a
cura di Francesco Fiumalbi
Bindo
Filippo Buonaparte, figlio di Mario e di Margherita da Vecchiano, e
fratello di Giovanni e di Filippo, nacque a San Miniato il 27
febbraio 1691. Dopo una prima formazione presso il Collegio dei
Gesuiti di Prato, proseguì gli studi a Roma, dove rimase per sei
anni, fino alla laurea in Diritto Civile e Canonico, ottenuta nel
1712, presso l'Università di Pisa. Fu membro del Capitolo dei
Canonici, in cui ricoprì dal 1728 la carica di Proposto della
Cattedrale di San Miniato, con dignità di Suddiacono Apostolico.
Insegnante di Diritto Canonico presso il Seminario sanminiatese, fu
Vicario di Mons. Andrea Luigi Cattani, Vescovo a San Miniato dal 1720
al 1734. Nell'anno 1727 il Granduca Gian Gastone de' Medici lo scelse
come Vescovo di Montepulciano, ma il prelato sanminiatese declinò.
Successivamente fu destinato alla Propositura di Livorno, ma chiese
ed ottenne di essere dispensato. Nel 1746 fu nominato Vescovo di
Pescia, ma rinunciò anche a questa carica, sembra per la grande
umiltà di cui era animato.
Queste
e altre notizie si trovano nell'elogio funebre compilato da Antonio
Maria Vannucchi in onore del Canonico Bindo Ferdinando Buonaparte, in
occasione della di lui morte, avvenuta il 14 gennaio del 1746.
Antonio Maria Vannucchi lo abbiamo già incontrato per la sua
pubblicazione storica, il
“Ragionamento
storico”,
dedicato
al giovane nobile sanminiatese Giovan Battista Gucci, pubblicato a
Firenze nel 1758.
Conoscendo dall'interno la curia sanminiatese il Vannucchi poté
certamente tratteggiare un ritratto completo ed esaustivo sulla
figura del canonico Bindo Buonaparte. Le note polemiche che si
rinvengono al principio e alla fine dell'elogio, sembrano manifestare
la volontà del Vannucchi di restituire la giusta memoria al defunto
Proposto, non
curando i rabbiosi gemiti del livore, e ridendomi del poco cervello
de' maligni.
Novelle
Letterarie,
Tomo VIII,
Stamperia
della SS. Annunziata, Firenze, 1747
Frontespizio
Di
seguito la trascrizione dell'elogio funebre dedicato a Bindo
Ferdinando Buonaparte.
Estratto
da Novelle
Letterarie, Tomo
VIII, Stamperia della SS. Annunziata, Firenze, 1747, n. 42
cc.659-668.
[659]
SAN MINIATO
Avendomi
il Sig. Dottor Anton Maria Vannucchi, Maestro e Professore di Lettere
umane nella Città di Sanminiato, indirizzando un Elogio da lui
composto al Signor Bindo Ferdinando Buonaparte Proposto di quella
Cattedrale, essendo egli stato un Soggetto assai culto ed erudito, e
di giudiziosa letteratura, ho stimato conveniente l'inserirlo in
queste Novelle.
Elogio
del defunto Sig. Bindo Ferdinando Buonaparte Proposto della Chiesa
Cattedrale di Samminiato, diretto all'Autore delle Novelle Letterarie
Fiorentine.
Io
non posso bastamente lodare il costume, che con tanto ardore si
pratica dalle Nazioni più culte: ed è di rendere maggiormente
chiara o per mezzo di Marmi, o dei Bronzi, o delle Carte, la sempre
pregevole memoria di quei valenti Uomini, che per mille belle
prerogative sollevandosi oltre l'insulti della schiera volgare,
giunsero al Sacro Tempio della vera Sapienza, dove in compagnia della
Verità si dimostrarono derisori della pallida Invidia, e trionfatori
della barbara ed ostinata Impostora. Eglino hanno giustamente il
diritto di sopravvivere col nome glorioso dopo la morte, per
riscuoter non meno gli applausi della posterità, quanto ancora per
servire altrui [660]
di lucida scorta nel
dubbioso sentiero di nostra vita. La tirannia del Tempo divoratore
deve distendere la sua feroce possanza sopra coloro, che dannosi alla
società, inutili per sé, servi del vizio e della menzogna non
vivono per altro, che per piacere del ventre, e per aggravare di un
peso nocivo la Terra, che indegnamente calpestano. Di questi la folle
rimembranza deve seppellirsi col suono delle campane, ma non già la
degna memoria di quegli illustri Soggetti, che servono al Mondo di
guida, come la prodigiosa Colonna di fuoco nel deserto agli Ebrei.
