a
cura di Francesco Fiumalbi
Indice del post:
INTRODUZIONE
LA CAMPAGNA D'ITALIA E
L'ARRIVO IN TOSCANA
IL CANONICO FILIPPO
BUONAPARTE
NAPOLEONE A SAN MINIATO
LA NOTIZIA NE “LA
GAZZETTA TOSCANA” E “LA GAZZ. UNIVERSALE”
EPISODIO FAMILIARE O
CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
NAPOLEONE: LA MEMORIA
DELL'INCONTRO
IL
CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE
DELL'800
NOTE
E RIFERIMENTI
INTRODUZIONE
Fra
i personaggi illustri legati a San Miniato troviamo Napoleone
Bonaparte. Nato ad Ajaccio il 15 agosto 1769, fu il protagonista
indiscusso degli anni successivi alla Rivoluzione Francese (1789),
fino a diventare “Imperatore” nel 1804, prima delle numerose sconfitte
subite fino alla celebre Battaglia di Waterloo
(1815), che ne segnò il declino definitivo. Morì esiliato all'Isola
di Sant'Elena il 5 maggio 1821. Napoleone, come è noto, apparteneva
ad una famiglia originaria della Toscana. All'epoca, un ramo di questa casata era ancora esistente a San Miniato nella persona del
Canonico Filippo Buonaparte, che non mancò di visitare fra il 29 e
il 30 giugno 1796, durante le operazioni per l'occupazione del porto
di Livorno.
In
questo post sono proposti i tratti salienti dell'episodio che vide il
giovane comandante francese, appena ventiseienne, in visita al
parente sanminiatese. Sono riportate testimonianze e documenti del
tempo, compreso il ricordo che ne fece lo stesso Napoleone durante il
suo esilio a Sant'Elena. Si rimanda ad altre occasioni la trattazione
i diversi argomenti “collaterali”, come la raffigurazione di
Egisto Sarri, l'epigrafe in via Paolo Maioli e il dibattito che ne
seguì, le ulteriori memorie di Napoleone riguardo l'origine della
sua famiglia, la scultura lignea conservata presso l'Accademia degli
Euteleti e molte altre cose.
Immagine
tratta da H. L. Reed, Napoleon's
young neighbor
Boston, 1907, p. 80.
LA
CAMPAGNA D'ITALIA E L'ARRIVO IN TOSCANA
Il
12 aprile 1796 prese avvio la cosiddetta “Campagna d'Italia”.
L'esercito francese, guidato dal ventiseienne Napoleone Bonaparte,
penetrò attraverso l'Italia settentrionale e sconfisse ripetutamente
le forze militari austriache e piemontesi. Appena un mese dopo, il 15
maggio, venne ratificata la Pace di Parigi con la quale la Savoia e
la Contea di Nizza vennero assegnate alla Francia. Dopo aver
sconfitto gli austriaci nella Battaglia di Lodi, il 14 maggio
Napoleone fece il suo ingresso a Milano. Nei primi mesi di giugno
l'esercito si mosse verso Mantova, prima di rivolgere l'attenzione ai
territori padani dello Stato Pontificio e al vicino Granducato di
Toscana di Ferdinando III degli Asburgo-Lorena, legato quindi
all'Impero Austriaco. Una volta a Bologna ricevette una delegazione
Toscana, inviata per scongiurare l'occupazione francese del
Granducato. Nonostante la buona accoglienza, Napoleone nei giorni
successivi fece attraversare l'Appennino al suo esercito giungendo a
Pistoia. Attraverso la Valdinievole, arrivò presso Fucecchio, dove
attraversò l'Arno e penetrò nel territorio sanminiatese. Al
Pinocchio (o Pidocchio, oggi San Miniato Basso) l'esercito si immise
nell'antica via
Pisana procedendo
verso Pontedera e poi, passando attraverso la fascia pedecollinare,
giunse a Livorno il 27 giugno. Qui i francesi occuparono il porto e
tolsero alla flotta inglese un'importante base di appoggio. Da
Livorno, Napoleone si mosse quindi alla volta di Firenze,
ripercorrendo la via Pisana in direzione opposta e sostando una notte
a San Miniato, ospite del Canonico Filippo Buonaparte, fra il 29 e il
30 giugno 1796. Nel capoluogo toscano, venne accolto dal Granduca
Ferdinando III con tutti gli onori, prima di ripartire alla volta
della pianura padana e dello scenario di battaglia presso Mantova.
IL
CANONICO FILIPPO BUONAPARTE
Antonio Filippo
Buonaparte (San Miniato, 3 agosto 1733 – 24 dicembre 1799) nacque
da Attilio di Giovanni Battista Buonaparte e da Rosa di Niccolò,
fratello del medico Giovan Battista. Fu battezzato in Cattedrale il 4
agosto 1733 e il 20 marzo 1756 venne ordinato sacerdote a Pisa, dove
frequentava l'Università. Il 29 di quello stesso mese venne nominato
Canonico della Cattedrale di San Miniato, per il Canonicato
Buonaparte, a cui tuttavia rinunciò nel 1774. Con decreto vescovile
del 17 maggio 1770 divenne canonico “teologo”.
