a
cura di Francesco Fiumalbi
Indice del post:
INTRODUZIONE
UN NUOVO ITINERARIO: LA FERROVIA
IL GENERE: UN ODEPORICO, UNA GUIDA O
UN RACCONTO UMORISTICO?
L'INDICE DEL VOLUME E LE VARIE
STAZIONI
IL CAPITOLO DEDICATO AL TERRITORIO
SANMINIATESE
COLLODI CONOSCEVA PINOCCHIO OGGI SAN
MINIATO BASSO?
LA VEDUTA DI SAN MINIATO INCISA DA
LEOPOLDO CIPRIANI
TRASCRIZIONE DEL CAPITOLO XVI
“STAZIONE DI SAN PIERINO”
INTRODUZIONE
Carlo
Lorenzini “Collodi” (Firenze, 24 novembre 1826 – 26 ottobre
1890) è stato un giornalista e scrittore fiorentino, famosissimo per Le
avventure di Pinocchio. Il testo nacque come narrazione a puntate su Il
Giornale dei Bambini
e raccolto poi in un unico volume pubblicato nel 1883. Per dare
un'idea della grandezza di questo straordinario autore toscano
basti pensare che Pinocchio,
stando ad alcune ricerche come
quella realizzata da The
Traslation Company,
sarebbe il secondo libro al mondo per numero di traduzioni (240),
sorpassato solamente da Il
Piccolo
Principe
(253).
Meno
nota, ma non meno interessante, è l'opera di esordio di Carlo
Lorenzini, ovvero Un
Romanzo in Vapore. Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
edito da G. Mariani a Firenze nel 1856. Più avanti in questa pagina è
proposta la trascrizione del testo dedicato alla fermata sanminiatese
e alcune considerazioni sull'opera. Per molti, infatti, questa
rappresenta una “prova” del fatto che Carlo Lorenzini conoscesse
il nostro territorio e dunque anche il centro abitato di Pinocchio,
da cui avrebbe tratto il nome per il suo celebre burattino.
C.
Lorenzini “Collodi”,
Un Romanzo in Vapore.
Da
Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
G.
Mariani, Firenze, 1856, frontespizio
UN
NUOVO ITINERARIO: LA FERROVIA
Un
Viaggio in Vapore rappresenta
un'opera in cui Carlo Lorenzini, appena trentenne, mostra già la sua
vivacità culturale e la genialità nel fondere e sperimentare nuovi
generi letterari. Non si tratta di una “guida” in senso stretto, bensì un testo
esperienziale legato ad un viaggio particolare. Ovvero quello reso
possibile dalla costruzione della cosiddetta “Ferrovia Leopolda”,
la strada ferrata che venne completata nel 1848 per collegare il
porto di Livorno con Firenze. Fra le varie stazioni, in cui sosta il treno e si sofferma il testo del Collodi, c'è anche la stazione di San Miniato-Fucecchio,
che all'epoca prendeva il nome di Stazione
di San Pierino
(dal nome della frazione del Comune di Fucecchio).
La ferrovia rappresentava non solo
un nuovo mezzo di trasporto, ma una vera e propria nuova strada, un
itinerario inedito tutto da percorrere e da scoprire. Infatti, la
carrozza ferroviaria offriva un punto di vista “diverso” e ancora
non descritto. Il primo a pensare e realizzare un'opera del genere fu
proprio Carlo Lorenzini.
IL
GENERE: UN ODEPORICO, UNA GUIDA O UN RACCONTO UMORISTICO?
In
passato c'erano già state molte narrazioni odeporiche, diari di
viaggio o vere e proprie “guide” dedicate ad itinerari per la
Toscana. Erano testi destinati per lo più agli ambienti eruditi del
tempo, a viaggiatori ricchi, curiosi, e quindi anche agli europei
(per lo più Inglesi, Tedeschi, Austriaci e Francesi) che
intraprendevano il cosiddetto “Grand Tour” in Italia, di cui la
Toscana rappresentava una tappa fondamentale. Pensiamo, ad esempio al
Viaggio
Pittorico della Toscana del
Fontani
(1801-1803), oppure al The
Road of Tuscany
di M. H. Hewlett
(1904) e tantissimi altri.
