a cura di Anna Orsi
Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 169-171.
Panorama sanminiatese da via Pozzo nel mese di marzo
Foto di Francesco Fiumalbi
IL
PRIMO
GIORNO
DI MARZO
I.
Mammoletta gentil, perchè ti
stai
Sotto le foglie con la curva
testa
Vergognosa, ed umile? Ah non
potrai
Celarti nò, l'odor ti
manifesta.
Mostrati su; tu sovvenir ci
fai
Che di Borea passò la rabbia
infesta,
E che la dolce a rallegrarci
torna
Alma stagion di bei fioretti
adorna.
II.
Tu primizia del bel tempo
sòave:
L'alba ancor non spuntò di
Primavera,
Che desta sei dal lungo sonno
e grave,
In cui dorme dei fior tutta la
schiera.
Ancor' sciolto la terra il sen
non ave,
E la vita a goder sorgi
primiera;
Forse che da te piglia, e in
te s'asconde
L'alma che agli altri fior
Zeffiro infonde?
III.
Mesta e ravvolta in vedovile
ammanto,
Per qual tuo sposo hai di
plorar cagione?
Sei trasmutata in fior, qual
Clizia e Acanto,
E ti trsdì qualche crudel
garzone?
Lagrima forse sei di quel bel
pianto
Che Vener sparse in su
l'ucciso Adone?
Ah! no, tu sei pudica e
verginella
Quanto modesta più tanto più
bella.
IV.
Composta in odorifere catene
Vieni a cinger quel fonte, che
primiero
Sprigionato dal gel, corse
l'arene,
E fa destar l'erbette io suo
sentiero;
E quel virgulto a cui primier
le vene
Scoppiàr, fuori mostrando il
verde intero;
E quella Ninfa, a cui più
brillan tocchi
Dall'appresar di Primavera gli
occhi.
V.
Così di Pastorelle un stuol
dicea,
Mammolette cogliendo, e insiem
legate
In lunghe trecce, un fonte ne
cingea,
Che mormorando già tra l'erbe
grate;
E un arbuscel che intorno ai
rami avea
Già quasi i fior, non che le
fronde nate;
E intonro ad Amarilli poi si
uniro
Per man le Ninfe, e si
volgeano in giro.
VI.
Essa era centro del bel
cerchio, come
Alla fromba la man, mentre che
ruota;
E quindi ornàr dei colti fior
le chiome
A Lei, che di rossor tingea la
gota.
Or l'ire appieno d'Aquilon
sian dome
(Dicean) né fronda a'nuovi
rami scuota,
Chè il più bel tronco, in
fonte, e la più bella
Ninfa, son sacri alla stagion
novella.
VII.
E tu non ti mostràr vario e
incostante,
Marzo, di cui sacrammo il dì
primiero,
Or della calma, or di tempeste
amante
Dolce sereno, e turbolento e
fiero.
Perchè inganni talor l'erbe,
e le piante
Con un volto benigno e
lusinghiero,
E innanzi tempo a germogliar
le affidi,
E poi t'armi di gelo, ampio! E
le uccidi?
VIII.
Ah fossi in tua persona qui
pur ora!
Noi ti vorremmo incatenar con
questi
Lacci di fior; forse con Ninfe
ancora
Come coll'erbe sei, crudel
saresti?
Più di te Borea è fier, pur
s'innamora,
E segue Orizia per le vie
celesti,
E s'ella amante a lui si desse
in mano,
D'un Zeffiretto ei diverrìa
più umano.
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