Oltre ad essere maestro
di Teologia e dottore in Diritto Canonico, fu esaminatore sinodale e
ricoprì anche l'incarico civico di Cancelliere del Gonfaloniere e
dei Priori della Comunità di San Miniato nel 1794. Alla morte lasciò
i suoi beni ai poveri delle parrocchie di Santo Stefano a San Miniato
e di Santa Lucia a Calenzano, dove venne sepolto presso l'altare di
San Pietro in Vincoli (01).
Incisione
di Jules David, pubblicata in E. M. S-Hilaire,
Storia
popolare aneddotica e pittoresca di
Napoleone
e della grande armata, Torino, 1844, p. 82.
e della grande armata, Torino, 1844, p. 82.
NAPOLEONE
A SAN MINIATO
«Ai
29 dei mese di giugno parli Napoleone da Livorno; e
contemporaneamente la maggior parte della truppa colà condottavisi,
retrocesse per la via dell'Abetone al Po, mentre una frazione
traversata Lucca s'impossessava di Massa e Carrara, e taglieggiava i
feudatari imperiali della Lunigiana, specialmente i Malaspina.
Fermatosi
il generale a pernottare nella città di S. Miniato dal canonico
Filippo Bonaparte, ultimo di sua stirpe, che dicevasi congiunto per
antica parentela con Napoleone, fu dal buon prete e dai Samminiatesi
onorato quanto lo comportava la piccolezza della terra.»
Queste le parole dello storico ottocentesco Antonio Zobi (02).
Napoleone
giunse a San Miniato la sera del 29 giugno 1796, e precisamente in
visita al Canonico Filippo Buonparte, suo lontano parente. Pernottò
nella casa dei Buonaparte assieme ad alcuni suoi ufficiali e la
mattina seguente, prima di ripartire alla volta di Firenze, fu
omaggiato della visita del Vescovo e delle autorità cittadine.
Su
questo celebre incontro molto è stato scritto, ipotizzato e
ricostruito. Alcuni parlano di un improbabile consiglio di guerra,
come riportato anche nell'epigrafe posta sul palazzo in via Paolo
Maioli; altri cercano di immaginare lo spirito del generale còrso,
intriso dei valori rivoluzionari, di fronte all'anziano canonico che
gli parla di antenati da canonizzare.
Il
cronista sanminiatese Niccola
di Tommaso Gagliardi [San Miniato, 1777 – 3 gennaio 1856] narra
questo episodio di cui, probabilmente, non fu proprio testimone
diretto. Nell'economia della sua cronaca cittadina, l'incontro fra
Napoleone il Canonico Filippo Buonaparte rappresenta una sorta di
“introduzione” ai fatti che poi avvennero negli anni seguenti e
su cui si concentra principalmente la narrazione. In ogni caso,
questo suo testo rappresenta l'unica testimonianza narrativa
sanminiatese relativa a tale episodio. Di seguito il testo:
«La
Famiglia Bonaparte era oriunda Samminiatese, perciò nel ritorno che
fece il Generalissimo Bonaparte da Livorno, per ritornarsene alla Sua
Armata sotto Mantova, passò di Samminiato che fu nel fine del mese
di giugno 1796 circa le ore 11 della notte, con Carriaggi e corpo
militare, accompagnato da alcuni Generali, e da circa 50 Soldati a
cavallo, ed andò a smontare al palazzo del Molto Ven.do Sig. Can.co
Bonaparte suo parente; nel giorno dopo ripartì e andò a Firenze,
dove si trattenne due giorni, e fu trattato a pranzo dal Granduca, e
poi se ne ripartì per la sua Armata sotto Mantova.»
(03).
LA
NOTIZIA NE “LA GAZZETTA TOSCANA” E NE “LA GAZZETTA UNIVERSALE”
Importanti
dettagli della visita sanminiatese di Napoleone furono riportati
anche nei “giornali” del tempo, come la Gazzetta
Toscana,
organo di informazione del governo granducale, che usciva
settimanalmente. Di seguito sono proposti i tre brani datati 30
giugno 1796, 2 luglio 1796 (notizia con ulteriori dettagli) e 23
luglio 1796 (conferimento dell'onorificenza al Canonico Filippo
Buonaparte).