Da
un punto di vista della narrazione, la critica ha riconosciuto in
quest'opera un tentativo di fondere il genere popolare del romanzo
con quello borghese della guida di viaggio, il tutto condito da scene
umoristiche e ampie divagazioni, probabilmente sul modello
dell'irlandese Laurence
Stern (1713-1768).
Insomma quest'opera di Collodi è un testo rivolto ad un “flâneur”
(per citare Charles Baudelaire)
che decide di intraprendere un viaggio in treno da Firenze a Livorno,
desideroso e curioso di scoprire e approfondire il paesaggio che
scorre dal suo finestrino del treno.
L'INDICE
DEL VOLUME
Scorrendo
l'indice di Un
Romanzo in Vapore
è possibile ripercorrere la tratta ferroviaria, lunga quasi 100 km,
che collega Firenze a Livorno passando da Pisa.
Il
capitolo “zero” è una sorta di sommaria descrizione delle strade
ferrate presenti nei vari stati italiani. Infatti, quando il libro
venne pubblicato (1856) l'Italia era ancora suddivisa in tanti
staterelli. Poi entra nel dettaglio della linea “Leopolda” e
della sua stazione fiorentina di testa, presso Porta a Prato: la
“Stazione Leopolda”, tornata alla ribalta per le “convention”
organizzate dall'attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi a
partire dal 2010. E poi parte il romanzo, e con esso il viaggio
attraverso le stazioni: San
Donnino,
Signa,
Montelupo,
Empoli,
San
Pierino,
San
Romano,
La
Rotta,
Pontedera,
Cascina
e Navacchio,
prima di arrivare a Pisa
e infine a Livorno.
Osservando il numero delle pagine
dedicate alle varie fermate del treno, non si può fare a meno di
osservare come Lorenzini sia molto più “prolisso” nelle stazioni vicine a Firenze, e decisamente più sintetico nel tratto pisano
della ferrovia: 7 pagine per San Donnino, 15 per Signa e i suoi
dintorni, 7 per Montelupo, 7 per Empoli, 7 per San Miniato –
Fucecchio “San Pierino”, e poco più di una pagina, per un totale
di 7 pagine complessive, per le cinque stazioni di San Romano, La
Rotta, Pontedera, Cascina e Navacchio. Infine 9 per la stazione di
Pisa e 14 per quella di Livorno.
Chiude il volume una “Guida
Commerciale” delle città di Firenze, Pisa e Livorno.
IL
CAPITOLO DEDICATO AL TERRITORIO SANMINIATESE
Il
capitolo della stazione di “San Pierino” è in realtà
interamente dedicato a San Miniato ed in particolare alla sua storia
medievale. Descrive i fatti principali, la presenza degli
imperatori, la “rivoluzione” magnatizia del 1308, alcune
battaglie che videro la partecipazione dei sanminiatesi, l'assedio
fiorentino del 1369 e la rivolta operata da Benedetto Mangiadori
nel 1397. Si sofferma sulla nascita della Diocesi nel 1622 e
sottolinea la monumentalità della Cattedrale e dell'attuale Palazzo
Vescovile.
Carlo
Lorenzini non rivela la fonte da cui attinge le informazioni, ma possiamo
ragionevolmente ipotizzare che abbia consultato il Dizionario
Geografico
Fisico e Storico di
Emanuele Repetti (6 voll., Firenze, 1833-1845).
COLLODI
CONOSCEVA PINOCCHIO OGGI SAN MINIATO BASSO?
Un
Romanzo in Vapore è spesso
citato fra le “prove” per affermare che Carlo Lorenzini
conoscesse il territorio sanminiatese e, dunque, anche la borgata del
Pinocchio (oggi San Miniato Basso) il cui nome sarebbe stato preso in
prestito dallo stesso autore per il celebre burattino. Tale
circostanza è stata riportata anche recentemente da Eugenio Giani
(Presidente del Consiglio Regionale della Toscana) durante
l'inaugurazione del cartello “già Pinocchio” che si è tenuta lo
scorso 9 giugno 2016. Vedi il post [VIDEO]
“GIA' PINOCCHIO” - IL NUOVO CARTELLO COL VECCHIO NOME DI SAN
MINIATO BASSO.
