Di seguito è pubblicato il testo inviatoci dal Colonnello Massimo Cionci, Ufficiale di Artiglieria, ora Colonnello della Riserva, già nominato "delegato nazionale" presso due Gruppi di Lavoro della NATO, a cui va il nostro più sincero e sentito ringraziamento.
Il Colonnello Massimo Cionci, già autore di una perizia (pubblicata all'interno del libro di Paolo Paoletti, 1944 San Miniato. Tutta la verità sulla, ed. Murzia, 2000, testo che ha riaperto il dibattito storico sulla cosiddetta "Strage del Duomo di San Miniato"), intende rendere note queste sue considerazioni, in relazione anche all'avvenuta pubblicazione di Valdarno Inferiore 1944 scritto da Nino Bini, in cui l'autore mette in discussione alcuni risultati della perizia, avanzando poi nuove ipotesi.
Un doveroso ringraziamento agli amici Carlo Pagliai e Claudio Biscarini dell'Associazione Culturale Della Storia d'Empoli, per averci messo in contatto con il Colonnello Massimo Cionci.
Buona lettura.
CONSIDERAZIONI TECNICHE RELATIVE ALLE CAUSE DELLA STRAGE AVVENUTA NEL 1944 NEL DUOMO DI SAN MINIATO
di Massimo Cionci
Il Colonnello Massimo Cionci, già autore di una perizia (pubblicata all'interno del libro di Paolo Paoletti, 1944 San Miniato. Tutta la verità sulla, ed. Murzia, 2000, testo che ha riaperto il dibattito storico sulla cosiddetta "Strage del Duomo di San Miniato"), intende rendere note queste sue considerazioni, in relazione anche all'avvenuta pubblicazione di Valdarno Inferiore 1944 scritto da Nino Bini, in cui l'autore mette in discussione alcuni risultati della perizia, avanzando poi nuove ipotesi.
Un doveroso ringraziamento agli amici Carlo Pagliai e Claudio Biscarini dell'Associazione Culturale Della Storia d'Empoli, per averci messo in contatto con il Colonnello Massimo Cionci.
Buona lettura.
Il Duomo di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi
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CONSIDERAZIONI TECNICHE RELATIVE ALLE CAUSE DELLA STRAGE AVVENUTA NEL 1944 NEL DUOMO DI SAN MINIATO
di Massimo Cionci
Nel libro
"Valdarno Inferiore 1944", di Nino Bini, alcune pagine, relative al
luttuoso episodio della strage che si verificò, durante la II Guerra Mondiale,
nel Duomo di San Miniato, contengono alcune considerazioni relative alla natura, al
comportamento e agli effetti del manufatto esplosivo che provocò la strage
stessa.
Tali considerazioni sono in netto
contrasto con quanto affermato dal prof. Paolo Paoletti, sulla base di studi
approfonditi e di fondamentali testimonianze, nel suo libro "1944 San
Miniato - Tutta la verità sulla strage" - Ed. Mursia 2000. Nel volume
erano inclusi gli studi, compiuti, dopo i necessari esami e dopo le necessarie
visite dei luoghi e la attenta consultazione della documentazione pertinente,
da tre ufficiali dell'Esercito Italiano, due dei quali erano generali,
specializzati, rispettivamente, nei settori della balistica esterna e degli
esplosivi e uno era un colonnello,
specializzato nel settore delle munizioni, che è l'autore delle presenti
considerazioni.
Per lo studio del drammatico caso in
questione si deve, innanzitutto, identificare il tipo della munizione e del suo dispositivo di innescamento.
I testimoni dell'epoca riferiscono
che, dopo la strage, fu rinvenuta nella Cattedrale una parte di una spoletta
(precisamente, quella che i tecnici chiamano "corpo" della spoletta),
su cui si leggeva la scritta, punzonata, "FUSE- PD M 43". Il rinvenimento di questo reperto,
semidistrutto a causa degli urti subiti e dello scoppio del proiettile cui la
spoletta era avvitata, ha indubbiamente il valore di prova che un proiettile,
sparato da un pezzo d'artiglieria, era entrato nella cattedrale ed era poi
esploso al suo interno. E' essenziale stabilire da quale
delle due parti contrapposte (forze armate americane e tedesche) fosse stato sparato il proiettile. (Gli
artiglieri, in Italia, anziché usare il termine "proiettili", usano
dire "proietti", o "granate", da non confondere con le
"bombe a mano", che, in lingua inglese, sono chiamate "hand
grenades"; nel testo che segue,
useremo l'espressione "proiettili", perché di uso più comune).