Estratto
dalla «Gazzetta Toscana», n. 27 del 30 giugno 1796, p. 107; stesso
testo pubblicato anche nella «Gazzetta Universale», n. 53 del 2
luglio 1796, pp. 423-424:
SAMMINIATO
30. GIUGNO.
Giunse
in questa Città nel dì 27 un Ajutante di Campo del Gen. Bonaparte
da esso spedito a questo Sig. Canonico Filippo Bonaparte unico
superstite degli Agnati del prode Generale coll'avviso del suo
passaggio per la strada che da Fucecchio conduce a Livorno. A tale
annunzio molti di questi abitanti scesero sulla strada maestra per
riconoscere questo loro immortale Concittadino. Penetrato da tale
dimostrazione promuse il Generale che al suo ritorno avrebbe onorato
colla sua presenza la nostra Città, e visitato particolarmente il
predetto Sig. Canonico suo Agnato. Infatti nella sera del dì 29 ci
fu annunziato il di lui arrivo per mezzo di un Trombetta che
precedeva la Guardia a cavallo, e dopo 4 ore giunse col suo stato
maggiore e smontò alla casa de' suoi Antenati, ove prese riposo.
Nella mattina susseguente ricevé qui alcuni Dispacci, in seguito de'
quali tenne Consiglio co' suoi Ufiziali, e rimase nel suo gabinetto
fino all'ora del pranzo, dopo il quale partì immediatamente alla
volta di Firenze. Questi abitanti si portarono ad ossequiarlo, e gli
esternarono i loro sentimenti di congratulazione e di stima per le
sue gloriose imprese, ed il desiderio di dargliene dei pubblici
attestati, se l'angustia del tempo non l'avesse vietato. Il Generale
corrispose a tali espressioni colla maggiore sensibilità, e con
sinceri ringraziamenti.
Estratto
dalla «Gazzetta Toscana», n. 28 del 2 luglio 1796, pp. 110-111:
SAMMINIATO
2. Luglio.
In
supplemento a quanto fu da noi riferito nello scorso Ordinario ci
sono pervenute le seguenti notizie. Il nostro Sig. Filippo Buonaparte
patrizio Fiorentino, nobile Samminiatese, e Canonico Teologale di
questa Chiesa fu replicatamente invitato dall'illustre suo Agnato S.
E. il Sig. Gen. in Capite Bonaparte di scendere alla posta della
Scala sulla strada regia, poiché desiderava di abbracciarlo.
Gl'incomodi di salute ch'ei soffre non gli permisero d'uscire di casa
e ciò fece risolvere il prelodato Sig. Comandante a promettergli la
visita ch'egli effettuò nella notte dei 29 venendo i 30. Il Sig.
Tenente Bonaparte che precedé il suo Fratello Generale giunse qui
alle ore 8 di sera coll'avviso al prefato Sig. Canonico che avrebbe
il Geneale Comandante pernottato presso di lui. Arrivò egli alle ore
2 con tutto il suo seguito, ed erano prima di esso arrivati due
trombetti, alcuni Dragoni e diversi Ufiziali. Si abbracciarono i due
rispettabilissimi congiunti, si trattenneto a parlare insieme, quindi
passarono a cena, e poscia al riposo. In varie abitazioni di Nobili e
Cittadini alloggiarono diversi Ufiziali. Nella mattina Monsig.
Vescovo in compagnia del suo Vicario Generale e di due Canonici si
portò ad ossequiare l'illustre Guerriero, e fu accolto con somma
gentilezza. Il nostro Vicario Regio essendo ammalato non poté fare
lo stesso. La Nobiltà si portò pure ad ossequiarlo ed i Sigg.
Simone Cardi Cigoli e Dario Marcati inchinarono nel tempo del pranzo
il Generale Comandante in nome del loro ceto e di tutto il Pubblico
Samminiatese. Il Sig. Cardi Cigoli di olse la parola al Sig. Genarale
e congratulandosi del di lui arrivo, e rilevando l'onore ch'egli
compartiva a questa Città, sentì replicarsi che sensibile a tali
espressioni avrebbe sempre riguardato con parzialità la Città di
Samminiato che riconosceva come sua Patria, e che desiderava di
esserle utile in qualunque incontro.
Estratto
dalla «Gazzetta Toscana», n. 30 del 23 luglio 1796, p. 118:
E'
stato partecipato al Nob. Sig. Canonico Filippo Buonaparte un Sovrano
Motuproprio del seguente tenore.
Sua
Altezza Reale il Serenissimo Arciduca Granduca, e Gran Maestro
dell'Ordine di S. Stefano informato della Nobiltà della Famiglia
Buonaparte dispensa il Canonico Filippo Buonaparte dal farne le
prove, e gli concede di poter vestire l'Abito Equestre del detto
Ordine per Giustizia.
Dato
li 9. Luglio 1796.