Volendo
essere onesti, i contenuti del capitolo sanminiatese de Un
Romanzo in Vapore non possono
essere considerati come una “prova” di tale circostanza. La
borgata del Pinocchio non viene mai rammentata nel testo, nemmeno di straforo.
Inoltre, le notizie sanminiatesi sono talmente sintetiche e prive di
particolari spunti, che sembrano tratte da altre opere pubblicate precedentemente. Nonostante questo, non si può nemmeno escludere che il Collodi, consultando testi come il Dizionario del Repetti alla ricerca di informazioni sulle località prossime alla stazione, si sia imbattuto proprio nel nome di Pinocchio, rimanendone colpito. In ogni caso, l'associazione di un nome così
particolare, come è quello di Pinocchio, è talmente singolare che non può che risultare
evidentissima. Tuttavia per “provare” che Carlo Lorenzini abbia
preso in prestito il nome di Pinocchio dal centro abitato sorto ai
piedi del colle sanminiatese, a mio avviso occorre argomentare su
altri versanti.
LA
VEDUTA DI SAN MINIATO INCISA DA LEOPOLDO CIPRIANI
Il capitolo sanminiatese de Un
Romanzo in Vapore contiene anche una curiosa “veduta” della
città. Si tratta di un'incisione realizzata da Leopoldo Cipriani, abile disegnatore del tempo che successivamente fu anche collaboratore di Telemaco
Signorini. Il Cipriani era entrato in contatto con Carlo Lorenzini
grazie alla comune collaborazione alla rivista “La Lente”. Tra l'altro fu
proprio nelle pagine di questo giornale umoristico che comparvero per
la prima volta gli pseudonimi di Collodi (Carlo Lorenzini) e di
Morvidino (Leopoldo Cipriani). Il sodalizio fra i due continuò anche per altre pubblicazioni, come I misteri di Firenze. Scene sociali, dato alle stampe per la casa editrice Fioretti, a Firenze nel 1857.
Tornando all'immagine contenuta nel capitolo della Stazione di S. Pierino, è
rappresentato il classico “profilo” sanminiatese, visto da nord,
un po' come doveva apparire proprio dalla stazione. La Rocca si presenta con
un'insolita terminazione ed è affiancata alla sinistra dal Convento
di San Francesco e alla destra dalla Cattedrale. I contorni poco definiti, talvolta quasi sfumati contribuiscono a ottenere un effetto "romantico" e a suscitare fascino e curiosità.
TRASCRIZIONE
DEL CAPITOLO XVI “STAZIONE DI SAN PIERINO”
Di
seguito è proposta la trascrizione di C. Lorenzini “Collodi”,
Un
Romanzo in Vapore. Da Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
G. Mariani, Firenze, 1856, pp. 133-139:
[133]
CAPITOLO
XVI.
Stazione
di S. Pierino
— San
Pierino ! — San Pierino, in questo caso, è un prestanome.
Il
vero paese , che merita la nostra attenzione, è San Miniato!
Guardatelo là , su quel colle a sinistra.
S.
Miniato
Ecco
uno dei Castelli più importanti della Toscana. Alcuni lo dicono
fondato da Ottone I, altri da Desiderio, ultimo re dei Longobardi:
c’è perfino chi lo fa rimontare all’epoca romana, a causa di una
sua contrada della Pancole e di una chiesa ora distrutta e supposta
anticamente tempio pagano, consacrato al Dio Pane.
— E
perchè questo Castello lo chiamano al Tedesco ?