La parola "FUSE" è un
termine della lingua inglese, che significa "miccia" e, nel corso del
tempo, ha assunto il significato più ampio di "innesco". Nel
linguaggio ufficiale dell' esercito degli Stati Uniti, le spolette, cioè i
dispositivi di innescamento di proiettili
nonché di bombe da mortaio, bombe d' aereo e mine, sono, di norma,
marcate con la parola "FUZE", derivata dalla parola più antica,
quindi si può supporre che, esaminando il reperto semidistrutto, i testimoni
dell' epoca abbiano avuto qualche difficoltà nel leggere le scritte. Nella lingua tedesca, una spoletta è
denominata "Zünder", pertanto il solo fatto che la parte di una
spoletta parzialmente distrutta rinvenuta nel Duomo di S. Miniato fosse marcata
con scritte tipiche delle spolette U.S.A. è già sufficiente a dimostrare che
nel Duomo stesso sia, malauguratamente, entrato un proiettile di fabbricazione
americana.
Inoltre, il fatto che, nel Duomo,
non sia stato rinvenuto il corpo di un proiettile, ma solo delle schegge,
alcune delle quali furono estratte dal corpo delle vittime, dimostra
chiaramente che si trattava di un proiettile scoppiante, "ad alto
esplosivo" (HE = High Explosive).
Le marcature indicanti il tipo e il
modello delle spolette sono, di norma, impresse, mediante punzonatura, sul
cosiddetto "corpo" della spoletta, che è, nel caso delle spolette del
tipo "PD", un blocco di acciaio massiccio. Esso, pertanto non si è
distrutto negli urti e nella successiva esplosione del proiettile, ma
certamente ha subìto abrasioni e danni vari; questo spiega perché, nella
lettura delle scritte, i testimoni dell'epoca hanno commesso, senza colpa, un
secondo errore, leggendo come un "3" il secondo numero del modello,
che, invece, poteva essere soltanto un "8", di cui una parte era
stata abrasa. La marcatura esatta della spoletta
poteva essere soltanto la seguente: "FUZE - PD - M 48".
La seconda parte della marcatura,
cioè la sigla "PD", indica a quale "tipo", o
"categoria" appartenga la spoletta. Le spolette di
fabbricazione USA sono, infatti, suddivise in numerose categorie, distinte per
la costituzione e l'impiego a cui sono destinate. Se ne citano soltanto alcune:
- PD =
"Point Detonating" ("Scoppianti di Punta") indica le
spolette che si avvitano sulla parte anteriore del proiettile, e che hanno la
funzione di innescare una carica in esso contenuta; tali spolette, in molti
casi, sono dotate di un dispositivo che consente, a scelta, di predisporre il
funzionamento "istanta-neo", indicato con la sigla "SQ"
("Super Quick" = "Super Rapido"), oppure il funzionamento
"a ritardo" indicato con la parola "Delay". Si sceglie, di
norma, il funzionamento a ritardo quando il bersaglio è protetto da un riparo,
come, ad esempio, un muro o una corazzatura leggera;
- TSQ =
"Time and Superquick" ("A tempo e Istantanee") indica le
spolette "piriche", con funzionamento "a tempo" ottenuto
mediante due anelli di miscela pirica, a base di polvere nera, funzionanti come
una miccia di lunghezza regolabile. Hanno anche la possibilità di funzionamento
istantaneo, a percussione.
- MT =
"Mechanical, Time" ("A tempo, Meccaniche") indica le spolette
"meccaniche" con funzionamento "a tempo", che sono dotate
di un congegno meccanico a orologeria che può essere regolato prima
dell'impiego, per provocare il funzionamento della spoletta in aria, alla quota
o alla distanza voluta, dopo un elevato numero di secondi; tali spolette, da
non confondere con quelle regolabili "a ritardo" (in cui il ritardo è
dell'ordine di pochi centesimi di secondo), possono essere usate per impiego
contro aerei, oppure per provocare lo scoppio in aria di un proiettile, per impiego
contro truppe allo scoperto, o anche per segnalazioni;
- MTSQ =
"Mechanical, Time and Superquick" indica spolette simili alle
precedenti, ma dotate anche della possibilità di funzionamento
"istantaneo", all'impatto, nel caso di mancato funzionamento del
congegno a tempo.
I "colpi completi" per
l'obice da 105 mm, così come sono normalmente forniti alle truppe, sono
normalmente costituiti dal bossolo (in ottone o in acciaio), contenente il
"cannello d'accensione", circondato, generalmente, da 7 cariche di
lancio in sacchetti, e dal proiettile, che può essere sfilato a mano per
regolare il numero delle cariche. All'interno del "bocchino" del
proiettile è normalmente avvitato un "booster" ("detonatore
secondario"), che è un dispositivo che contiene dei congegni di
funzionamento e di sicurezza destinati a far funzionare il proiettile. Le
spolette sono avvitate al booster. E' importante sottolineare che
esistono molti altri tipi di spolette impiegati dall' esercito degli Stati
Uniti, tutti ampiamente descritti nelle pubblicazioni militari U.S.A., ma si
segue sempre una regola fondamentale, relativamente alla denominazione dei
manufatti, che sono contraddistinti da una sigla indicante il tipo (PD, MT,
ecc.), seguita da una M e da un numero, indicante, per ogni tipo, il
particolare modello. Eventuali sigle supplementari, come A1, A2, ecc. indicano
varianti o aggiornamenti del modello.