Vivrà dunque giustamente tra noi, e passerà sull'ale d'onore di
secolo in secolo la fama del Proposto Bindo Ferdinando Buonaparte,
morto con immenso dispiacere di tutti i buoni il dì 14 Gennaio 1746.
Avrei creduto di violare le sante Leggi della Giustizia, non
concedendo il necessario tributo a questo illustre Personaggio, e per
la santità de' costumi, e per la singolar dottrina venerabilissimo;
e defraudando il pubblico d'un ritratto delle più rare virtù. Per
questo rilevante motivo non avendo io tutte le necessarie notizie,
pregai la somma generosità del gentilissimo e degno Sig. Prior.
Buonfanti, che per lo spazio di molti anni godé dell'amore, e della
confidenza del defunto Sig. Proposto; ed egli cortesemente
comunicammene molte, bramando meco di contribuire alla gloria di
questo insigne Ecclesiastico. Io poi in tutto il tempo, che sono
[661]
stato in questa Città, ho
trattato il medesimo quotidianamente; ed avendomi egli dimostrati non
piccoli segni dell'amor suo, ho potuto in questa guisa non solamente
rintracciare le particolarità più interessanti della sua vita, ma
ancora conoscere i pregevolissimi caratteri del suo spirito. Nacque
egli pertanto in Samminiato, e fu figliuolo del Sig. Mario Buonaparte
Patrizio Samminiatese e Fiorentino, e della Sig. Margherita da
Vecchiano, Famiglia delle più antiche, e delle più nobili di Pisa.
Ebbe poscia la prima educazione nel Collegio de' Padri Gesuiti di
Prato, dove fece gli studi di belle Lettere, nei quali, siccome egli
era dotato d'un vivissimo ingegno, fece così nobili progressi, che
giunse a superare il merito de' veterani Maestri. Dopo di ciò, passò
a fare gli studi maggiori in Roma per impulso della gloriosissima
memoria del Gran Principe Ferdinando di Toscana, Mecenate di tutti
gl'insigni talenti, il quale si era compiaciuto di farlo tenere in
suo nome al Sacro Fonte. In quella gran Metropoli attese l'animoso
giovane seriamente agli studi della Filosofia, Mattematica, e
Teologia, nelle quali scienze sentì i più dotti Professori di quel
tempo. Né indugiò egli molto a far vedere i frutti delle sue
continove applicazioni, poiché presso comparve nelle più famose
Accademie, e nelle pubbliche dispute, dove riscosse sovente
l'ammirazione d'ognuno. In quella Città dimorò per lo spazio di
[662]
sei anni, due de' quali
consumò nella Corte del sempre ragguardevolissimo Cardinale Giuseppe
Renato Imperiali, che gli mantenne poi sempre finché visse la sua
benignissima Protezione. Ebbe egli allora il comodo di farsi
conoscere ai più degni Cardinali, e Prelati, ce lo amavano e lo
lodarono singolarmente, ed uno di questi fu il Sig. Cardinal
Fabbroni, che aveva per esso una stima particolare. Il principale
studio però del medesimo fu quello della Civile e Canonica
Giurisprudenza, a cui lo portava l'esempio de' suoi Maggiori, volendo
in cià secondare l'illustri vestigia di Niccolò Buonaparte, che ne
secolo decimosesto. Come osserva il Chesi Interp. Iur. Cap. 47 &
c. fu di sommo decoro all'Università Pisana discacciandone egli il
primo la vecchia barbarie; e del famoso Bulgaro, che fino nel secolo
XII fece risplendere la nobilissima famiglia da Vecchiano, secondo il
parere del P. Abate Grandi, in Not. ad Epistulam. de Pandect. In
questa guisa continuò sempre a coltivare il suo studio colla scorta
de' lumi a lui comunicati da molti chiarissimi valentuomini, fra i
quali basti per tutti nominare Monsignore Ansaldo Ansaldi notissimo
al Mondo Letterario, il quale ebbe per lui un amor distinto; Monsig.
