DEGLI ATTI ALLA PROCURA GENERALE - 1946
Nel
frattempo, ormai liberato il Nord Italia, il Presidente del Consiglio
Ivanoe
Bonomi
il 19 giugno 1945 rassegnò le dimissioni, affinché fosse possibile
la creazione di un nuovo governo, finalmente democratico. Tuttavia i
tempi non erano ancora maturi e appena due giorni dopo si insediò un
nuovo esecutivo, stavolta sotto la guida di Ferruccio
Parri.
In questo passaggio il Ministero dell'Italia Occupata non fu ricreato
e dunque la predetta Commissione
si
trovò a dialogare direttamente con la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
Il
20 agosto 1945 si tenne a Palazzo Chigi una riunione alla presenza
del dott. Umberto Borsari in qualità di Procuratore Generale
Militare presso il Tribunale Supremo Militare. In tale circostanza fu
disposto che i vari atti, carteggi e documenti, inerenti i crimini di
guerra nazisti su suolo italiano, venissero tutti accentrati presso
la Procura Generale Militare, in modo che le indagini vere e proprie
potessero avere inizio e fosse possibile pervenire
all'identificazione dei responsabili. La successiva direttiva della
Presidenza del Consiglio è del 2 ottobre 1945: in accordo con le
autorità alleate, la procedura prevedeva di arrivare a vere e
proprie denunce da presentare agli Alleati tramite l'Ambasciata
Italiana a Londra. Sarebbero stati gli stessi Alleati ad impegnarsi
nel rintracciare i colpevoli. Più complesso, invece, sarebbe stata
l'eventuale organizzazione dei relativi processi (05).
Dunque, da quel momento, alla Procura Generale Militare pervennero
anche gli atti inerenti la Strage del Duomo di San Miniato, che
furono trasmessi dal Tenente Colonnello John R. Hogger, in qualità
di capo del Tribunale Supremo Militare presso
il
General Head Quarter of
Central Mediterranean Forces
in
data 6 maggio 1946, come ricostruito da Paolo Paoletti (06).
3_L'ANTEFATTO:
L'INDAGINE PRELIMINARE AMERICANA
All'istruttoria
della Procura Generale Militare del Regno d'Italia troviamo allegate,
infatti, alcune carte della Preliminary
Investigation of San Miniato atrocity
predisposta dal comando della 362nd
Infantry Regiment.
Fra
questi documenti ci sono le relazioni redatte dal Capitano E. J.
Ruffo (28 luglio 1944) e dal Capitano J. R. Grower (1 agosto 1944),
le deposizioni di Don Guido Campigli, Don Luigi Neri, del medico
Dott. Domenico Parisi (datate 30 luglio 1944) e i verbali degli
interrogatori condotti nella giornata del 14 agosto 1944 dal Maggiore
Milton R. Wexler, I.G.D.,
Military
Counsal
della Fifth
Army,
coadiuvato dal Sergente Hugo J. Gelardia in qualità di interprete.
Furono sentiti Giorgina Taddei, Domenico Parisi, Liliana Ciulli,
Armando Lorenzi, Duilio Arzilli, nonché il Presidente del Comitato
di Liberazione Nazionale di San Miniato Emilio Baglioni (poi
Sindaco), del Vescovo di San Miniato Mons. Ugo Giubbi e del Proposto
della Cattedrale Don Guido Rossi.
Questi
documenti, in realtà, sono solamente una parte degli atti
dell'indagine americana conservati presso i National
Archives di
Washington D.C., tradotti e pubblicati da Paolo Paoletti (07).
Foto di Francesco Fiumalbi
4_L'ASSUNTO,
LA LIMITATEZZA E LE CONTRADDIZIONI DELL'ISTRUTTORIA
Come abbiamo visto, dunque, il
procedimento della Procura Generale prese avvio dagli atti
dell'inchiesta preliminare americana e dalla documentazione ad essa
relativa, seppur parziale rispetto a tutti gli atti esistenti a
Washington.
Il
fascicolo inerente la Strage del Duomo, partiva dall'assunto così
sintetizzato: “Il
22 luglio 1944 i tedeschi fecero entrare la popolazione di S. Miniato
nella cattedrale per quanta ne contenesse, poi, verso le ore 10,
mentre tali persone assistevano alle funzioni sacre, fecero esplodere
delle bombe già predisposte ad orologeria. Le vittime – uomini,
donne, bambini – furono numerose: circa 27 morti e 70 feriti”.
Vale
la pena, a questo punto, soffermarsi su alcuni aspetti che non
possono essere considerati marginali. Da notare il computo delle
vittime, che non furono “circa 27”, bensì 55. L'istruttoria
partiva dalle relazioni americane stilate nei giorni immediatamente
successivi alla strage, ed effettivamente erano una trentina le
vittime che morirono immediatamente, all'interno della Cattedrale.
Inoltre, al momento in cui poté prendere avvio l'indagine, era già
stata formulata la “Relazione
Giannattasio”,
datata al 13 luglio 1945, che non sembra essere stata presa
minimamente in considerazione. Per quale motivo non la troviamo fra
gli atti, assieme all'incartamento della Commissione Comunale
d'Inchiesta? Possibile che, oltre alla documentazione statunitense,
nessuno si adoperò per reperire altre informazioni? A queste
domande, ad oggi, non è possibile trovare una risposta certa. Coloro
che sostengono la tesi dell'insabbiamento, predisposto per celare la
responsabilità americana, potrebbero pensare che la Procura non
avesse voluto approfondire, per non correre il rischio di trovarsi
davanti ad una verità scomoda. D'altra parte il periodo era
particolarmente delicato, e nessuno avrebbe voluto correre il rischio
di creare fonti di imbarazzo nei rapporti fra Italia e USA. Altra
ipotesi, non certo da scartare, è che ulteriori documenti,
eventualmente raccolti nell'indagine, siano andati perduti per una
qualche ragione non conosciuta. In realtà, al fascicolo
sanminiatese, come vedremo in seguito, toccò la stessa sorte di
centinaia di altri procedimenti. Ma questo si vedrà più avanti.