Regola fondamentale, nella
designazione americana dei modelli delle spolette (e di altri manufatti), era
quella che non potesse essere mai assegnato uno stesso numero di modello a
spolette di tipo diverso. La designazione delle categorie, o tipi, dei modelli
e dei relativi aggiornamenti doveva essere rispondente all'AIC (Ammunition
Identification Code). Il rispetto di queste regole era essenziale, fra l'altro,
per il funzionamento della logistica.
Tenuto conto di quanto sopra, si
osserva che è vero che esiste una spoletta con il numero di modello
"43", come rilevato dallo scrittore sig. Bini, ma si tratta della ben
nota spoletta "MT"- M 43, che è, come sopra detto, una spoletta
meccanica a tempo; non può, invece, esistere una "PD" - M 43.
Della spoletta MT - M 43 furono
realizzate 5 versioni (A1"early", A1"late", A2, A3 e A4),
che potevano essere tutte graduate fino a un massimo di 30 secondi, mentre il
tempo minimo variava, a seconda delle versioni, fra 0,6 e 1,67 secondi. Tali
spolette erano, generalmente, impiegate per il tiro controaerei, con vari tipi
di artiglierie.
La spoletta di cui è stata rinvenuta
una parte nel Duomo di S. Miniato è indubbiamente del tipo PD - M 48 (e non PD
- M 43, che, come detto, non esiste), come è stato fin da principio sostenuto
dall'autore di questo scritto e come è stato anche, in seguito, pienamente
confermato - sulla base dei verbali redatti
dai reparti militari U.S.A. a suo tempo impegnati di fronte a S. Miniato - da
cittadini di S. Miniato che si sono appositamente recati negli Stati Uniti e
hanno consultato la documentazione dell'epoca conservata presso il Pentagono
(Vds. il libro "La Prova", di Giuliano Lastraioli e Claudio Biscarini
- FM Edizioni 2001). In detto libro è, fra l'altro,
riportato, in fotocopia, un "Ammunition Record", che è un modulo,
compilato, a mano, dal personale dell'artiglieria U.S.A., in cui, anche se la
lettura è difficoltosa, si può leggere, alla colonna 3, intestata
"Target", la sigla del bersaglio ("En. M.G." =
"Mitragliatrici nemiche") e, alla colonna 6, intestata "M
48", il modello della spoletta impiegata per i numerosi colpi sparati nel
periodo. La colonna 7, intestata "M 54", si riferisce alla "TSQ
- M 54", che era la spoletta a tempo pirica , dotata anche di
funzionamento istantaneo, a suo tempo largamente impiegata dall'artiglieria
U.S.A.. Tale colonna è completamente in bianco, a significare che non sono stati
sparati colpi con questa spoletta. La colonna 8 è intestata "Sm."
("Smoke" è in generale, l'indicazione dei proiettili fumogeni, che
possono montare vari tipi di spolette). Dal modulo risulta che, nel periodo, è
stato impiegato un limitato numero di colpi fumogeni.
Chi scrive aveva già a suo tempo
affermato, sulla base del reperto di spoletta e dell'esame delle tracce
lasciate dal proiettile all'interno del Duomo, che non poteva trattarsi di una
spoletta a tempo, né di un proiettile fumogeno.
Nella perizia inserita, a suo tempo,
nel libro "San Miniato 1944", del prof. Paolo Paoletti, lo scrivente
aveva già affermato che, nel Duomo, era penetrato un proiettile"HE",
ad alto esplosivo, calibro 105 mm, modello M 1, sparato da un obice modello M2
- A1, o M2 - A2, il tutto di fabbricazione americana (le sigle A1 e A 2
indicano due aggiornamenti del modello M 2)
Queste affermazioni erano basate non
solo sull'esperienza personale, ma anche sull' attento esame di numerose
pubblicazioni militari U.S.A., che erano disponibili presso gli enti tecnici
della Difesa ed erano ben conosciute dagli ufficiali tecnici specializzati nel
settore armi e munizioni, anche perché i suddetti materiali d'artiglieria erano
stati adottati in servizio, dopo la fine della 2^ guerra mondiale, dalle FF.
AA. italiane.
Quanto alle affermazioni secondo cui
gli obici, avendo la possibilità di sparare con angoli di tiro elevati, come i
mortai, dovrebbero sparare sempre "a tiro curvo" e non " a tiro
teso", si è ben lontani dalla situazione esistente nella zona di S.
Miniato all' epoca dei fatti che hanno portato alla strage.
Le batterie U.S.A. erano ad una
distanza di quasi 10 Km dalla città. La gittata massima degli obici da 105 mm M
2 - A1 e M 2 - A2 (designati, in Italia, "obici da 105/22", essendo
la lunghezza della canna pari a 22 volte il calibro) è pari a circa 11 Km.