Giusto Fontanini, che carteggiò seco frequentemente, ed il celebre
Giuseppe Averani, che tenne seco una particolare amicizia fin
dall'anno 1712, in cui gli fece la Laurea nell'Università
[663]
di Pisa, avendo il
Buonaparte ottenuta la grazia dal Granduca di potervisi addottorare
dopo il suo ritorno da Roma. La necessità di assistere ad alcune
liti domestiche di gran rilievo lo costrinse a dimorare per qualche
anno in Toscana; ma non gli tolse il pensiero di ritornare a Roma,
dove veniva richiamato da molti, e spezialmente dal mentovato
Cardinale Imperiali. Ma allettato dalla benignità di Monsignor
Andrea Luigi Cattani, che mostrò genio sommo di averlo per suo
Vicario Generale, allorché nell'anno 1719 da Clemente XI fu promosso
al Vescovado di Samminiato, egli destinò di trattenersi nella sua
Patria, per seguitare in parte le inclinazioni de' suoi domestici,
che a ciò fare lo stimolavano. Egli accettò questo impiego, e per
gli addotti reflessi, e per i consigli di tre insigni Cardinali
Ulisse Gozzadini, Agostino Fabbroni, e Giuseppe Vallemani, i quali
tutti erano suoi amorevoli Protettori, e conoscevano l'utilità che
poteva ricavare la Diogesi di Samminiato dall'assistenza di questo
soggetto. Con tale zelo, con tale fervore, con tal fedeltà si
applicò il nuovo Vicario al servizio della Chiesa, e di quel
Prelato, che non volle dar più orecchio a qualunque alla offerta di
maggior grado, conforme avvenne nell'anno 1727 che essendo nominato
dalla gloriosa memoria del Granduca Gio. Gastone al Vescovado di
Montepulciano, egli fece prevenire... più calorose premure per
[664]
non esser prescelto a tal
dignità... Una simil repugnanza non poteva esser se non cara a
Monsignor Cattani, a cui era sommamente a cuor di bene, che ne
ridondava nel suo gregge dalla vigilanza d'un così degno Vicario; ma
non però gl'impediva i suoi avanzamenti, avendo fatto dire una volta
all'istesso Cardinale Gozzadini per bocca di Monsignor Rondoni, che
stimava il suo Vicario capace di esercitare un tal ministero
egregiamente non solo in Imola, ma ancora in Milano. Quindi per
meggiormente obblicarlo al servizio della sua Cattedrale per mezzo
del sopraddetto Cardinale Imperiali gli fece ottenere dalla clemenza
del Pontefice Benedetto XIII la prima dignità che venne appunto a
vacare nell'anno 1728 quantumque il suo Vicario non volesse aderirvi.
Questa dignità ha il titolo di Proposto, con privilegio di
Suddiacono Apostolico, che già godeva l'uso de' Pontificali, e la
facoltà di conferire gli Ordini minori colla giurisdizione quasi
Episcopale, benché senza territorio separato. Da quel tempo in poi
egli ebbe un lungo campo di rigorosamente fatigare nel suo doppio
ministero, e particolarmente negli ultimi anni della vita del suo
Vescovo, che per accidenti epilettici era divenuto inabile al
governo, il qual però fu sempre quieto e tranquillo fino alla sua
morte. Io non saprei assolutamente spiegare
[665]
le penose fatiche, che in
simili circostanze furono con eroica intrepidezza sofferte dal Sig.