EPISODIO
FAMILIARE O CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
Sull'incontro
fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte è stato scritto
moltissimo. In particolare, gli studiosi si sono interrogati circa la
portata dell'episodio: una visita familiare o un'operazione carica di
suggestioni? Certamente il ventiseienne Napoleone doveva essere
curioso di incontrare i parenti toscani e di visitare il luogo dove
egli riteneva che traesse origine la sua famiglia. Sulle altre
argomentazioni, la cosa si fa un po' più complicata. E' vero che il generale francese aveva grandi ambizioni, ma da qui a
sostenere che andasse in ricerca del mito dell'“antico” o
comunque del rinascimento, espressione di signorie e interessi non
proprio ben visti con l'ottica della Rivoluzione Francese, appare
un'operazione alquanto discutibile. Probabilmente Napoleone, pur
spavaldo e sognatore quale fosse, nel 1796 non poteva immaginare
nemmeno lui che un giorno sarebbe diventato Imperatore
(1804). Inoltre, in Toscana si trattenne appena pochi giorni, lo
stretto tempo necessario per occupare il porto di Livorno a danno degli Inglesi e tenere “buono” il Granduca Ferdinando III, legato a
doppio filo ai nemici austriaci. Se avesse voluto cercare altro,
sicuramente si sarebbe mosso diversamente. E così traspare anche
dalla memoria dello stesso Napoleone, proposta nel paragrafo
successivo.
Queste, in sintesi, le
due interpretazioni che vengono attribuite all'episodio:
«Fu,
la sosta a San Miniato, il frutto di una convinzione precisa; né può
esser diversamente: e cioè di quella che davvero, all'ombra della
torre di Pier delle Vigne, avevano camminato e vissuto gli antichi
Bonaparte, esuli da Firenze»
A. M. Fortuna (04)
«[...]
la
fuggevole visita a San Miniato perde ogni sapore di circoscritto
episodio locale, buono tutt'al più ad alimentare qualche legittimo
orgoglio cittadino, e si sottrae anche ad una interpretazione tutta e
freddamente politica: una scontata operazione “d'immagine” dietro
la quale c'è soltanto il cinismo dell'uomo di Stato. Non si può,
peraltro, dimenticare che il luogo – San Miniato – e la terra
dove esso è posto – la Toscana – sono depositari di suggestioni
simboliche niente affatto trascurabili. […]
essa
incarna se non esattamente l'antico, […]
un
momento non meno decisivo quale è la riscoperta e la mediazione con
l'antichità che si opera, appunto col Rinascimento fiorentino. […]
poiché
si potrà a giusta ragione mostrare come l'arrivo dei francesi, con i
loro nuovi ideali ma anche con la guida di un condottiero che rimanda
con la perentorietà delle sue imprese alla spregiudicata vitalità
dei capitani rinascimentali, segni la data di una rigenerazione
intellettuale e civile che una volta di più si esprime nelle forme
di un rinnovato patto con l'antico».
L. Mascilli Migliorini (05).
ou
les derniers momens de Napoléon,
Tome
Premier, chez
Barrois, L'Ainé,
Paris, 1825,
frontespizio
NAPOLEONE:
LA MEMORIA DELL'INCONTRO SANMINIATESE DURANTE L'ESILIO DI SANT'ELENA
Assai
curioso e ricco di dettagli, è il ricordo di quell'incontro che
Napoleone riferì al suo medico Francesco
Antommarchi durante l'esilio a Sant'Elena. L'episodio viene
trattato il 12 ottobre 1820, cioè a quasi 25 anni di distanza da
quando avvenne realmente. E' probabile, dunque, che Napoleone abbia
aggiunto o ingrandito alcuni dettagli, omettendo o sminuendone altri.
Da un punto di vista storico, la memoria di Napoleone è
perfettamente aderente ai fatti desunti dalle altre fonti, ovvero il
cronista sanminiatese Niccola
di Tommaso Gagliardi e
la Gazzetta Toscana.
Questa
narrazione è particolarmente interessante poiché rivela il punto di
vista del giovane generale francese: la curiosità per quell'anziano
e lontano parente sanminiatese, acuto, privo di bigottismo e attento
all'accoglienza del celebre ospite e del suo seguito. Svela
l'atmosfera dell'incontro: giocosa e di festa, probabilmente l'unico
momento in cui Napoleone poté rilassarsi dopo molte giornate
intense. E poi la descrizione dell'incontro notturno, nell'intimità
familiare, dove il vecchio canonico mostrò gli alberi genealogici e
chiese a Napoleone di adoperarsi per canonizzare un avo morto in
concetto di santità. Traspare quindi, in tutta la sua evidenza, la
reazione e i sentimenti del generale francese: grande curiosità e
fascino per le parole e le richieste del canonico sanminiatese,
seppur in contrasto con i valori rivoluzionari di cui Napoleone era
portatore e perciò lontani da poter essere assecondati. Certamente
Napoleone trattenne un ottimo ricordo di quell'incontro, tanto che
fece ottenere al can. Filippo Buonparte il riconoscimento di poter
vestire l'Abito dell'Ordine Equestre di Santo Stefano da parte del
Granduca Ferdinando III. Di seguito il testo di Francesco Antommarchi
(06):
«[121]
[…] 12
Ottobre.
Ore
9 ½ ant. L'Imperatore sta di meglio in meglio. – Bagno, ed
esercizio.
