sabato 22 novembre 2014

IL CANE DEL FALEGNAME - Racconto di Stefano Bartoli

↖ RACCONTI DA PIAZZA DEL POPOLO ALLA NUNZIATINA

di Stefano Bartoli


Il cane del falegname.

Tutto iniziò con una breve telefonata dal circolino: Vieni subito, è morto Tuo zio e il cane non fa avvicinare nessuno!

Era già passata l’ora di cena e me ne stavo tranquillo a casa, in ciabatte, di fronte al televisore.
Avverto mia moglie, m’infilo le scarpe, lei indossa velocemente un abito scuro, due colpi di spazzola ai capelli e siamo già in macchina indirizzati a casa di mio zio falegname.
Viveva da decenni nella frazione di S. Miniato chiamata La Serra, lì aveva anche una bottega da falegname.

Mio zio non si era mai sposato e non aveva altri nipoti all’infuori di me, come compagno di vita aveva sempre avuto un cane, anzi diversi cani, perché Lui ne aveva sempre avuto uno e, appena questo moriva, mio zio correva subito a cercarne un altro, giovane, da crescere e addestrare.
Il cane viveva sempre con Lui, sia in casa, sia in bottega, lo accompagnava anche al circolo, tre volte al giorno per il caffè, dopo pranzo e dopo cena la partita a carte con gli amici con il cane accucciato accanto ai piedi.

L’ultimo era di taglia media-piccola, completamente nero, un pelo riccioluto, corto, il naso un po' imbiancato dall'età e un occhio in parte velato, anche questo sintomo di un’età non più giovanile.
Lampo era il Suo nome, gli si addiceva più da giovane, ora sembrava più un “accelerato” che un “rapido”.

Giunti davanti casa vedemmo un capannello di sette o otto persone, quasi fossero di guardia alla porta, dentro si sentiva il cane sbraitare, guaiti lagnosi alternati da un furioso abbaiare, sembrava impazzito.

Entrai subito, poggiai un ginocchio in terra, allungai il braccio e la mano e feci vedere a Lampo una di quelle piccole salsicce secche che gli piacevano tanto, il premio che gli dava sempre mio zio quando faceva qualcosa di buono.
Lampo dai, falla finita, vieni qua e calmati, Beppe non può sentirti più. E’ ancora qui, insieme con noi ma in una nuova dimensione, d’ora in poi sarà sempre con noi, non ci abbandonerà mai. Non abbaiare più, lascia che porti Beppe in casa, lo stenda sul letto, lo lavi e gli metta dei vestiti puliti, non possiamo lasciarlo così, sdraiato sul cemento del pavimento di bottega.
Il cane era sempre stato intelligente, attento e vigile su tutto ciò che avveniva intorno a Lui, questa volta appariva veramente spaesato, come fosse un po’ impazzito.
Avvicinai a Lui anche una ciotola d’acqua pulita e questo lo distolse un po’, si allontanò di qualche passo da mio zio, si lasciò legare al guinzaglio e allora potei accompagnarlo fuori della bottega e rinchiuderlo nel vecchio pollaio.

Dopo un giorno e mezzo abbiamo fatto il funerale. Alla fine uno degli amici di mio zio mi chiese:
Del cane che ne fai? Se non hai posto a casa Tua, in S. Miniato e vuoi lasciarlo qui lo tengo io. Stai tranquillo che con me si troverà bene, come con Tuo zio.
Scossi la testa, più volte.

Ti ringrazio Dante, penso che mio zio avrebbe voluto che tenessi io il cane e farò così.

A quasi sessanta anni di età non ho mai avuto un cane, e nemmeno mia moglie. Pensiamo entrambi che sia una cosa abbastanza facile, lo porti fuori tre volte il giorno, gli dai da mangiare una volta, due o tre volte l’anno lo porti dal veterinario per le vaccinazioni, acqua pulita sempre nella ciotola e qualcosa a lanciargli ogni tanto per giocare a “riportino”.



Arrivati a casa, in S. Martino decisi di far sgranchire le gambe al cane e fargli prendere conoscenza con il Suo nuovo habitat, fatto di salite e discese, ben diverso dal piatto paesaggio di La Serra e della Val d’Egola.
Ci incamminiamo lentamente verso il curvone e scendiamo giù verso S. Miniato Basso, passato la casa del Fiaschi, il cane comincia ad agitarsi e tirare il guinzaglio, faccio fatica a tenerlo. Si fionda verso il ciglione e inizia a scavare una buchetta nel terreno.

Lampo o che sei grullo, che fai? Vien qui! Lascia stare, smetti di scavare, t’insudici tutto e fai danni ai vicini.

Con tanto impegno e fatica riesco a distogliere il cane dalla buca appena fatta, ricopro il tutto con la terra smossa, un po’ alla meglio e mentre il cane non la smette di uggiolare lo riporto verso casa.
Lui sbatte in continuazione il naso sulla tasca, dove tengo le salsicce secche, decido di dargliene una per calmarlo un po’ e lo riporto a casa.
Lo brontolo un po’, perché impari, ma non troppo perché mi pare proprio un po’ partito di testa. Per tutta la settimana usciamo tre volte il giorno, le passeggiate si fanno sempre più lunghe fino a metà della discesa per San Miniato Basso e poi ritorno, o fino al piazzale e rientro, o verso Cigoli o quasi fino al Cimitero.
Solo un paio di volte il cane si fa riprendere dalla fregola di scavare, io lo distolgo, lo porto via, lo brontolo e Lui inizia sempre a sbattere il naso sulla tasca, fino a quando non gli allungo una salsiccia.

Il sabato decido di andare al circolino, a La Serra, dove andava sempre mio zio. Mentre chiacchiero con i Suoi vecchi amici racconto anche a Loro delle stranezze del cane, vedo che sorridono, ammiccano fra Loro fino a quando uno mi dice: Oh “nini” ma Te che lavoro fai? Io nulla, sono in pensione, ho lavorato quasi trenta anni a Santa Croce, tagliavo le pelli per una pelletteria: borse, portafogli, cinture, custodie per occhiali, guanti ecc.
Allora ascolta me, il cane è furbo, non grullo e sa far bene il Suo mestiere, quando scava tiralo via, metti la mano nel buco e scava ancora Te, delicatamente, vedrai che in quel buco troverai un bel tartufo. La salsiccia che reclama è il Suo premio, così l’aveva abituato Tuo zio. Sei te che sei un po’ scemo o almeno un po’ ignorante, ma stai tranquillo lasciati portare dal cane e lui t’insegnerà.

Rimasi di stucco, che figura da scemo.


Non sapevo come scusarmi con il cane, allora lo presi e lo portai alla toilette, giù a S. Miniato Basso e gli feci dare una bella lavata, poi di corsa dal veterinario.
Fortunatamente non c’erano grossi problemi, l’occhio sinistro aveva perso diversi decimi di vista, ma era solo l’età. Il cane ci vedeva ancora abbastanza. Il cuore non era più quello di un giovanotto ma bastava avere l’accortezza di non farlo correre troppo.
Da quel giorno le tre uscite quotidiane avevano anche uno scopo in più: Cercare tartufi.
A sessant’anni son dovuto ritornare a scuola per prendere il patentino di cercatore autorizzato e son contento che adesso posso dedicarmi a quest’attività insieme a Lampo.

Non è solo il cane del mio vecchio zio, è una piccola miniera d’oro.



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