Buonaparte. Allora fu che la disciplina del Clero si vide libera da
quelle misere tenebre, che qualche volta sogliono accompagnare
corruttezza del Pretismo. Allora fu che la turba de' laici pensò a
migliorare il costume, stimolata dallo zelo minacciante, e dalla
dolcezza allettatrice, de suo caro Pastore. Poiché destinato egli
come Proposto alla cura delle anime, non tralasciava mai di adempiere
da per se stesso i pesi di Curato, assistendo indefessamente a le
confessioni, e predicando la divina parola, ed insegnando ogni giorno
festivo la dottrina di Gesù Cristo, senza che queste incombenze
tutte impedissero un minimo di quei negozi, che come Vicario Generale
doveva trattare. Il tempo era da esso riguardato come una cosa
preziosa, di cui non si serviva se non con lodevole usura, destinando
a ciascuno affare l'ora determinata, e togliendo a se fino quello
spazio, che era necessario nel suo onorato divertimento. Anzi era
egli così infervorato pel pubblico avanzamento, che non soleva
giammai sortire dalla propria casa, se non per giovare e provvedere
agli altrui bisogni. Che dirò poi de' copiosi vantaggi, che da esso
ne ridondarono nel Seminario di Samminiato? La sua attenzione verso
de' giovani Ecclesiastici era ammirabile, mentre egli non solamente
diede a loro buoni Rettori che furono i Signori Matteo Rosati e
Agostino Lami, ma colla propria
[666]
bocca volle spessissimo
illuminarli nelle lettere, e nei doveri Cristiani, facendo ai
medesimi ogni Sabato una fervorosa esortazione, per mezzo di cui
dolcemente legava gli animi degli uditori, e riusciva in ciò così
bene, che talora colla sua sola amabile presenza inspirava negli
altri i più sublimi sentimenti di perfezione. Egli fu che avendo a
cuore la purità della Morale Teologia, scelse per Lettore di quel
Seminario il Sig. Canonico Gregorio Buonaparte, Soggetto che oltre le
varie sue belle qualità, è dotato di una profonda cognizione in
queste materie. Troppo io prolungherei il mio ragionare se volessi
tessere un Catalogo degl'illustri allievi usciti dal detto Seminario;
con tutto ciò non posso dispensarmi dal nominare due solamente, i
quali sono il Sig. Priore Giuseppe Buonfanti di sopra mentovato, per
ogni riguardo stimabile, ed il Sig. Piovano Gorini, che con la sua
dottrina ben nota si fece distinguere in varie congiunture, ed
ammaestrò nelle scienze più recondite un degno Soggetto, e questo è
il Sig. Cavalier Fabio Orlandini, che col suo sapere, colla sua
modestia, e coll'amore, che generosamente dimostra verso le persone
dotte e dabbene, fa moltissimo onore alla nobiltà della sua Patria.
Mentre l'illustre Proposto così liberamente faticava in benefizio di
tutto, non mancò quella forte, che è nemica degli uomini di merito,
di far sentire al medesimo i colpi del suo tirannico rigore. Proh
superi! Quantum moralia
[667]
pectora
caecae Noctis habent!
Poteva egli con ragione ripetere l'espressioni del Profeta: Zelus
domus tuae comedie me, & opprobria exprubrantium tibi ceciderunt
super me. Ma che? A
bastanza era grande la sua carità: alle ingiurie de' persecutori,
egli rispondeva con San Paolo: Omnia
postum in ep, qui me conforrat.
E già fin dal principio del suo governo aveva egli vittoriosamente
combattuto contro i pregiudizi del noto Probabilismo, che dopo il
Piovano Giannetti, e i suoi seguaci, si diffuse impetuosamente nei
nostri paesi; ma poi pensò di voler da per se nelle Congregazioni
de' Casi ammaestrare i Curati della sua Diogesi. Perciò in ogni
adunanza recitava una dottissima Dissertazione sopra qualche dubbio
Telogico Morale, in cui si stabiliva con somma erudizione la dottrina
de' Santi Padri, e si sbandivano i sofismi del Caramuel, del
Tambirino, del Busembaum.... Considerava egli, che la dottrina sana e
non fallace è necessarissima per gli Ecclesiastici, e
particolarmente per quelli, che devono dirigere gli altri per la
strada della salute; ma però non la voleva disgiunta dalla Cristiana
Pietà. Appoggiato ai sentimenti di un gran Santo Padre ei
risguardava queste due pregevoli qualità con un paro di occhi
egualmente necessari per la vista, ma più utile pe' Curati
[668]
credeva l'occhio della
Scienza. La ragione più potente lo persuade; chi deve additare
altrui le sorti, e gli scogli, fa suopo che egli sappia ove si
nascondono le insidie nemiche. Amava è vero la divozione, ma la più
pura e la più semplice, biasimando costantemente l'esterna apparenza
d'un folle bigottismo, che squallido in faccia riveste alla presenza
del Mondo con vane e mentite figure l'interna malizia del cuore.