Inoltre,
l'assunto iniziale dell'istruttoria, rispetto alla “Relazione
Giannattasio” presenta due contraddizioni abbastanza evidenti. La
prima riguarda gli eventi che precedettero la strage, per i quali è
proposta una ricostruzione non solo sintetica, ma soprattutto
semplicistica, che tralasciò il contesto e tutti gli episodi
avvenuti la mattina del 22 luglio 1944 e nei giorni precedenti. La
seconda contraddizione riguarda invece le modalità con cui sarebbe
avvenuto l'eccidio, ovvero con bombe
già predisposte ad orologeria.
Questa circostanza, infatti, sebbene ipotizzata dall'indagine
preliminare americana, fu immediatamente scartata dal Giudice
Giannattasio che si basò sulla ricostruzione di Charles R. Jacobs,
Ist.
Lt. Infantry Training Officer, redatta il 18 ottobre 1944.
5_LE
DIFFICOLTÀ DELLE INDAGINI
Il
Procuratore Generale Militare dott. Umberto Borsari, nella lettera
del 7 giugno 1946 inviata al Ministero degli Affari Esteri e per
conoscenza al Ministero della Guerra, lamentava che «le
denuncie che pervengono, nella quasi totalità mancano degli
essenziali requisiti, e in primo luogo della identificazione dei
responsabili. Per questo, è necessario fare compiere approfondite
indagini, dirette ad accertare le generalità dei colpevoli, le date
in cui avvennero i fatti, le modalità di essi, le cause che li
determinarono, ecc. [...]
ma è evidente che, per varie ragioni, gli organi giudiziari e di
polizia incontrano, a loro volta, notevoli difficoltà per
l’espletamento del loro compito».
Ed ancora, lo stesso Borsari, nel novembre 1947 ammetteva che «le
indagini giudiziarie nei confronti di criminali di guerra tedeschi
possono non avere risultato concreto, o che debba pronunciarsi il
loro proscioglimento per mancanza assoluta o insufficienza di indizi»
(08).
Insomma, a livello complessivo, la Procura Generale trovò non poche
difficoltà a reperire le informazioni, sia per la complessità e la
mole del lavoro, ma anche per la “demilitarizzazione” e
successiva “burocratizzazione” delle istruttorie a livello
internazionale.
6_L'EVOLUZIONE
DEL CONTESTO INTERNAZIONALE
Come
accennato nel paragrafo precedente, la situazione sul finire degli
anni '40 si complicò ulteriormente per la “burocratizzazione”
delle istruttorie e il conseguente affievolimento della
collaborazione da parte delle autorità alleate (09),
ma anche per il mutato contesto politico internazionale. Le
estradizioni si fecero via via più difficoltose e l'origine di
questa circostanza deve essere ricercata nell'evoluzione della
condizione della Germania, ed in particolare della parte Occidentale.
Ancora il Procuratore Generale Umberto Borsari, in una lettera del 14
maggio 1948 al Ministero degli Esteri rilevava che «data
l’importanza dei procedimenti già in corso e di quelli da
instaurarsi e dato che, per ovvie ragioni per detti processi
l’autorità giudiziaria italiana nulla di concreto può raggiungere
senza una continua ed effettiva opera di collaborazione da parte
delle Autorità che occupano la Germania»
(10).
La
nascita della
Repubblica Federale Tedesca fu proclamata il 23 maggio 1949, fu
dichiarata pienamente sovrana solamente il 5 maggio 1955 e il 9
maggio dello stesso anno aderì alla NATO.
Il 14 maggio successivo, invece, venne firmato il cosiddetto “Patto
di Varsavia”.
Erano gli anni in cui andavano costituendosi i “due blocchi”,
quello “Occidentale” e quello “Sovietico”.
Inoltre
l'impossibilità di estradare cittadini tedeschi, prevista dalla
Costituzione di Bonn (1949) era resa impraticabile da varie altre
circostanze (11).
A tal proposito è significativo il carteggio fra il Ministro della
Difesa Paolo Emilio Taviani e il Ministro degli Esteri Gaetano
Martino nell'ottobre del 1956 (Governo
Segni I).
Circa la possibilità di richiede l'estradizione di un militare
tedesco per l'eccidio
di Cefalonia,
il Ministro Martino rilevava che «Proprio
in questo momento, infatti, tale Governo (della
RFT) si
vede costretto a compiere presso la propria opinione pubblica il
massimo sforzo allo scopo di vincere la resistenza che incontra oggi
in Germania la ricostruzione di quelle forze armate, di cui la NATO
reclama con impazienza l'allestimento».
Nella risposta, il Ministro Taviani si dichiarò in pieno accordo con
quanto affermato da Martino. E dunque, il riaccendersi della
questione dell'operato dei militari tedeschi durante la guerra,
nell'opinione pubblica germanica, avrebbe potuto ostacolare la piena
realizzazione del “blocco occidentale”, anche e soprattutto da un
punto di vista militare. La questione della corrispondenza
Martino-Taviani è stata a lungo dibattuta: episodio da circoscrivere
ad un mero scambio di opinioni personali o rivelatore degli indirizzi
politici italiani? (12).
