a
cura di Francesco Fiumalbi
In
questa pagina è proposto il testo di Gaetano Milanesi, estratto da
volume Di
Cafaggiolo e d'altre fabbriche di ceramica in Toscana [Tipografia
di G. Barbera, Firenze, 1902] in cui si parla di una “fabbrica”
di ceramica presente a San Miniato nella seconda metà del XVII
secolo.
Gaetano
Milanesi (Siena, 1813 – Firenze, 1895) è stato uno storico e
storico dell'arte, interessato anche ad argomenti considerati
“minori”, come la miniatura e la ceramica. Abbiamo già proposto
un suo testo nel post: DALLE
PRIME CONGETTURE AL CATALOGO DEI BACINI CERAMICI DELLA FACCIATA DELLA
CATTEDRALE DI SAN MINIATO.
Egli trasse la maggior parte delle
informazioni sanminiatesi grazie al Canonico Emilio Marrucci (San
Miniato, 1846 – 5 agosto 1912), che fra le altre cose, fu
Presidente della Misericordia nel 1884 e Direttore della Cassa di
Risparmio di San Miniato dal 1887 al 1897. Attraverso il religioso,
il Milanesi riuscì a consultare alcuni interessanti documenti
seicenteschi inerenti la succursale sanminiatese dell'Ospedale di
Santa Maria della Scala (dalla fine del '700 confluito negli “Spedali
Riuniti”), che si trovava in Poggighisi, in Piazza Santa Caterina,
praticamente nel luogo dove sorge l'ospedale che tutti noi
conosciamo.
«Coll'approvazione del comune di S. Miniato, lo spedalingo di S. Maria della Scala di Siena apriva nel 1333, presso la chiesa di S. Caterina, uno spedale per accogliervi i gettatelli. Era amministrato e diretto dai religiosi ospitalieri di Siena, che portavano sul petto una piccola scala a tre sbarre, da una croce sormontata, la quale è rimasta come stemma di questo spedale. Vi tenevano un rettore, che loro rendeva conto della sua amministrazione, e Ildebrandino Buonaparte fu il primo. Molti furono gli orfanelli dell'uno e dell'altro sesso raccolti e mantenuti, nel corso di tanti anni, e poté dirsi davvero una provvidenza pel comune.»
Estratto da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, p. 121.
«Coll'approvazione del comune di S. Miniato, lo spedalingo di S. Maria della Scala di Siena apriva nel 1333, presso la chiesa di S. Caterina, uno spedale per accogliervi i gettatelli. Era amministrato e diretto dai religiosi ospitalieri di Siena, che portavano sul petto una piccola scala a tre sbarre, da una croce sormontata, la quale è rimasta come stemma di questo spedale. Vi tenevano un rettore, che loro rendeva conto della sua amministrazione, e Ildebrandino Buonaparte fu il primo. Molti furono gli orfanelli dell'uno e dell'altro sesso raccolti e mantenuti, nel corso di tanti anni, e poté dirsi davvero una provvidenza pel comune.»
Foto di Francesco Fiumalbi
Nell'ambito dell'ospedale
sanminiatese, infatti, era nata una “manifattura” di “stoviglie”
in ceramica bianca. Probabilmente si trattava di piatti, pentolame ed
altri utensili ad uso nelle cucine del tempo. Tale lavorazione era
stata introdotta dal rettore dell'ospedale, il senese Galgano
Bonagiunti, eletto nel 1650, per costituire col ricavato un fondo
patrimoniale le cui rendite erano destinate alle fanciulle
sanminiatesi.
Fra
il '600 e l'800, a San Miniato, erano molto diffuse iniziative
benefiche come questa. Nel post IN
PILLOLE [015] LE “DOTI” DEL PROPOSTO ANSALDI – 1787,
abbiamo visto, infatti, che tali operazioni
consentivano alle ragazze povere (ma nel caso dell'ospedale
sanminiatese anche delle orfane provenienti dall'annesso Spedale
dei Gettatelli)
di
poter trovare un buon marito e di evitare la pratica di professioni
poco dignitose, prima fra tutte la prostituzione. Non dobbiamo
dimenticare che, nei secoli passati, le cosiddette politiche di
welfar
state non
erano nemmeno lontanamente immaginabili. In compenso, seppur molto
limitatamente, alcune persone benestanti e dotate di particolare
sensibilità, oppure istituzioni religiose, assistenziali e
benefiche, mettevano a disposizione il proprio patrimonio, in tutto o
in parte. Un po' come fece, in questo caso, l'ospedale sanminiatese
di Santa Maria della Scala.
il simbolo dell'ospedale di Santa
Maria della Scala
Porta di ingresso all'ospedale di
San Miniato in Piazza XX Settembre
Foto
di Francesco Fiumalbi
Di
questa operazione si ritrova una piccola nota anche nell'articolo di
Manuela Parentini, Infanzia
abbandonata a San Miniato: lo Spedale di Santa Maria della Scala.
