domenica 21 settembre 2014

I SANTUARI DEL GIOCO - 4 PARTE - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

I “Santuari” del gioco……
e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…

PARTE QUARTA DI CINQUE


Il gioco del pallone –
Non era allora il gioco per eccellenza per mancanza di spazi adatti... solo un sogno l'idea di un campetto vero dove tirare pedale ad un pallone. E allora noi queste pedate, che ci sentivamo maturare nelle gambe, alle caviglie e che esplodevano nei piedi le andavamo a sfogare in piazza… sulle lastre quasi incuranti dei veicoli che potevano arrivare e passare. Gli angoli prescelti due ai due estremi.

Uno davanti al palazzo del Migliorati... a fare da porta quella delle Stalle da un lato, e dall'altro l'unico sporto presente a chiudere quello che era ed è un garage. Partita regolare dunque con un campo diviso in due e due porte distinte… nessuno che vuole giocare in porta (allora siamo costretti a giocare in porta a turno o a giorni alterni). Non c'è una regola precisa… due contro due, tre contro tre, ma anche in dispari e ogni tre calci d'angolo un rigore. Un calcio a modo nostro secondo lo spazio che abbiamo e secondo la nostra fantasia. Unico dilemma rimasto sempre irrisolto gli immancabili vetri rotti. Chi pagava quelli nuovi?

L'altro davanti alla Chiesa e più precisamente davanti all'unica porta costituita dall'arco di accesso alla canonica. Spazio ideale per un gioco di palleggio e di tiro in porta, quando c'è un portiere vero come lo è Giancarlo il Turini. Spazio che non risente mai del passaggio di ambulanze o di altri veicoli… ma dipende dall'umore del prete e compagnia bella. Va tutto bene se è assente…. ma se è nei paraggi, puoi star certo che arriva a mandarti via e lo stesso fa Lida, la perpetua che non sopporta niente di quanto noi bambini facciamo, sia davanti al suo uscio sia in piazza. La nostra presenza la infastidisce comunque. Antipatia che esplode in tutta la sua recrudescenza quella volta che ad un gol realizzato, sfuggito alla presa di Turini… non si gonfia la rete (come avviene nei rettangoli di gioco e come usa commentare il cronista radiofonico) ma bensì l'orecchio destro di Lida, colpito da quel gol quasi una cannonata, colpevole, l'orecchio, di indossare degli orecchini appesi per il foro innaturale praticato nel lobo, che non regge il colpo e si strappa (il lobo si intende). E' fine dei giochi allora e non ricordo che siano più ripresi almeno davanti a siffatta porta!
Non c'è mai in piazza o per strada un gioco solo, spesso più gruppetti riuniti per giochi diversi nei quattro spicchi. Chi davanti al palazzo Migliorati o addirittura sotto lo stesso arco della canonica di Santa Caterina.

Davanti a Casa Nardini, al riparo dell'abete, quello più vecchio un gruppetto di ragazzi gioca spesso con le Trottole di legno; gioco d'abilità che noi più piccoli ammiriamo incantati mentre proviamo autentici brividi nella cruenta punizione inflitta al perdente. Non sempre ne capiamo la ragione… il perdente (ma la trottola non il giocatore) sottoposto alla punizione della “fustigazione” – non saprei come meglio definire, il colpo inferto con la punta metallica da parte di tutti i giocatori sulla testa di legno del perdente. Il più delle volte è la morte della trottola.
Chi canta quei canti imparati in colonia al mare, chi gioca a carte, chi fa il gioco della bottiglia per… “dire,fare,baciare,lettera o testamento” per penitenza. Qualcuno gioca a ruba bandiera, chi “Al Lupo e Alle pecore” …accompagnati da un brusio sommesso, quasi per rispetto dell'Ospedale, intercalato da improvvise risate, gridolini eccitati, scroscio di applausi fino al silenzio che scoppia improvviso, …quasi in apnea.. dopo il richiamo “tutti a letto!!”.

