a
cura di Francesco Fiumalbi
INTRODUZIONE
In questa pagina è proposto il
discorso di Alessandro Martelli in occasione del “battesimo” di
San Miniato Basso, nome nel quale si erano unite le frazioni di
Pinocchio, Case Nuove e Ontraino con la delibera del Consiglio
Comunale di San Miniato del 9 giugno 1924 [ASCSM, F200 S010 UF016, n.
65]. La cerimonia e i festeggiamenti si tennero il giorno 19 ottobre
1924, alla presenza delle autorità cittadine, del Sindaco Piero
Folgo Gentile Farinola, del parroco Don Pio Sestini, oltre che
dell'onorevole Alessandro Martelli.
Alessandro Martelli [Caltanissetta,
25 novembre 1876 – Firenze, 5 ottobre 1934] fu un geologo e
politico fiorentino, originario di Vinci, poi docente universitario a
Firenze e a La Sapienza di Roma. Partito volontario durante la Prima
Guerra Mondiale, si avvicinò poi al fascismo e partecipò alla
“marcia su Roma”. Nel 1924 fu eletto alla Camera dei Deputati nel
collegio toscano per il PNF. In seguito fu nominato Ministro
dell'Economia (1928-29), occupandosi, fra le varie cose, della
costruzione dell'Autostrada Firenze-Mare e della ristrutturazione
dell'Agip. A pochi mesi dalla morte, venne eletto Senatore. [per
approfondire si veda il Dizionario
Biografico degli Italiani ↗]
San Miniato Basso, via
Tosco-Romagnola Est angolo via Aldo Moro
Foto di Francesco Fiumalbi
IL
DISCORSO DI BATTESIMO
Il compito di pronunciare il
discorso di “battesimo” fu assegnato proprio ad Alessandro
Martelli, invitato quale ospite d'onore, in virtù della carica di
onorevole e personalità vicina al governo nazionale. D'altra parte,
ancora oggi è largamente diffusa la consuetudine di invitare
personalità del mondo politico ed istituzionale a presenziare
cerimonie, inaugurazioni o particolari commemorazioni. Questo è ciò
che avvenne anche il 19 ottobre 1924.
Il discorso, in sintesi, si compone
di due parti: una vasta introduzione storica, a ricordo
dell'importanza nei secoli passati di San Miniato, definita “città
madre”, e l'auspicio di pari grandezza per la città nuova,
dove finalmente sarebbero potute fiorire attività produttive e
commerciali.
Non mancano nemmeno alcuni spunti
della retorica del tempo, come il collegamento fra l'unità nazionale
e quella di San Miniato Basso, oltre allo spirito del tempo dovuto
alla “rivoluzione fascista”.
C'è poi l'immagine della Rocca di
Federico II “che da ogni parte
del circondario si contempla snella e solenne”
a cui viene assegnato l'auspicio che
“possa
al pari di un faro luminoso additare la città di S. Miniato come un
porto al sicuro da ogni tempesta”.
Questo è un particolare assai interessante, in quanto proprio in
quegli anni si era costituito il Comitato “Pro Monumento ai Caduti”
che il 24 maggio 1928 inaugurò il “Faro Votivo” sul rocchetto
più alto della torre. Evidentemente l'on. Martelli era a conoscenza
di tale progetto e volle in qualche modo richiamarlo nel suo
discorso.
Di
seguito è proposta la trascrizione del Discorso
pronunziato per la cerimonia di battesimo di S. Miniato Basso
dall'On. Prof. Alessandro Martelli,
pubblicato sul «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», anno VI,
fasc. 1-2, ottobre 1925, pp. 27-31:
[027]
DISCORSO
PRONUNZIATO
PER LA CERIMONIA DI BATTESIMO DI S. MINIATO BASSO
DALL'ON.
PROF. ALESSANDRO MARTELLI
Non
è un esodo dal colle al piano quello che oggi celebrate, ma è
un'intima fusione di anime, di interessi e di propositi per imprimere
un nuovo ritmo alla vita economica e apportare nuovi fastigi,
all'autorità dello storico Comune di S. Miniato.
