↖ RACCONTI DALLO SCIOA
↖ I SANTUARI DEL GIOCO - 1 PARTE
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di Giancarlo Pertici
I “Santuari” del gioco……
…e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…
PARTE QUARTA DI CINQUE
– Il
gioco del pallone –
Non
era allora il gioco per eccellenza per mancanza di spazi adatti...
solo un sogno l'idea di un campetto vero dove tirare pedale ad un
pallone. E allora noi queste pedate, che ci sentivamo maturare nelle
gambe, alle caviglie e che esplodevano nei piedi le andavamo a
sfogare in piazza… sulle lastre quasi incuranti dei veicoli che
potevano arrivare e passare. Gli angoli prescelti due ai due estremi.
Uno
davanti al palazzo del Migliorati... a fare da porta quella delle
Stalle da un lato, e dall'altro l'unico sporto presente a chiudere
quello che era ed è un garage. Partita regolare dunque con un campo
diviso in due e due porte distinte… nessuno che vuole giocare in
porta (allora siamo costretti a giocare in porta a turno o a giorni
alterni). Non c'è una regola precisa… due contro due, tre contro
tre, ma anche in dispari e ogni tre calci d'angolo un rigore. Un
calcio a modo nostro secondo lo spazio che abbiamo e secondo la
nostra fantasia. Unico dilemma rimasto sempre irrisolto gli
immancabili vetri rotti. Chi pagava quelli nuovi?
L'altro
davanti alla Chiesa e più precisamente davanti all'unica porta
costituita dall'arco di accesso alla canonica. Spazio ideale per un
gioco di palleggio e di tiro in porta, quando c'è un portiere vero
come lo è Giancarlo il Turini. Spazio che non risente mai del
passaggio di ambulanze o di altri veicoli… ma dipende dall'umore
del prete e compagnia bella. Va tutto bene se è assente…. ma se è
nei paraggi, puoi star certo che arriva a mandarti via e lo stesso fa
Lida, la perpetua che non sopporta niente di quanto noi bambini
facciamo, sia davanti al suo uscio sia in piazza. La nostra presenza
la infastidisce comunque. Antipatia che esplode in tutta la sua
recrudescenza quella volta che ad un gol realizzato, sfuggito alla
presa di Turini… non si gonfia la rete (come avviene nei rettangoli
di gioco e come usa commentare il cronista radiofonico) ma bensì
l'orecchio destro di Lida, colpito da quel gol quasi una cannonata,
colpevole, l'orecchio, di indossare degli orecchini appesi per il
foro innaturale praticato nel lobo, che non regge il colpo e si
strappa (il lobo si intende). E' fine dei giochi allora e non ricordo
che siano più ripresi almeno davanti a siffatta porta!
Non
c'è mai in piazza o per strada un gioco solo, spesso più gruppetti
riuniti per giochi diversi nei quattro spicchi. Chi davanti al
palazzo Migliorati o addirittura sotto lo stesso arco della canonica
di Santa Caterina.
Davanti
a Casa Nardini, al riparo dell'abete, quello più vecchio un
gruppetto di ragazzi gioca spesso con le Trottole di legno; gioco
d'abilità che noi più piccoli ammiriamo incantati mentre proviamo
autentici brividi nella cruenta punizione inflitta al perdente. Non
sempre ne capiamo la ragione… il perdente (ma la trottola non il
giocatore) sottoposto alla punizione della “fustigazione” – non
saprei come meglio definire, il colpo inferto con la punta metallica
da parte di tutti i giocatori sulla testa di legno del perdente. Il
più delle volte è la morte della trottola.
Chi
canta quei canti imparati in colonia al mare, chi gioca a carte, chi
fa il gioco della bottiglia per… “dire,fare,baciare,lettera o
testamento” per penitenza. Qualcuno gioca a ruba bandiera, chi “Al
Lupo e Alle pecore” …accompagnati da un brusio sommesso, quasi
per rispetto dell'Ospedale, intercalato da improvvise risate,
gridolini eccitati, scroscio di applausi fino al silenzio che scoppia
improvviso, …quasi in apnea.. dopo il richiamo “tutti a letto!!”.