Per poter colpire obbiettivi a una
distanza prossima a quella di gittata massima, le batterie U.S.A. dovevano
necessariamente sparare a tiro teso, con angoli di tiro prossimi a quello con
cui si ottiene la gittata massima, cioè circa 45 gradi, impiegando una carica
di lancio elevata, anche per ridurre l'ampiezza della "rosa di
dispersione", cioè della distribuzione dei punti di arrivo dei colpi. E' noto, infatti, che qualunque arma
da fuoco, se spara un certo numero di colpi tutti dello stesso tipo, con gli
stessi dati di tiro, produce, sul bersaglio, una distribuzione di punti
d'arrivo dei colpi stessi, causata da vari fattori, fra cui il vento, la
temperatura della bocca da fuoco e delle munizioni, le inevitabili differenze
costruttive fra le munizioni, eccetera. In ogni caso, qualora sia possibile
sparare su un dato bersaglio sia a tiro teso che a tiro curvo, è da evitare la
scelta del tiro curvo, perché questo comporta una maggiore durata della
traiettoria e aumenta la dispersione dovuta al vento. Nel caso in esame, non è pensabile
che le batterie abbiano sparato a tiro curvo, pertanto, anche se la resistenza
dell'aria provoca sempre un certo accorciamento della traiettoria teorica che
si avrebbe nel vuoto (che, secondo la Fisica, sarebbe una parabola ad asse
verticale, in cui l'angolo d'arrivo sarebbe simmetricamente uguale all'angolo
di partenza), nel caso in esame l'angolo d'arrivo doveva necessariamente essere
prossimo ai 45 gradi.
Quanto sopra è pienamente confermato
dall'esame del "Fascio verticale delle traiettorie dell'obice da
105", contenuto nelle pubblicazioni militari U.S.A., e spiega perché il
proiettile entrato dal finestrone
ha attraversato obliquamente lo spazio interno del Duomo, andando a colpire il
bassorilievo in pietra, su cui ha lasciato ben visibili i segni dell'urto. Premesso che, come sopra detto, le
batterie, data la distanza, hanno dovuto necessariamente sparare a tiro teso e
con la carica massima, che è la 7^ o almeno con la 6^, non è pensabile che il
proiettile potesse essere spiovuto quasi verticalmente sul pavimento; inoltre,
dato lo spessore delle mura del Duomo, il proiettile non sarebbe potuto
entrare, ma sarebbe esploso sulla base del finestrone; quindi, le
considerazioni del sig. Bini non si possono proprio dire
"logiche".
A questo punto, è naturale
domandarsi come mai il proiettile non è scoppiato nel colpire il duro marmo del
bassorilievo. Questo si spiega col fatto che, come
già accennato, gli artiglieri, quando devono battere obbiettivi protetti da
mura, o altri ripari, predispongono le spolette, quando esse hanno questa
possibilità, per il funzionamento "a ritardo", in modo che il
proiettile possa, se la protezione non è troppo resistente, attraversare il
riparo e poi scoppiare al di là di esso, per il massimo effetto. Nel tiro contro il Duomo, risulta
che alcuni colpi abbiano colpito la muratura esterna, senza riuscire a
sfondarla, mentre un colpo è entrato dal finestrone, ha colpito il bassorilievo
ed è rimbalzato, scoppiando all'interno della chiesa.
Nel caso delle spolette PD - M 48,
la predisposizione si ottiene ruotando, prima dell'impiego, l'apposito
chiavistello, esistente sulla spoletta, dalla posizione "SQ" ("Super
Quick", cioè "Istanta-neo"), alla posizione "Delay"
(cioè "Ritardo"). Quando la spoletta è regolata a
ritardo, il percussore del dispositivo istantaneo, all'urto, percuote la
capsula, ma la fiammata emessa da questa non si trasmette al resto della "catena
incendiva", perché il chiavistello, ruotato, ne impedisce il passaggio. Il ritardo è ottenuto mediante un
dispositivo "pirico", basato su una piccola carica di esplosivo che
brucia in un tempo stabilito prima di provocare lo scoppio del proiettile. Tale
dispositivo ("ritardo pirico") è alloggiato nel corpo d'acciaio della
spoletta, che è abbastanza robusto da non distruggersi all'impatto, anche se la
parte anteriore della spoletta stessa - contenente il dispositivo
"istantaneo" disattivato - si distrugge. Il ritardo pirico è attivato da un
dispositivo funzionante "a concussione", cioè ad inerzia, mediante
una massa che avanza, per l'urto, vincendo la resistenza di una molla. Le spolette PD - M 48, nelle
versioni più vecchie, avevano un ritardo di 0,15 secondi, mentre, nelle serie
successive, il ritardo era stato abbreviato a 0,05 secondi. Questi tempi possono sembrare molto
brevi, ma si deve tener presente che i proiettili delle artiglierie viaggiano a
velocità che, con le cariche di lancio elevate, superano ampiamente la velocità
del suono, che, nell'aria, è pari a circa 340 metri/secondo (1.224
Kilometri/ora). La velocità iniziale massima
raggiungibile dai proiettili degli obici da 105 è pari a 474 m/s (circa 1.706
Km/h). Pur tenendo conto che la resistenza
dell'aria riduce parzialmente la velocità dei proiettili - nonostante la loro
forma appuntita - e che l'urto contro il marmo ha di certo ulteriormente
ridotto la velocità del proiettile in esame, questo ha certamente rimbalzato
con velocità ancora molto elevata e, pertanto, ha potuto percorrere non pochi
metri prima che il dispositivo di ritardo ne provocasse lo scoppio.
