↖ RACCONTI DALLO SCIOA
↖ I SANTUARI DEL GIOCO - 1 PARTE
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di Giancarlo Pertici
I “Santuari” del gioco……
…e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…
PARTE QUINTA DI CINQUE
Tra
i tanti luoghi ogni bambino ne aveva uno in particolare che più di
altri lo faceva sognare, lo faceva volare, nel quale si sentiva
libero fino ad estraniarsi dal contesto e nel quale rifugiarsi per
giochi a volte unici, ….. luogo o ambiente che assumeva valore di
sacro fino a diventare il suo “Santuario”.
– Sogni
ad occhi aperti –
Come
l'onda lunga di una mattina di bonaccia con appena segnata la cresta
a rompere la monotonia di quell'immensa distesa... verde intenso il
colore a tradire la sua natura, ed il vento a cullare quella marea
con gentilezza accompagnandola da una sponda a l'altra, da un
ciglione a l'altro là sotto i Cipressi di Scacciapuce… mare, lago,
specchio d'acqua riflessi negli occhi avidi di sogni, di cullarsi nel
vento, per correre su quella risacca… in gara col vento stesso a
toccare l'altra sponda, da un ciglione a l'altro dove quei Cipressi
continuano a sorvegliare guardinghi il sogno, a difendere la
posizione contro gli intrusi, quei “grandi” che con un qualsiasi
pretesto sembrano voler sempre vanificare i tuoi sogni, spazzare via
le tue fantasie, intromettersi tra te e quel mare, a turbare quella
bonaccia che ti appaga. …“Pertici!!”… “Giancarlo!!”…
“Giancarlinoooo!” …è il maestro Catarcioni che invade il mio
sogno. L'ho sentito solo al terzo richiamo. Prigioniero in …“classe”
(così la chiamano la 1° elementare), dalla mattina presto fino a
dopo mezzogiorno. Sì! Prigioniero … privato della libertà,
impedito ad inseguire quel sogno …continuazione ideale del mare di
fine agosto (non sapevo che fosse agosto)… Quel mare forzatamente
lasciato, ma mantenuto come “Santuario”, quasi un'arca dove
rifugiarsi… nella mente, negli occhi a rivivere a due passi da
Casa: là a Scacciapuce disposta ogni giorno a tramutarsi secondo il
mio desiderio in mare, in lago, con l'onda lunga, a volte in burrasca
con i suoi cavalloni dove immergersi per farsi trascinare da una
sponda a l'altra… A volte arrivo alla sera, quando Nonno Nuti viene
a chiamarmi ...sta per arrivare Babbo ed io... dentro il mio mare…
Ma in quella prigione non è più possibile sognare…
“E'
sempre distratto, sembra vivere in un suo mondo, non sta mai attento…
gli occhi fissi fuori dalla finestra a guardare la vallata
sottostante… Gargozzi e i campi d'erba che ondeggiano al vento” e
mia madre ascolta attenta e impotente la puntuale disamina del
maestro Carlo Catarcioni. Fa spallucce … mi prende per mano e mi
accompagna verso la… libertà!! Come gli voglio bene alla mia
mamma!!! Appena a casa, mi tolgo i grembiule e …faccio per scappare
via. Mi ferma subito la mamma e mi mette a tavola … “Prima si
mangia! .. dopo puoi andare a giocare”. Sì.. là fuori! .. forte
il desiderio … che mi aspetta.
– Nel
Lettone –
Non
devo avere avuto più di 5 anni …. la domenica mattina quando
aspetto che si liberi il lettone, io che dormo nella camerina buia
accanto in un letto bastardo e mia sorella Maurizia nella sua culla
lì di fianco. E' sempre piuttosto presto quando riesco a
sgattaiolare dentro il lettone dopo aver aiutato Maurizia ad
arrampicarsi fin lassù, sotto quel coltrone di lana semirigido che
si modella a nostro piacimento. E noi dentro queste gallerie alla
scoperta di mondi sconosciuti, a nasconderci al modo e agli altri ….e
farsi improvvisamente silenziosi nel sentire i passi di mamma
avvicinarsi, per restare invisibili mentre cerchiamo di trattenere il
fiato e il riso. “Dove saranno andati a finire i miei bambini??”.
Non riusciamo a resistere oltre e così mamma ci veste per mandarci a
Messa.
– Santa
Sanctorum di Berto –
Se
hai la ventura di seguire Berto in casa sua ti accorgi subito del suo
diverso atteggiamento lontano dalle sue sicurezze e dalla sua
spavalderia quasi a difesa del suo Santuario, custodito gelosamente
lontano dalla curiosità, mai propagandato. Io che lo seguo spesso in
questo suo mondo in silenzio, in quasi religiosa compunzione noto i
suoi gesti “diversi” eseguiti in armonia con l'ambiente. E' uno
stanzino buio piccolo piccolo di transito, alcune mensole di lato che
noti a malapena al passaggio a luce spenta. Poi a luce accesa noti
assisi su quelle mensole diversi Vasi di vetro colmi di palline
colorate, tutti in fila, sono tanti …ben più di quelli del Giorgi
e di Pietro. E Berto si vuota le tasche e va a colmare l'ultimo Vaso,
lo fa con estrema attenzione, ché le palline non si sciupino. Lo
ripone sulla mensola quasi si tratti di un tabernacolo.