Sta
di fatto che, per la complessità della situazione e per il contesto
italiano e internazionale del tempo, la Procura Generale Militare –
al tempo guidata dal Gen. Arrigo Mirabella – fu costretta ad un
sostanziale stato di inerzia.
7_L'ARCHIVIAZIONE
PROVVISORIA - 1960
I
procedimenti istruiti dalla Procura Generale Militare non fecero
progressi negli anni a seguire. Fra questi anche quello relativo alla
Strage del Duomo di San Miniato, tant'è che nel relativo fascicolo,
contrassegnato dal n. 2097, non sono presenti ulteriori atti. Fu così
che il 14 gennaio 1960 l'allora Procuratore Generale Militare Enrico
Santacroce ordinò la controversa “archiviazione provvisoria”,
poiché,
–
queste le parole della motivazione –
nonostante il lungo tempo trascorso dalla data del fatto anzidetto,
non si sono avute notizie utili per la identificazione dei loro
autori o per l'accertamento della responsabilità.
Lo stesso giorno furono archiviati anche tutti gli altri 2274
fascicoli, fra cui quelli relativi a Sant'Anna di Stazzema,
all'eccidio del Padule di Fucecchio e alle Fosse Ardeatine, giusto
per citare tre dei casi più conosciuti. Su questo passaggio, la
Commissione
Parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli
relativi a crimini nazifascisti,
istituita con la Legge n. 107 del 15 maggio 2003, ha avanzato
molteplici interrogativi: un'iniziativa funzionale al riordino
materiale della Procura Generale Militare, oppure un provvedimento
abnorme e innaturale data l'obbligatorietà dell'azione penale? Una
decisione presa in coscienza e autonomia oppure dettata da un
condizionamento politico? La contrarietà alla celebrazione di
processi in contumacia, vista l'impraticabilità dell'estradizione,
può essere un elemento determinante? Volontà di non procedere o la
presa di coscienza dell'impossibilità a procedere? (13).
8_LA
PRESCRIZIONE VENTENNALE IN GERMANIA - 1965
L'8
maggio 1965 in Germania scattò il termine della prescrizione
ventennale per i reati commessi durante il regime nazista.
All'approssimarsi di questa scadenza il Governo della Repubblica
Federale Tedesca chiese all'Italia e ad altri Paesi di avanzare la
documentazione inerente presunti crimini in modo da indirizzarli alle
competenti autorità giudiziarie tedesche. Il 9 marzo 1965 la Procura
Generale Militare inviò, tramite il Ministero degli Esteri e
l'Ambasciata di Germania, un elenco di crimini, suddivisi su base
provinciale. Scorrendo quelli relativi alla Provincia di Pisa,
troviamo gli eccidi di Riparbella, della
Romagna a San Giuliano Terme,
la
strage di Noccioleta a Castelnuovo Val di Cecina,
l'eccidio
di Guardistallo,
l'eccidio
di Piavola presso Buti,
oltre a vari episodi avvenuti presso Castelfranco di Sotto, Santa
Luce, Montopoli, Lari, Castellina Marittima (14).
Nessun riferimento alla Strage del Duomo di San Miniato.
9_L'ARMADIO
DELLA VERGOGNA - 1994
Nello
stesso 1965, 1265 fascicoli sul totale di 2274 – tutti contro
ignoti – furono inviate alle competenti Procure Militari ed
archiviati di volta in volta. I restanti procedimenti “archiviati
provvisoriamente” nel 1960 – circa un migliaio, di cui 353 contro
ignoti – rimasero in seno alla Procura Generale (15)
dove, anche per una complessa serie di vicissitudini (16)
andarono a finire nel cosiddetto “Armadio
della Vergogna”.
Il controverso deposito fu ri-scoperto solamente nel 1994,
all'interno del Palazzo Cesi-Gaddi sede della stessa Procura Generale
Militare (17).
Fra i documenti rinvenuti in tale armadio, c'era anche il fascicolo
riguardante la Strage del Duomo di San Miniato.
Sulla
vicenda, la Commissione
Parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli
relativi a crimini nazifascisti – istituita
con legge 15 maggio 2003, n. 107 –
nella Relazione
Finale
a firma dell'on.
Enzo Raisi (AN)
(approvata
dalla Commissione nella seduta dell'8 febbraio 2006 e trasmessa alle
Presidenze delle Camere il successivo 19 febbraio) è arrivata alla
conclusione che vi sia stato un «comportamento
di negligenza e superficialità da parte dei vertici della
magistratura
militare che si è prolungato per oltre un cinquantennio. Questo
giudizio non riguarda l’Istituzione nel suo complesso, ma si
riferisce alle responsabilità individuali di alcuni Procuratori
generali militari specificamente quelli che hanno gestito l’archivio
di Palazzo Cesi senza inviare alle procure territorialmente
competenti i fascicoli sui crimini di guerra. Questo comportamento
omissivo, che ha violato la direttiva assunta dal Governo Parri nella
riunione tenuta presso la Presidenza del consiglio i l 20 agosto
1945, infatti, ha impedito l’esercizio dell’azione penale in capo
ai soggetti competenti secondo l’ordinamento vigente.».
Ed ancora rileva l'assenza «di
accertati input
di
natura politica legati alla “guerra fredda” e al riarmo tedesco,
(ipotizzati invece nelle precedenti indagini del Consiglio della
Magistratura Militare e della Commissione Giustizia della Camera dei
Deputati nella XIII legislatura)»
(18).
Completamente opposta la conclusione della Relazione
di Minoranza,
a firma dell'on.
