di
Stefano Bartoli
La
chiesa di S. Domenico salvata da un polacco – Luglio 1944
Del
Luglio 1944 e della strage del Duomo si è detto e scritto molto. Una
ferita dolorosa che non si cicatrizza mai in pieno. Mia madre si è
salvata ed ha salvato tutta la Sua famiglia rifiutandosi di andare in
Duomo, ha convinto suo padre Amedeo a nascondersi in un rifugio
scavato nel tufo del poggio della Rocca, ma ciò non le ha impedito
di perdere uno zio ed un cugino in quella tragica esplosione. Del
dopo evento ho un sintetico racconto di mio padre che, arrivato poco
dopo l’esplosione dalle scale che salgono dal lato della valle di
Cencione rimase stordito dall'odore di polvere, sangue, sudore e
dalle grida, dai lamenti, dal pianto della gente. Una scena
apocalittica, infernale.
Nella
prima metà degli anni ’60 ho avuto modo di ascoltare una
narrazione fatta dalla mia Maestra, la Signora Paola Neri, che volle
partecipare a tutti i Suoi alunni fatti accaduti in S. Miniato nel
Luglio 1944, negli stessi giorni. Paola ci narrò dei rapporti
amichevoli nati fra Lei e Sua sorella con un soldato dell’esercito
tedesco. Il ragazzo era stato forzatamente arruolato nelle file
dell’esercito dei vincitori, invasori del Suo paese, e con una
divisa ed un fucile era costretto a combattere una guerra che non
sentiva propria. Le lunghe sere d’estate di S. Miniato avevano
favorito il dialogo e la reciproca conoscenza.
Quella
sera, all’ultimo incontro, il giovane si presentò agitato ed
impaurito. Narra Paola che iniziò a scongiurarla di non andare alla
chiesa grande, il Duomo, ma di andare, insieme ai Suoi familiari,
nella chiesa della piazza, S. Domenico. Lui affermò: Lì sarete
tutti al sicuro, al momento giusto io taglierò i fili e non
succederà niente. Il giorno successivo la chiesa di S. Domenico si
riempì, come il Duomo, ma lì non successe proprio niente. Paola e
Sua sorella capirono poi il senso pieno delle parole del giovane
soldato polacco.
In
guerra si compiono azioni atroci ma anche grandi gesti e questo
giovane merita di essere ricordato per la Sua generosità, il Suo
altruismo e per la nobiltà della Sua azione. Non ci è dato sapere
che fine abbia fatto, salvato o perito, individuato come responsabile
del gesto salatore che non a consentito l’innesco delle mine oppure
scaltro ragazzo che è riuscito a farla franca. La differenza è il
confine fra la vita ed una punizione mortale. Questo racconto di
Paola mi ha molto colpito, è una testimonianza di amicizia e
speranza in momenti di grande sofferenza.
Non
posso affermare che sia storia, ma non è nemmeno leggenda, è solo
il ricordo di uno scolaro che stava sempre molto attento a tutto ciò
che la Sua magnifica Maestra cercava d’insegnargli. Confido
nell'intelligenza dei pochi lettori e mi auguro che questo mia
modesta narrazione non alimenti polemiche.
I
morti in situazioni violente sono deceduti e rimangono tali, bisogna
lasciarli riposare in pace. Chi ha il dono di restare in vita ancora
per un po’, d’invecchiare, ha la possibilità di pregare ed
alimentare la memoria. Io sarei contento se, alla fine della lettura,
qualcuno sentisse il bisogno di recitare una preghiera per la mia
Maestra Paola e per il Suo amico polacco, arruolato con forza
nell'esercito tedesco, che ha saputo comportarsi da giusto.
La chiesa dei SS. Jacopo e Lucia,
comunemente detta di San Domenico
Cartolina segnalataci da Rossano Nistri
Utilizzo ai sensi art. 70 comma 1-bis della
Legge 22 aprile 1941, n. 633
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