Colla scorta degli oracoli del santo Vangelo, non credeva a
quest'ingordissimi Lupi ricoperti della pelle d'un innocente
Agnellino. Il resto si darà in altra Novella.
Estratto
da Novelle
Letterarie, Tomo
VIII, Stamperia della SS. Annunziata, Firenze, 1747, n. 44
cc.692-700.
[692]
SAN MINIATO.
Continuazione
dell'Elogio del defunto Signor Bindo Ferdinando Buonaparte, composto
dal Signor Dottore Anton Maria Vannucchi.
Fin
qui gloriosamente fatigò nella cultura della Vigna evangelica,
vivendo ancora Monsignor Cattani, il quale venne a morte nell'Ottobre
del 1734. Vacata pertanto quella Sede egli fu eletto Vicario
Capitolare con unanime Consenso di tutti i suoi Colleghi , e fu
altresì non molto lontano da occuparla per la clementissima
propensione di S.A.R. che per fino una sera fece portarsi il di lui
nome sul tavolino , quantunque egli allora, con tutti gli stimoli più
forti degli amici, ricusasse [693]
di scrivere una
sola Lettera in tal proposito, ben sapendo non esser da cercarsi un
peso, che sarebbe formidabile agli Angeli. Anzi aveva egli destinato
di ritirarsi affatto da qualunque impiego, e lo averebbe sicuramente
eseguito, se non fosse stato indotto alla continuazione dalle
persuasioni di gravi persone, che gli mettevano a scrupolo di
coscienza il rifiuto. In questo tempo eletto Vescovo di Samminiato
Monsignor Giuseppe Suarez, intraprese il nostro Proposto più
vigorosamente la sua carriera, animato da mille felicissimi auspici,
co' quali poté accompagnato dal fervoroso zelo del Vescovo
successore accingersi a diverse ragguardevoli imprese. Crebbe in
simili circostanze di tal maniera il suo fervore nel promuovere il
bene, e gli avanzamenti della sua Patria, e della Diogesi, che
venendogli destinata l'insigne Propositura di Livorno, supplicò S.
A. R. a dispensarlo, non volendo abbandonare i cari frutti della sua
singolare vigilanza. Il nome di un Ecclesiastico, che così
degnamente operava non poteva esser se non mentovato con sommo
rispetto per tutta l'Italia. E allora fu che il Signore Iddio, che
risguarda sempre con occhio benigno tutto quello, che i suoi servi
operano per la sua gloria, fece sì, che egli, senza punto cercare,
fosse nominato in primo luogo dalla somma clemenza di S. A. R. e poi
prescelto da Sua Santità al sostegno della Chiesa di Pescia con
universale applauso, e con contento [694]
speciale di quelli,
che desideravano finalmente di non vedere il Buonaparte nel posto di
semplice Vicario; ma godevano di rimirarlo elevato a maggiori, e più
cospicue dignità. Egli però ripieno di santa umiltà considerando
di gran pericolo l'incarico, benché onorevolissimo, che venivagli
offerto, volle prima implorare l'infallibile aiuto del Padre de'
lumi; perloché portossi nel Convento dell'Ambrogiana per fare i
Santi Esercizi, dove spessissimo era solito andare per le sue
spirituali occupazioni: e dopo aver implorata la Divina assistenza,
finalmente supplicò Sua Santità ad esimerlo da sì gran cimento,
come costa dalla sua Lettura per tale effetto scritta al Cardinal
Passari, e benignamente dall'A. R. di Gio. Gastone ne ottenne
graziosa licenza con un particolare encomio dell'istesso suo
Principe, il quale giudicò il Buonaparte doppiamente degno di un
Vescovado per la magnanimità nel renunziarlo. Veramente le dignità
Ecclesiastiche non dovrebbero cercarsi con tanta sollecitudine, e
molto meno per mezzo di strade improprie, e repugnanti talora alle
determinazione de' Sacri Canoni. Intendeva il nostro insigne Proposto
sì bella verità, e credeva sicuramente, che la più facile via per
salvarsi fusse quella di non aver a render conto all'eterno tribunale
delle anime altrui. Su tal riflesso ripensando seco stesso alle
moleste inquietudini, ed alle tragiche conseguenze, che
ordinariamente accompagnano [695]
il sistema della
cose umane, determinò di ritirarsi da ogni impiego, ed ancora da
quello di Vicario Generale della sua Patria mosso dal desiderio di
vivere a se, e di provvedere alla necessità di sua salute, che dalle
lunghissime fatiche rifinita scorgeva. Se finora fu a noi permesso di