A titolo puramente indicativo, si fa
presente che un corpo in movimento con la velocità del suono percorrerebbe, nel
tempo di 0,05 secondi, 17 metri, mentre, nel caso del ritardo di vecchio tipo,
percorrerebbe, nel tempo di 0.15 secondi, ben 51 metri. Pertanto, se è indubbiamente vero
che 0,05 o 0,15 secondi sono tempi molto brevi, un corpo che viaggi a velocità
vicine a quella del suono, in tali tempi, compirà un percorso non trascurabile;
quindi, anche in questo caso, le considerazioni del sig. Bini non sono
"logiche".
Quanto alla discussa questione
dell'impiego, o meno, da parte delle artiglierie americane, di uno o più
proiettili fumogeni, si deve tener presente un fatto indiscutibile: dopo la
fine delle ostilità, un cittadino di S. Miniato, lavorando, per le necessarie
riparazioni, sul tetto della Chiesa del Ss.Crocifisso, poco
distante dal Duomo, rinvenne il corpo vuoto di un proiettile. Il reperto era
ancora munito della spoletta, che aveva funzionato, ed era privo del fondello. Il manufatto era stato prelevato da quel
cittadino, che lo ha, poi, conservato in casa sua. Chi scrive, insieme ad altre
persone, ne ha potuto, a suo tempo, prendere visione diretta. Si trattava indubbiamente di un
proiettile fumogeno, del tipo "BE" ("Base Ejection") di
fabbricazione americana, che, all'arrivo, aveva regolarmente funzionato. Tali proiettili hanno forma simile a
quella dei proiettili ad alto esplosivo e sono muniti di spoletta, ma la loro
costituzione, il funzionamento e l'impiego sono completamente diversi. All'arrivo, la spoletta funziona non
per provocare lo scoppio del proiettile, con produzione di schegge, ma per attivare
una piccola carica, detta "carica di espulsione", che ha la funzione
di espellere dal corpo del
proiettile, che rimane integro, alcuni "canisters" (contenitori) di
materiale fumogeno, che si accendono al momento dell'espulsione ed emettono
fumo grigio, o colorato. L'espulsione avviene dalla parte
posteriore del proiettile, che ha un fondello fissato mediante una debole
filettatura o con "spine di tranciamento".
I proiettili fumogeni sono impiegati
dalle artiglierie, a seconda delle situazioni tattiche, per formare cortine
fumogene, oppure, come è presumibilmente avvenuto nel caso in esame, per
servire da segnale per la designazione dell'obbiettivo. Si usa, in questi casi,
lanciare preliminarmente uno, o più, proiettili fumogeni, perché gli artiglieri
possano verificare che i colpi ad alto esplosivo arrivino sul bersaglio
stabilito, segnalato dalla fumata. E' da notare che, se il proiettile
entrato nel Duomo fosse stato un "innocuo" fumogeno, come dichiarato
all'epoca da due ufficiali americani, nella memoria rilasciata al Comune di S.
Miniato, all'interno del Duomo stesso si sarebbe dovuto rintracciare il corpo
vuoto e integro del proiettile, che, invece, è stato rinvenuto sul tetto della
Chiesa vicina. In ogni caso, un fumogeno non avrebbe prodotto la micidiale
proiezione di schegge che ha provocato la strage. Marginalmente, è opportuno precisare
che i proiettili "fumogeni" ("Smoke") di cui sopra, non
devono essere confusi con quelli "nebbiogeni - incendiari" al fosforo
bianco" ("WP" = White Phosphorus"), che sono caricati con
fosforo, anziché con esplosivo, e contengono una "carica di rottura".
Tale carica ha la funzione di rompere in grossi frammenti (non schegge minute)
il corpo del proiettile (altrimenti detto "bicchiere", che, per i
proiettili WP, è un corpo unico, senza fondello eiettabile), per consentire la
fuoruscita del fosforo, che, come noto ha la proprietà di accendersi
spontaneamente all'aria, emettendo nebbia e provocando incendi.
Come sopra accennato, il fatto che,
nel Duomo, sia stato rinvenuto il corpo della spoletta PD - M 48, unico resto
della spoletta stessa e del proiettile su cui questa era montata, è
sufficiente, da solo, a dimostrare che, quel tragico giorno, uno dei tanti
proiettili "ad alto esplosivo" HE M1 da 105 mm sparati
dall'artiglieria U.S.A. penetrò nel Duomo ed esplose, provocando tante vittime.