Carlo Carli (DS)
che invece individua «nella
necessità di evitare problemi alla Germania, che in quel periodo
stava ricostituendo il proprio esercito e si sarebbe dovuta inserire
in maniera forte nella Alleanza Atlantica, le cause che portarono
all’occultamento dei fascicoli».
Senza dimenticare che «il
governo italiano si trovava nell’imbarazzante situazione, da un
lato di negare l’estradizione di presunti criminali italiani,
richiesta da altri Paesi, e dall’altro di procedere alla richiesta,
proveniente dalla magistratura militare italiana, per l’estradizione
di militari e criminali di guerra tedeschi».
Al contempo rileva la «contiguità
tra il mondo politico e la giurisdizione militare»
e che dunque «non
è verosimile attribuire la mancata celebrazione dei processi alla
esclusiva responsabilità dei magistrati militari»,
per cui «si
può dedurre il coinvolgimento e la specifica responsabilità
politica sulla vicenda»
(19).
10_IL
PASSAGGIO AL TRIBUNALE MILITARE DI LA SPEZIA - 1995
Al
di là di dove stia effettivamente la verità sul cosiddetto “Armadio
della Vergogna”, una volta rinvenuti i fascicoli si costituì
un'apposita commissione con lo scopo di valutare l'effettiva
esistenza di elementi di reato (20).
Per 273 fascicoli furono firmati i provvedimenti di non luogo a
provvedere, mentre altri 695 furono inviati alle competenti Procure
Militari Territoriali (oltre al cosiddetto “carteggio vario”, per
un totale di circa 800 elementi) (21).
La
Procura Generale Militare della Repubblica, presso la Corte Militare
d'Appello, con nota n. P0795-1277/CRIM del 19 luglio 1995 trasmise
alla Procura Militare di La Spezia gli atti del fascicolo relativo
alla Strage del Duomo di San Miniato, per
quanto di eventuale competenza,
che risultava «rinvenuto
presso l'archivio dei Tribunali Militari di Guerra Soppressi».
L'incartamento arrivò a La Spezia il 22 luglio 1995 e a questo punto
si aprì una nuova fase istruttoria, con il nuovo procedimento penale
n. 262-96 R. mod. 44 (B) nei confronti di Ignoti
Militari,
iscritti nel Registro delle Notizie di Reato in data 13 luglio 1996.
Le indagini furono quindi affidate al Reparto Operativo presso il
competente Comando Provinciale dei Carabinieri di La Spezia (22).
Questa
nuova fase d'indagine fu condotta con estrema discrezione, tanto che
molti dei sopravvissuti o i familiari delle vittime ne rimasero
all'oscuro. Almeno inizialmente, sembra che non fossero rinvenuti
elementi di novità, tanto che il Comando Provinciale dei Carabinieri
di Pisa, con la nota n. 480/2-6 inviata alla Procura Militare di La
Spezia in data 29 ottobre 1996, riferiva che «non
è stato possibile reperire alcun documento agli atti d'ufficio sulla
strage del Duomo di San Miniato»,
ma al tempo stesso venivano inviate le copie «di
alcuni documenti reperiti presso l'archivio storico del Comune e
presso la Diocesi»,
fra cui la “Relazione
Giannattasio”.
Tuttavia le indagini proseguirono anche in seguito, come si rileva
dal verbale di “Sommarie Informazioni Testimoniali” (S.I.T.) con
le dichiarazioni di Duilio Arzilli rese presso il Nucleo Operativo e
Radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Pontedera in data 30
dicembre 1996 (23).
Evidentemente le indagini si erano mosse anche alla ricerca di
persone ancora in vita fra coloro che erano stati interrogati dal
Maggiore
Milton R. Wexler il
14 agosto 1944, i cui atti erano stati trasmessi dalle autorità
americane alla Procura Generale Militare il 6 maggio 1946, come
abbiamo visto nei paragrafi precedenti.
11_I
NUOVI STUDI STORICI E QUEL PRANZO A SAN MINIATO
A
conclusione di una lunga e complessa ricerca, nei primi mesi del 2000
venne stampato il libro di Paolo Paoletti, 1944
San Miniato. Tutta la verità sulla strage.
Tale pubblicazione ribaltò completamente i contorni della vicenda e
rinfocolò l'animo di quanti, fino a quel momento, nutrivano
perplessità sull'effettiva natura dell'eccidio. Fra questi anche
Giuseppe Chelli, il quale la mattina del 22 luglio 1944 si trovava in
Duomo assieme ad alcuni suoi familiari, tra cui suo fratello Carlo,
che quella mattina perse la vita. Giuseppe Chelli conobbe Paolo
Paoletti proprio durante il periodo della ricerca, intorno alla metà
degli anni '90. Fra i due iniziò un rapporto di amicizia che va
avanti ancora oggi.
Alla
metà di ottobre di quell'anno, l'autore ed alcuni suoi consulenti si
trovavano a San Miniato per organizzare la presentazione del libro,
dal momento che qui non era ancora stata fatta. E fu così che
rimasero a pranzare a San Miniato in un noto ristorante della zona. A
quel tavolo sedeva anche Giuseppe Chelli. «Lo
sai Beppe, –
informò Paoletti –
che
presso la Procura del Tribunale Militare di La Spezia le indagini
sono ancora aperte?
Tu
sei una parte in causa, sei un testimone della strage e un familiare
delle vittime. Puoi chiedere al Tribunale che arrivi ad una
sentenza!»
Non conosciamo le parole esatte, ma questo è quello che ricorda lo
stesso Giuseppe Chelli, il quale, il 23 ottobre 2000 prese carta e
penna e scrisse al dott. Gioacchino Tornatore, Procuratore Militare
della Repubblica presso il Tribunale Militare di La Spezia chiedendo,
a proposito del "supposto crimine di guerra tedesco", visti i
progressi della ricerca storica, «che
codesto Tribunale esprima un parere definitivo sulla vicenda»
(24).