Napoleone
esce, ed io l'accompagno in giardino. Di primo slancio parla della
Corsica, delle sue situazioni, delle sue valli, de' suoi monti: tutto
viene da lui dipinto, descritto con tratti di fuoco. Passando indi
dalla sua patria ai suoi parenti, mi dice: «a Voi avete lungo tempo
dimorato in Firenze: saprete che di là è sortita la nostra
famiglia.» – «Si Maestà; la vostra famiglia vi occupava uno dei
primi ranghi; ella erane patrizia.» – «Conoscete voi la casa in
[122]
cui
abitava?» – «È quello un monumento, una curiosità che non
isfugge ad alcuno.» – «Dessa è nel centro della città, ed è
ornata esternamente di un blasone scolpito in pietra, v'è egli più?»
– «V'è, o Sire, ed è del tutto intatto.» – «Nel mio
passaggio per Firenze allorchè marciava sopra Livorno, mi si fecero
vive premure perchè la vedessi; ma era così occupato anzi
sopraccaricato d'affari, che non mi fu possibile l'andarvi. Nel
giorno della mia partenza, giunsi sul far della sera a S. Miniato.
Ivi dimorava un vecchio Canonico mio parente ultimo rampollo dei
Bonaparte di Toscana, e mi tenni obbligato a visitarlo.
Noi fummo ricevuti, festeggiati, e avemmo un'ottima accoglienza.
Soddisfatto l'appetito, si fece luogo al parlare. Eravamo tutti
giovani, allegri, vivaci, repubblicani come Bruto, e lasciavamo
qualche volta sfuggire dei discorsi che toccavano alquanto la Chiesa.
Il buon uomo però non si sconcertava; ascoltava, rispondeva, e ci
lanciava da lunge delle riflessioni la di cui ragionevolezza
sorprendeva. Il mio stato maggiore era allettato dal vedere un prete
senza bigottismo; le bottiglie giravano sempre di più, facevamo
brindisi alla sua salute, ed egli beveva alla prosperità delle
nostre armi. I suoi detti piacevoli, i suoi motti, ne fecero
avvertiti del buon senso e della amenità di quell'eccellente
canonico. I miei ufficiali erano di già riconciliati co' suoi abiti;
la nostra militare irriverenza non gli spiaceva, e fece ogni sforzo
per trattenerci anche il giorno successivo; ma le truppe erano in
movimento, gli dicemmo essere la partenza necessaria, e che lo
avremmo riveduto [123]
al
ritorno. Temendo che non avesse letti sufficienti per un seguito così
numeroso, lo pregammo quindi a non darsi pena per trovarci da
dormire, bastando a noi, accostumati a vivere da soldati, un fascio
di paglia; al che rispose: – La mia casa è senza lusso, ma grande
abbastanza per collocarvi tutti. – Ci accompagnò successivamente
nelle camere che avea fatte preparare per noi, e ci augurò la buona
notte. Io mi posi in letto; ma la lucerna non era per anche estinta,
quando sentii battere alla porta. Credetti fosse Berthier, ma
m'ingannai; era invece il buon prelato che mi chiese un momento di
conversazione. Aveva esso cominciato a parlare a tavola di
genealogia, il qual genere di discorso non potendo essere per me che
importuno nella situazione in cui mi trovava, gli avea quindi fatto
segno di tacere, al che egli corrispose. Temeva non volesse ritornare
sul soggetto che avea sfuggito, e senza lasciargli ciò penetrare, lo
pregai di sedersi, dicendogli che lo avrei udito con piacere. Egli
cominciò a parlarmi del cielo che aveami protetto e mi proteggerebbe
ancora, se volessi intraprendere un'opera santa, che d'altronde
poteva costarmi poco. Io aveva già tollerato il racconto della
storia dei Bonaparte: quello delle azioni di alcuni di essi, e non
capiva ove volesse arrivare: quando mi disse con un certo trasporto,
che disponevasi a farmi vedere un documento prezioso. Credetti a
bella prima fosse l'albero genealogico e mi contenni, prevalendo alla
brama di ridere il timore di dar disgusto al buon vecchio; ma quale
fu la mia sorpresa nel vedere non una pergamena, un
[124]
gotico
diploma, ma qualche cosa di ben più comico ancora; una memoria in
favore di certo padre Bonaventura da lungo tempo beatificato, ma che
in vista delle spese eccessive che occorrono per la santificazione,
non avea per anche potuto trovar posto nel calendario ! – “Chiedete
al Papa che lo riconosca:” – mi diceva il buon Canonico – “egli
ve lo accorderà e ciò forse non vi costerà cosa alcuna, o almeno
assai poco. A vostro riguardo S. S. non si rifiuterà di collocare un
santo di più nel cielo. Ah! caro parente; voi non sapete quanto
importi avere un beato nella propria famiglia! E a lui, è a S.
Bonaventura che voi siete debitore dei successi delle vostre armi.