Le
tre borgate, che fanno gettito del loro vecchio nome per integrare
quello del Capoluogo, portano, si, a S. Miniato il tributo delle loro
forze operose, e la gagliardia dei loro intendimenti, ma vengono pure
a fruire dell'immenso patrimonio morale che nei suoi secoli di storia
S. Miniato seppe accumulare.
La
vecchia città dominatrice della via da Firenze al mare, sorge,
lassù, sul colle magnifico fra l'Elsa e l'Evola, per volere di
imperatori; così come anche nei secoli più oscuri fiorì per favore
di Signorie e di Pontefici.
La
generazione odierna fiera del suo passato, fidente appieno nel suo
avvenire, vuol far vibrare più forte e più ammonitore che mai
proprio palpito di fratellanza e di concordia. Le popolazioni del
piano dedite ad una diuturna vita di lavoro presso alle più battute
vie del traffico, si rivolgono alla città madre, [028]
che
dall'alto le contempla, le assiste, le protegge, con una rinnovata
prova di devozione e con la risoluta conferma di serbarsi degne di
una terra che ha offerto alla Patria largo contributo di opere,
durante la pace; e non meno ampio contributo di sangue e di
sacrificio, di gloria e di giovinezze, durante la guerra.
La
Rocca ghibellina – su cui si elevarono le insigne di quella
podestà, che pur nella fantasia di Dante apparve come il risorgere
del sacro romano impero, dominatore del mondo.... spicca
all'orizzonte come una mole tutelare del Valdarno inferiore a
testimonianza perenne di una grandezza passata, ma riconquistabile
ancora attraverso le opere di una città nuova, alimentata dal lavoro
fecondo.
Si
addensano le nebbie nello sfondo dei secoli, ma l'ardore del popolo
nella ricerca affannosa delle sue glorie riesce a diradarle per
ritrovare le fonti e le vie della sua odierna prodigiosa grandezza.
Le
grandi figure e gli avvenimenti che furono, pur con le linee confuse
ed i particolari affievoliti dal tempo, si succedono fulgide alla
nostra mente come le leggende dell'eterna poesia popolare, che
commuovono l'anima umana anche se imprecisate nei confini e nell'età.
Passano
oggi in una visione affascinatrice di fronte a noi i tempi di Ottone
I che fondò la sede dei Vicari Imperiali presso la vecchia Pieve
vostra, o Samminiatesi. Passano sullo schermo magico della storia ad
uno ad uno i Vicari e gli Imperatori. E' avanti a tutti quell'Arnolfo
Tedesco il cui attributo rimase come marca di origine al vecchio S.
Miniato; e lo segue pochi anni dopo Bonifacio Marchese di Toscana,
che dette all'Italia Matilde di Canossa, la donna che più d'ogni
altra ha impresso un'orma profonda negli avvenimenti medioevali della
stirpe nostra.
Come
avvolte in un bagliore d'incendi noi vediamo ancora attraversare nel
firmamento storico di S. Miniato le schiere del Barbarossa, che
imperversarono [029]
sull'Italia
e dal mal domato spirito di nostra gente ebbero a Legnano la prova
della possanza Lombarda.
Ma
ecco che alle visioni guerresche delle frotte di armati e di
condottieri, succede il ricordo dell'ingiusto martirio e della fine
violenta di costui che tenne «ambo
le chiavi del Cor di Federigo». E sembra che, al frastuono delle
trombe e al fragore delle armi, succeda attorno alla Rocca che tanto
scempio conobbe, un inno di gloria in onore di Pier delle Vigne, che
alla Corte di Svevia con Federico II, dette all'eloquio italico
consacrazione e vita.
Le
fiumane degli anni travolgono le vicende. Cadono anche gli Svevi e si
annega alla Meloria la potenza pisana; ed ecco S. Miniato aderente
alla lega Guelfa con Firenze e con la sua Repubblica. Si hanno
ancora, sì, tentativi di ribellione sanguinosa nel nome di una
libertà Samminiatese, ma sono vani conati, che il principio
dell'unità regionale in definitivo trionfa sì che a rampogna del
vieto campanilismo si sfoga la vena giocosa di Ippolito Neri.
Intravediamo ancora confuse le gesta rivendicatrici dei fuoriusciti
Ghibellini e un lampo di maggior luce segna il passaggio di
Ferruccio; ma con la caduta della Repubblica fiorentina la Storia di
S. Miniato finisce, per fondersi con quella di Firenze, dei Medici e
dei Lorena.