12_LA
NUOVA FASE DELLE INDAGINI
A
questo punto, ricevuta la missiva, i Pubblici Ministeri Gioacchino
Tornatore e Marco Cocco l'8 novembre 2000 disposero la comparizione
di Giuseppe Chelli «per
essere sentito quale persona informata sui fatti»,
presso la Procura del Tribunale Militare di La Spezia, il giorno 13
novembre successivo (25).
Giuseppe Chelli si presentò regolarmente nel luogo e all'orario
indicato e rilasciò la sua deposizione in cui asserì che la strage
sarebbe stata determinata non per «opera
dei tedeschi, ma sia derivata da una fatalità, conseguita al
bombardamento americano»
(26).
Nell'occasione depositò vari documenti, fra cui gli articoli del
Canonico Enrico Giannoni pubblicati sul «Giornale del Mattino» di
Firenze il 21 luglio e l'8 agosto 1954 (27).
A questo punto le indagini, che evidentemente stavano vivendo una
fase d'inerzia, acquistarono un nuovo e sostanziale impulso.
Nel
frattempo il Comandante del Reparto Operativo presso il Comando
Provinciale dei Carabinieri di La Spezia, con nota n. 434/11-1996 del
25 novembre 2000, «riferiva
sullo stato delle indagini a suo tempo delegate».
Lo stesso Comandante, con nota n. 434/11-1-1996 del 23 dicembre 2000
«comunicava
l'avvenuto decesso di Ceccherini Adriana e di Formichini Filippo –
già ritenuti in grado di riferire circostanze utili per la
ricostruzione degli eventi – nonché l'assenza di “ulteriori
elementi utili per le indagini”»
(28)
Ulteriori
elementi, invece, furono presentati nella “memoria integrativa”
inviata da Giuseppe Chelli il 22 gennaio 2001, in cui, oltre a
riproporre una ricostruzione delle vicende che seguirono la strage,
avanzava le proprie perplessità sul ruolo controverso del Sindaco
Emilio Baglioni (29).
La “memoria integrativa” fu protocollata a La Spezia il
successivo 24 gennaio (30).
Ancora
il Comandante del Reparto Operativo della Comando Provinciale dei
Carabinieri di La Spezia, con nota n. 434/12-2-1996 informava che
l'unico testimone in vita che era stato individuato era il sig.
Duilio Arzilli «il
quale ha riferito di ritenere che la cannonata sparata […]
provenisse
dalle linee tedesche».
Tuttavia il Comandante ebbe a concludere che «in
base alle indagini finora esperite (…) non risultano essere emersi
elementi concreti per poter stabilire con assoluta certezza la
provenienza (tedesca o americana) dell'ordigno sparato sul Duomo di
San Miniato che causò la morte di oltre 50 civili»
(31).
13_NEL
FRATTEMPO A SAN MINIATO
A San Miniato nel frattempo era
scoppiato il finimondo. Chi seguì le vicende da vicino, non può non
ricordare il clima infuocato di quei giorni, culminato con la
presentazione del libro di Paoletti il 15 dicembre 2000 a Palazzo
Grifoni. La questione, d'altronde, scese subito sul piano politico.
Oltre a quelle dovute agli attacchi degli esponenti dei partiti
d'opposizione, anche all'interno della stessa maggioranza non
mancarono forti tensioni, con alcune personalità vicinissime alle
posizioni della Chiesa sanminiatese, la quale chiedeva che fosse
sgombrata ogni ombra sulla figura del Vescovo Giubbi e che ne fosse
riabilitata la memoria. Anche la stampa locale mostrò una vitalità considerevole. Si creò, insomma, una situazione potenzialmente esplosiva che
minacciava addirittura gli equilibri del Governo municipale.
Fu
così che la Giunta Comunale, con delibera n. 20 del 14 febbraio
2001, istituì la Commissione
per la ricostruzione degli eventi della Strage del Duomo.
I primi risultati furono presentati il 22 luglio 2001 e
successivamente raccolti nel volume P. L. Ballini, G. Contini, C.
Gentile, S. Moroni e L. Paggi, L'eccidio
del Duomo di San Miniato. La memoria e la ricerca storica
(1944-2004),
a cura di L. Paggi, Comune di San Miniato, Tip. Bongi, San Miniato,
2004.
Anche
la Diocesi di San Miniato costituì una propria commissione per far
luce sulla vicenda, i cui esiti furono pubblicati nel volume R.
Cerri, A. Landi, P. Morelli, P. Pezzino, F. Scorzoso, Relazione
della Commissione di studio sulla figura del Vescovo Giubbi,
a cura di P. Morelli, Tipografia Palagini, San Miniato, 2002.
Come
se non bastasse, un ulteriore tassello alla ricerca storica fu
aggiunto, alcuni mesi più tardi, dalla pubblicazione di C. Biscarini
e G. Lastraioli, La
Prova. Un documento risolutivo sulla strage del Duomo di San Miniato,
FM Edizioni, San Miniato, 2001, che fu presentato a Palazzo Grifoni
il 12 ottobre 2001.
14_VERSO
LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI
Mentre
a San Miniato infervorava la questione e venivano istituite due
commissioni, la Procura Militare di La Spezia proseguiva nel suo
lavoro. Il
26 febbraio 2001 pervenivano ai Pubblici Ministeri del Tribunale
Militare di La Spezia, per mezzo di Giuseppe Chelli, le pagine del
diario redatto da Mario Caponi nel 1944, che furono appositamente
trascritti su
supporto magnetico (ovvero
al computer), il giorno 15 gennaio 2001 (32).