Primi studi e ricerche,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 77,
2010, pp. 268-269 (in particolare si veda la nota n. 38). Dalle
informazioni contenute in questo articolo possiamo ipotizzare che, in
realtà, la manifattura di ceramica sanminiatese nacque,
probabilmente, come forma di “investimento” alternativo al
cosiddetto Monte delle Graticole. Questo non era altro che il “debito
pubblico” dell'allora Granducato di Toscana, che poteva essere
acquistato in “cedole” (una sorta di obbligazioni ante litteram)
dai privati che ne ricavavano un interesse. L'ospedale aveva
beneficiato dell'importante lascito di Lodovico Fiamminghi, investito
nel Monte delle Graticole, da cui ricavava 22 scudi annui da
impiegare nelle doti delle ragazze. L'accoglienza delle fanciulle era
una pratica esercitata dall'ospedale sanminiatese almeno fino al
1513, e che il rettore Galgano Bonagiunti intendeva ripristinare. (Le
infomarmazioni citate nell'articolo si trovano in Archivio Storico
Comune di San Miniato, n. 4543, Ospedale
di Santa Maria della Scala di San Miniato. Atti processuali (lettere,
carteggio, contratti) e notizie storiche sull'Ospedale,
documenti denominati «Informatione»
e «Opera Pia» ).
Per
poter avviare la manifattura Galgano Bonagiunti aveva predisposto un
apposito edificio in Poggighisi, quindi nei pressi dell'ospedale
stesso. Non sappiamo dove si trovasse esattamente. Probabilmente non
si affacciava direttamente sulla strada o sulla piazza (i fronti
erano già tutti occupati), ma doveva trovarsi sul retro
dell'ospedale oppure lungo il vicolo di Borghizzi. D'altra parte, la
lavorazione della ceramica o della maiolica, richiedeva una gran
quantità di combustibile che poteva essere soddisfatta grazie alle
vicine carbonarie.
Per
la buona riuscita di tale operazione, il Bonagiunti si era dato un
gran da fare. Chiamò addirittura maestranze “esterne” ad operare
a San Miniato: dal senese, ma anche da San Marino e dal territorio
dell'antico Ducato di Urbino. Evidentemente oltre agli spazi, era
necessario il know
how,
l'arte di lavorare la ceramica e la maiolica.
Inoltre,
il 9 aprile 1655 inviò una supplica al Granduca Ferdinando II de'
Medici, chiedendo che non venissero aperte nuove manifatture di
stoviglie in ceramica bianca nel raggio di 30 miglia da San Miniato
per i successivi 10 anni, in modo che non venisse pregiudicata la
buona riuscita dell'operazione, che era stata avviata da poco. Il 22
aprile 1655 ottenne risposta affermativa. La cosa non era affatto
scontata, anche perché nel vicino centro di Montelupo la produzione
di ceramica e maiolica era molto vivace. Tuttavia, tale risoluzione
non creò problemi alle manifatture montelupine perché, fu detto,
utilizzavano altri “ingredienti”, ovvero materie prime diverse.
Tipografia
di G. Barbera, Firenze, 1902, frontespizio.
La
manifattura di ceramica e maiolica di San Miniato andò avanti per
alcuni decenni, almeno fino ai primi anni del '700. Di seguito è
proposto l'estratto da G.
Milanesi, Di Cafaggiolo e
d'altre fabbriche di ceramica in Toscana,
Tipografia di G. Barbera, Firenze, 1902, pp.
367 e 375-381, in cui sono pubblicati anche i documenti inerenti la supplica e la risposta del Granduca a Galgano Bonagiunti e i nomi delle persone che vennero a lavorare a San Miniato da Siena, San Marino e Urbino.
[367] CAPITOLO SEDICESIMO
NOTIZIE
DELLA CERAMICA IN PISA,
IN
CASTELFIORENTINO E IN SANMINIATO.
È fuori di dubbio che Pisa abbia avuto,
sino
da tempi remoti, fabbriche di
maiolica.
A.
Genolini, Maioliche
italiane,
pag. 114.
«Raccolgo in questo capitolo poche notizie e qualche documento intorno all'arte delle terre cotte in Pisa e in Castelfiorentino, appena ricordati dagli scrittori della ceramica italiana; e in Sanminiato, la cui fabbrica di stoviglie rimase fin qui ignota.»
[…] «[375] […] Sanminiato fiorentino. Ebbi occasione di citar due volte questa città (della cui fabbrica di stoviglie nessuno ha discorso), a proposito di quelli antichissimi piatti e scodelle murati sulla facciata della Cattedrale, da me attribuiti a Montelupo, non avendosi ricordo che [376] tale industria cominciasse a Sanminiato innanzi alla seconda metà del secolo XVII.