Il
richiamo alla storia giova a dimostrare che Signorie e Repubbliche
preparano ovunque i fermenti dell'unità nazionale, così come le
vicende fra castellani e terrieri maturano il destino per una più
stretta attività comunale. Il popolo italiano intende valersi anche
del proprio passato, per ricostruire il grande avvenire della Patria
sua.
Le
cronache di Dino Compagni e le istorie del Guicciardini e del
Muratori, e lo stesso Macchiavelli, fanno accenni infiniti alla
irrefrenabile irrequietudine civica della Toscana ed anche al suo
difetto di qualità rivoluzionarie. Ma ora in pieno compimento
dell'unità [030]
nazionale,
dopo esserci dimostrati resistenti e vittoriosi nelle grandi imprese
collettive della guerra e della rivoluzione, le reliquie delle virtù
guerriere dei vecchi Comuni e delle miserande competizioni locali,
vanno relegate per sempre nei Musei d'antichità. Bene hanno fatto le
popolazioni del piano a unirsi in un abbraccio indissolubile nel nome
di S. Miniato Basso ad esempio in uno spirito nuovo, sorto dal
tormento infinito per conseguire la vittoria e scaturito dalla
rivoluzione fascista, per l'offerta alla madre Patria di ogni più
fervida aspirazione e di ogni più grave sacrificio individuale, di
ogni egoismo di classe, di ogni egoismo di paese.
Perché
un Comune viva e rigogli deve conservare intatte le sue forze e le
sue risorse. La vita di un Comune è vita di una grande famiglia, è
corrispondenza di sentimenti, è affiatamento di energie unificate,
per essere condotte, poderose e compatte, a costituire la grande
realtà della Patria. La politica nazionale è permeata infatti di
tutte le attività del Paese, e quanto giova a rinsaldare i vincoli
di una sempre più ampia vitalità comunale e regionale, è opera
somma di saggezza civile. Ecco perché il benemerito Comitato può
andare superbo per l'iniziativa qui oggi attuata.
Sia
salda anche S. Miniato Basso nella sua Missione di ausilio al
benessere della città madre. Né lo arrestino i deprecabili
antagonisti, che tendono a dilaniare ed annullare le opere migliori.
Per conseguire l'intento si incoraggino i volenterosi e si sospingano
gli inerti, per esigere che tutti, e grandi e piccoli, portino il
proprio sassolino alla costruzione dell'edificio mirabile.
Assecondino
questa opera di concordia civile tutte le energie fattive, tutte le
anime migliori, quanti per aver combattuto nella grande guerra o per
avervi perduto delle persone care, sentono di amare l'Italia tanto
più forte quanto più per essa soffrirono e piansero.
[031]
Quest'appello
non sarà vano nei nostri paesi di provincia e nelle nostre campagne,
ove le anime sono più sincere e le passioni più pure.
…..................................................................................................................................................................................................................................
[nota (1) L'On. Martelli espone quindi le attività economiche di S.
Miniato, che qui tralasciamo, e passa di poi alla conclusione del suo
magnifico discorso]
O
S. Miniato, perpetua nell'avvenire la serena poesia dei secoli
trascorsi e moltiplica le tue energie per un sempre florido dimani.
Possano
in ogni tempo e in ogni evenienza i tuoi cittadini mantenere intatta
quella unità di volere che rende potente ogni popolo e vittoriosa
ogni sua impresa. Possano le forze vive della produzione e del
commercio trovare sempre in S. Miniato Alto e Basso un campo di
attività senza confini per assicurare vita prospera e degna al
vecchio Comune, rafforzato dalla concordia e solidarietà cittadina
entro e fuori delle sue mura. E la torre che da ogni parte del
circondario si contempla snella e solenne possa al pari di un faro
luminoso additare la città di S. Miniato come un porto al sicuro da
ogni tempesta.
Davanti
alla lapide oggi scoperta in ricordo di questa cerimonia battesimale
arda sempre, accanto alla face della fraternità samminiatese, la
fiamma di quella fede indomabile che pone sempre più in alto sempre
più prossimo a Dio il culto della Patria grande e potente, per la
quale la gioventù migliore ha saputo precocemente morire; per la
quale tutti noi, sopravvissuti, dovremo degnamente operare.
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