Proseguì
il lavoro anche dei Carabinieri. Il Comandante del Reparto Operativo
del Comando Provinciale di La Spezia, con nota 434/12-4-1996 del 18
aprile 2001, trasmise i verbali delle informazioni rese da Delio
Fiordispina e Paolo Morelli (33).
A
questo punto, il 7 agosto 2001 la Procura acquisì agli atti il
citato libro di Paolo Paoletti, 1944
San Miniato. Tutta la verità sulla strage e
il successivo 15 ottobre, con nota 434/14-1996, il Comandante dei
Carabinieri di La Spezia riferiva dell'avvenuta presentazione dello
studio di Claudio Biscarini e Giuliano Lastraioli, pubblicato col
titolo La
Prova
(34).
Ancora,
il 26 gennaio 2002 la Procura di La Spezia sentì il Dott. Carlo
Gentile, noto storico che negli anni precedenti era stato più volte
consulente delle autorità giudiziarie italiane e tedesche a
proposito di procedimenti penali su crimini di guerra tedeschi. In
quel momento faceva parte anche della Commissione istituita dalla
Giunta Comunale. Gentile, in sintesi, riferì che «ormai,
l'opinione comune presso gli storici esclude che l'ordigno (…)
fosse di matrice tedesca»
e, al contempo, che «che
quell'ordigno provenisse dal fuoco delle truppe alleate che quel
giorno cingevano d'assedio la città».
(35).
15_IL
DECRETO DI ARCHIVIAZIONE
Terminata
la fase istruttoria, di fatto conclusasi con le dichiarazioni di
Carlo Gentile, i Pubblici Ministeri Dott. Marco Cocco e Dott.
Gioacchino Tornatore, il 23 febbraio 2002 chiesero formalmente «che
il Giudice per le indagini preliminari voglia disporre
l'archiviazione»,
in quanto «alla
luce delle più recenti acquisizioni storiche – concordi
nell'individuare la causa dell'eccidio nell'esplosione di un
proiettile proveniente dalle linee delle truppe alleate – neppure
potrebbe affermarsi che la strage oggetto del presente procedimento
penale sia stata effettivamente causata da forze armate tedesche (o,
comunque, da appartenenti alle forze armate nemiche)».
A
questo punto gli atti passarono al Giudice per le indagini
preliminari Dott. Marco De Paolis, il quale osservò «che
l'attento esame della copiosa documentazione raccolta consente di
condividere le conclusioni avanzate dal Pubblico Ministero, non
ravvedendosi nella specie elementi obiettivi né per ritenere che lo
scoppio della granata, o comunque, dell'ordigno esplosivo che ebbe a
provocare la strage delle persone civili raccolte nella chiesa, sia
stato dolosamente provocato dai militari tedeschi che occupavano la
zona al fine di determinare la morte delle persone stesse, né per
reputare con certezza (sebbene questa sembra essere l'ipotesi
maggiormente accreditata dalle ricerche storiche) che essa sia
attribuibile ad un errato tiro di artiglieria delle forze armate
alleate (in specie statunitensi) impegnate nella zona ove avvenivano
i combattimenti contro l'esercito tedesco».
Inoltre rilevò «la
concreta mancanza di un movente da parte del comando militare tedesco
per compiere una strage di tale portata»
e che «il
mezzo adoperato (un ordigno esplosivo sparato da lunga distanza) non
parrebbe il più preferibile in ordine al perseguimento della
supposta finalità criminale, ben potendo esser realizzato l'evento,
attraverso altre modalità di azione, altrove largamente praticate».
Dunque, che «deve
ragionevolmente ritenersi che l'ipotesi maggiormente preferibile sia
quella dell'incidente bellico, ovverosia del colpo di artiglieria
erroneamente caduto su un bersaglio civile».
Per queste e per altre considerazioni dispose «l'archiviazione
del procedimento»
(36).
16_IL
SIGNIFICATO DELL'ARCHIVIAZIONE
Da un punto di vista
procedimentale, il Pubblico Ministero che non rilevi elementi per
esercitare l'azione penale, propone l'archiviazione al Giudice per le
indagini preliminari (GIP). In questo caso l'archiviazione ebbe un
presupposto fattuale, come si evince dalla motivazione addotta,
ovvero per l'infondatezza della notizia di reato [artt. 408-409 del
Codice di Procedura Penale]. Per completezza, va detto che
l'archiviazione non rappresenta una conclusione definitiva,
soprattutto per l'ipotesi di reato in oggetto, ma che le indagini
possono essere riaperte su richiesta del PM, in ordine all'esigenza
di nuove investigazioni, cioè quando vi siano notizie nuove e
diverse che possano mettere in discussione la precedente conclusione
[art. 414 Cpp]. Cosa che fino a questo momento non sembra sia
accaduto.
Dunque
il GIP, visti gli atti e accogliendo le conclusione dei PM,
sostanzialmente ha sostenuto che non sia da attribuire ad ignoti
militari tedeschi un'azione con precisi intenti criminali. Tuttavia,
non si sbilanciò oltre. Ovvero, pur ritenendo “ragionevole” che
si sia trattato di un incidente bellico, non assegnò la
responsabilità a nessuno, neppure all'esercito statunitense. E
questo almeno per due motivi: l'indagine doveva accertare l'eventuale
responsabilità criminale di “ignoti
militari tedeschi dell'aviazione”
e non andare oltre, a meno di non individuare ulteriori notizie di
reato; inoltre, come è stato sostenuto in varie sedi e circostanze,
è sempre mancata la “prova regina”, il DNA, ovvero una scheggia
del proietto esploso all'interno della Cattedrale, la cui
composizione, debitamente analizzata, avrebbe indicato con certezza
la provenienza e quindi da quale mano sarebbe partito il colpo che
provocò la morte di 55 persone. Tante volte si è sentito ventilare
l'ipotesi di esumazioni o di autopsie, che però non sono mai state
fatte per varie ragioni su cui non staremo ad indugiare.