Se
poi vai oltre quella porta… ti pare di sognare, anche se sei
nell'antibagno… sempre al buio. Stipato di gabbie di più
dimensioni appese al muro in più file tutte piene di passerotti che
a luce accesa cominciano a cantare, sembrano quasi chiamare. Sono
tutto passerotti che Berto ha cavato a mano sul tetto di casa
passando dalla finestra di camera nostra, prima sul comodino, quindi
sul canterale... a su quel davanzale di quasi un metro, tanto è il
terrapieno, per issarsi sul tetto che scorre parallelo. E' la sera a
buio che accudisce a questi uccellini, sue creature allevate e
imboccate a mano sera per sera con pazienza quasi religiosa. Un po'
invidioso, un po' ammirato ne seguo la gestualità... sembra quasi
parlare con i suoi uccellini. A volte ho l'impressione che li conosca
ad uno ad uno anche per nome. Non so se definirlo stupore o
ammirazione quando apre una gabbia e lascia libero quel passerotto di
uscire… è tanto che chiama! È un po' che lo sento cantare, ma
l'impressione è proprio di un richiamo, come una parola ripetuta
fino alla noia. E l'uccellino esce ma non scappa, non cerca una via
di fuga, non cerca la luce, volteggia un po' e poi si va a fermare su
una spalla di Berto, poi sulla testa, quindi sul palmo della mano
pieno di miglio. Io immobile, col timore di rompere quell'incantesimo
che si ripete ogni volta che mi lascia entrare nel suo Santa
Sanctorum… senza parole, costernato, addolorato per lui in lacrime
quella volta, l'ultima, che il suo uccellino in pieno giorno dopo
aver mangiato dal palmo della mano, per una finestra dimenticata
aperta se ne vola via lontano dal suo Berto…
– Un
bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola aveva un bel
… –
Giancarlone
era un bambino che aveva un solo gran difetto, quello di essere un
bambino, e spesso doveva scontare, ma non era il solo, colpe non sue.
Eravamo sì liberi, ma di questa libertà venivamo spesso privati…
con punizioni delle più varie. A Giancarlone toccava sempre la
stessa punizione: chiuso in camera sua tutto il pomeriggio fino a
l'ora di cena, ora in cui tornava sua mamma dal lavoro verso le 7. E
qui entra in ballo la grande fantasia di cui ogni bambino è dotato
ed anche la voglia di non arrendersi, la voglia di giocare comunque
in qualsiasi condizione. Camera buia la sua, che sarà negli anni
anche la mia! Una sola porta, bianco il colore, vecchia e di legno
pieno. Con le stecche di ombrelli rotti siamo soliti costruire archi
e frecce che non abbiamo mai occasione vera di usare. Ma Giancarlone
ha un suo poligono di tiro, la sua camera quando è in punizione e un
grande cartone affisso alla porta con disegnato un tirassegno a più
colori. Bravo a disegnare e colorare. Anche passando dalla strada
capisci che è in punizione dal suono delle frecce che si conficcano
nell'uscio e soprattutto da quella filastrocca intonata al momento
della chiusura della porta e che cessa solo al ritorno di Irma dal
lavoro. “Un bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola
aveva un bel cappello e me lo regalò… e così mi incappellò
Giovan Trabiccola e poi se ne andò”. Quando terminava il suo canto
aveva abbigliato Giovan Trabiccola di ogni immaginabile accessorio di
vestiario e non, anche in tasca, in valigia, a tracolla, in ogni dove
riusciva ad immaginare… per voli anche poetici. Ne usciva mai
arrabbiato, forse stanco… anche in quelle condizioni riusciva ad
immaginare un suo mondo, unico. Siamo tutti cresciuti in questo
clima, nei limiti di quel tempo che ci ha consegnato adulti poi in un
periodo di grande fermento dopo un rodaggio passato in libertà o
quasi, o quasi sempre.
– Rampa
di lancio –
Sotto
il ponte, appena oltrepassato l'arco… quello grande dove si gioca a
cappe, a scendere sulla sinistra lato Migliorati si apre una
porticina, allora era un a porticina mentre oggi ha assunto l'aspetto
di vano d'accesso ad un magazzino. E un gradino appena, per accedere
a quella porta, sul quale da solo mi seggo assorto, quando mi prende
la voglia di giocare da solo. E' lo stesso luogo a cui bramo quando
ad occhi aperti, prigioniero in classe… prima elementare, sogno
l'evasione. E non mi porto dietro giochi particolari o strani…
forse anche nulla. Quasi epidermico il ricordo di quel luogo che
sembra farsi magico… pronto a realizzarsi come per atto di fede,
pronto a trasportarmi ovunque ma dove non ricordo, ma lontano non
solo con la fantasia ma con tutti i sensi, così impegnati in quel
volo che mi possiede, mi incanta, mi guida. Al solicchio dei brevi
pomeriggi di inverno, su quello scalino... moderna rampa di lancio
per il mondo della fantasia e dell'impossibile... mi risveglia a
l'ora di merenda mamma o nonno Nuti... prima un richiamo, quasi
un'eco lontana… per un ritorno nel tempo.
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