di Giancarlo Pertici
I
CARCIOFI DI SAN MINIATO
Nunziatina,
mani in mano dentro il grembiule accuratamente legato in vita, se ne
sta quasi in su l'uscio della cantina, intenta nel compito tutto suo,
quando ci sono in ballo i carciofi da dividere e il fattore a fare da
guardia. Compito di massaia curiosa e chiacchierona, quale in realtà
non è, ma che le è stato assegnato da quando sono mezzadri in quel
piccolo podere tra Pian delle Fornaci e Vicolo Borghizzi, giusto alle
porte di San Miniato. Ma l'asprezza del podere, tutto a terrazze,
assieme alle stagioni sfavorevoli hanno ridotto notevolmente il
raccolto sia di carciofi che di olive, dal quale vanno sottratti olio
e carciofi da portare all'ammasso. Ben lo sa la massaia in quegli
anni '30 segnati dalle
“sanzioni” che gravano sull’Italia fascista,
ora che cominciano a farsi sentire più vicini i venti di guerra.
La
Massaia in su l'uscio a chiacchierare col fattore, per tenerlo fuori
dalla cantina dove campeggiano in quell'inizio di primavera due tini,
oramai svuotati del vino che riposa tranquillo nelle damigiane. Tini
che si preparano ad accogliere i carciofi raccolti in giornata e
destinati al mercato di Firenze. Lavoro quindi senza pausa di Lillo,
il capoccio, e di Manlio, il giovane figlio, mentre in disparte
Norma, la figlia minore, osserva la scena, senza conoscere il
copione, come se stesse assistendo ad uno spettacolo di magia, perché
questo sta avvenendo. E per raggiungere, lassù, lo sportello di
carico dei tini, due scale appoggiate. Dall’aia i carciofi
ammucchiati vanno a finire dentro i corbelli che due compari del
fattore riempiono con egual numero: un corbello a Lillo e uno a
Manlio.
Entrano
assieme, sotto lo sguardo vigile del fattore, che li segue mentre
salgono ognuno su una scala. Ed è qui che entra in gioco il “lavoro”
di Nunziatina a volgere lo sguardo quando verso l'aia, quando verso
lo stradello di passaggio, quando verso Norma ad ordinarle qualche
faccenda, quando a versare un generoso gotto di vino al fattore che
mai rifiuta, visto che è quello del contadino. Attimi fuggenti,
mentre gli uomini sono già lassù, corbello in spalla a versare il
contenuto ognuno in un tino. Rumore sordo i primi scarichi, appena un
fruscio quelli successivi. Intanto i tini vanno a riempirsi in egual
misura, quello destinato al contadino e quello destinato al padrone.
Ma non è la quantità che è passata per la porta. Qualche corbello
è andato a rifinire altrove. Solo qualcuno, mai senza esagerare per
lasciare al padrone un minimo “bottino”, e perché non sospetti
che oltre la cattiva stagione e oltre l'obbligo di ammasso,
quell'anno ci siano altri fattori (quasi concorrenti di lui...
fattore) a ridurre il raccolto. Ma come ogni magia che si rispetti,
il trucco non viene mai svelato se non agli addetti ai lavori, mai
agli spettatori e così Norma finisce a letto prima che si completino
i giochi.
Ora
viene il bello perché c'è da caricare i carri che domattina presto,
anzi! …appena dopo mezzanotte, partono per Firenze. Un carro a
guida del fattore, ossia di un suo compare, e uno tutto di Lillo che
a Firenze porta i carciofi e alla Lastra deve scaricare delle
damigiane di vino. Non c'è da arrampicarsi per fare il carico e
neppure da ricontare i carciofi che dallo sportellone basso, vanno a
rifinire nuovamente nei corbelli. Corbelli, ...del padrone che mai si
fida, che tornano pari... tanti a Lillo e tanti al padrone. E così,
a magia riuscita con lo svuotamento dei tini finito in parità, il
Fattore se ne va soddisfatto, dopo aver aggiornato il libretto di
mezzadria e dopo aver ingollato l'ultimo gotto di vino col quale
Nunziatina sembra chiudere la serata, quasi un brindisi. Cantina
chiusa, carro sotto la capanna carico di carciofi e damigiane in
attesa della partenza per Firenze e ...tutti a letto!!
Potrebbe
essere il giusto epilogo di una faticosa giornata di lavoro. E invece
per il Lillo e Manlio inizia il lavoro, ...a rinvenire quanto
scomparso per magia. Nottetempo, al buio, in assoluto silenzio è il
recupero, non facile, in quella intercapedine tra tino e tino, dove è
andato a finire, quando un corbello di Lillo, quando uno di Manlio...
ma in egual numero... per un carico alla rinfusa fra corbelli e
damigiane.
Negli
anni '50 in quel podere, abbandonato da Lillo appena dopo guerra,
arriva la famiglia Giusti che continua a prendersi cura sia dei
carciofi, sia degli ulivi. Grande lavoratore il Giusti. Se in quegli
anni '50 ti trovi a passare da Sotto il Ponte e prosegui dopo Frillo
verso Via Ferrucci, e dai un'occhiata a quella carciofaia sulla
destra la noti subito, quella vanga là, piantata in terra, in mezzo
a l’erba, in quella carciofaia del Dainelli a confine col Giusti.
La differenza tra le due carciofaie è evidente. Quella del Giusti
sempre vangata e ben curata, quella del Dainelli tra l’erba, e i
carciofi con evidenti segni di stanchezza. Se poi ci passi nel mezzo
del giorno, diciamo verso le due di un pomeriggio di inizio
primavera, allora puoi assistere ad una scena, identico copione ogni
giorno. Il Dainelli intento a.. ( più nel senso di intenzione che
nello sforzo di... ) ..vangare il campo, vestito di tutto punto,
giacca, panciotto e cravatta; dare una, due, tre, quattro vangate e
un riposino. Una due tre vangate e un riposino. E così via fino al
minimo, fino alla scena madre. La giacca sottobraccio, la vanga ben
infissa in terra, lo sguardo vagante tra il lavoro fatto e la
carciofaia del Giusti, mentre si incammina verso
l'appalto di “Mandorlino” per la solita partita a briscola.
E
nel gesto di indossare la giacca, soffermandosi nuovamente a rimirare
il lavoro fatto e a calcolare quello da fare, quasi a dichiarare
chiusi i giochi... se sei lì, lo puoi quasi anticipare, quasi a
suggerire al Dainelli che fa, quasi fosse una sentenza ...anzi! una
promessa: “DOMANI GLI SI DA UN BEL COLPO”. Tono che meriterebbe,
come fosse un epitaffio, di restare affisso in una lapide su quel
muro alto e austero di quel Vicolo Borghizzi che, altrimenti,
resterebbe testimone muto di quella promessa.
Promessa
che mai fu mantenuta, e che resta a ricordare l’avvio, quasi il là,
all'abbandono delle carciofaie Samminiatesi, come a voler convenire
con il giudizio critico del Carducci nei confronti delle inesistenti
risorse samminiatesi, oggi come allora. Oggi che neppure le cicale
sembrano aver più voglia di cantare all'ombra della Rocca.
Foto
di Francesco Fiumalbi
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