[134]
—
Siffatta denominazione è antichissima e gli
venne dall’essere stato il Castello di S. Miniato, la
residenza dei Giudici d’appello di Nazione tedesca che
rappresentavano l’imperatore in Toscana. Resulta dalle carte
dell’epoca che il primo Giudice imperiale residente in S. Miniato
fosse un tal Giovanni, mandatovi da Ottone IV. Questi Vicari
imperiali presero anche il nome di Castellani di S. Miniato. Ma dopo
la giornata della Meloria, che costò tanta perdita, ai Pisani, i
quali unitamente ai Sanminiatesi, avevano sempre sostenuto le ragioni
dell’impero in Toscana, i Vicarii tedeschi, perduto il loro più
valido appoggio, non potettero più sostenersi in Toscana, e gli uni, dopo gli altri ebbero a ritornarsene in Alemagna — e spesso con
poco onore.
L’
imperatore Arrigo VI fu quello che designò S. Miniato, come Corte
Imperiale: e nel luglio del 1226 Federigo II, figlio d’Arrigo, si
recò a visitare il castello, con numeroso corteggio di principi e
vescovi: e vuolsi che fosse egli stesso che facesse edificare la
rocca di S. Miniato, bellissimo rudero, che vedete tuttora in piedi,
là sul piumacolo del monte , e che nell’epoche successive ha
servito ancora da prigióne di Stato.
Fra
i fatti ricordevoli di S. Miniato, vi dirò come nel 1308, il paese
cambiò forma di governo, perchèè i Ciccioni, i Mangiadori e altri
nobili del Castello, attesoché era stato fatto uno statuto in virtù
del quale i nobili dovevano dar
[135] cauzione
di fiorini mille, dinanzi al Capitano, di non offendere alcuno del
popolo ( vedi che esigenze! ...) questi signori che v’ ho nominato
poc’anzi si levarono sù, e si presero contro il popolo, cacciando
la Signoria e il Capitano di S. Miniato, ed abbruciando i libri e gli
Statuti di quei Comune.
Nel
1356 Carlo IV, re di Boemia, traversando la Toscana per recarsi a
Roma, volle visitare S. Miniato, dove venne accolto dai Sanminialesi,
come loro Signore; e tanto se ne chiamò contento, che vi ritornò la
sera del 5 Maggio dello stesso anno, dopo aver preso, dalle mani del
Pontefice, la corona imperiale.
Fra
i valorosi soldati di San Miniato si rammentano anch’oggi con molto
onore un Giovanni Mangiadori e un Bartolommeo Portigiani, i quali
militavano per la Repubblica Fiorentina nel
tempo
che i Pisani e gl'Inglesi erano penetrati nel Valdarno superiore.
Questi due prodi Sanminiatesi, rimasti alla Guardia del Borgo
dell’Incisa, una volta attaccati, uscirono fuori virilmente a
battaglia, quando il Mangiadori fu preso colla spada alla mano,
mentre disperatamente si batteva, e l'altro, il Portigiani, vedendo
che non c’ era scampo a salute, piuttosto che rimanersi prigioniero
in mano ai nemici, si gettò nell’Arno e vi si annegò.
Nell’anno
susseguente, il giorno di S. Vittorio, quando accadde la gran
battaglia nella pianura fra Cascina e la Badia di S. Savino, dove coi
Fiorentini militavano Sanminiatesi
[136]
contro
ai soldati pisani, ci fu un Piero Ciccioni di S. Miniato, che per il
suo mirabile valore, venne armalo cavaliere sul campo della vittoria,
poco innanzi di tornare con l’esercito e coi prigioni pisani al
Castello di S. Miniato. Questa vittoria riportata dai Fiorentini
sulla gente di Pisa, si commemora anche oggi, ogni anno in Firenze,
il giorno di S. Vittorio, con un palio, o corsa di cavalli di sangue
non troppo puro.