contemplare le ragguardevoli azioni del nostro Proposto nel tempo del
suo ministero, dovremo ora necessariamente ammirare il prudentissimo
tenore della sua vita in uno stato, che tutto sembrava esser
destinato a un convenvol riposo. Uno Spirito desto e benefico di sua
natura desidera talora la quiete, ma non sa trovare la strada di
possederla; tutto intraprende per comune vantaggio, né mai si
stanza. Lontano però da quella, che la sua fullìa de' mortali
colorò con nome di fama, non ricerca altro premio del suo onorato
operare, che la pira bontà delle medesime azioni; sapendo
ottimamente quel che fu scritto:
Ipsa
quidem virtus sibimet pulcherrima merces,
Non
opis externae cupiens, non idiga laudis,
Divitii
operosa suis.
Tale
era per dir lo vero il Buonaparte, che quantunque non fosse più
Vicario, non però trovavasi meno carico di affari. Oh come bene
sapeva egli soddisfare ai doveri della Società! Sempre desideroso di
giovare altrui, ora si occupava per ammaestramento di molti nel
ragionare delle [696]
Scienze più Sante
e più profonde; ora nel somministrare savi consigli ai dubbiosi; ora
nello scrivere dottamente sopra le più difficili questioni del Gius
Civile e Canonico, ora nello sbrogliare per carità i più intrigati
negozi, che a lui venivano spesso raccomandati. Non negava egli come
padre benigno ad alcuno la sua assistenza, e sapeva dolcemente
compatire la sbadataggine, ed ignoranza. Ma ciò che p più
ammirabile, tutto era da lui fatto senza interesse, e senza guadagno;
né mai si ritrovò alcun coso, in cui egli ricevesse la mercede
delle sue fatiche: esempio è questo veramente degno di esse imitato
da coloro, che devono, o possono, compartir grazie in benefizio
comune. Con tutte queste incombenze non mai però poté lasciare la
diligente cura di quelle anime, che dalla Divina onnipotenza gli era
stata commessa. Custode d'un gregge diletto trascelse tutti quei
pascoli vitali, che alla vera felicità ne conducono. Oh che degno
operare! Pure la morte, che con legge di un universale uguaglianza
tratta chicchessia degli uomini, lo rapì barbaramente a noi in età
di anni 54 in un tempo, in cui sempre più utile rendevasi la sua
vita. Assalito per tanto da un'angina amorale, che accompagnata
veniva da una gravissima offesa nel petto, si riconobbe vicino agli
estremi fatali momenti. L'assistenza del Sig. Dottor Barzanti celebre
Professore Pisano non fu valevole a porger alcun soccorso alla
gravezza del [697]
male, che
precipitosamente in meno di due giorni lo estinse. Né qui tacerò il
gran valore, con cui si dispose il magnanimo Proposto al viaggio
dell'Eternità. Con faccia ridente, con atti pietosi, serviva ai
circostanti di dolce consolazione fra il pianto. Conoscendo il suo
pericolosissimo stato chiese d'esser munito de' Santi Sagramenti,
fecesi rivestire degli abiti sagri, ed alzatosi alquanto sul letto
coi più vivi sentimenti di cuore veramente Ecclesiastico ricevé il
preziosissimo Corpo del Salvatore, e successivamente l'Estrema
Unzione, dopo di che fece egli le più cortesi, le più amabili
dipartenze da' suoi cari amici, i quali non potevano se non piangere
a un tale aspetto. Quindi accrescendosi a momenti l'acerbità del
male, licenziò tutti della sua camera fuori che alcuni
Ecclesiastici, in mezzo de' quali tenendo un Crocifisso in mano, e
rimirando l'imagine della Vergine, che dirimpetto a lui ritrovavasi,
rese lo Spirito a Dio. Se la morte non fu sovente spettacolo di
terrore per un cuor di Filosofo, molto meno lo sarà per il cuore di
un Cristiano. Ella finalmente non ha così la faccia squallida, e
deforme, come comparisse agli occhi del volgo. Se ella ci priva di
alcuni comodi del nostro vivere, ci toglie ancora gl'immensi
disgusti, che in esso si scorgono; e ci conduce spesse volte a uno
stato di bella felicità, che sempre intatta e durevole ci mantiene
la tranquillissima pace. Ah che è pur troppo vero quel che [698]
si legge nelle
Sacre Lettere: Iustarum
animae in manu Dei sunt, & non tanget illos tormentatum mortis.