Egli è quello che vi ha condotto, che vi ha diretto nel mezzo delle
battaglie. Credetelo, la visita che voi mi fate non è già un
effetto del caso. No, mio caro parente, è desso che vi ha inspirato,
esso ha voluto che voi siate istrutto de' suoi meriti, e vi presta
l'occasione di rendergli bene per bene, servigio per servigio. Fate
per lui col Papa altrettanto, quanto egli fa per voi con Dio.” –
Io mi sentiva tentato a ridere della unzione del buon vecchio, ma era
egli tanto di buona fede, che mi sarei fatto scrupolo di offenderlo.
Lo appagai con belle parole, allegai lo spirito del secolo, le cure
della guerra, e gli promisi, di occuparmi dell'affare di S.
Bonaventura, allorchè la pubblica irriverenza fosse stata meno
pronunciata. – “Caro parente, voi compite i miei voti,
permettetemi che vi abbracci. Voi sposate l'interesse del cielo, e vi
predico che riuscirete nelle vostre intraprese. Io son vecchio: forse
non potrò vedere l'esaudimento
[125]
delle
vostre premure, ma conto su di esse, e morirò contento.” – Mi
diede indi la sua benedizione, ed io cercai invano di dormire.
L'avventura era sì piacevole, l'idea così singolare
nei
tempi in cui eravamo, che avea appena chiusi gli occhi all'arrivo di
Berthier. Sopravvennero gli altri generali, e riunito il mio stato
maggiore, narrai la conversazione avuta. Le sollecitazioni del buon
vecchio, i suoi voti, la sua ambizione, il suo modo di spiegare le
nostre a vittorie, posero tutti in allegrezza. Chi rideva, a chi si
spassava, chi si divertiva sul canonico e sul Santo che combatteva e
lottava per noi. Se ci avesse ascoltati il buon uomo! Se avesse a
saputo quanto io era devoto!
Noi
ci allestivamo per la partenza, io bramava di lasciargli una memoria,
un attestato a della mia soddisfazione per l'accoglienza usata; ma
qual cosa offrirgli, tranne un leggendario? Mi lambicava il cervello
inutilmente, senza trovare cosa alcuna, quando mi sovvenne tutto ad
un tratto che poteva disporre di una decorazione di S. Stefano. Ne
feci motto a Berthier; partì una stafetta; noi fummo abbracciati e a
benedetti dal buon vecchio, il quale pochi giorni a dopo ricevette la
decorazione. Ci incaminammo sopra Livorno, e là accadde una scena
differente.
[…]
[126]
L'avventura
di Miniato fu ben presto scordata per la moltiplicità degli affari,
ed io troppi ne aveva per occuparmi del calendario. Il Papa però
avea del tempo d'avvanzo, e mentre coronava il discendente, non ebbe
difficoltà a canonizzarne l'avolo. Egli me ne parlò ripetendomi la
predica del canonico, ma siccome gli onori celesti mi occupavano meno
dei terreni, mi feci il sordo, e lasciai al concistoro il pensiero
delle sue promozioni».
IL
CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE DELL'800
Già nell'800,
l'incontro fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte destò
curiosità ed interesse anche nell'ambito degli ambienti eruditi
sanminiatesi. L'episodio, d'altra parte, andava a vantaggio della
celebrazione della grandezza cittadina, in un periodo storico
caratterizzato dalla riscoperta degli antichi fasti medievali. E
quindi, ritrovare le origini sanminiatesi della casata dei
Buonaparte, scavando addirittura nei secoli XIII e XIV, oltre che
celebrarne la grandezza fino all'ascesa di Napoleone, rappresentava
un indubbio motivo di orgoglio. Tutti coloro che si occuparono di
storia sanminiatese, in qualche modo, colsero l'occasione per
riportare e ricordare il celebre incontro.
Così
ricorda Emanuele
Repetti
nel suo Dizionario:
«da
Sanminiato si staccò un ramo di quella prosapia che diede al mondo
l'unico Napoleone; di quel Napoleone che nell'ultimo anno del secolo
XVIII visitò in Sanminiato un canonico Bonaparte, ultimo fiato
dell'antico stipite di cotanta celebre casata.»