-
Scacciapuce –
Quando
arrivi alla casa di Marianna, in fondo al Pian delle Fornaci, appena
riprincipia la salita, là sulla destra si staglia un viottolo che
passando sotto il boschetto, va a rifinire sull'aia di Gazzino. Ci
sei! Se vai oltre finisci nei Broti insieme alla spazzatura, ma se tu
prendi a destra per quella strada sterrata tutta polvere, nascosta
dai ciglioni e fra gli ulivi, scopri di essere a Scacciapuce… quel
pezzo di strada segnata dai Cipressi... forse 10… forse 12 che la
rinserrano tra il ciglione che tiene in alto la carciofaia. E
degradanti in basso verso la valle di Gargozzi campetti a terrazza
coltivati a volte a grano a volte a erba medica per i conigli…
visti da casa col sole che li fa brillare nei movimenti suggeriti dal
vento, paiono a volte mare in tempesta, a volte oceano in fiamme, a
volte ammaliante bonaccia dell'incerta luce di un'alba di inizio
estate. Quando si arriva là, dopo la salita, tra la polvere, sotto
il sole… alla timida ombra di quei cipressi, ti ci siedi sotto… a
bordo ciglione… le gambe penzoloni a dondolare piacevolmente,
mentre ammiri lo spettacolo di casa tua illuminata dal sole del
pomeriggio. Mamma Eda è là sulla terrazza, in attesa di vederci
sbucare sulla strada… forse ci conta, ...poi mi vede, mi
riconosce... forse riconosce la maglietta. Sembra quasi chiamarmi
mentre agita le mani in segno di saluto. Altre braccia si tendono a
segnare un “Ciao”, un “Evviva”, un saluto di benvisti, di
benvenuti… quasi a contrassegnare l'obiettivo raggiunto, il
pericolo scampato, la scommessa vinta. E' il là per l'inizio dei
giochi che parlano all'unisono di Merenda … non si parla di altro,
come se tutto quel camminare, tutto quel darsi da fare, tutto quel
correre e rincorrersi fosse servito, fosse stato pensato soltanto per
“fare merenda”. Ma è proprio così, anche se nei ricordi ci
scappa qualche gioco, …sembra il posto fatto apposta per compagni
di merende.
-
Il Parterre –
A
noi bambini degli anni '50 appare un po' “fuori mano” , quasi un
posto esclusivo... non nostro ..che andiamo ad invadere ogni tanto...
i suoi padroni lontani. Facile da raggiungere perché tutto in
discesa partendo dalla piazzetta del Ricovero attraverso quel
cancello centrale sempre aperto, passaggio contrassegnato da un
cancello che sta comunque per “chiusura”. Da lì si arriva...
anche oggi… ad una casa di contadini che per un periodo è stata
abitata dalla famiglia Poli, conosciuto come Baggiacco, già
casigliano del marchese Migliorati nel suo palazzo di Piazza Santa
Caterina. E dietro la colonica, sospesa tra cielo e terra perché
costruita sopra una sorta di promontorio quasi innaturale, forse una
collinetta spianata nel tempo, in un ampio rettangolo regolarmente
disegnato, ci appare il Parterre. Nome il cui vero significato ci
sfugge ma che ci suggerisce la regolarità della sua forma, …il suo
arredamento signorile… le siepi regolari create e mantenute…
quelle querce datate… quei vialetti ad ornare e suddividere gli
spazi… tutti quei tavolini e panche in pietra che in quattro
diversi settori invitano a sedere e a fermarsi… e quella siepe che
ai lati esterni proprio sul ciglione preserva dal dirupo sottostante,
mentre ne agevola la discesa tramite alcuni scalini scavati nel tufo
del ciglione. La prima volta che ci si arriva senti solo l'esigenza
di scoprire e conoscere gli spazi, i sui limiti. Quasi con rispetto e
timore ti soffermi ai tavoli… il dubbio di usurpare il posto di
qualcuno… che poi non arriva. Poi la prima volta, e c'è sempre una
prima volta, che anche il figlio del marchese Migliorati si aggrega
al gruppo, anche se solo per un saluto o per fare merenda, allora ti
senti libero… ospite gradito, ma anche responsabile di un posto che
sei tenuto e sei chiamato a rispettare. Non semplicemente un posto
per la merenda, ma un mondo nuovo dove tanti giochi, vecchi e nuovi,
sono possibili. Sui tavoli possiamo giocare a dama, a filetto, agli
shanghai quando abbiamo sparecchiato dalla merenda. Tutto il
boschetto sembra un teatro ricreato apposta per giocare a
rimpiattino, ma anche per una guerra con fionde e cerbottane con
proiettili fatti di carta masticata… moderni Robin Hood… tutti
che vogliono fare il Robin Hood. Ma anche la tentazione di uscire da
quel quadrato magico per calarti all'esterno… e tutto intorno,
arredato naturalmente da rovi, in luglio e in agosto, a raccogliere
more che generose, limpide, crescono e si moltiplicano abbarbicate
anche sulle siepi esterne a fare mostra di sé. Quando la sera
torniamo a casa ce n'è da fare marmellata per tutti. E all'ora della
merenda, quasi sempre, arriva qualche mamma… con la sporta piena di
pane a fette, spesso pomodori, olio e sale per una merenda per tutti…
e acqua della Fonte, quella lì a portata di mano, della Fonte di
Pancole. Un pomeriggio diverso che ti rimane dentro, come il ristoro
della sua ombra e del suo “frescolino” sempre presente anche in
piena estate… Oasi unica durante i solleoni di quelle estati mai
avare di caldo e di sole almeno fino a ferragosto, quando i primi
temporali segnalano l'arrivo imminente dell'autunno.
FINE
QUARTA PARTE
Foto
di Francesco Fiumalbi
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