- Scacciapuce –
Quando arrivi alla casa di Marianna, in fondo al Pian delle Fornaci, appena riprincipia la salita, là sulla destra si staglia un viottolo che passando sotto il boschetto, va a rifinire sull'aia di Gazzino. Ci sei! Se vai oltre finisci nei Broti insieme alla spazzatura, ma se tu prendi a destra per quella strada sterrata tutta polvere, nascosta dai ciglioni e fra gli ulivi, scopri di essere a Scacciapuce… quel pezzo di strada segnata dai Cipressi... forse 10… forse 12 che la rinserrano tra il ciglione che tiene in alto la carciofaia. E degradanti in basso verso la valle di Gargozzi campetti a terrazza coltivati a volte a grano a volte a erba medica per i conigli… visti da casa col sole che li fa brillare nei movimenti suggeriti dal vento, paiono a volte mare in tempesta, a volte oceano in fiamme, a volte ammaliante bonaccia dell'incerta luce di un'alba di inizio estate. Quando si arriva là, dopo la salita, tra la polvere, sotto il sole… alla timida ombra di quei cipressi, ti ci siedi sotto… a bordo ciglione… le gambe penzoloni a dondolare piacevolmente, mentre ammiri lo spettacolo di casa tua illuminata dal sole del pomeriggio. Mamma Eda è là sulla terrazza, in attesa di vederci sbucare sulla strada… forse ci conta, ...poi mi vede, mi riconosce... forse riconosce la maglietta. Sembra quasi chiamarmi mentre agita le mani in segno di saluto. Altre braccia si tendono a segnare un “Ciao”, un “Evviva”, un saluto di benvisti, di benvenuti… quasi a contrassegnare l'obiettivo raggiunto, il pericolo scampato, la scommessa vinta. E' il là per l'inizio dei giochi che parlano all'unisono di Merenda … non si parla di altro, come se tutto quel camminare, tutto quel darsi da fare, tutto quel correre e rincorrersi fosse servito, fosse stato pensato soltanto per “fare merenda”. Ma è proprio così, anche se nei ricordi ci scappa qualche gioco, …sembra il posto fatto apposta per compagni di merende.

- Il Parterre –
A noi bambini degli anni '50 appare un po' “fuori mano” , quasi un posto esclusivo... non nostro ..che andiamo ad invadere ogni tanto... i suoi padroni lontani. Facile da raggiungere perché tutto in discesa partendo dalla piazzetta del Ricovero attraverso quel cancello centrale sempre aperto, passaggio contrassegnato da un cancello che sta comunque per “chiusura”. Da lì si arriva... anche oggi… ad una casa di contadini che per un periodo è stata abitata dalla famiglia Poli, conosciuto come Baggiacco, già casigliano del marchese Migliorati nel suo palazzo di Piazza Santa Caterina. E dietro la colonica, sospesa tra cielo e terra perché costruita sopra una sorta di promontorio quasi innaturale, forse una collinetta spianata nel tempo, in un ampio rettangolo regolarmente disegnato, ci appare il Parterre. Nome il cui vero significato ci sfugge ma che ci suggerisce la regolarità della sua forma, …il suo arredamento signorile… le siepi regolari create e mantenute… quelle querce datate… quei vialetti ad ornare e suddividere gli spazi… tutti quei tavolini e panche in pietra che in quattro diversi settori invitano a sedere e a fermarsi… e quella siepe che ai lati esterni proprio sul ciglione preserva dal dirupo sottostante, mentre ne agevola la discesa tramite alcuni scalini scavati nel tufo del ciglione. La prima volta che ci si arriva senti solo l'esigenza di scoprire e conoscere gli spazi, i sui limiti. Quasi con rispetto e timore ti soffermi ai tavoli… il dubbio di usurpare il posto di qualcuno… che poi non arriva. Poi la prima volta, e c'è sempre una prima volta, che anche il figlio del marchese Migliorati si aggrega al gruppo, anche se solo per un saluto o per fare merenda, allora ti senti libero… ospite gradito, ma anche responsabile di un posto che sei tenuto e sei chiamato a rispettare. Non semplicemente un posto per la merenda, ma un mondo nuovo dove tanti giochi, vecchi e nuovi, sono possibili. Sui tavoli possiamo giocare a dama, a filetto, agli shanghai quando abbiamo sparecchiato dalla merenda. Tutto il boschetto sembra un teatro ricreato apposta per giocare a rimpiattino, ma anche per una guerra con fionde e cerbottane con proiettili fatti di carta masticata… moderni Robin Hood… tutti che vogliono fare il Robin Hood. Ma anche la tentazione di uscire da quel quadrato magico per calarti all'esterno… e tutto intorno, arredato naturalmente da rovi, in luglio e in agosto, a raccogliere more che generose, limpide, crescono e si moltiplicano abbarbicate anche sulle siepi esterne a fare mostra di sé. Quando la sera torniamo a casa ce n'è da fare marmellata per tutti. E all'ora della merenda, quasi sempre, arriva qualche mamma… con la sporta piena di pane a fette, spesso pomodori, olio e sale per una merenda per tutti… e acqua della Fonte, quella lì a portata di mano, della Fonte di Pancole. Un pomeriggio diverso che ti rimane dentro, come il ristoro della sua ombra e del suo “frescolino” sempre presente anche in piena estate… Oasi unica durante i solleoni di quelle estati mai avare di caldo e di sole almeno fino a ferragosto, quando i primi temporali segnalano l'arrivo imminente dell'autunno.

FINE QUARTA PARTE

San Miniato, vista panoramica da Scacciapuce
Foto di Francesco Fiumalbi

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