(07)
Damiano
Morali,
già archivista dell'Accademia degli Euteleti di San Miniato, autore
di studi storici, si dedicò anche ad una Storia
Genealogica della famiglia Buonaparte,
in cui riporta l'episodio (08):
«Quando
il generale Bonaparte scendeva colla sua vittoriosa armata gli
Appennini, e per la valle dell'Amo inferiore si avanzava portandosi
sulla città di Livorno per toglierla alla influenza Inglese, il cui
aristocratico governo opponevasi al consolidamento della nascente
repubblica francese; nel ritorno da quella felice e strepitosa
spedizione, si portò a Samminìato a visitarlo, riconoscendo in
quell'ecclesiastico un suo degno ed illustre agnato. Il rispettabile
vecchio ricevè il conquistatore
dell'Italia
in modo amorevole e cordiale, prodigandogli quegli onori che era in
suo potere di rendergli Egli giunse in Samminiato nel 29 Giugno del
1796, nella notte del medesimo dì 29 venendo il 30;
e
nell'ora appunto del riposo, il buon sacerdote scese nella camera del
generale suo parente, col quale lungamente si trattenne mostrandogli
tutte le carte e displomi gentilizii dell'agnazione, dei quali
Napoleone mostrò di far gran conto; ma quelli sopra cui il
rispettabile canonico maggiormente mostrò il suo particolare
interesse, furono i comprovanti le virtù eroiche cristianamente
praticate dal venerabile Fra Bonaventura cappuccino, loro antenato, e
che viveva col declinare del secolo decimosesto, supplicando il suo
famoso agnato ad interporre la sua mediazione per farlo canonizzare
dal sommo gerarca Pio VI, soggiungendogli il pietoso vecchio ch'esso
generale doveva le sue vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza,
alla intercessione di questo servo di Dio, che rendeva sempre più
rispettabili e venerata la stirpe dei Bonaparte.
Napoleone
ascoltò il vecchio parente, e lo consolò con speranze circa le sue
domande. Ma allora altre cure l'attendevano, ed altri tempi
bisognavano per parlare di canonizzazioni e di santi che nondimento
il canonico Filippo non si scoraggiò né abbandonò il suo amato
progetto, e le date speranze, le promesse, nella sua corrispondenza
rammentavagli.
Passato
dipoi il generale Bonaparte a Firenze, ottenne dal granduca
Ferdinando terzo al suo agnato una commenda dell'ordine di Santo
Stefano, di cui poi vestì l'abito.»
Lo
storico sanminiatese Giuseppe
Rondoni
così ricorda l'avvenimento: «Anche
da Samminiato passarono le milizie francesi con alla testa il general
Buonaparte, il quale si fermò nella casa degli avi suoi, la notte
del 29 giugno 1797 (sic!)
presso
uno zio canonico»
(09).
Ancora
Giuseppe
Rondoni,
alcuni anni dopo, ebbe ad approfondire (10):
«E'
noto che durante la immortale campagna del 1796 Napoleone, colla
divisione Vaubois, per Parma, Modena e Reggio calava in Toscana, e,
toccata Pistoia e traversato l'Arno a Fucecchio, si recava a Livorno.
Di qui andava a Firenze, proseguendo per Bologna. Appunto nel viaggio
da Livorno a Firenze si fermava a pernottare a S. Miniato, ed anche
di questo gli storici han voluto dire e saper le ragioni. Il Marmont,
che gli era compagno, nelle sue Memorie scriveva: «la famille
Bonaparte est originaire de Toscane; une branche y ètait restée a
S. Miniato, petite ville entre Pise et Florence; nous, nous y
arretàment de l'éclat que son cousin donnalt à son nom; mai il
voyait d'un autre oeil que nous cette gloire de la terre, et il
aspirait à la voir prendre ses racines dans le ciel. Un Bonàparte
avait été déclaré bien-heureux par je ne sais quel pape, e' était
le premier pas vers la canonisation; la chanoine aspirait à le voir
sanctifié; il prit le général en particuller poir le suppller
d'employers son influence, supposée sans borne, pour obtenir ce
titre de gloire pour la famille. Bonaparte rit beaucoup du desir de
son cousin, qu' il ne satisfit pas, et il aima mieux obtenir du pape,
dans le négociations postérieures, quelquels milions et quelques
tableaux de plus, que le droit de bourgeolsie dans le ciel pour un
homme de sa mason». Dal granduca però ottenne pel canonico una
commenda di S. Stefano, che molto lo soddisfece. Il Marmont narrò
questo aneddoto samminiatese del Buonaparte per dimostrare ch'egli
serbò sempre affezione per i fatti e le persone che gli ricordavano
i principali della sua grandezza. «Tutti i nomi di quel tempo, e di
un'epoca anteriore (così il maresciallo) non hanno mai perduta la
loro efficacia sopra di lui». Né inferisce che la natura gli aveva
dato un cuore riconoscente e benevolo, ed anche sensitivo, e che
ingiuste sono le opinioni contrarie. Invece il Michelet insinua che
il padre di Napoleone scoprisse il ricco e credulo canonico di S.
Miniato, e lo persuadesse a riconoscerlo per parente, procacciandosi
in tal guisa patenti di antica nobiltà fiorentina. Poi Napoleone,
«puor faire sa cour aux prêtres, alla voir ce bonhomme de chanoine
dont il disalt êtres parent, et comme lui descendu d'un saint du
moyenâge. Cela pouvant avoir un bon affet en Italie, en France, dans
tout le parti retrograde».