17_LA
NOTIZIA DELL'ARCHIVIAZIONE A SAN MINIATO
E'
certamente curioso che la notizia dell'avvenuta archiviazione del
procedimento non sia giunta immediatamente a San Miniato. Nonostante
molte persone fossero state coinvolte nell'indagine, nessuno sembrò
esserne a conoscenza. Tanto più che Giuseppe Chelli scrisse una
nuova missiva ai PM Tornatore e Cocco, datata 31 maggio 2002,
chiedendo «di
valutare
se,
nel frattempo, non sia opportuno far oscurare la lapide che campeggia
sulla facciata del palazzo del Comune di San Miniato».
A questa lettera non seguì alcuna risposta, probabilmente perché la
richiesta andava oltre al compito dei due PM, i quali, tuttavia non
informarono Giuseppe Chelli dell'avvenuta conclusione del
procedimento.
Ignaro
dell'archiviazione, il 4 luglio 2006, Giuseppe Chelli inviò una
nuova lettera con cui rinnovò la sua «rispettosa
richiesta a codesta Procura affinché esprima un parere definitivo
sul supposto crimine tedesco»
(37).
Stavolta la risposta non tardò ad arrivare. Il 7 luglio 2006 il
Procuratore Militare Dott. Marco De Paolis (il GIP che aveva firmato
il decreto di archiviazione) lo informò che il «procedimento
fu definito (…) con decreto di archiviazione emesso in data 20
aprile 2002»,
spiegando al contempo di aver ritenuto «verosimile,
e pertanto, accolsi l'ipotesi sostenuta da esperti e storici circa
l'insussistenza di una azione criminale condotta dai tedeschi in
danno della popolazione civile italiana di San Miniato, ritenendo
invece preferibile accogliere la tesi di un errato svolgimento di un
tiro di artiglieria da parte di truppe alleate».
Dalle parole conclusive del Procuratore De Paolis, si evince che
nessuno avesse fino a quel momento richiesto copia del provvedimento
per prenderne conoscenza (38).
Dunque la notizia era veramente rimasta sconosciuta a tutti,
all'Amministrazione Comunale, ai familiari delle vittime, alla
Diocesi di San Miniato, ma anche ai membri della Commissione
istituita nel 2001 e che nel frattempo aveva pubblicato i risultati
(2004).
Giunta
la lettera nelle mani di Giuseppe Chelli, la notizia fu diffusa a San
Miniato, rinfocolando nuovamente le polemiche, per la verità, mai
sopite. A questo punto Giuseppe Chelli, in data 10 luglio 2006, oltre
a ringraziare il Procuratore, chiese ed ottenne una copia del decreto
di archiviazione (39),
che poi l'anno seguente fu proposto in
appendice alla pubblicazione di C. Biscarini e G. Lastraioli, De
bilia. Ultima ripassata sulla strage del Duomo di San Miniato (22
luglio 1944),
Le Memoriette – 3, Empoli, 2007.
NOTE
E RIFERIMENTI
(01)
Il
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI, emesso dal Giudice per le Indagini
Preliminari dott. Marco De Paolis del Tribunale Militare della Spezia
e depositato in Cancelleria in data 20 aprile 2002, è proposto in
appendice alla pubblicazione di C. Biscarini e G. Lastraioli, De
bilia. Ultima ripassata sulla strage del Duomo di San Miniato (22
luglio 1944),
Le Memoriette – 3, Empoli, 2007.
(02)
Archivio
Storico del Comune di San Miniato, F200 S062 UF184, 22
Luglio 1944. Inchiesta Eccidio del Duomo,
fasc. n. 1, Relazione
dell'Inchiesta;
ed. «Miscellanea
Storica della Valdelsa»,
n. 189/197, LXXIV-LXXVI, 1968-1970, pp. 270-279; poi riproposta in M.
Battini e P. Pezzino, Guerra
ai Civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944,
Saggi Marsilio, Venezia, 1997, pp. 374-381. La trascrizione completa
è proposta anche su Smartarc nel post LA
“RELAZIONE GIANNATTASIO” SULLA STRAGE DEL DUOMO DI SAN MINIATO.
(03)
Archivio
Storico della Camera dei Deputati, Documenti
declassificati di Commissioni parlamentari d'inchiesta,
Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento
di fascicoli relativi a crimini nazifascisti (XIV Legislatura),
Ministero
Affari Esteri,
il
cui indice è consultabile on-line.
(04)
E.
Raisi, Relazione
Finale,
Commissione Parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento
di fascicoli relativi a crimini nazifascisti istituita con legge 15
maggio 2003, n. 107, approvata dalla Commissione nella seduta dell'8
febbraio 2006 e trasmessa alle Presidenze delle Camere il 19 febbraio
2006, pp. 41-42; 50. La
relazione è consultabile on-line.
(05)
Ivi,
pp. 43-45.
(06)
P.
Paoletti, 1944
San Miniato. Tutta la verità sulla strage,
Mursia Editore, Milano, 2000, p. 61.
(07)
Ivi,
pp. 45-63.
(08)
I
due testi del Procuratore Generale Militare Umberto Borsari sono
tratti dalla già citata Relazione
Finale di
E. Raisi alla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle cause
dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti; i
passaggi si trovano alle pp. 57-58.