Nell'aprile
del 1655, Galgano Bonagiunti senese, rettore dello spedale di Santa
Maria della Scala di Sanminiato, che era membro dello spedale
parimente di Santa Maria della Scala di Siena, presentò una supplica
al granduca Ferdinando II de' Medici, dicendo che per aver introdotto
la maestranza di stoviglie di lavoro bianco fine et maiolica, così
intento di formare un patrimonio alle fanciulle dette Commesse
istituite in detta città, domandava gli fosse fatto un privilegio
che nessuno, per dieci anni, potesse lavorare né per sé né per
altri del detto lavoro, dentro trenta miglia intorno a Sanminiato.
Nella informazione di Alessandro Vettori auditore delle Riformagioni
di Firenze, è notabile che egli aveva saputo da quanti tenevano
botteghe in Firenze ed erano in corrispondenza ne' luoghi dello Stato
dove si fabbricavano le maioliche, che quelle bianco fine, come
faceva il supplicante, si eseguivano soltanto nel senese, e che se
bene a Monte Lupo si fa certa terra bianca, nondimeno non è così
fine né maiolica, né con i medesimi ingredienti. Ma è meglio che
il lettore abbia sott'occhio i documenti [R. Archivio di Stato in
Firenze. Riform, grand., Filza 7a di Negozi e relazioni di
Alessandro Vettori dal 1650 al '55, n. 425-426].
Ser.mo
Gran Duca.
Galgano
Bonagionti rett.e dello Sped.e di S. Maria della Scala di S. Miniato,
hum.mo sud.o di V. A, desiderando si dia principio quanto prima alla
supp.ta opera pia delle fanciulle che si diranno Comesse, per
costituirgli in parte il Patrimonio,
[377]
ha introdotto di nuovo
[Non
in senso di novamente, ma di cosa nuova, e infatti più sotto la dice
nuova industria, e nell'appresso Informazione si legge invenzione
nuova] in d.a
Città, la Maestranza di stoviglie di lavoro bianco fine, et
maiolica, havendo fatto fabbricare l'edifizio di pianta et proveduto
quanto fa di bisogno et di comodità per il d.to esercitio, et
condotti dallo Stato di Siena Maestri et famiglie et altri da S.
Marino, et altri parimente sono per venire dallo Stato d'Urbino, che
per incaminar bene et con credito et magg.r utile possibile,
bisognano in questo principio spese gravi, sì come si sono fatte et
si fanno: dalla qual Maestranza si possono sostentare comodamente per
adesso sei fanciulle et la lor Matrona. Onde per assicurare la d.ta
opera dell'utile che si può havere da questa nuova industria et
dell'utile che d'altre che dependeranno da essa ord.te dal supp.te,
ricorre alla benignità et somma pietà di V. A. S. supplicandola,
stante che dentro alle trenta miglia del dominio fiorentino
all'intorno di S. Miniato non vi è tal esercitio di presente, si
degni per gratia concedergli che nessuna persona in pregiuditio delle
dette fanciulle ardisca per lo spatio almeno d'anni dieci lavorare o
far lavorare, né per sé né per altri, del detto lavoro dentro alla
detta circonferenza, se tali persone non haveranno la facultà et
causa dal detto Sped.e per le dette fancille (sic), sotto pena
dell'indignat.ne di S. A. S. ed del rifacimento de' danni; et Dio di
tal gratia gli renderà il suo merito.
L'And.re
delle Riformag.ni intenda e informi.
Gio.
B.ta Gondi, 9 aprile 1655.
Il Rettore dello Spedale di S. Maria Nuova della Scala di S. Miniato, che è membro dello Spedale della Scala di Siena, rappresenta d'havere introdotto in d.a Città di S. Miniato un'invenzione nuova di fabbricare lavoro di stoviglie bianco fine di maiolica della quale non si lavori altrove in questo Stato, et havere per ciò condotto d'altri Stati Maestri et fabbricato un'edifìzio di pianta, con sperare di tutto utile proporzionato a potere sostenere un'opera pia di Fanciulle che dice havere destinata in detta Città, supplicando per ciò che per mantenere [378] d.a nuova industria et l'utile per d.a Opera Pia, se gli conceda privilegio che nel Dominio fiorentino dientro a 30 miglia a S. Miniato, nessuno possa per lo spazio d'anni dieci fare lavorare né per sé né per altri di d.o lavoro se non ne harà la facultà da d.o Spedale.
Circa
di che si rappresenta essere solito fare simili privilegi a inventori
di cose nuove.