Ma
i Sanminiatesi, anticamente, non se la dicevano gran fatto coi
Fiorentini: dimodoché, avanti che terminasse l’anno 1369,
conservandosi il Castello in aperta ribellione verso la Repubblica
fiorentina, questa vi mandò un esercito comandato dal Malatesta e
dal Conte Roberto di Poppi. Invano accorsero in sussidio degli
assediati le genti milanesi inviale da Bernabò Visconti, e le
pisane, sotto la scorta del celebre capitano Giovanni Aguto: che i
Fiorentini, reggendo a molti acciacchi, tennero forte: e quelli di
dentro al Castello si trovarono ben presto assottigliati di viveri e
di munizioni. E forse si disponevano a tentare il colpo dei
disperati, quando per tradimento di un Sanminiatese per nome
Luparello, che stava nel campo degli assediane, venne rotto un muro,
e aperta in tal modo la via al conte Roberto e ai Fiorentini di
impossessarsi del paese, a discrezione!
Fra
i fuorusciti sanminiatesi fatti prigioni in codesto assedio, e
decapitati a Firenze, ci fu un Filippo di Lazzaro Borromei, che ebbe
per figlia una Margherita, la quale dopo il
[137]
tragico
fine del padre, fuggì a Milano e quindi si maritò a un Vitaliani di
Padova. Da questo matrimonio nacque Iacopo Borromei (già Vitaliani)
e che fu poi lo stipite dell’ illustre famiglia milanese che diede
S. Carlo alla Chiesa Romana.
Dopo
l'assedio e la presa del Castello, fra Firenze e S. Miniato fu
concluso un trattato di pace, nel quale, fra le altre cose vi si dice
che S. Miniato per l’avvenire si chiamerà fiorentino, e non più
al tedesco: e alcuni nobili Sanminiatesi furono in quell’epoca
creati cavalieri fiorentini.
Ma,
a dispetto però della lettera del trattato di pace, il Castello ha
conservato sempre, e conserva tutt’oggi, la sua prima e
antichissima denominazione di S. Miniato al Tedesco.
Fra
i commovimenti interni di questo paese, è celebre quello accaduto
verso la fine del secolo XIV, per opera di un Benedetto Mangiadori,
Sanminiatese, ma costantemente ribelle e fuoruscito. Questo malanno
s’intese con Jacopo Appiano fatto Signore di Pisa, e pattuì di
dare S. Miniato in sue mani. Detto fatto, il Mangiadori si partì da
Pisa, seguito da pochi compagni, e la sera del 26 febbraio 1397 messe
piede nel Castello. Si portò difilato al palazzo del Vicario
fiorentino, che era Davanzato Davanzati, e trovatolo nella sala, lo
uccise. Quindi gettato il cadavere dalle finestre cominciò a gridare
— Viva il popolo di S. Miniato e la Libertà — ma il ribelle non
fu appoggiato: perchè i Sanminiatesi si armarono gridando — viva
il Comune di Firenze — Dimodoché l’assassino, dopo
[138]
essersi
valorosamente difeso nel suo palazzo, sopraffatto dal numero, dovette
fuggire per una porla nascosta, che dava sulle mura.
S.
Miniato (pag. 133)
San
Miniato, disegno di Leopoldo Cipriani
in
C. Lorenzini “Collodi”, Un
Romanzo in Vapore.
Da
Firenze a Livorno. Guida Storico-Umoristica,
G. Mariani, Firenze,
1856, p. 138.
Nell'agosto
del 1409 la Signoria di Firenze, per mezzo del suo ambasciatore
Giovanni Ristori, fece istanza al Pontefice Alessandro V per erigere
S. Miniato in Città Vescovile.
[139]
Nel
1527, caduta Firenze sotto le armi collocate di Carlo V e di Clemente
VII, anche il Governo di S. Miniato fu ridotto a Monarchico e
sottoposto al Duca Alessandro de’ Medici. Da quest’epoca in poi,
i Sanminiatesi si conservarono sempre fedeli ai sovrani delle due
dinastie, e nel 1622 videro la loro patria eretta a Città vescovile,
come nell’Agosto del 1833 vi fu creato un tribunale collegiale, con
residenza di un regio commissariato.
La
Cattedrale di S. Miniato, detta di S. Maria e S. Genesio, venne
adorna nel 1775 di statue e di stucchi.
E'
degno d’osservazione il Palazzo di Sotto ora del Vescovo, ed un
tempo Residenza dei Signori XII.
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