(09)
E. Raisi, Relazione
Finale,
Commissione Parlamentare... cit, pp. 64-66.
(10)
Ivi,
p. 65.
(11)
Ivi,
pp. 67-77.
(12)
Ivi,
pp. 78-81. In queste pagine sono riportate anche le parole del
Ministro Martino riproposte in questo post.
(13)
Ivi,
pp. 82-88.
(14)
Ivi,
pp. 89-92.
(15)
Ivi,
pp. 98-102.
(16)
Ivi,
pp. 103-107.
(17)
Ivi,
pp. 108-118.
(18)
Ivi,
pp. 243-245.
(19)
C.
Carli, Relazione
di Minoranza,
Commissione Parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento
di fascicoli relativi a crimini nazifascisti istituita con legge 15
maggio 2003, n. 107, approvata dalla Commissione nella seduta dell'8
febbraio 2006 e trasmessa alle Presidenze delle Camere il 19 febbraio
2006, pp.
422-426.
La
relazione è consultabile on-line.
(20)
E.
Raisi, Relazione
Finale,
Commissione Parlamentare... cit, p. 119.
(21)
Ivi,
pp. 218-221.
(22)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI, emesso dal Giudice per le Indagini
Preliminari dott. Marco De Paolis del Tribunale Militare della Spezia
e depositato in Cancelleria in data 20 aprile 2002, pp. 1-2; Ed. C.
Biscarini e G. Lastraioli, De
bilia. Ultima ripassata sulla strage del Duomo di San Miniato (22
luglio 1944),
Le Memoriette – 3, Empoli, 2007, Appendice.
(23)
Ivi,
p. 4.
(24)
Lettera
di Giuseppe Chelli al dott. Gioacchino Tornatore Procuratore Militare
della Repubblica presso il Tribunale Militare di La Spezia del 23
ottobre 2000. Il documento è conservato in copia presso lo stesso
Giuseppe Chelli.
(25)
Decreto
di citazione di persone informate sui fatti, disposto dai Pubblici
Ministeri Dott. Gioacchino Tornatore e Dott. Marco Cocco, datato 8
novembre 2000 e indirizzato a Giuseppe Chelli. Il documento è
conservato in copia presso lo stesso Giuseppe Chelli.
(26)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 4.
(27)
I
due articoli del Canonico Enrico Giannoni furono ripubblicati in
appendice a G.
Lastraioli
e C. Biscarini, §
5. San Miniato (22 luglio 1944. Le schegge non fanno curve,
in Id. Arno
Stellung. La quarantena degli Alleati davanti a Empoli (22 luglio –
2 settembre 1944),
«Bullettino Storico Empolese», n. 9, a. 32-34 (1988-1990), Empoli,
1991, pp. 225-235.
(28)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 5.
(29)
Lettera
di Giuseppe Chelli ai Pubblici Ministeri Dott. Gioacchino Tornatore e
Dott. Marco Cocco, datata 22 gennaio 2001, ad oggetto “Memoria
integrativa della deposizione resa da Chelli Giuseppe l'11 Nov. 2000
sulla strage del duomo di San Miniato del 22 luglio 1944”.
Il documento è conservato in copia presso lo stesso Giuseppe Chelli.
(30)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 5.
(31)
Ibidem.
(32)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 6. Il
testo di Mario Caponi riporta il titolo “San
Miniato – Luglio e Agosto 1944”.
Il documento è conservato in copia presso Giuseppe Chelli.
(33)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 6.
(34)
Ibidem.
(35)
Decreto
di Archiviazione
procedimento n. 262/96/R.IGNOTI... cit., p. 7.
(36)
Ivi,
pp. 8-9.
(37)
Lettera
di Giuseppe Chelli al Procuratore della Repubblica del Tribunale
Militare di La Spezia, datata 4 luglio 2006, ad oggetto “Eccidio
di 55 persone nel Duomo di San Miniato il 22 luglio 1944”.
Il documento è conservato in copia presso lo stesso Giuseppe Chelli.
(38)
Lettera
del Procuratore Militare della Repubblica presso il Tribunale
Militare di La Spezia indirizzata a Giuseppe Chelli, datata 7 luglio
2006. Il documento è conservato in copia presso lo stesso Giuseppe
Chelli.
(39)
Lettera
di Giuseppe Chelli a Marco De Paolis Procuratore della Repubblica del
Tribunale Militare di La Spezia, datata 10 luglio 2006, ad oggetto
“copia
del provvedimento emesso il 20 aprile sull'eccidio del Duomo di San
Miniato del 22 luglio 1944: RICHIESTA”.
Il documento è conservato in copia presso lo stesso Giuseppe Chelli.
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Ad integrazione delle notizie fornite dall'autore circa il deposito dei documenti di corrispondenza tra il sottoscritto e la Procura del Tribunale Militare di La Spezia assicuro che i citati sono in mio possesso e sono stati anche depositati nel mese di Maggio 2017 all'Archivio Storico del Comune di San Miniato, per l'acquisizione.
RispondiEliminaTengo a precisare una circostanza di cui al paragrafo 11) 2° capoverso circa l'indicazione delle persone che si trovavano con me e Paoletti al "noto ristorante " le persone in questione da individuare in "alcuni suoi consulenti" sono il Gen.B.(ris) Sabino Malerba e Gen.D.(ris) Ignazio Spampinato. Per notizie vedi note 269 e 270 a pag.295 di P. Paoletti 1944 San Miniato - Tutta la verità sulla strage Ed. Mursia 2000.
RispondiEliminaThanks for writingg
RispondiElimina