L'anonimo
Samminiatese, autore di una Storia Genealogica dei Buonaparte,
aggiunge che il canonico di nome Filippo si trattenne a lungo
coll'illustre parente, «mostrandogli tutte le carte e diplomi
gentilizi dell'agnazione, dei quali Napoleone mostrò di fare gran
conto; ma quelli sopra cui il rispettabile canonico maggiormente
mostrò il suo particolare interesse, furono i comprovanti le virtù
eroiche cristianamente praticate dal venerabile Fra Bonaventura
cappuccino, loro antenato, che viveva col declinare del secolo
decimosesto... soggiungendogli ch'esso generale doveva le sue
vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza all'intercessione di questo
servo di Dio». Secondo lo Zobi, i Samminiatesi avrebbero
pubblicamente festeggiato il Bonaparte; ma di feste nei documenti non
trovo menzione alcuna, se non vuolsi ammettere come tale lo
stanziamento della somma di 871 lire, fatto dal Comune il dì 28
luglio del 1796, per il passaggio delle truppe francesi la sera del
29 giugno, mentre di lì a poco, essendo frequente il passo di quelle
milizie, si elegge un Commissario comunale, il sig. Prospero
Badalassi, per provvedere ai danni dai. Infine la tradizione orale,
ormai languidissima, ricorda solo che il Bonaparte, di notte, con
molti generali, fra i quali il Murat, smontò alla casa del canonico,
essendo la piazza tutta piena di soldati. La casa, ora Gazzarrini,
sorge presso la piazza Bonaparte, già S. Sebastiano, e vi fu apposta
ai giorni nostri un'epigrafe.»
Queste
invece le parole di Giuseppe
Piombanti:
«Venne
poi in Toscana la prepotente invasione francese a cacciar
l'amatissimo Ferdinando III, a gettar questo giardino d'Italia
nell'anarchia, a compiere sue degne opere. Ai 29 giugno 1797 (sic!),
il general Buonaparte, in compagnia di cinque ufficiali, a S. Miniato
saliva, a riveder la casa dov'era stato fanciullo, a visitar lo zio
canonico Filippo, a tenervi consiglio di guerra»
(11).
NOTE
E RIFERIMENTI
(01)
A.
Lensi, Napoleone
a Firenze,
Firenze, 1936, pp. 7-8; D. Lotti, San
Miniato. Vita di un'antica città,
SAGEP, Genova, 1980, pp. 181 e 324; A.
M. Fortuna, Napoleone
dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873
della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le
origini dei Bonaparte,
«Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p.
XVIII; Atto
di morte del Canonico Filippo Buonaparte in
San
Miniato giacobina e napoleonica (1796-1799),
a cura di V. Bartoloni, catalogo della mostra 11 luglio – 31 agosto
1997), Comune di San Miniato, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera,
1997 n. IV, 14, p. 73;
R.
Boldrini, Dizionario
Biografico dei Sanminiatesi,
Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 56; B. Bitossi, Chiesa
di Santa Lucia,
in Visibile
Pregare,
Vol. III, a cura di R. P. Ciardi, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2013,
pp. 207-208.
(02)
A.
Zobi, Storia
civile della Toscana dal MDCCXXXVII al MDCCCXLVIII,
Tomo III, Luigi Molini, Firenze, 1851, p. 188
(03)
Estratto
contenuto in D. Lotti, Napoleone
Buonaparte Toscano Europeo,
Ed. dell'Erba, Fucecchio, 1995, p. 35. Altri frammenti sono contenuti
anche in G. Rondoni, Un
cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana,
in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G.
P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892, pp. 64-87;
G. Delli, Napoleone
I a S. Miniato,
in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San
Miniato», anno III, fasc. 1-2, San Miniato, 1921, pp. 57-62.
(04)
A.
M. Fortuna, Napoleone
dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873
della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le
origini dei Bonaparte,
«Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p.
XVIII.
(05)
L.
Mascilli Migliorini, Napoleone
a San Miniato: il ritorno dell'eroe,
Edizioni Polistampa, Firenze, 1996, p. 13.
(06)
Estratto
da Memorie
del dottor F. Antommarchi, ovvero gli ultimi momenti di Napoleone,
Prima traduzione dal Francese, Volume Primo, Italia, 1827, pp.
121-124 [originale in Memories
du docteur F. Antommarchi ou les derniers momens de Napoléon,
Tome Premier, chez
Barrois, L'Ainé,
Paris, 1825, pp. 154-161].
(07)
E. Repetti, nel suo Dizionario
Geografico Fisico Storico della Toscana contenente la descrizione di
tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e
Lunigiana,
vol. V, Firenze, 1843, p. 96.
(08)
D. Morali, Storia
Genealogica della famiglia Bonaparte dalla sua origine fino
all'estinsione del ramo già esistente nella città di S. Miniato,
Tip. Mariano Celchi, Firenze, 1846, pp. 90-92.
(09)
G. Rondoni, Memorie
storiche di S. Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie
degl'illustri samminiatesi,
Tip. Massimo Ristori, San Miniato, 1876, p. 197.
(10)
G.
Rondoni, Un
cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana,
in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G.
P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892,
pp.
66-68.
(11)
G. Piombanti,
Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche
antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 41-42.
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