Et
che per sapere se questa veramente sia tale, si sono sentiti diversi
che fanno in questa città (Firenze) bottega di stoviglie et hanno
corrispondenza ne i luoghi dove si fabbricano nello Stato; e da loro
essersi saputo che di questa maiolica et bianco fine, come fa il
supp.to,e veramente non ci se ne fa, ma solamente nel Senese et
altrove; et se bene a Monte Lupo si fa certa terra bianca, nondimeno
non è così fine nè maiolica né con i med.i ingredienti.
Onde
si propone che la gratia che dimanda il supplicante sia concessibile,
mentre si faccia con dichiarazione espressa che non s'intenda
proibito il lavoro bianco ordinario che si fa a Monte Lupo a
simiglianza di maiolica, né alcun altro simile, ma solamente la
detta maiolica et bianco fine che sin hora non se ne lavori altrove
nello Stato, sì che sempre che si trovasse che in esso se ne fusse
sin hora lavorato del d.o. bianco fine et maiolica, non habbia luogo
il privilegio. Et similmente che s'intenda spirato, [In
senso di terminato, finito.]
sempre che il supplicante stesse un anno senza lavorare o altrimenti
dismettessi il mestiero. Et se piacerà a V.A. di gratificarlo se li
farà il Privilegio nella forma solita di simil cose, per il quale si
doverà da lui pagare la solita tassa al Monte; et humiliss.mo le
bacio la veste.
Di
V. A. S. Di casa 22 aprile 1655.
Concedesi
per dieci anni e come si propone.
Gio.
B.a Gondi 22 aprile 1655.
Abbiamo sentito che il Bonagiunti aveva fatto costruire l'edifìcio e chiamati maestri e famiglie da Siena, da San Marino e da Urbino; ora dalle ricerche [379] eseguite nell'archivio degli Spedali Riuniti di Sanminiato, delle quali è mio debito ringraziare l'intelligentissimo canonico Emilio Marrucci, resulta che la fabbrica delle stoviglie era proprio in una casa dello Spedale della Scala, in luogo denominato Poggivisi, storpiatura popolare di Poggighisi. Nel Libro poi di Pigioni e Affitti [Archivio degli Spedali Riuniti di Sanminiato. Libro segnato di lett. A dal 1638 al 1709.] sono ricordati, sotto l'anno 1655, questi maestri vasai, quelli soltanto che abitavano in due case del detto Spedale e corrispondevano la pigione: Jacomo Bianciardi, Giovanni Miniati e Cintio, o Iacinto Nannetti. Del Bianciardi si ha memoria fino al novembre del 1659 [Libro cit. a c. 38.]; 2 il Miniati partì ai 3 di maggio del 1662 [Libro di Pigioni e Affitti, cit. a c. 38.]; il Nannetti v'era sempre nel 1706 [, ma andata presto male l'impresa di Galgano Bonagiunti, anche medico del Comune, pare che lo stesso Nannetti prendesse in affitto la fornace [Idem, a c. 109.], ridotta a fare stoviglie comunissime. Donde venissero questi vasai non so [II solo Nannetti si dice di Seiano o Sciano.], ma se vennero da Siena, da San Marino e da Urbino, è possibile non fossero né i soli né i migliori chiamati dal Bonagiunti nella fabbrica da lui aperta in Sanminiato. E sebbene in essa, secondo i documenti, si facessero stoviglie di lavoro bianco et maiolica, credo che quella espressione non s'abbia ad intendere in modo assoluto, e si debba riferir più specialmente alla terra bianca, anziché rossiccia, di cui le stoviglie erano formate. Nel giugno del 1899, facendosi uno sterro nell'orto degli Spedali Riuniti, furono trovati, tutti in un luogo, moltissimi frammenti di maiolica, de' quali, per [380] cortesia del ricordato canonico Marrucci, potei averne alcuni. Di essi ne do riprodotti due bianchi con semplici fiorami di cobalto sugli orli; altri pezzi di varii tempi, ornati oltre che di cobalto, di giallo, d'arancione e di zafferà, debbono appartenere a fabbriche diverse, forse a Siena e a Cafaggiolo; ma certamente sono di Montelupo quelli graffiti ed uno con parte di figura muliebre in turchino cupo. Imperocché suppongo non esser quei frammenti rimasugli della fornace di Sanminiato, ma deposito di stoviglie rotte usate nello Spedale.
[381]
Queste memorie, lo ripeto, sono poche e di non molta importanza, pure
nissuno vorrà negare che qualcosa aggiungono a quanto era noto della
ceramica di Pisa e di Castelfìorentino, e danno notizia di una
fornace in Sanminiato. M'è parso perciò non affatto inutile
pubblicarle nel modesto Commentario delle fabbriche di stoviglie in
Toscana.
sul
retro dell'Ospedale di San Miniato
G.
Milanesi, Di
Cafaggiolo e d'altre fabbriche di ceramica in Toscana,
Tipografia
di G. Barbera, Firenze, 1902, p. 384.
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