Quanto al numero delle vittime, che
può sembrare elevato se attribuito ad un solo proiettile, si può anche fare
riferimento ad uno studio - che fu condotto, anni fa, dall'esercito francese -
in base al quale fu dimostrato che, nel caso di scoppio di una munizione a
distanza di alcuni metri, anche chi non è direttamente colpito dalle schegge
può subire effetti mortali per l'onda di pressione, che penetrando attraverso
le orecchie, il naso e la bocca, arriva al cervello. Nel caso di scoppio in un
ambiente chiuso, anche se molto ampio, gli effetti dell'onda di pressione sono
amplificati.
In sintesi, con riferimento a quanto
sostenuto dal sig. Nino Bini, relativamente alla strage di S. Miniato, nel suo
libro "Valdarno Inferiore 1944", si possono fare alcune osservazioni:
-
L'autore cita le dichiarazioni di due ufficiali americani (non esperti di
artiglieria), che affermarono che un proiettile fumogeno era stato sparato
dalle artiglierie U.S.A. ed era entrato nel Duomo. Come sopra detto, è
inconfutabile il fatto che un fumogeno fosse stato sparato su S. Miniato, ma
questo non era penetrato nel Duomo; il fumogeno, infatti, è stato rinvenuto sul
tetto della vicina Chiesa del Ss. Crocifisso.
- Il fatto che
la spoletta trovata nel Duomo fosse marcata con la scritta "FUZE (o FUSE)
PD - M 43" non era stato affermato dai due ufficiali americani, ma dai
cittadini di S. Miniato che avevano rinvenuto, nel Duomo, l'importante reperto.
- Il perito
incaricato di esaminare le questioni relative alle munizioni è l'autore delle
presenti note, che era stato a suo tempo segnalato, per questo incarico, non
"da chissà chi" (come scrive il sig. Bini) ma dalla Direzione
Generale A.M.A.T. (Armi, Munizioni e Armamenti Terrestri) del Ministero Difesa
Esercito. Il sottoscritto è un ufficiale di Artiglieria (ora Colonnello della
Riserva), che, tenuto anche conto dei
suoi studi di Ingegneria Meccanica, fin dall'inizio della sua carriera era
stato assegnato al settore tecnico relativo alle artiglierie e, in particolare,
alle relative munizioni. Si è interessato di detto settore per decine di anni
in ambito nazionale, nonché presso la NATO, essendo stato nominato
"delegato nazionale" presso due Gruppi di Lavoro della stessa NATO,
ambedue relativi al settore "munizioni".
- Anche i due
Ufficiali Generali designati come periti furono segnalati per la loro
particolare esperienza, rispettivamente, nei settori della balistica esterna e
degli esplosivi.
- L'affermazione
secondo cui la parte di spoletta rinvenuta nel Duomo non poteva essere marcata
con la scritta "FUSE PD - M 43", ma doveva essere letta "FUZE PD
- M 48" è stata formulata, per la prima volta, dallo scrivente ed è stata
pienamente confermata, successivamente, dai verbali dei reparti militari
americani, che sono stati, qualche tempo dopo, controllati, dai cittadini di S.
Miniato Giuliano Lastraioli e Claudio Biscarini , presso il Pentagono, come
risulta dal libro "La Prova", da loro pubblicato nel luglio 2001.
Tale libro conferma pienamente quanto sostenuto nel libro "1944 - San
Miniato", pubblicato nel 2000 da Paolo Paoletti, con la collaborazione dei
tre esperti sopracitati.
- Anche il fatto
che il numero "8" della marcatura fosse stato abraso nell'urto, tanto
da sembrare un "3", era stato sostenuto dallo scrivente e ha trovato
piena conferma; infatti, nell' S3 AMMUNITION RECORD compilato, nell'apposito
tracciato, dagli artiglieri americani, e riprodotto nel libro "La
Prova", si rileva che, nella fatale giornata, tutti i colpi sono stati
sparati con "Spolette M 48", come riportato nella 6^ colonna, mentre
nessun colpo risulta sparato con le "Spolette M 54", previste, in
alternativa, nella 7^ colonna del modulo.
- Le spolette PD
- M 54 erano tra quelle previste per l'impiego da parte delle batterie da 105
mm, ma non risulta che, nelle azioni nella zona di S. Miniato, siano state
impiegate. Si tratta di spolette simili alle PD - M 48, ma prive del
dispositivo "a ritardo".
- Nel tracciato
del sopracitato AMMUNITION RECORD, nella 3^ colonna, relativa al
"Target" ("Bersaglio"), si legge, due volte, la sigla
"En. MG" ("Enemy Machine Gun - o Guns"), che, dato che non
è riportata la "s" del plurale della lingua inglese, potrebbe
significare "Mitragliatrice Nemica", oppure "Mitragliatrici
Nemiche"; infatti, la testimonianza del Canonico Enrico Giannoni,
riportata nel libro "La Prova", cita "la permanenza, nella corte
della Misericordia,... di un lungo cannone mimetizzato e, nell'orto della stessa
Misericordia, infilate nel muro di cinta, e nell'orto del Seminario, fra i
tronchi di vecchi ulivi, fitte mitragliatrici".