Visi sunt oculis insipientium mori, illi autem sunt in pace. Chi
non ammirerà un personaggio arricchito dalla Natura d'una copia di
doni così preziosi! Se si risguarda la presenza del corpo, era egli
alto di statura, ben proporzionato di membra, vago, avvenente,
spiritosi, amabile a tal segno, che traeva a se il suore di
chiccessia. Amante della fatica, generoso, intraprendente delle cose
più ardue, costante nelle avversità e nelle tribolazioni,
modestissimo ne' suoi desideri, racchiudeva in se tutte quelle parti,
che divise in vari soggetti son valevoli a distinguerne il pregio di
ciascheduno. La sua Morale era per ogni ragione perfetta, e il suo
sapere era forte, e universale. In esso lampeggiavano pomposamente
quei nobili caratteri, che l'Apostolo S. Paolo giudicava propri di un
Vescovo. Laonde non è maraviglia se la Toscana tutta meritatamente
lo risguardava come l'esempio e lo specchio del Clero. Per mezzo di
queste bellissime doti egli fu sempre caro ai nostri più insigni, e
più venerabili Prelati dell'Italia nostra. Tra gli altri, che
principalmente lo amarono nominar mi giova Monsignor Guidi
Arcivescovo di Pisa, Monsignor Martelli già Arcivescovo di Firenze,
Monsignor Ginori Vescovo di Fiesole, Ninzio Archinto, e Monsignor
Stoppani Presidente di Pesero e Urbino, Prelati, [699]
per
la probità, pietà, e dottrina ragguardevolissimi; Monsignore
Argenvilier degnissimo Auditore del presente Sommo Pontefice,
Monsignor Rondoni già Vescovo di Assisi, Monsignor Scarafantoni
Vicario Generale di Pistoia, e il Sig. Andrea Buonaparte Abate di
Sesto, Soggetti tutti meritevolissimi di singolare applauso. Non è
però dovere, che io tra questi non annoveri un altro gran Prelato,
che tenne seco una più particolar amicizia, il quale è Monsignor
Litta Vescovo di Cremona, che per le sue ecclese azioni si rese degno
più d'ammirazione, che di lode. Io non porrei giammai il fine a
queste Istoriche Memorie, se dovessi rammemorare ad uno ad uno i
Personaggi di gran qualità, sì Ecclesiastici, che Secolari, che lo
venerarono. E' da osservarsi in ultimo, che l'amore del nostro
Proposto verso la sua Chiesa volle segnalarsi fin dopo la morte,
lasciando alla Cattedrale di questa Città diversi preziosissimi
Arredi Sacri di prezzo non ordinario. Questo è quanto mi riuscì di
raccogliere intorno alla Vita del defunto Proposto nella di cui
Libreria da me rivista ho ritrovati vari lavori scientifici degni di
somma stima. Questi sono una Raccolta abbondante di poetici
Componimenti sì Latini, come Italiani; una numerosa Serie di
Teologiche Dissertazioni sopra punti importantissimi; un Corso di
Teologia Morale non compito, ed un Corso d'Istruzioni Canoniche quasi
perfetto. Vi [700]
sono
ancora vari discorsi di materie ascetiche, e molte Lettere di diverso
argomento tutte commendevolissime, sì per la chiarezza dello stile,
come per la forza delle ragioni. Io goderò che questi miei fogli
sieno pubblicati per render la dovuta gloria al merito, e alla virtù,
non curando i rabbiosi gemiti del livore, e ridendomi del poco
cervello de' maligni.
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