- Quanto sopra
potrebbe spiegare perché le batterie americane hanno sparato, in quei giorni,
in previsione della loro avanzata, un così elevato numero di colpi, contro la
zona in cui pare che fossero schierate le armi nemiche.
-
Come sopra detto, uno degli elementi che hanno fatto comprendere fin
dall'inizio dello studio che la spoletta dovesse essere marcata "M
48", e non "M 43" è stato proprio il fatto che effettivamente
esiste una spoletta denominata M 43, ma non si tratta di una spoletta "a
percussione", del tipo "PD", ma di una spoletta "meccanica
a tempo", del tipo "MT", che è dotata di un meccanismo a orologeria,
regolabile, prima dell'impiego, per il funzionamento dopo parecchi secondi, per
ottenere il funzionamento in aria, dopo che il proiettile ha percorso buona
parte della sua traiettoria. Inoltre, la spoletta MT - M 43 ha una struttura
poco resistente, per cui, in caso di mancato funzionamento in aria, si
distrugge all'impatto, lasciando integro il corpo del proiettile, anche perché non è dotata di funzionamento
istantaneo. - Nel Duomo, peraltro, è stato rinvenuto il resto di una spoletta,
ma non il corpo del proiettile, che, se avesse avuto una spoletta MT - M 43 non
funzionante, sarebbe stato rinvenuto integro.
- Fra le
spolette della serie "PD", l'unico modello che ha il numero che
inizia col numero "4" è, come confermato dalle numerose pubblicazioni
tecniche U.S.A., il modello PD - M 48. Il fatto che il proiettile abbia
colpito, danneggiandolo, il bassorilievo, da cui è rimbalzato per alcuni metri
verso l'interno del Duomo, prima di scoppiare, è chiaramente conseguenza del
fatto che la spoletta fosse dotata del dispositivo per il funzionamento a
ritardo. In caso contrario, infatti, il proiettile sarebbe esploso
istantaneamente, all'urto contro il bassorilievo, o, addirittura,
nell'attraversamento del finestrone.
-
L'individuazione corretta del tipo e modello della spoletta, nonché del proiettile
e del pezzo d'artiglieria impiegato è stata a suo tempo possibile allo
scrivente grazie alla lunga esperienza nel settore delle munizioni e alla
disponibilità delle numerose pubblicazioni militari U.S.A. (Technical Manuals,
Supply Manuals, ecc.) relative a tale settore. Come già detto, il successivo
esame, presso gli archivi del Pentagono, delle relazioni a suo tempo compilate
dai reparti di artiglieria operanti di fronte a S. Miniato ha confermato in
pieno le affermazioni degli esperti nazionali incaricati.
- Quanto
all'affermazione che il proiettile, essendo stato sparato da un obice - che è
un'arma che può sparare sia a tiro teso, sia a tiro curvo - fosse stato sparato
come da un mortaio, con traiettoria fortemente spiovente, tanto da cadere sul
pavimento del Duomo, si deve osservare che il discorso non è affatto
"logico". Infatti, per ottenere la minore dispersione del tiro, gli
artiglieri sparano, quando possibile, a tiro teso. Gli obici vengono impiegati
a tiro curvo soltanto quando, tra la batteria e il bersaglio, esistono ostacoli
di notevole altezza, come colline, o simili, e non era questo il caso di S.
Miniato, che è in posizione elevata e raggiungibile, da una distanza di quasi
10 Km, soltanto sparando con le cariche più elevate e a tiro teso. Di
conseguenza, il proiettile entrato nel Duomo, dal finestrone, poteva avere
soltanto una traiettoria decisamente obliqua. E' anche da tener presente che la
scelta del tiro curvo, detto anche "tiro sul secondo arco", cioè con
angoli sensibilmente superiori a 45 gradi, accorcia notevolmente le gittate e
quindi impedisce di raggiungere obbiettivi posti a distanza prossima alla
gittata masssima.
- Gli elenchi
del "Munizionamento autorizzato" ("Authorized ammunition"),
che il sig. Bini dichiara di aver tradotto, ricavandoli dalla pubblicazione TM
9 - 325, edita dal Ministero della Guerra degli Stati Uniti, anche se non hanno
particolare rilevanza relativamente alla strage di S. Miniato, necessitano di
alcune correzioni e precisazioni:
Il punto 1 - "Proiettili
anticarro..." (cioè del tipo "HE, AT - T", "High Explosive, Anti-Tank -with
Tracer" = "Ad alto esplosivo, controcarri - con tracciatore"),
muniti di spoletta BD - M 62 ("Base Detonating" = "Scoppiante di
fondello") è corretto.
Il punto 2 - "Proiettili
caricati con gas venefici..." (l'espressione più comunemente usata, nei
manuali U.S.A., è "Chemical", o, in forma abbreviata,
"CHEM", con cui si comprendono sia gli aggressivi chimici -
"Chemical Agents" - sia il WP, o "White Phosphorus", che è
il fosforo bianco, utilizzato per l'effetto "nebbiogeno-incendiario)...
"con spoletta PD - M 57", è, sostanzialmente, corretto. La spoletta
PD - M57 è, praticamente, uguale alla sopracitata PD - M 48, che è dotata del
selettore per il funzionamento "istantaneo" o "a ritardo",
ma, a differenza di questa, non ha la possibilità di funzionamento "a
ritardo".
Il punto 3 - "Proiettili
dirompenti..." può essere più chiaramente tradotto come segue:
"Proiettili ad alto esplosivo, muniti di spoletta PD - M 48, con funzionamento
istantaneo o con ritardo di 5 centesimi di secondo"; è opportuno precisare
che, all'epoca, erano in distribuzione sia spolette PD - M 48 con ritardo
di 0,15 secondi, sia spolette dello
stesso tipo, più recenti, con ritardo di 0,05 secondi.
Il punto 4 - che inizia, pure, con
le parole "Proiettili dirompenti...", deve necessariamente essere
riscritto con due importanti varianti: "Proiettili ad alto esplosivo, con
spoletta TSQ - M 54 (e non PD - M 54, perché una spoletta della serie PD, col
numero di modello M 54, non è mai esistita)". La spoletta TSQ (Time and
Superquick,cioè "A tempo e Istantanea") modello 54 è stata per lungo
tempo in servizio con il munizionamento per gli obici da 105 e per altre
artiglierie. Si tratta di una spoletta "pirica", a tempo, dotata
anche di possibilità di funzionamento istantaneo. Il funzionamento si basava su
due anelli di miscela pirica a base di polvere nera, contenuti uno nel corpo
della spoletta e uno nella parte rotante
della stessa. Prima del tiro, la spoletta poteva essere "graduata" (a
mano, o con un apposito "graduatore"), facendo ruotare la parte
anteriore della spoletta rispetto al corpo, in modo da utilizzare una parte più
o meno lunga dei due anelli di polvere nera. In tal modo, si poteva predisporre
il funzionamento del proiettile dopo una certa durata della traiettoria, poiché
la graduazione massima era di molti secondi. In alternativa, si poteva avere il
funzionamento "istantaneo". Non era previsto il funzionamento "a
ritardo" di 0,05 o 0,15 secondi. Non si comprende, quindi, la scritta
"con ritardo di quindici decimi di secondo".
Il punto 5 - "Fumogeni di vario
tipo con spolette BE - M 54..." è da rivedere completamente, per i
seguenti motivi:
- La sigla "BE" non si
riferisce ad alcuna spoletta, ma alla categoria dei proiettili, del tipo
"a espulsione del fondello" ("Base Ejection"), che
comprende numerosi tipi, fra cui i fumogeni ("SMOKE")
all'esacloroetano ("HC"), o a
fumo colorato. nonché dei modelli illuminanti e dei modelli denominati
"Propaganda", o "Leaflet" che contenevano, appunto,
artifizi illuminanti o foglietti di propaganda.
- La sigla "FS" indica,
pure, una miscela fumogena dalla complessa formula, avente anche effetti
irritanti, e la sigla "WP" ("White Phosphorus") indica il
munizionamento "nebbiogeno - incendiario" al fosforo bianco. Il
munizionamento delle categorie FS e WP, che, a differenza da quello HC (che è
compreso nella categoria "Base EJECTION"), è, normalmente,
raggruppato nella categoria "CHEM", e funziona, in genere, mediante
dispersione del contenuto mediante una "carica di rottura", anziché
mediante espulsione del fondello. Con queste munizioni sono impiegabili, oltre
ad altri modelli, le spolette TSQ - M 54 e PD - M 57 sopracitate (Le spolette
"BE" - M 54 e "BD" - M 57, citate dal sig. Bini, non esistono, così come la sopracitata
"PD" - M 43).
Per tutto quanto sopra, si ritiene
che le considerazioni del sig. Nino Bini, relative alla terribile strage
avvenuta, nell'anno 1944, nel Duomo di San Miniato, non possano essere in alcun modo ritenute valide per una nuova,
diversa ricostruzione del luttuoso fatto avvenuto nel Duomo di S. Miniato,
nell'anno 1944.
Massimo Cionci
Grazie di aver messo in rete la lunga. dotta, inconfutabile relazione del Col. Cionci sollecitata da Paoletti a cui avevo mandato i capitoli del Bini perchè interessasse il Colonnello per una risposta.So che Paoletti ha chiesto a Cionci di ridurre la relazione in questione per agevolare un migliore comprensione da chi ha difficoltà a decifrare i tanti riferimenti tecnici. Circa il riferimento al fumogeno trovato sul tetto del SS Crocifisso, metto un post su fb che ne attesta la completa vericità.
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